Da Economia Fondiaria no. 3/2015

Finalmente é terminato il tormentone politico. Per un po’ verremo graziati da sondaggi, da squilibrati confronti e dalle torrenziali lettere dei lettori. Roba da “strappapagina” di cui oggi rimane una flebile traccia grazie alle immancabili lettere di un qualche “già qualche cosa” oppure di un raro artista autoproclamatosi. Restano per la verità ancora le solite verifiche interne per coloro che sono rimasti al palo oppure che hanno fatto un passo se non due indietro. Per quanto riguarda il Parlamento lo stesso è saldamente in mano all’ala borghese ragione per la quale la conduzione del Paese, almeno sulla carta, dovrebbe essere assicurata. Certo andrebbe una volta tanto affrontata la questione delle regole del gioco come la soglia minima per l’accesso al Gran Consiglio oppure il maggioritario. Molto attuale a livello svizzero è la questione di come arginare la valanga di iniziative popolari, problema che pure ci concerne.

Si è hiusa con il botto la procedura di consultazione della seconda parte della legge federale sulla pianificazione del territorio. Tutte le istanze di riferimento l’hanno bocciata compresi i Comuni ed i Cantoni che finalmente si sono accorti che Berna avrebbe ridotto ulteriormente il loro recinto. Qualcuno ha sottolineato che la seconda parte è un inutile doppione, altri hanno chiesto più tempo per digerire ed implementare la prima parte (la legge attualmente in vigore) e chi rimaneva ha censurato pesantemente alcuni articoli. Una reazione decisa forse alimentata dalla tardiva consapevolezza di aver già consegnato molta sovranità e che era pericoloso concederne dell’altra. Oppure semplicemente si sono resi conto d’essere finiti in un vicolo cieco tentando per lo meno di dare un segnale ringhiato. Troppo tardi! Berna ha in mano il recinto e quindi ha già delimitato il campo d’azione. Noi l’avevamo detto e scritto. Ora possiamo dire grazie a tutti quegli addetti ai lavori ormai consegnati al ruolo di esecutori. C’è chi si illude ancora, ma purtroppo non è più possibile. Tanto per fare un esempio il Gran Consiglio ha concesso alcuni mesi fa i crediti per una verifica territoriale delle riserve edificatorie ed i Comuni hanno appena ricevuto uno scritto del Dipartimento con il quale si chiede una verifica puntuale della loro situazione. In tutti i documenti non si parla di “dezonamenti” ma semplicemente di aggiornamenti catastali o di dimensionamenti adeguati. Tutta documentazione a supporto del legittimato taglio di capelli “bernese”.
Abbiamo 5 anni di tempo per soddisfare quanto la legge federale impone e nel frattempo nessun ampliamento della zona edificabile sarà possibile. Ciò vale anche per quelle zone che sono rimaste nel guado con il canotto bucato da qualche ricorso! Quindi tutto bloccato al margine dell’urbano, la periferia potrà subire qualche rasatura e le Alpi sono salve! Per quanto riguarda il costruire nel costruito, ormai si vaneggia al punto di fare calcoli aggiungendo sugli stabili esistenti qualche piano in più. Per quanto riguarda il nostro Governo l’implementazione della nuova legge dovrebbe diventare argomento standard perché dalla stessa dipenderanno anche le varie politiche settoriali e regionali.

Dopo la decisione del Tribunale Federale di bocciare la proposta di sconto, impropriamente definita amnistia cantonale, riaffiorano le aspettative per una amnistia generale federale. Gli ingredienti in effetti ci sarebbero: quasi 50 anni dall’ultima amnistia, incisivi cambiamenti a medio termine nell’ordinamento tributario e finanze pubbliche in affanno. Solo che bisognerà confezionarne una che non scateni il mitragliamento a bassa quota dei timorati o di chi non ha nulla da guadagnare e che soprattutto trovi il consenso della cupola dei Direttori delle Finanze Cantonali che è bene ricordare si schierò a suo tempo a favore dell’autodenuncia esente da pena bocciando l’amnistia generale, con o senza pedaggio. A proposito di coloro che non hanno nulla da guadagnare, è ovvio che la loro posizione non è fra le più avvedute; basti solo pensare che l’emerso andrebbe ad alimentare le casse pubbliche e nel contempo sostenere l’economia reale. Giusto anche ricordare che pochi anni fa una iniziativa parlamentare ticinese a favore dell’amnistia federale diretta come quella del lontano 1969 fu in pratica bocciata dopo un lungo periodo di decantazione a motivo di una malaugurata confusione fra “risoluzione parlamentare” ed “iniziativa parlamentare”. A nulla servirono i vari tentativi di disincaglio dell’iniziativista d’allora da parte dell’On. Robbiani e del sottoscritto che presentò al Parlamento il rapporto della commissione tributaria. Ad onore del vero giocò anche un ruolo il tentativo di scippo dell’argomento perpetuato da formazioni politiche d’oltre Gottardo e da alcuni parlamentari nazionali. Ora come detto sembrerebbe che una iniziativa in tal senso sarebbe più che opportuna solo che a nostro modesto parere dovrebbe tener conto dell’amnistia già in corso, quella dell’autodenuncia. Un discorso di alchimia politica vero e proprio. Speriamo solo che, dopo l’esperienza dello sconto cantonale andato a buca, non si accendano per nulla i riflettori innervosendo inutilmente il capitale, l’emoglobina del Paese.

A proposito di valore locativo, sebbene l’argomento resti sempre attuale, la Confederazione non dà segno di disponibilità a rilanciarlo. Del resto l’iniziativa di concedere ai pensionati di non essere tassati previa rinuncia alla detrazione degli oneri finanziari, iniziativa sostenuta con vigore anche dalla CATEF è stata bocciata pochi anni fa in votazione federale. Pesò anche il fatto che chi è in là con gli anni ha in genere un carico ipotecario ridotto e che con gli attuali interessi così bassi rappresentano un substrato interessante. Ora però sembra che vi sia uno spazio di manovra cantonale e soprattutto la volontà a livello federale di confezionare una nuova proposta rivolta a tutti i proprietari analoga a quella bocciata riservata ai soli pensionati. Nel frattempo si continua a pagare questa iniqua “tassa d’uso”.

In questo modesto contributo avevamo sollevato l’argomento della fiumana di iniziative. Un vero sport nazionale ed una continua imbrattatura della nostra costituzione. Uno strumento più di presenza che di contenuto. L’ultima porta il titolo di “fermare la dispersione degli insediamenti – per uno sviluppo insediativo sostenibile (iniziativa contro la dispersione degli insediamenti)”. Riportiamo qui di seguito il testo dell’iniziativa tanto per rendere l’idea.
“Nell’ambito delle loro competenze, Confederazione, Cantoni e Comuni provvedono a creare condizioni quadro favorevoli a forme abitative e lavorative sostenibili, in strutture di dimensioni ridotte, caratterizzate da un’alta qualità di vita e da vie di comunicazione brevi (quartieri sostenibili).
Va perseguito uno sviluppo degli insediamenti verso l’interno che si concili con un’alta qualità di vita e particolari disposizioni di protezione. La delimitazione di nuove zone edificabili è ammessa solo se è tolta dalla zona edificabile un’altra superficie non impermeabilizzata di dimensioni equivalenti e con un potenziale valore di reddito agricolo comparabile. Fuori dalla zona edificabile sono autorizzati esclusivamente edifici ed impianti a ubicazione vincolata destinati all’agricoltura dipendente dal suolo o edifici vincolata d’interesse pubblico. La legge può prevedere eccezioni. Gli edifici esistenti sono protetti nella loro situazione di fatto e possono subire ampliamenti e cambiamenti di destinazione di lieve entità”
Obiettivi celestiali con un territorio già francobollato!
Facciamo notare che all’uso dei termini sostenibile e qualità della vita, ormai obsoleti, si affianca ora anche il termine “dimensioni ridotte”. All’orizzonte si sta però già profilando un nuovo termine, quello dei “complessi di qualità ad edificabilità intensiva”. Questo è il termine di una giornata di studio organizzata dall’associazione svizzera per la pianificazione ASPAN e supportata dalla conferenza CTA tripartita sugli agglomerati, dal programma federale di ricerca denominato “nuova qualità urbana” e dall’USAM. Tutti in prima linea chini sul nuovo argomento. Verranno poi pubblicati gli illuminati interventi da consegnare alle biblioteche e consultati alla bisogna a seconda degli argomenti da sviluppare.

Per concludere qualche considerazione sul mercato. Sembra che gli istituti di credito siano diventati più esigenti con i promotori esigendo da loro una maggiore immissione di mezzi propri da affiancare ad una prevendita od ad un “preaffitto” più sostanziosi. Un chiaro segnale che si aggiunge a quello del maggior rigore applicato al calcolo di sostenibilità per i potenziali acquirenti (villette ed appartamenti) e per la tenuta di potenziali inquilini di zona. In poche parole agiscono sull’offerta e sulla domanda modulando la concessione dei mutui ipotecari. L’importante che a questo punto ci si dimostri corretti con l’esistente consolidato, quindi in grado di onorare gli impegni assunti, in occasione del rinnovo del credito concesso.
Preoccupa sempre il costo di costruzione che contrariamente a quanto si pensa è imputabile in maggior misura alle esigenze dell’utenza ed alle norme edilizie che alla formazione di maggior guadagno.
Ma come sempre sarà il tempo a confutare od a rafforzare quanto detto.  Per il momento accontentiamoci del fatto che l’economia fondiaria, alla luce del consuntivo del Cantone, ha ancora fatto faville grazie a sopravvenienze ed a situazioni anomale. Il classico fuoco di fiamma?

Il Presidente Cantonale
Lic. rer. pol. Gianluigi Piazzini