Da Economia Fondiaria no. 6/2010

Bolle la "bolla"

Da un po’ di tempo l’argomento è all’ordine del giorno.
Non si riesce a capire se una bolla venga auspicata per abbandonare i soliti temi un po’ stantii tipo “crescita sostenibile, bilaterali, pericolo d’inflazione, il franco “stravalutato”, la scarsa considerazione di chi ci attornia” e quant’altro.
Insomma il crollo del mattone potrebbe far partire discussioni a valanga con tanto di filmati di contorno e qualche intervista strappalacrime.
Un argomento di facile presa e sempre aggiornabile.
Noi però continuiamo ad affermare che la bolla non ci sarà come già sostenevamo in un articolo apparso sul penultimo numero di “Economia Fondiaria”.
Vediamo di sostenere questa convinzione!

Intanto bisogna tener presente che il mercato si compone dell’uso proprio, dell’investimento a reddito (locazione) e dell’investimento immobiliare non residenziale ( aziende, uffici, commerci)
Un mercato formato da diverse destinazioni dei volumi edificati e spalmato sull’intero territorio (valli, piano, laghi, collina, agglomerati, ecc.) ed è impensabile che conosca pesanti correzioni per tutte le destinazioni e su tutte le regioni.
A meno che si sieda il Paese intero!
Inoltre bisogna mettersi d’accordo sul termine “pesanti correzioni”.
Prendendo per esempio il mercato americano esso conobbe in pochi anni il raddoppio dei prezzi per il residenziale, quindi una gobba da far spavento!
Diversi furono i motori di questa anomalia: enorme liquidità a costo interessante, mutui a cani e porci, coperture superiori al prezzo di mercato nella certezza che i valori avrebbero continuato ad aumentare con percentuali a due cifre, facilitazioni iniziali, sistema ipotecario parapubblico….
Formidabili ingredienti per una folle speculazione.
Il tutto inserito in un programma governativo che potremmo così definire: “ad ogni americano un tetto ed una carta di credito”.
Un programma che garantiva un grande consenso politico e che quindi è stato diligentemente alimentato.
Uno dei beneficiari di questo programma fu proprio il cittadino meno abbiente, senza reddito, senza sostanza e senza lavoro.
E quando il meccanismo si inceppò la gobba speculativa dei prezzi si sgonfiò del 30% facendo saltare ogni copertura ingrippando il mercato perché le casette messe a pegno erano in parte casette da battaglia.
La domanda evaporò e si  mise in stallo per pescare su prezzi interessanti.
Va anche detto che l’americano sebbene perda la casa (ed i suoi mezzi propri) non viene coinvolto più del tanto nel tracollo: consegna le chiavi all’istituto che l’ha finanziato e carica la sua vettura…
Quindi una bolla simile, all’americana,  alla nostre latitudini è veramente impossibile per il semplice fatto che mancano i presupposti di cui sopra.

Ma perché i segnali d’allarme da noi si susseguono al punto di convincerci di ritornare sull’argomento?
Per i tassi ipotecari che potrebbero aumentare ai livelli degli anni novanta?
Per la diminuzione dell’immigrazione di qualità, gente con una certa forza contrattuale e con rispetto della proprietà?
Per gli aumenti dei prezzi nell’ultimo decennio?
Per un aumento dell’erogazione dei mutui dimenticando in parte la dottrina della concessione?

A sentire gli specialisti l’aumento dei tassi, che si dà per scontato a medio termine, sarà a curva leggera senza impennate!
Inoltre buona parte dei mutui sono a tassi fissi (si parla dell’80%) e con durate sempre più allungate.
Infatti il mutuo decennale è ormai un fatto acquisito.
Gli elargitori ( istituti bancari) assicurano che non stanno derogando dalla dottrina di concessione quindi non bisogna temere un aumento delle sofferenze e dei prestiti incagliati.
Vengono assicurati diligenti esami del richiedente, della sua tenuta e del valore messo a garanzia.
Ci si attiene al rigore del caso singolo anche perché la lezione dell’ultima crisi, quella degli anni novanta, costata 46miliardi agli azionisti, è stata sufficiente.
Il tasso d’immigrazione sta effettivamente diminuendo ma è un problema di adeguamento della produzione, quindi qualcuno resterà sì con il cerino in mano ma non metterà di certo in sballo il mercato!
L’aumento dei prezzi non è stato fuori di testa.
In buona parte del paese i prezzi non si sono scostati più del tanto dall’inflazione, inoltre per prodotti con standing maggiore (arredo ed insolazioni maggiori) e superfici generose.
È comunque pur vero che la zona laghi con le sottozone di pregio e prestigio ha conosciuto un aumento maggiore.
Ma è un altro tipo di mercato. Selettivo e mirato dove l’indigeno difficilmente avrebbe comunque edificato. Oppure avrebbe edificato con parametri più modesti. Ed é su queste regioni che si concentra l’allarme conclamato! Per noi qualche zona del Luganese.

Tenendo presente queste considerazioni sembra veramente improbabile che subentri un crisi vera o propria. Ci saranno si delle correzioni di fine ciclo ma saranno solo per taluni eccessi! Del resto ogni fine festa, specialmente quando durano un po’ tanto, qualche fastidioso mal di testa è prospettabile.
Tutto quanto per ribadire che per noi la bolla non è dietro l’angolo!

Ma a questo punto il cortese lettore potrebbe anche pensare che questa affermazione sia di parte e che sia da incauti non tenere presente i moniti della FINMA, della Banca Nazionale, di taluni analisti e di qualche associazione.
Del resto persino il Presidente dell’Associazione svizzera degli impresari costruttori ha espresso la preoccupazione per una probabile contrazione repentina delle commesse.
Qualche settimana fa abbiamo potuto sentire la conferenza del Presidente della Banca Nazionale a Lugano, ospite della giornata dell’economia organizzata dalle associazione economiche di riferimento,  e francamente non abbiamo avuto l’impressione di allarme rosso anche se ci è sembrato strano ilrichiamo alla Banche.
Strano anche perché da noi non è molto praticata la cartolarizzazione cioè la possibilità di piazzare sul mercato le ipoteche ( sane e bolse) alleggerendo così i bilanci. Come si è fatto invece nei paesi anglosassoni, sbolognando il “megamattone” di serie B al risparmiatore salvo poi, a mercato in avvitamento, restare incartati nei prodotti già confezionati messi in magazzino.
Circostanza che ha fatto tremare le ginocchia alle 10 più importanti banche d’investimento mondiali.
Se poi aggiungiamo che l’allarme a livello nazionale è per il futuro - quindi quanto finanziato fine ad oggi sembrerebbe fuori pericolo - facciamo fatica a dare credito a questo campanello di fine mercato.
Ed allora, come mai? È colpa del potenziale acquirente che vuole acquistare senza avere tutti i requisiti? Oppure sono gli istituti bancari che derogano dalla dottrina? A sentire quest’ultimi, come abbiamo visto, non è il caso!
Quindi il potenziale acquirente, direttamente od indirettamente, non può essere coinvolto; anzi alla ricerca delle migliori condizioni ottimalizza la sua posizione di solvibilità rivelandosi in definitiva debitore avveduto.
Ma se non è l’elargizione singola ad essere la malata, perché questo allarmismo?
L’unica motivazione risiede allora nel “come” finanziano le banche il credito visto che il risparmio del librettino e le obbligazioni di cassa sono in costante diminuzione.
Devono perciò uscire sul mercato dei capitali che anche se oggi  tremendamente liquido ha pur sempre i suoi costi.
Ed allora per soddisfare la richiesta selettiva ( rischi contenuti) ci si finanzia magari a corto per concedere a lungo.
Quindi per far quadrare i conti si privilegia il costo minore impegnandosi a breve magari senza assicurarsi più del tanto.
Un effetto leva atipico ma pur sempre un effetto leva!
E se così fosse, pur con il beneficio d’inventario, il pericolo per la fiammata finale dove il margine di utile (differenza degli interessi) si ridurrà ulteriormente per la concorrenza un certo richiamo può essere giustificato.
Occhio a girare i soldi, state guadagnando troppo poco!

Ma è un richiamo agli istituti finanziari e non agli acquirenti od agli operatori.
E non tanto per la dottrina di concessione ma piuttosto per il finanziamento della stessa.
D’altra parte è risaputo che finanziarsi a breve per impegni a lungo termine, come le ipoteche a tasso fisso, l’aumento del costo del denaro nel rifinanziarsi potrebbe arrecare danno all’istituto stesso, sopratutto se non ha assicurato il finanziamento contro lo sforamento del costo.
E ciò vale soprattutto per gli istituti attivi quasi esclusivamente nel credito e che non possono contare più del tanto sull’apporto della gestione patrimoniale e sulla divisione investimenti.
Questo richiamo della Banca Nazionale sconta quindi già il rincaro generale del costo del denaro e teme, alla luce dei vari bilanci degli istituti bancari, un disagio non tracurabile.
L’uscita dalla compressione del differenziale sugli interessi per ritornare a utili soddisfacenti passerebbe prima dal credito aziendale notoriamente più a corto termine.
Passando quindi dal “lavoro”, crediti aziendali, per poi passare al “tetto” (crediti immobiliari)
In poche parole sta bollendo la bolla del credito!

Ma non creiamo inutili allarmismi.
Il mercato immobiliare conoscerà primo o poi un rallentamento, ed è naturale.
La saturazione incomincia lentamente a manifestarsi ed il costo del denaro salirà ma con un andamento moderato.
Insomma ci sono tutte le condizioni per mantenersi calmi e pianificare in modo sereno.
Nessuna bolla immobiliare quindi.
Qualche nervosismo per il finanziamento del credito?
Forse era questo il cartellino giallo della Banca Nazionale.
Segnalare situazioni di surriscaldamento per far passare la preoccupazione per un finanziamento poco ortodosso del credito
Almeno noi la pensiamo così!

In questo frangente d’invito agli istituti bancari alla prudenza nei propri bilanci, non possiamo che sottolineare come il proprietario continui a cogliere il perdurare delle condizioni eccezionali sul mercato dei tassi ipotecari privilegiando per investire nel mattone abbandonando la condizione di inquilino oppure consolidando la condizione di proprietario da tempo acquisita.
In poche parole oggi la quota media di proprietà si situa attorno al 40% registrando un aumento del 33% in un paio di decenni.
Un aumento straordinario e che non tiene ancora conto della residenza secondaria.
Impressiona inoltre l’aumento della quota di proprietà grazie alla forma condominiale nelle agglomerazioni che erano cresciute in buona parte con la locazione.

Per finire “calma e gesso”. 
La festa continua ma ormai siamo all’alba!

Il Presidente Cantonale
lic.rer.pol. Gianluigi Piazzini