Da Economia Fondiaria no. 5/2012

Malgrado ci siamo già più volte espressi sul tema dobbiamo tornare sull’argomento, perché ritornato di attualità rimorchiato dalla classica sollecitazione della sinistra e da uno studio commissionato dall’ufficio federale dell’alloggio.

Per la “classica sollecitazione” ci riferiamo ad un atto parlamentare inoltrato a Lugano con il quale si sollecita la città a mettere in piedi una società immobiliare con un capitale di 10 milioni che grazie all’effetto leva del credito bancario, in questo caso garantito per non innervosire le nostre autorità monetarie, permetterebbe di investire 100 milioni nell’edilizia popolare.
A seconda dello standing e della pezzatura stiamo parlando di ca. 300 appartamenti sempre che la comunità, quindi i veri proprietari del Comune e della società di interesse pubblico, concedano terreni a prezzo politico, per intenderci gratuitamente.
Fosse il caso bisognerà in tutti casi scegliere fra le varie destinazione dei terreni di riserva ancora in dotazione.
Se l’ente dovesse comperare anche il terreno potrebbe costruire ovviamente un centinaio di appartamenti in meno.
Sempre di buona pesa.
Sarà un’occasione per confrontarci sulla realtà delle cose, la nemica della demagogia e della sottolineatura fine a se stessa.

I lettori si ricorderanno che la nostra associazione ha da sempre sostenuto che la pigione moderata era possibile solo riducendo superficie e standing dell’unità abitativa.
Quindi passare all’edilizia popolare vera e propria che non vuol dire ghetti o docce in comune come qualcuno vorrebbe far passare.
Fare invece in modo che il costo di costruzione si riduca in modo sensibile grazie ad una progettazione “normata” e con la riduzione dello standing come avviene per una utilitaria.
Recentemente un’analisi interna ci ha permesso di stabilire che il costo di costruzione, senza il terreno, si situa attorno a Fr. 3'500.- al mq affittabile di calpestio, quota interrata compresa.
A ciò ha concorso la pressione della domanda e delle norme edificatorie sempre più incisive.
Oggi con un solo servizio od un lavello semplice il prodotto verrebbe considerato non solo di battaglia ma addirittura improponibile.

Il secondo spunto che ha attualizzato il tema è lo studio commissionato dall’Ufficio federale dell’alloggio a specialisti esterni i quali concludono che per contenere i costi bisognerà concentrarsi sull’essenziale.
Che abbiano copiato il nostro linguaggio?
Di sicuro noi saremmo costati molto di meno e dopo lo scontato spuntino di lavoro, per dirla come gli amici romandi “ le déjeneur arrosé”, avremmo devoluto l’incasso a enti bisognosi.
Ma cosa dicono gli esperti?
Per ridurre i costi bisognerà in primo luogo ridurre la superficie dell’appartamento, per esempio passando da una superficie media di mq 120 a mq 85 ed in secondo luogo tirare la dotazione all’interno.
Addio doppi servizi e balcone da stiro!
Inoltre bisognerebbe premiare la produzione standardizzata e privilegiare il ballatoio.
Insomma tirare all’osso l’intero immobile.
Per la verità il discorso della standardizzazione era già emerso nella metà degli anni settanta con il famoso programma, ora scaduto, dell’edilizia convenzionata (sussidiata)
Erano delle piante (Grundrisse) riprese da progetti di due grosse imprese generali nel frattempo fallite.
Non erano male; anzi, in confronto all’edilizia convenzionata delle “cités nouvelles” francesi erano dei prodotti formidabili.
Si pensava con ciò di risparmiare grazie alla “ripetibilità” ( progetti collaudati, limitazione di sprechi, calcoli solamente da aggiornare, ecc.) e premiare nel contempo anche la flessibilità.
Infatti si poteva adeguare più facilmente la pezzatura a seconda delle necessità interne ed esterne dell’utenza..
Per essere corretti è giusto ricordare che il prodotto doveva andar bene sia per la locazione che per l’acquisto.
Purtroppo alla lunga il prodotto non resse il mercato non da ultimo perché non era a buon mercato, anzi costava parecchio.
Tutto questo movimento elicoidale per evidenziare che lo studio di cui sopra, malgrado conforti le nostre tesi, è già stato quasi dimenticato.
Dopo la fiammata iniziale alimentata dall’affermazione che si può costruire riducendo drasticamente i costi di produzione e di conseguenza gli affitti, la fiammella è infatti stata spenta.
Perbacco, i proprietari non hanno proprio torto!
Oppure, se così stanno le cose non parliamone più.

Noi attendiamo fiduciosi le prime esperienze anche se siamo quasi convinti che quando si tratterà di cacciare un copeco la solidarietà resterà impigliata nel borsellino.
A meno che appartenga ad altri!
Ma in tutti i casi anche la semplice intenzione alimenterà la trasparenza. 
Non si potrà barare sui costi che fra l’altro sono facilmente verificabili.
Basterebbe un colpo di telefono alla centrale svizzera delle cooperative od all’istituto della Confederazione che garantisce i crediti per le società di interesse pubblico.
A proposito chi volesse leggersi il tomo lo potrà scaricare dal sito


Gianluigi Piazzini