Da Economia Fondiaria n. 2 marzo-aprile 2013

A futura memoria pubblichiamo delle osservazioni formulate dal Presidente Piazzini durante la campagna per il NO alla nuova Legge sulla pianificazione del territorio, poi approvata in votazione popolare il 3 marzo u.s.

REVISIONE PARZIALE DELLA LEGGE SULLA PIANIFICAZIONE

PREMESSA

Queste considerazioni riprendono ed affiancano quelle contenute nell’”argomentario” contro la legge sulla pianificazione sulla quale si sta esprimendo il popolo sovrano. Intanto riteniamo importante sottolineare che in realtà si tratta di una prima revisione parziale alla quale ne seguirà una seconda a medio termine.

La TEILREVISION II è infatti già stata inserita nell’agenda del Consiglio Federale e diversi gruppi di lavoro se ne stanno occupando. Attualmente i lavori sono ovviamente congelati in attesa della votazione di inizio marzo.

LA STRATEGIA

Da anni il Dipartimento Federale sta portando avanti una strategia che fa perno sull’acquisizione di  maggiori competenze, sulla definizione di indirizzi di  larga scala e sulla gestione di settori cardini come la mobilità, l’energia e l’ambiente.

Questa strategia è stata condivisa, anzi in taluni casi anticipata, dai nostri funzionari che si sono accreditati come “collaudatori”, qualche arrivando lunghi, senza conseguire una particolare considerazione da parte degli organi federali.

Ritornando a livello nazionale, il Consiglio Federale, ovviamente pilotato dal Dipartimento competente, aveva provato più volte a portarsi a casa maggiori competenze cercando di omologare nel contempo un armamentario al limite delle fondamenta dello stato di diritto.

Tassazioni dissuasive, obbligo di costruire, diritti di prelazione a favore degli enti pubblici e quant’altro.

Strumenti tesi a realizzare la propria strategia o visione ferendo non da poco la proprietà e le aspettative ad essa collegate in barba ai diritti costituzionali che la tutelano.

Obiettivo: gestire il territorio nel suo insieme scavalcando le sovranità cantonali omologando ed appiattendo il paese giocando in casa senza temere verifiche e se necessario facendo perno su qualche consulente esterno, non sempre disinteressato.

Un ruolo abbastanza importante nel supportare questa strategia l’ha giocato anche l’aspetto emotivo abbinato alla solita accusa della “speculazione” accompagnata dai soliti scenari apocalittici.

In queste sottolineature si è abilmente evitato di mettersi in discussione spostando sui soggetti economici sul territorio la colpa di non aver utilizzato con la dovuta perizia le edificabilità concesse..

A questo proposito è utile ricordare che le attuali approvazioni degli indirizzi sono scese dall’alto procedura che comprova che tutto sommato non è possibile per nessuno chiamarsi fuori.

I TENTATIVI

Sono stati diversi ma senza esiti eclatanti.

I Cantoni difesero la loro sovranità e lo strumentario fu considerato lesivo della proprietà.

E quindi il sovrano ed i suoi delegati posero il veto.

Negli ultimi anni si avvertiva comunque un cambiamento di tattica supportata da nuove dimensioni e da nuove realtà politiche.

Per nuove dimensioni si intendono le agglomerazioni e le città ( con qualche “polo” di sviluppo) e per nuove realtà politiche i Cantoni ( la consolidata potenza di fuoco dei Direttori Cantonali in grado di orientare esecutivo e legislativo) e la consapevolezza dell’Altopiano di rappresentare la forza contrattuale del paese.

Se si vuole soggetti economici-politici che seppero uscire dalla condizione di territori problematici (mobilità, inquinamento, nuovi poveri,ecc.) sottolineando i problemi altrui ( occupazione estensiva del territorio, seconde residenze ed investimenti di struttura sproporzionata).

Un cambiamento nei rapporti di forza che offriva al Dipartimento Federale la possibilità di poter colloquiare con poche istituzioni senza particolari filtri politici convincendolo di conseguenza ad una nuova sortita.

LA NUOVA SORTITA

Il Dipartimento FEDERALE, sempre con il consenso del GOVERNO elaborò infatti una nuova visione (Leitbild) che conglobava diverse politiche settoriali da concretizzarsi tramite una legge trascinando il solito armamentario “persuasivo” aggiungendo l’arrogante compito di regista plenipotenziario.

Insomma, malgrado i contenuti per gestire il paese fossero già compresi nella legge in vigore, l’arrembaggio era più che evidente.

Il risultato della procedura di consultazione fu una decisa censura da parte dei Cantoni e da parte delle associazioni di riferimento.

Come di consueto però diverse associazioni marginali sostennero la legge e siccome nessuno degli interpellati di peso aveva imposto al Dipartimento di rifare i compiti in classe rinunciando comunque al diritto di pilotare il paese ci si convinse che forse una certa necessità di intervento c’era. (Handlungsbedarf)

L’INIZIATIVA

Il collaudato gruppo dei “naturalisti” la lanciò riprendendo stranamente diversi contenuti della legge appena fucilata rafforzando il tutto con il blocco per 20 anni delle zone edificabili.

Va precisato che il blocco si riferiva all’ampliamento delle zone e non all’aumento dell’edificabilità al loro interno (centripeto) come proponeva da anni il Dipartimento accettando pure qualche deroga in casi di rigore (esaurimento della superficie edificabile oppure intervento in grande scala di interesse pubblico)

L’iniziativa spaventò non poco i Cantoni Urbani che già subiscono le maggiori sollecitazioni dell’immigrazione esterna ed interna con il rischio di venir neutralizzati come interlocutori privilegiati riducendosi, come affermano, il loro spazio di sviluppo sostenibile.

Per i Cantoni Alpini, il nostro poi da sempre proclamatosi come riservista esemplare in fatto di zone  “edificabili” , il problema del blocco si pone in realtà molto meno. Magari nell’urbano vero e proprio a condizione che il paese, almeno per quanto ci riguarda, mantenga il suo ritmo di crescita che francamente riteniamo improbabile.

Anzi oggi, con l’approvazione della legge sulle residenze secondarie, le riserve in talune regioni alpine stanno aumentando e verranno subito rilevate da Berna.

Ne sanno qualche cosa i Vallesani che sono più che preoccupati.

A proposito di censimento delle riserve edificatorie non si è mai capito se nelle stesse fossero conteggiate anche quelle nell’edificato (quindi la “villozza” ed al limite la casetta pre-anni settanta che sicuramente non hanno sfruttato la totalità del terreno di loro pertinenza).

A proposito di insufficiente sfruttamento dei terreni ci sembra opportuno sottolineare che ciò non avviene nelle zone cittadine dove impera la costruzione fino all’ultimo centimetro disponibile coniugando distanze con l’altezza gronda ma piuttosto nell’estensiva anche se sempre di meno. Basta riferirsi alle villette a schiera od all’edilizia sobria dove lo spreco, si fa per dire, è pressoché scomparso.

Qualora il rilevamento rimorchiasse anche le riserve nell’edificato esso risulterebbe ovviamente dopato e facilmente strumentalizzabile.

Per il Dipartimento federale l’iniziativa rappresentò quindi un’eccezionale opportunità per rilanciare la sua proposta di nuova concezione (intitolata: sviluppo sostenibile) utilizzando parte della legge che fu fucilata poco tempo prima.

Per taluni questo concatenamento legge silurata/iniziativa risultò strano ma ormai l’urgenza dettata dall’iniziativa era tale che la macchina della ricerca del consenso fu avviata.

IL CONTROPROGETTO

Il Consiglio Federale con l’iniziale timoroso consenso degli attori principali (Cantoni e Città) riesumò parte della legge e dello scenario di supporto spacciandoli come controprogetto indiretto evitando così di modificare l’articolo costituzione proponendo la via legislativa.

Ovviamente nel confezionamento ebbero una parte di rilievo gli “iniziativisti” che poterono emettere debita fattura portando a casa più di quanto proponevano.

A dir la verità anche il Parlamento ci mise poi del suo.

La proposta (TEILREVISION I) venne messa in consultazione con procedura accelerata fra le istituzioni e chiusa con la solita conferenza finale (chi c’è.. c’è !)

La revisione (MODIFICA) fu completata nel dibattito alle Camere con l’obbligo di tassare le plusvalenze di natura “pianificatoria” e con qualche precisazioni di non molto peso.

Giova ricordare che la proposta di rendere obbligatoria la tassazione del plusvalore in caso di inserimento di un terreno in zona edificabile fu lanciata dalla Camera Alta (quella dei Cantoni) e non dal Governo o dalla Camera del Popolo.

La proposta fu  accettata dopo aver convinto i contadini, quest’ultimi proprietari di buona parte dei terreni fuori dalle zone edificabili, concedendo loro una sorta di differita del  pagamento della tassa sul  plusvalore a patto che lo stessa venisse investita in parte nell’azienda.

Ovviamente con questo accordo la resistenza si sbriciolò all’istante anche perché uno dei due elementi perno della revisione era proprio la preservazione delle superfici agricole (mantenere per l’agricoltura sufficienti superfici coltive idonee, segnatamente superfici per l’avvicendamento delle coltura, così recita l’articolo 3); l’altro invece si riassume nel contenere l’edificazione dispersiva forzando l’edificazione all’interno accompagnandola, se del caso, con la possibilità di “densificazione” delle superfici  insediative e con la riduzione delle superficie delle zone edificabili all’esterno ritenute sovradimensionate..

Dopo una sofferta alzata di mano la revisione fu accettata principalmente dai rappresentanti dell’ALTOPIANO; la nostra deputazione, a parte Abate, Quadri e Carobbio, si espresse contro.

Gli “inziativisti” soddisfatti per quanto ottenuto ed assicurando il pieno appoggio per la seconda revisione si sono impegnati a ritirare l’iniziativa a condizione che non venisse presentato un referendum.

E siamo così giunti agli ultimi mesi!

REFERENDUM

L’USAM con l’appoggio della CATEF e della FEDERAZIONE ROMANDA dei proprietari si lanciò da sola nella raccolta delle firme che riesce abbastanza agevolmente malgrado il periodo estivo.

L’unica difficoltà: il malumore espresso dalle classi dirigenti di alcune associazioni che consideravano chiusa la faccenda con la prontezza a consegnare carte e bussole ai pochi funzionari federali.

Emersero pure subito le critiche delle città ed il nervosismo dell’altopiano alle prese con la  pressione della nuova forza lavoro (immigrazione) e con il ritrovato appeal dell’urbano..

Il pericolo del blocco edilizio, si fa per dire, li aveva annichiliti!

Per la verità qualche ripensamento in seconda battuta c’è stato.

Basti pensare alla potente associazione svizzera tedesca dei proprietari immobiliari che sconfessò il proprio direttorio decidendo di scendere in campo oppure ai Partiti PLR ed UDC che decisero di osteggiare la revisione parziale della legge considerandola lesiva nei confronti della sovranità cantonale e della proprietà in generale.

Per quanto riguarda il PPD lo stesso rimase impigliato nel classico sostegno al suo unico Dipartimento mettendo così in gioco la sua rappresentanza nel Vallese.

Per quanto riguarda i contadini gli stessi hanno dichiararono di sostenere la legge che dovrebbe assicurar loro il mantenimento della loro condizione senza correre il pericolo di dover subire la pressione di una fastidiosa domanda.

Purtroppo per loro, come vedremo più avanti, il territorio a loro affidato verrà allargato con le rasature in quota degli esuberi delle zone edificabili che in parte già appartengono a loro e con la parziale riconquista della parte risucchiata dal bosco nel nome di tutori del paesaggio.

Varranno cioè gli appositi piani generali attualmente in fase di preparazione.

Fra l’altro un gioco da ragazzi con i rilevamenti fotografici d’oggi e d’allora!

Manca ovviamente la carta dei terreni idonei che dovrebbe definire quei terreni che potrebbero ancora rientrare in una strategia aziendale sostenibile.

LA CONTRAPPOSIZIONE

Il confronto sta facendo emergere una pericolosa contrapposizione fra l’arco alpino e l’altopiano.

Fra Mittelland e le strukturschwachen Gebieten.

Questi termini vengono ora apertamente usati affiancando quello di Randregionen.

Quelli del Mittelland affermano che sono l’asse portante del paese e che hanno fatto i compiti e puntano il dito verso i Cantoni periferici sempre svogliati, pasticcioni e petulanti.

Loro non temono la burocrazia bernese ma piuttosto l’iniziativa stessa.

Del resto, e lo sanno bene, il funzionario bernese verrebbe spianato da una coalizione dell’altopiano formata da senatori od organizzazioni (Cantoni, città ed agglomerati) qualora il “funzionariato” esagerasse nell’interpretazione e nell’applicazione della legge.

D’altra parte é lo stesso “funzionariato” bernese che si occupa anche di trasporti ed energia gestendo i vari crediti quadro…..quindi per l’Altopiano un’antenna da utilizzare direttamente con un certo riguardo.

“Per le RR, ( Randregionen ) cavoli loro, noi occupiamoci dei nostri problemi consci della nostra forza finanziaria e politica. Un domani si vedrà!

Magari la SVIZZERA sarà diversa come prevede il pensatoio “Avenir Suisse”. Pochi Cantoni e miglior reattività; in tutti i casi noi ci saremo ( la banana dell’altopiano) come pure i cari Ticinesi protetti dal massiccio del San Gottardo e che andremo a trovare in un paio d’ore grazie alle gallerie che abbiamo sovvenzionato”.

È un processo politico pericoloso, una sorta di globalizzazione condita da un pericoloso realismo politico che potrebbe stramare la solidarietà e con essa il federalismo.

LES PIÈCES DE RÈSISTENCE

La più importante l’abbiamo già parzialmente affrontata.

La consegna alla burocrazia di Berna delle competenze di indirizzo e la gestione indiretta delle politiche settoriali.

Infatti, chi ha la facoltà di emettere le direttive per gli sviluppi territoriali, tiene ed aggiorna il prontuario, approva e corregge, controlla e gestisce l’agenda e le infrastrutture chiavi del paese condiziona tutto e tutti.

Potrà adeguarsi provvisoriamente alle circostanze ma alla lunga ritornerà a mo’ di pendolo sulla strategia scelta, giusta o sbagliata, cercando di non perdere il prezioso consenso dell’altopiano.

Agli altri si riserverà il sottoscala!

Quindi regia e controllo si sposteranno ed ai Cantoni spetterà la sporca applicazione e sempre meno la gestione delle sue aspettative.

In pratica i Cantoni periferici verranno sfiduciati mentre quelli forti potranno sempre dire la loro.

I “referendisti” sono fermamente contrari a questa oligarchia ed alla sua burocrazia.

A parte queste considerazioni il fatto di aver affiancato la Confederazione come leader ai Cantoni metterà fuori gioco sicuramente i Comuni….che verranno sentiti se del caso, cioè mai!

D’altronde le pesanti tosature spaziali ridimensioneranno le loro ambizioni e legittime speranze.

Buona parte verrà perciò presa per sfinimento e per scoramento!

D’altronde la Confederazione con la sua visione globale non potrà che ragionare nel complesso, quindi l’obbligo di ridurre le superfici edificabili in esubero partirà da obiettivi complessivi e non in funzione di precisi comprensori.

Il suo ragionamento potrebbe essere il seguente.

“Tot superfici risultano dai miei rilevamenti in esubero (fra l’altro da te, Dipartimento Cantonale, più volte confermati) per cui ti chiedo di apportare nei tempi stabiliti le opportune rasature modificando i PR coinvolti e gestendo la pletora di ricorsi e richieste di indennizzo; incomincia dalle regioni di serie C che già valgono poco per la misera domanda per poi passare a quelle di serie B (quelle di costa che magari vedono il lago, tanto per fare un esempio). E se qualcuno rogna blocca e poi si vedrà”…

Si tratta ovviamente di un atteggiamento poco simpatico ma non poi tanto improbabile!

A proposito bisognerà poi attendere l’ordinanza di applicazione nella quale il Dipartimento Federale potrà mostrare maggiormente i muscoli per sorreggere ed indirizzare i tosatori sul territorio.

È opportuno anche sottolineare che vi è il rischio che una parte dell’applicazione venga demandata agli stessi pianificatori e funzionari nostrani che per fatti concludenti e per loro stessa ammissione contribuirono all’edificazione confusa del fondovalle.

Un gruppo di martiri magari accecati dalla una nuova missione imposta e benedetta da mamma Elvezia.

In tutti i casi sarebbe meglio rottamarne qualcuno dando spazio a nuove idee puntando ai giovani professionisti meno impegolati con il territorio.

LE VALLI E LA COSTA

Come più volte sottolineato, anche se non siamo in possesso dei rilevamenti, nelle zone dove la domanda non è presente o si sta contraendo, vi sono le maggiori zone edificabili in esubero.

Zone che verranno perciò pesantemente tosate, Comuni-Pecora quindi, per irrobustire la zona agricola e per lo svago/riposo.

Indirettamente anche per compensare la maggiore edificabilità concessa all’urbano ed alla sua immediata periferia.

A parte i territori delle valli che verranno riconsegnati alla loro vocazione quasi naturale si dovranno ridurre le zone in Costa e magari anche quelle della periferia ancora collegata all’urbano.

Comuni che con la perdita delle residenze secondarie ed avvelenati dalla sottile accusa di contribuire alla dispersione delle zone (villette parassitarie ed infrastrutture sovradimensionate sebbene pagate dai contribuenti in loco) potrebbero pure vedersi ridimensionare le loro zone edificabili adeguandole allo sviluppo prevedibile  per i prossimi 15 anni.

Vi è inoltre un altro rischio.

La copertura delle zone da sempre inedificabili e delle zone declassate verrà poi francobollata nel tempo con opportuni piani come quello del PAESAGGIO con le zone agricole, quelle forestali, dello svago e quant’altro..

In poche parole si privilegerà l’URBANO e l’edificazione al suo INTERNO a scapito dell’ESTERNO che peraltro risulta pur sempre occupato e non palesa una particolare sofferenza..

VIVA la CITTÀ quindi ed il resto diventerà godibile ed in taluni casi classato come riserva indiana vera e propria.

La dimensione prevarrà sul particolare.

Come si finanzierà il tutto? Con calma, prelevando i plusvalori nel tempo.

In tutti i casi, all’esterno del periurbano, si incomincerà a bloccare l’esubero per poi, a conteggio verificato, modificare i piani regolatori.

L’URBANO

Dopo aver declassato di fatto la zona estensiva dei Comuni periferici il cono di luce passerà sul tessuto cittadino.

Ci si concentrerà su Comuni del piano fra loro confinanti con un capofila regionale che fungerà da capo-famiglia forzando l’edificazione all’interno invitando i proprietari a costruire ( con le buone e con le cattive) aumentando se del caso l’edificabilità.

Per gli svizzeri-tedeschi il tutto si limiterebbe al recupero delle aree industriali dismesse che si trovano ancora nelle loro città o lungo i corsi d’acqua a confine dell’urbano.

Sulzer-Areal a Winterthur, ABB-Areal a Baden, von Roll-Areal a Berna, Selve-Areal a Thun tanto per fare qualche esempio.

Per noi la forzatura dell’urbano passerà per l’aumento marginale di edificabilità ( beccati un piano o due) e per la pressione sulle aree libere. (se non costruisci ti bastono!)

Giova ricordare a questo punto che la revisione della legge concederà ai Cantoni ampia facoltà in merito all’obbligo di costruire e nel forzare raggruppamenti.

Anzi, con la seconda revisione, l’armamentario “di persuasione” verrà completato magari con i certificati di partenza,  con le imposte dissuasive, con i diritti di prelazione e di compera, con i contratti speciali del  “puoi se io ti concedo”…, ecc.

Ci vorrà un po’ di pazienza per spianare definitivamente le resistenze e mettere a punto la tela del ragno..

Non vi è purtroppo niente di fantasioso; sta tutto scritto ( messaggio e pubblicazioni dipartimentali) e le intenzioni sono state esposte negli anni con sufficiente chiarezza anche se non sempre sottolineate a dovere.

Ed ora ci sia permessa qualche riflessione sul “centripeto”, termine ormai di moda come quello del “periurbano”.

Centripeto vuol dire, come sappiamo, edificare nell’interno cosa che da anni avviene senza particolari forzature.

Anzi a dire la verità si intravvedono già dei sintomi di sovraccarico proprio nel momento in cui abbiamo strozzato il sistema viario.

In pochi anni sono stati infatti costruiti migliaia di appartamenti e le modinature continuano a spuntare come funghi!

Si demolisce e si costruisce come vuole il mercato.

Tutti nell’urbano, meglio servito e più divertente!

“L’esterno non sarà degno di una particolare forzatura essendo considerato il vero motore della dispersione; l’estensiva, edificazione di buona parte del territorio, divora il territorio mentre l’urbano lo preserva meglio….”

Indipendentemente da queste considerazioni (meglio il verticale che l’orizzontale) si sta facendo strada un altro pericoloso convincimento che parte dalla  constatazione che oggi si edifica mq 50 abitabili per cranio.

È pur vero che vi sono famiglie monoparentali, anziani fermamente decisi a non lasciare il passo, esigenze spaziali mutate ed un benessere da far invidia, ma per le autorità federali questa sottooccupazione non si legittima più.

Un obiettivo è  proprio quello di non più tollerarla irrobustendo così la politica di dimensionamento mirato all’interno.

Mettiamola così!

Mandiamo il meno scattante in appartamenti di più modeste dimensioni!

Per il momento una volontà “sussurrata” che non sarà facile concretizzare pena l’incrinatura del patto sociale.

La terza età, pur non avendo un’anagrafe precisa, è una potenza di guerra in termini di consenso e di forza contrattuale. Quindi è politicamente sconsigliabile innervosirla con dosi omeopatiche!

LA TASSAZIONE del PLUSVALORE

Noi della CATEF, e non solo noi, la riteniamo una vera tassa che si applica non ad un regalo, bensì ad un adattamento pianificatorio per sanare una valutazione sbagliata.

I referendisti non sono contro la fiscalizzazione della plusvalenza fra l’altro facoltà già concessa ai cantoni.

Sono contrari alla scelta d’imporre in questo modo che di fatto sconfessa la possibilità applicata dalla maggioranza dei Cantoni di aggiornare le stime in presenza di plusvalenze di rilievo.

Da noi infatti, come un terreno viene reso edificabile, l’ufficio stima adegua  automaticamente il suo valore. E se ritardasse, il Comune interessato ad un maggior indotto vedrà di sollecitarlo.

Fra l’altro a questa decisione giunse un apposito gruppo d’esperti incaricati dal Consiglio di Stato d’allora.

Per quanto ci riguarda si potrebbe ancora accettare quanto proposto dalla revisione della legge a condizione che ci si limiti ad imporre il solo passaggio all’edificabile senza tracimare su abbuoni o cambiamenti di destinazioni.

Si tassi solo l’attribuzione ex-novo alla zona edificabile modificando se del caso la legge in vigore senza concedere ai Cantoni la facoltà di tracimare sull’edificato oppure superare la soglia del 20%.

La propensione allo sfondamento (taluni lo chiamano il complesso del primo della classe) ha già convinto il nostro Cantone ad anticipare i tempi proponendo di tassare al 40% l’attribuzione alla zona edificabile e del 30% l’abbuono sugli indici di edificabilità.

In verità nella prima tornata si proponeva di tassare il tutto al 40%!

Resta ancora sul tavolo la proposta “cantonticinese” di versare al più tardi il plusvalore entro 15 anni, imposizione che nessuno prevede in Svizzera. Una tipica anomalia che costringerà il proprietario a vendere magari in un momento poco opportuno (mercato o sue aspettative) oppure ad ipotecarsi.

Infatti una manciata di Cantoni, come pure la Confederazione con la sua proposta, fanno passare alla cassa solo nel caso di vendita o di valorizzazione.

Certo che gli estimatori e gli avvocati avranno il loro bel daffare.

Rasature e plusvalenze!

Ora, dato che la legge federale, soprattutto quando verrà completata, rimorchierà diverse KANNVORSCHRIFTEN v’è da mettere in conto, come da consuetudine, interpretazioni da parte nostra più fiscali ed allargate.

È sempre cosa utile ricordare che la revisione della legge si richiama alle grandi dimensioni (agglomerati, regioni e grandi città) citando senza alcuna riserva le aree industriali dismesse, quelle aree che noi non abbiamo non avendo avuto una sufficiente e consolidata vocazione industriale se non delle esperienze a macchia di leopardo.

A Basilea per esempio le aree della farmaceutica sono state valorizzate con enormi complessi multiuso, delle vere e nuove “Siedlungen” in parte “sbolognate” agli istituzionali.

Alle proprie casse pensioni, ai fondi immobiliari di cui Basilea è una roccaforte, alle società immobiliari quotate oppure semplicemente tenute in pancia come investimento proprio.

Forse in questi casi di abbandono della vocazione industriale di grandi superfici ( fabbriche e depositi) a favore di nuovi complessi con contenuti aggiornati alla domanda e concordati con le autorità un’imposizione leggermente più corposa potrebbe anche entrare in discussione.

Noi ticinesi invece, discostandosi dalla “ratio” della revisione (grandi aree) , consideriamo come importante plusvalenza delle modifiche marginali nell’intensivo come un + 0,2 di IS.

A proposito, quando ai tosati, quelli magari nelle zone di serie C, verrà magari dopo qualche decennio rimessa una parte del “confiscato” in zona edificabile essi dovranno passare alla cassa.

Per finire: il proprietario a cui verrà concessa  una maggiore edificabilità  versando il plusvalore pianificatorio si vedrà aumentare il valore di stima che trascina  tutte le applicazioni fiscali, sociali ed i balzelli vari e quando venderà passerà alla cassa per il secondo plusvalore , la tassa sugli utili immobiliari.

Fra l’altro maggiore edificabilità vorrà dire anche eventuali minusvalenze sul lungo per coloro che hanno già edificato. Ieri o molti anni fa!

MAGGIORI AFFITTI

Il fatto di limitare le superfici considerate in esubero costringerà l’offerta ad indirizzarsi sempre più sulle zone urbane nettamente più impegnative dal profilo finanziario e più sollecitate dalla domanda.

Il pedaggio, qualora venisse concesso un aumento dell’edificabilità, verrà ribaltato sul costo del terreno andando quindi a rincarare il costo del prodotto finale e di conseguenza gli affitti.

La periferia estrema sarà magari meno appagante ma offre pur sempre prezzi dei terreni più convenienti.

L’associazione degli inquilini, come sempre di traverso, sostiene il contrario facendo perno sull’obbligo di edificare che resta pur sempre un optional.

A meno che essa si illuda di poter promuovere nelle aree dismesse che non abbiamo l’edilizia popolare e far finalmente decollare le sbandierate cooperative cosiddette “spontanee”.

Ultimamente ci sembra però di aver capito che l’argomento maggiormente utilizzato dall’ASI sia quello della TESAURIZZAZIONE considerata come bieca e spalmata speculazione dimenticando che quando la domanda spinge i terreni idonei a soddisfare esigenze ed aspettative del mercato i proprietari vengono particolarmente sollecitati ed il più delle volte le proprietà passano di mano.

Le ideologie o le convinzioni in genere si dissolvono di fronte alla possibilità di un incasso corposo.

Dove invece la domanda non è presente abbondano i cartelli con la dicitura “vendesi” con tanto di numeri telefonici di portatili…..ma il mercato “non beve”.

Tenere terreni liberi per un paio di generazioni è un caso limite e del resto maestri nella vendita all’ultimo prezzo sono proprio stati i contadini.

Quando la domanda era fuori dall’uscio, spostavano la tovaglia e trattavano come magistralmente sanno fare! Meglio far studiare i figli.

L’ASI spera, come già accennato, che con l’obbligo di costruire, sempre che venga imposto in presenza di interesse pubblico preponderante, la disponibilità aumenti.

Un ragionamento francamente debole.

LA ZONA RURALE

Sinceramente era già da anni bloccata.

Anzi il primo atto pianificatorio fu il decreto urgente del 1972 con il quale si limitò le zone edificabili.

Poi le zone furono ampliate ma sempre con il consenso del Dipartimento e con l’avallo indiretto della Confederazione.

Negli ultimo decennio persino con il conforto del Piano Direttore.

Le zone tolte spontaneamente alla loro vocazione contadina erano in realtà zone che non ressero la pressione della domanda ed alla stessa ci si è adeguati senza molti ripensamenti.

Pensiamo a Molino Nuovo od alle Semini. Magari questi cittadini-contadini d’allora sarebbero oggi costretti a vendere o ad edificare.

Con la legge la zona adatta, sempre che lo sia veramente, alla destinazione agricola-contadina, verrà ampliata con i declassamenti e con la probabile riconquista (spontanea od imposta) dei terreni abbandonati e riconsegnati al bosco, l’unico aspirapolvere dell’ambiente.

Il mondo contadino avrebbe sicuramente preferito mantenere un margine di manovra ma l’intendimento della revisione era troppo chiaro (ridimensionare lo spazio per il cemento e favorire il verde coltivabile da consegnarsi all’architetto del paesaggio da premiarsi per la sua funzione protettiva); inoltre la concessione della differita ( invece di versare la tassa “investila”  nell’azienda) lo mise politicamente con le spalle al muro.

CONCLUSIONE

La proposta di revisione va respinta perché

  1. consegna lo sviluppo sostenibile del paese e le politiche settoriali ad un’unica regia che non teme verifiche e che ha molteplici armi di persuasione pronte in magazzino
  2. le regioni “periferiche” dell’arco alpino verranno messe all’angolo dall’altopiano
  3. si è sottaciuto che la presente revisione (modifica) è parziale e che la seconda revisione per completare la strategia di centralizzazione è già programmata.
  4. la centralizzazione non distingue le singole realtà (Basilea Città con il Ticino)
  5. lo strumentario coercitivo lede i diritti della proprietà
  6. l’impegno burocratico sarà gigantesco ed il processo di delega pericoloso
  7. la revisione non sarebbe necessaria. Per esempio l’obiettivo Nr. 12 del nostro Piano Direttore riporta già la volontà di contenere l’estensione degli insediamenti, l’utilizzazione razionale, l’incremento della densità insediativa, la riqualifica delle aree e degli impianti in disuso. L’uso parsimonioso e lo sviluppo centripeto sono già possibili con la legge in vigore.
  8. il piano degli indirizzi verrà “indirizzato” da altri proprio nel momento in cui si deve giocare di squadra al nostro interno per uscire dalla condizione di declino programmato o meno
  9. il “centripeto” è da un decennio in atto spontaneamente e sempre meno metri quadrati rimangono inutilizzati nelle valorizzazioni.
  10. all’interno del paese il confronto regionale potrebbe imboccare altre pericolose derive e rafforzare inutilmente la contrapposizione fra il Sopra- ed il Sottoceneri, fra la Costa ed il Piano, fra la montagna ed il lago!
  11. consegnando il paese a pochi funzionari si rinuncia a governare accontentandosi del quotidiano e della delega (capitolazione politica).

In definitiva il nostro atteggiamento non si giustifica solo con la sacrosanta difesa della proprietà per altro sancita dalla costituzione ma con la perdita della facoltà di gestire il proprio destino.

Il limite della pianificazione (dove, cosa, quando, chi, come) è la voglia di potere per soddisfare propri disegni senza preoccuparsi del necessario consenso.

Lo fu ieri, quando si trattò di cancellare dall’oggi al domani interi comprensori edificabili, e lo è oggi con l’obbligo di intervenire per ridurre ulteriormente i territori rimasti perché considerati sovradimensionati premiando esclusivamente regioni considerate oggi trainanti.

La pianificazione non ha interesse a privilegiare il consenso e la condivisione.

I suoi scenari vanno semplicemente accettati anche se sono in definitiva delle cambiali in bianco che vengono sempre rinnovate.

Basta solo guardarsi in giro!

Malgrado ciò noi abbiamo ancora FIDUCIA nelle nostre forze e rifiutiamo la TUTELA e quindi raccomandiamo di non accettare questa prima revisione parziale della legge sulla pianificazione.

12 febbraio 2012   GLP CATEF