Da Economia Fondiaria no. 6/2013

Ci risiamo!
Giacomina Badran, una consigliera nazionale di Zurigo, con l’appoggio di una settantina di parlamentari, propone che la Legge Koller che disciplina l’acquisto di beni immobiliari da parte dello straniero debba essere resa più incisiva.
Non  stiamo a precisare da quale area provenga la citata Signora perché non vorremmo offendere i nostri lettori!
Cosa chiede la Signora o Signorina?
Che le aperture concesse negli ultimi decenni vengano abrogate e che si torni alla legge pura e dura degli anni settanta.
Il messaggio: tu straniero, portaci pure i tuoi risparmi dichiarati e non rompere sul lavoro a meno che occupi dei posti di lavoro che non ci interessano o che non sappiamo fare.
Se vuoi investire nel mattone compera in borsa quote od azioni.
Un altro messaggio che olierà la tenaglia in mano a coloro che ci vogliono un bene dell’anima.
A proposito, quali erano le aperture concesse?
La possibilità di investire in volumi contenenti del lavoro (depositi, stabilimenti, immobili d’ufficio, ospedali e quant’altro) e nel quotato in borsa . Vi era pure la possibilità, questa permessa da sempre, di poter investire in case sussidiate, mentre rimaneva vietato l’acquisto di immobili d’appartamenti.
Divieto molto apprezzato dai nostri istituzionali che non dovevano confrontarsi con una concorrenza esterna.
Ed ora cosa propone Giacomina?!
Che lo straniero non possa più comperare beni immobiliari che producano reddito.
Potrà sempre comperarsi la sua casetta come domiciliato e persino la seconda residenza ed é già un’apertura non da poco.
Potrà ancora comperarsi un albergo che come si sa rendono l’ira di Dio!
Il ridicolo è che pochi anni fa si discuteva di abrogare la Legge perché considerata inutile e soprattutto lesiva del diritto internazionale al punto da adottare delle misure fiancheggiatrici da concretizzarsi tramite i piani direttori cantonali.
Misure che furono poi maldestramente contrabbandate come controprogetto indiretto all’iniziativa contro la seconda residenza con l’esito che tutti sappiamo.
E magari proprio per togliere il fieno sotto i piedi di Giacomina il Consiglio Federale, con il sostegno delle Camere, ha deciso di non più proporre di abrogare la Legge.

Il problema energetico sta prendendo una brutta piega, almeno per coloro che hanno investito nel settore.
Si era convinti che la domanda sarebbe cresciuta in modo robusto come pure i prezzi di mercato, mentre entrambi si stanno invece sgonfiando.
I prezzi sono infatti scesi quasi della metà per taluni vettori e la domanda sta rallentando vistosamente.
Ed è chiaro che quando i prezzi non solo non salgono ma scendono in modo significativo tutto si incaglia, persino la produzione idrica: la regina del rinnovabile, il nostro oro bianco!
I motivi di questa inversione di rotta risiedono nel progresso tecnico, nel risparmio mirato e nel promovimento a suon di sussidi del rinnovabile, specialmente sole e vento.
Anzi il rinnovabile, sole e vento, è quello che ha messo in ginocchio la produzione classica vanificando una sua rendita di posizione favolosa, quella della fatturazione della domanda di picco.
Cioè quando le macchine girano al massimo e le economie domestiche consumano a “balla” al punto da portare il sistema sull’orlo del black-out qualora l’equilibrio fra produzione e consumo venisse meno.
Ed in quei momenti noi incominciavamo a turbinare alla grande con fatturazione pesante.

Ora invece il duo sole-vento ha rotto le corna un po’ a tutti ed il fatturato di punta è andato a farsi benedire.
Stesso destino per tutte quelle fonti alternative sviluppate, combinando fossile e rinnovabile, di cui abbiamo acquisito dolorosa esperienza condivisa anche con istanze ben più qualificate delle nostre.
Basti vedere gli andamenti borsistici delle aziende di cartello che si occupano di energia.
Un bagno di sangue per gli azionisti, specialmente per quelli saliti sul cavallo all’ultimo ostacolo, notoriamente il più impegnativo.
Malgrado con il tempo dovremo fare a meno del nucleare, anche se qualcuno sta ritornando sui suoi passi, il problema sussisterà.
Abbiamo una “sovracapacità” e la stessa rimarrà per molto tempo.
Intanto non siamo in una crisi congiunturale generalizzata che deprime il consumo, il progresso tecnico sta facendo passi da gigante, il privato ci sta prendendo gusto, la rete di distribuzione è sempre più efficiente, la gestione delle disponibilità verrà calibrata in tempo reale con automatismi e tariffari differenziati (non si lava quando si cucina..) ed il mercato si è aperto.
La concorrenza morde e taluni monopoli si stanno sciogliendo come neve al sole al punto che si sta sempre più facendo strada la volontà di chiedere di premiare la sicurezza dell’approvvigionamento anche a costo di importanti iniezioni di denaro pubblico.
Del resto le aziende sono già in mano all’80% al pubblico, cioè alla comunità.
Per quanto riguarda i piani nazionali e cantonali sarà in tutti i casi necessario inserire una pausa di riflessione prima di passare alla fase operativa a suon di tasse ed imposizioni.
Qualche tempo fa avevamo avvertito che l’economia, dopo il primo slancio ed i primi contraccolpi, si sarebbe ributtata con convinzione e maggiore prudenza sul businnes.
Non certo perché sollecitata da qualche verdicchio o da qualche visione ma per il semplice profumo del profitto ed alla ricerca di un settore economico interessante e strategico.
Per il piccolo consumatore a medio termine non cambierà però niente a parte il dettaglio della fatturazione che ormai richiede come minimo una laurea breve.
Guadagneranno invece i grandi consumatori che comunque creano lavoro.
Quindi, per quanto riguarda l’argomento: calma e gesso!

Finalmente il Consiglio Federale ha approvato l’aggiornamento del nostro Piano Direttore, aggiornamento che ha richiesto più di una decina d’anni. Va comunque precisato che l’approvazione è fortemente condizionata.
Se vogliamo possiamo parlare di una sufficienza d’incoraggiamento.
È probabile che in Gran Consiglio qualche parlamentare chiederà delle spiegazioni per il ritardo intervenuto e per la copiosa messa a punto richiesta.
Le spiegazioni possono essere le seguenti:

la tipica fiscalità del funzionario che sottolinea aspetti tutto sommato marginali quindi liquidabile con qualche scritto e con un pugno di cartine colorate;
ci siamo incartati a tal punto d’avere dimenticato importanti allegati;
abbiamo presentato piani politicamente in alto mare;
abbiamo tentato di stordirli con il gioco delle tre carte.

Poco male, tanto avremmo comunque dovuto aggiornarlo in funzione della nuova Legge federale sulla pianificazione del territorio, con la differenza che se non si procedesse entro 5 anni, gli uomini del monte ci bloccherebbero con una gigantesca fotografia..
L’aggiornamento implicherà anche quello del rapporto sugli indirizzi, che come sappiamo è la risposta al quesito “cosa vorresti fare da grande” sviluppato con una sistematica omologata e gradita ai funzionari dell’ARE o del DATEC che dir si voglia!
Questi ci chiedono infatti un quadro di sviluppo sostenibile e fattibile, e se possibile non di fantasia infarcito da centri di competenza, parchi, parchetti e quant’altro.
Sinceramente questa sollecitazione, “definite questi punti e preparatevi all’aggiornamento forzato”, è un’occasione d’oro per il politico che potrebbe riappropriarsi, sempre che rispetti l’evidenza dei fatti, del suo ruolo strategico.
In poche parole provare a fare un progetto.
Basta rileggersi la legge cantonale sulla pianificazione politica.
Per quanto riguarda la presa di posizione del nostro Governo sul Decreto federale che libera i crediti per il programma di traffico di agglomerato diamo per scontato, accompagnando le nostre rivendicazioni, che i nostri programmi d’agglomerato siano al top.
Leggendo l’approvazione condizionata del nostro Piano Direttore dell’altro ieri non sembrerebbe essere proprio il caso.
E se facessimo così: riportiamo l’approvazione condizionata in questa Economia Fondiaria così potrete divertirvi con il “pennarello” in mano.

Non siamo abituati ad essere troppo teneri con chi ci governa anche perché un nostro sventolio di bandiere potrebbe venir mal interpretato ma in fatto di seconde residenze bisogna riconoscerlo, il Governo è andato alla grande.
È entrato a gamba tesa difendendo il Ticino, sposando le tesi dei Cantoni Alpini.
Sul tema ci eravamo permessi di interpellare lo scomparso Consigliere di Stato il quale ci aveva concesso udienza malgrado in silenzio stesse già combattendo la sua ultima battaglia.
Dalla discussione emerse una totale convergenza ed anzi, dandoci prova di notevole padronanza dell’argomento, ci sottolineò con garbo un importante argomento a noi sfuggito.
Dimenticanza che non abbiamo voluto sanare perché gli apparteneva e sapevamo che sarebbe emersa nella risposta alla consultazione da parte del nostro Governo.

In genere la prima impressione è sempre quella buona ed abbiamo trovato conferma.
Il Ticino ha perso una persona competente, per bene e disponibile.
Non un interlocutore imbavagliato da ideologie o preconcetti, pronto a confrontarsi e ad agire.
E da ultimo una lezione per tutti quei politicanti affamati di protagonismo, per quei benpensanti dalla pensioncina d’oro e per qualche mediocre camuffato.
Lieti di averLa conosciuta, onorevole Barra.

Il Canton Zurigo e soprattutto il suo capoluogo si stanno interrogando dopo la sbornia di larvato garantismo e di euforia di fine ciclo sul come mantenersi attrattivi.
La piazza finanziaria è in affanno e talune rendite di posizione sono state sacrificate sull’altare del populismo.
In poche parole si stanno accorgendo che la damigiana si sta prosciugando e che bisogna correre ai ripari.
Obiettivo principe: non perdere assolutamente quelli che tirano il carro e cercare di attrarne qualcuno in più, pronti a diminuire la pressione sui grossi contribuenti.
A questa conclusione sono giunti dopo aver commissionato una poderosa analisi ad una ditta di certificazioni d’importanza nazionale ed averne preso visione.
Con le cifre sul tavolo ed i confronti cantonali non si è potuto barare.
Va precisato che il Canton Zurigo, almeno come attrattiva generale, è ancora ben messo contrariamente a noi che stiamo perdendo targa e fanali scivolando nel gruppetto dei ritardatari.
Giustamente la nostra ministra ha appena dichiarato che il suo compito, oltre che a tentare di diminuire la spirale delle spese, è quello di non perdere per strada contribuenti forti per cercare di mantenere nel limite del possibile la forza contrattuale del Ticino.
Il messaggio è per il momento chiaro: siamo a bordo campo e per rientrare in gioco dovremo chiederci quale modulo adottare.
Intanto fra poco avremo i dati che il Governo ha promesso ai partiti sul dove e come andiamo a prendere i soldi con gli andamenti degli ultimi decenni e magari anche con i confronti intercantonali.
È la parte più importante della “roadmap”, il cosiddetto IST-ZUSTAND, per poter puntare al discorso politico strategico e per restare nella terminologia cara ai Confederati,
al SOLL-ZUSTAND.
Sarà un discorso cifrato e di riordino delle priorità con un quadro di riferimento ancora da definire; quadro, e non ci stanchiamo mai di sottolinearlo, che dovrà essere fattibile, condiviso e plausibile.
Un discorso che non entusiasmerà il politico e darà fiato alle trombe dei rivoluzionari con la paghetta “du babbo”.
Un discorso che richiederà anche un grosso impegno da parte della società civile e delle parti sociali.
A meno che la roadmap non serva ancora a sdoganare il preventivo 2014!
E se fosse il caso il discorso politico slitterà al 2015, anno elettorale.
Noi l’avevamo definita “carta da pacco” ma ci siamo in parte sbagliati.
È una carta di legittimazione.
Volevate il rientro entro il 2015? Eccovi la prima parte!

Restando a Zurigo ricorderete tutti la votazione popolare che aveva approvato l’obiettivo di realizzare una percentuale importante di alloggi a pigione moderata entro un preciso lasso di tempo.
Un obiettivo molto impegnativo affidato a società di interesse pubblico con la prontezza da parte della comunità di mettere loro a disposizione terreni di riserva a prezzi scontati, se non gratuitamente; un discorso che ogni tanto sentiamo anche dalle nostre parti.
Anzi, da noi si parla di appartamenti per il ceto medio!
A Zurigo l’implementazione dell’obiettivo sta ora aprendo un dibattito politico non da ridere.
Ci si interroga a suon d’atti parlamentari su chi debba costruire, sul tipo di prodotto e sulla sua assegnazione.
Affiora quindi il discorso che abbiamo sempre evidenziato: sì alle cooperative ma con direttive pubbliche ponderate, sì a prodotti popolari e ad un’assegnazione mirata e controllata nel tempo (tot. vani a testa ed alla sola utenza meno abbiente)
A Zurigo per focalizzare il meno abbiente si parla di una asticella massima di Fr. 60'000.- di reddito imponibile.
Chi veleggia al di sopra dovrà cavarsela da solo.
Affaire à suivre!

Come abbiamo già avuto modo di sottolineare, la rete di sostegno all’UBS è stata un successo. La banca nazionale ha fatto un utile e rientrerà nel suo prestito atipico.
Un’operazione riuscita seppure con un certo rammarico da parte degli “amici” del capitalismo e della finanza creativa. Cioè da parte di coloro che auspicavano il “garrotaggio” della più grossa banca come  giusta punizione del sistema, sottacendo ovviamente che fino a che è andata l’erario e gli azionisti si sono intascati decine di miliardi che oggi ovviamente mancano.
Mancheranno anche i super bonus ed i bonus intermedi, quelli di crescita degli utili, elargiti in parte secondo il principio “un po’ a ciascuno non fa male a nessuno”.
Tutte gratifiche dichiarate quindi facili prede del fisco.
Allora nessuno fiatava e vissero tutti felici e contenti.
Ora, sebbene il rischio non sia completamente rientrato, è giusto una volta per tutte confermare che senza quel salvataggio sarebbe saltata per aria l’intera baracca ingoiando risparmi ed altri istituti.
Quindi la continua denuncia di tipo strumentale non regge più.
Basterebbe prendere atto dello sgozzamento negli USA della Lehmann servito solo ad accendere tutte le luci di emergenza e per costringere ad iniezioni paurose ed incorporamenti fuori di testa.
A tal punto che passata la buriana nel padiglione della finanza creativa, quella delle scommesse, si stanno ora lanciando i coltelli.
Tutto quanto per dire che i paesi occidentali - quelli l’hanno potuto fare - hanno sostenuto con ogni mezzo la loro piazza finanziaria.
E tale ne era l’ampiezza che ora, in situazione di bonaccia, stanno passando alla cassa per recuperare quanto più possibile.
Da noi, toccando ferro, è andata ancora bene, anche se le banche di seconda fila hanno ora qualche problema: perdita di massa da gestire, costi di struttura pesanti e qualche contenzioso con erari d’oltre frontiera.
Fra l’altro gli USA stanno esagerando e la loro severità di facciata serve in ultima analisi a coprire altre porcherie.
In tutti i casi siamo più sani degli altri, anche se la cura dimagrante non è ancora terminata.
E siccome abbiamo l’ambizione di presidiare il mercato, anche perché costretti ad essere migliori degli altri, dobbiamo smetterla di farci male.
Si è fatto quello che si doveva fare e meglio degli altri!
E soprattutto senza divorare i risparmi e mettere in ginocchio economia ed occupazione.

Più volte avevamo sottolineato come la prassi di contrapporre alle iniziative popolari dei controprogetti da mezza strada oppure confezionati ad hoc dalla burocrazie federale sia inopportuna se non pericolosa.
Diremmo di più! Si fa il gioco dei promotori che spesso si portano a casa dei risultati intermedi interessanti per poi rimanere sulle barricate senza ritirare l’iniziativa oppure per tentare di aggiornare l’argomento dopo pochi anni con una replicante leggermente modificata..
In merito all’ennesima iniziativa lanciata dall’area rosso-verde per una cassa malati pubblica, a fine settembre il Consiglio Federale ha deciso di sottoporre l’iniziativa popolare al voto del Popolo e dei Cantoni con la raccomandazione di respingerla senza contrapporre all’iniziativa alcun controprogetto diretto ed indiretto.
Le motivazioni si possono trovare nella ventina di pagine contenute nel Foglio Federale Nr. 41 che si possono così riassumere:
è meglio avere una pluralità di assicuratori che un monopolio pubblico
un monopolio pubblico sarebbe esposto a forti influssi contrastanti a causa dei diversi interessi in gioco
con l’introduzione della LAMal si sono realizzati notevoli progressi, anche se necessita ancora di alcuni adeguamenti per contenere i costi e per sottoporre gli assicuratori a maggiore concorrenza.
una cassa unica non sarebbe esposta alla concorrenza e ben difficilmente riuscirà a contenere maggiormente i costi

Un atteggiamento coraggioso ma necessario.
Si difende la Costituzione, ormai una scatola multiuso che legittima il dilatarsi delle attività statali, e si rispetta anche la volontà dei proponenti.
E se poi il popolo decidesse di approvarla cascherebbe nella trappola cara al politico secondo il collaudato codice Cencelli.
Distribuzione del potere e del controllo in funzione della forza dei vari gruppi politici.

Diversi anni fa - quando speculatori senza scrupoli, con la compiacenza di qualche istituto bancario si erano buttati sui palazzi a reddito a destinazione residenziale - si proponeva di introdurre il divieto di risanare e di disdettare con l’obiettivo di frenare questo fenomeno delle disdette-vendite.
Noi ci battemmo in Gran Consiglio riuscendo ad evitare che lo stesso promovesse nuove leggi tipo quelle ginevrine.
Sostenemmo che bastava colpire fiscalmente con rapidità le vendite a cascata, che il costo del denaro già in ascesa avrebbe annientato questa indegna speculazione e soprattutto che con l’aggiornamento del diritto di locazione che vietava di disdire i contrati di locazione in essere da parte del nuovo proprietario il fenomeno si sarebbe esaurito rapidamente.
E così fu al punto che anche in presenza di tassi ipotecari bassi come gli attuali nessuno ha riproposto la conversione.
Allora evitammo due nuovi decreti legge.
Non è andata così con la proposta discussa recentemente di abrogare la legge cantonale dell’abitazione, ormai superata.
La discussione in Parlamento malgrado abbia condiviso la non più attualità della legge ha ritenuto di mantenerla per assicurare la base legale agli ultimi versamenti (sussidi).
Quindi, sebbene superata, l’avremo fra i piedi per almeno una decina d’anni.
Fino all’ultimo sussidio verrebbe da dire.

Il Presidente Cantonale
Lic. rer. pol. Gianluigi Piazzini