Da Economia Fondiaria no. 5/2016

A livello nazionale è in atto una discussione sul rilevamento della disoccupazione e come sicuramente il lettore ha appreso tale discussione è da noi tracimata al punto da innervosire alcuni nostri economisti che fanno parte del corpo degli insegnanti universitari. La questione? Siamo meglio degli altri perché sotto l’asticella della disoccupazione nazionale oppure qualcuno manomette l’asticella favorendo letture strumentali? Oppure esistono due rilevamenti? Una discussione piuttosto sterile, del resto nel frattempo appianata, ma che dovrebbe favorirne una seconda ben più importante con un arco temporale molto più ampio sul come riuscire ad assicurare il benessere conquistato e cosa si dovrebbe fare. Sarà perciò necessario chinarsi sulle necessità di adeguamento poste al mondo del lavoro in funzione del il nuovo modo di produrre beni e servizi e sul come assicurare che le prospettive e le propensioni ad investire delle aziende non vengano meno o non vengano stritolate dal mercato. Non si tratta di beatificare la voglia d’impresa ma è indubbio che senza i soggetti economici che la determinano e la concretizzano non andremmo molto lontano. Del resto ognuno è in grado di fare una riflessione personale interrogandosi sul proprio posto di lavoro, datore e mansione compresi. Tutto quanto per dire che non servono a molto i tavoli di lavoro se ci si rifiuta di confrontarsi con la realtà. La nostra classe dirigente dovrà avere il coraggio di affrontare con realtà il discorso della qualità, abbandonando termini desueti come “decrescita felice” o “crescita sostenibile”, fumogeni per legittimare la quotidianità a scapito di una visione a lungo termine. Ma chi dovrebbe impegnarsi al fronte? Gli economisti di regime? Le forze economiche? I funzionari dirigenti? Oppure vogliamo lasciare spazio ai tracciatori sfasciacarrozze oppure ai portatori di ricette bisunte superate dal cambiamento in atto? Noi sinceramente ce lo stiamo chiedendo da un pezzo e siamo quasi convinti che pochi si pongono questa questione anche se l’allarmismo di pelle è da tempo percettibile. A proposito, la discussione sulla disoccupazione poggiava su rilevamenti oltretutto positivi. Rilevamenti che probabilmente non servivano ad alimentare la continua pressione sul mondo del lavoro e sull’occupazione e che quindi sono finiti nel tritacarne!
Il termine più in voga per definire un modo di far politica irriverente e poco rispettoso è quello del “populismo”. Al di fuori di questo recinto di pecore belanti ci stanno solo gli illuminati e gli accreditati a discutere qualsiasi problema, regionale o planetario. Ora è indubbio che chi viene tacciato di “populista” aggancia i problemi o le paure del popolo senza preoccuparsi più del tanto del politicamente corretto o della cultura politica. Ma è proprio così sbagliato? Alla luce del rilevamento del Credito Svizzero sulle apprensioni dello Svizzero risulta evidente quali siano i problemi che preoccupano il cittadino. Fra il gruppo di testa il lavoro, la previdenza e la migrazione. Quest’ultima ha grande presa e l’abbiamo visto con l’uscita del Regno Unito dall’EU e con il nervosismo nascente di alcune nazioni fino a ieri fra le più generose in fatto d’accoglienza. Insomma il migrante economico preoccupa e a poco serve richiamarsi ai rifugiati politici. Con questi abbiamo in tutti i casi la coscienza tranquilla. Basti pensare a quando eravamo attorniati dagli imperi ed accogliemmo personaggi che hanno fatto la storia. Se la memoria regge passarono da noi un certo Carletto Marx, un Lenin ed il Benito di Predappio. Per quanto riguarda chi fece l’Italia diversi furono coloro che gravitarono attorno a Lugano (Mazzini, Garibaldi, Cattaneo) e senza ricordare il periodo fascista dove i futuri membri della costituente furono da noi accolti senza riserve. Potremmo aggiungere gli ungheresi ed i cecoslovacchi come pure coloro che dovettero fuggire dopo la caduta di Allende. Del resto non siamo sempre stati dietro il fortino senza correre dei rischi. Noi Ticinesi ne sappiamo qualche cosa quando gli Austriaci si incavolarono per l’aiuto concesso alla Milano insorta. Migliaia di ticinesi dovettero tornare a casa sbragati ed esausti. Erano migranti economici e rifugiati politici anomali ed il nostro Governo con il sostegno della popolazione varò una sorta di New Deal inventando una linea di difesa costruita da queste persone, che in verità con poche cannonate sarebbe andata in briciole. Li chiamarono i Fortini della fame!
Populisti, qualunquisti, menefreghisti, gestori mediocri, partiti ingessati, ma come uscirne? Con un po’ di storia e soprattutto con il culto della verità!
Il Tribunale Federale ha concesso l’effetto sospensivo ai ricorsi inoltrati! Ci riferiamo ovviamente alla tassa di collegamento, il balzello che colpisce il lavoratore indigeno e quello transfrontaliero senza dimenticare i visitatori delle aziende private. Con una frase secca contenuta nel famoso articolo 35 si precisa che oltre ai proprietari privati di volumi con oltre cinquanta posteggi vanno tassate le proprietà della Confederazione, del Cantone e dei Comuni. Quei proprietari pubblici, che se considerati nel loro insieme, rappresentano il più importante proprietario, e che sono però stati poco evidenziati nella campagna prima della votazione, forse perché si temeva che i fruitori potessero magari votare contro il loro datore di lavoro. Un’ipotesi plausibile oppure si è confidato in una attenta lettura del disposto di legge da parte del cittadino senza dover affondare nei commenti. Di certo qualche sindacalista non l’ha letta bene se ora si dichiara preoccupato invocando trattamenti di favore e dichiarandosi pronto a promuovere tavoli di lavoro per evitare la ripercussione del balzello sul fruitore. In realtà l’attivismo dello Stato - la macchina del raddoppio si è infatti già messa in moto - mette a riparo il privato. Lo Stato, il pubblico, deve dare l’esempio (dissuadere ed educare) e soprattutto incassare i soldi visto che stiamo parlando di un paio di milioncini. Siamo anche curiosi di conoscere la reazione definitiva dei Comuni e della Confederazione. A questo punto forse qualcuno starà facendo un tifo sfegatato al Tribunale Federale nella speranza che delegittimi il tutto. Se invece il TF dovesse dichiarare applicabile il balzello anche l’impiegato pubblico (studenti compresi) metterà mano al borsellino abbracciando così il pendolare indigeno e di frontiera.
Il cosiddetto albo dei padroncini vacilla. Già si è dovuto ridurre la tariffa d’iscrizione per il digrignar di denti dei nostri artigiani ed ora si è dovuto annullarla per gli artigiani svizzeri non residenti. Il perché è subito detto: esiste una legge nazionale che tutela il libero commercio e la stessa è evidentemente superiore ad una legge cantonale. In parole povere lo Svizzero non paga una mazza anche se deve iscriversi all’albo! A dir la verità nel messaggio del Governo al Parlamento si era fatto un timido accenno ma poi si era fatto capire che la legge era in una botte di ferro. Del resto nella discussione in Parlamento nessuno ha eccepito più del tanto. In realtà esistevano già elementi di giudizio come la prassi modificata dell’applicazione della legge sui fiduciari (lo Svizzero può scorrazzare anche senza studi specialistici basta che sia un galantuomo) e se ben ricordiamo anche in merito alla patente di esercente. Per la cronaca e a onor del vero, il solo deputato Avv. Caimi - tenace e preparato giurista - si scagliò in Commissione, contro la legge giudicandola in palese contrasto con il diritto nazionale. Ora si vedrà se qualcuno avrà fatto ricorso invocando la parità di trattamento o qualche altra censura. Certo che il Tribunale Federale si chiederà se non sia opportuno dare qualche segnale al nostro Governo prima di dover istituzionalizzare una camera speciale riservata alle questioni ticinesi!
È probabile che abbiate già ricevuto la comunicazione che siete diventati più ricchi. Termine che va usato in questi tempi con prudenza per la comunanza con altri termini come: agiati, benestanti o ceto medio superiore. Insomma quella categoria perennemente alla cassa della solidarietà, dalla culla alla tomba! Nel nostro caso alla casa per gli anziani a meno che non venga introdotta una tassa base per funerali in funzione del reddito personale. Ora non vogliamo riprendere l’argomento dell’aggiornamento dei valori di stima. L’ha voluto il Governo facendo leva su una sua facoltà prevista dalla legge e prendiamo atto che il Governo considera questi valori commisurati al mercato che fra l’altro si sta afflosciando malgrado il “supermangime” del tasso zero e spiccioli. Vedi tassi ipotecari! Insomma, sebbene sudaticci, siamo nel gazebo in giardino. Prossimo appuntamento: 2025 quando si farà la revisione generale prevista ogni 20 anni!
A proposito di sostanza, il “pensatoio” Avenir Suisse ha pubblicato uno studio nel quale si evidenzia chi torchia di più, a livello nazionale, la sostanza (il risparmio personale, previdenziale e la sostanza aziendale) precisando nel contempo che gli svizzeri sono fra i pochi che la tassano due volte: nel periodo della sua formazione e dopo il suo consolidamento. A proposito del Ticino, come risaputo ma volentieri sottaciuto, siamo inoltre fra i maggiori “randellatori” delle sostanze più polpose. Questo studio è oggetto di verifica da parte degli economisti professori “ragionevoli”? Manco per idea. La verifica del “vero o falso” e successivo dibattito non rientra nel politicamente corretto quindi lo studio non è oggetto di… “studio”. Meglio le solite paginate di qualche tomo classico con il supporto di qualche contributo recente che possa servire. Il solito minestrone di titoli tossici, della montagna di prodotti finanziari, del limite del debito, dei paesi emergenti, della crescita dolce… Il tutto farcito da additivi di giornata. Ed il nostro amato Ticino che sta vivendo al di là delle proprie forze incatenato dagli intoccabili! Boh! Certo avremmo bisogno di economisti alla Angelo Rossi, l’ultimo che sapeva interpretare il fiato del Ticino e che lo sa fare ancora tuttora!
A proposito di dati che possiamo ancora considerare significativi, malgrado alcune lacune nel rilevamento, spicca lo sfitto che a quanto sembra è aumentato di parecchio. Una notizia sfuggita ai formatori d’opinione oppure che è stata volutamente oscurata? Meglio sottolineare l’eventuale, infatti non è sempre ricorrente, aumento mensile dello zero-virgola, scartando ovviamente in automatico la diminuzione perché rappresenta una “non notizia”. Del resto un maggior sfitto erode la tensione, il carburante della politica basata sulla penuria di alloggi a pigione moderata. Ritornando sulla produzione di alloggi a pigione moderata basterebbe convincere ad attivarsi le imprese generali di cartello per presidiare questo comparto. Progetti sobri, pezzature consone alla domanda, costi approvati dall’Ufficio federale dell’alloggio, quindi finanziabili, e terreni a disposizione a prezzi politici. Prodotti e programmi che possono soddisfare cooperative esistenti o cooperative da erigere ad hoc! Certo che le cooperative e gli enti dovranno assicurare una gestione oculata e fiscale. In poche parole basterebbe copiare senza inventare l’acqua calda. Il guaio è che l’impianto segnaletico dal profilo operativo non lampeggia mai! Leggasi: io denuncio ma non mi attivo! Da un servizio giornalistico abbiamo appreso che anche l’Accademia di architettura di Mendrisio si occupa di alloggi sociali. Talvolta di alloggi sociali standardizzati tipici dell’economia pianificata e quindi retaggio di paesi non proprio confinanti. Non sarebbe un male che questi studenti si attivassero sotto la guida di un professore anche per il nostro comparto dimenticando Cuba ed altro. Uno studio costerebbe di meno e basterebbe copiare e selezionare. Sarebbe una buona opportunità anche per gli studenti stessi perché non è facile costruire un prodotto sobrio ed a costi sostenibili! Per qualche spunto noi ci siamo!
Che il mercato rallenti è ora convinzione comune malgrado il venduto tenga ancora bene. Le circostanze frenanti sono sempre le stesse. Il fatto che non tutti se la sentono di bloccare una localizzazione con il mondo del lavoro in fibrillazione, le norme più severe nell’elargizione malgrado i tassi ipotecari inchiodati ai minimi storici, le turbolenze familiari sempre più frequenti, la sindrome dello stand by (aspetta che si compra meglio!) e non da ultimo i costi di produzione (terreno + costruzione) che sfoltiscono i potenziali acquirenti. Con le attuali norme la costruzione è semplicemente cara e non si scappa. Inoltre il costo dei terreni in certe localizzazioni è aumentato a dismisura. È il mercato, bellezza, per dirla in gergo cinematografo! E pensare che in certe regioni dove la domanda è latitante i prezzi sono da anni inchiodati. Giusto far presente che i promotori, che comunque assumono un certo rischio operativo, non si stanno arricchendo più del tanto. Del resto la TUI, che ha goduto negli ultimi anni di una frenesia di mercato irrepetibile, è da anni stabilizzata. Ora dobbiamo portare pazienza un annetto ed attendere i prossimi dati macroeconomici. Sfitto, produzione, vendita, tasse di registrazione, TUI e verifiche sul campo. Poi potremo calcolare l’angolo di discesa e la tempistica augurandoci un’angolatura non impegnativa e priva di turbolenze.
Per quanto riguarda il risanamento e la riqualifica le committenze sono al palo disorientate da studi, proclami, “aiutini” condizionati, target ambiziosi e da programmi nazionali sempre più stropicciati ed annacquati. È sempre utile ricordare che nel residenziale un risanamento incisivo costa una fortuna e richiede la disponibilità delle casa. A parte i costi vi è l’ostacolo burocratico dovuto alla mancanza di flessibilità delle leggi e dei regolamenti, un vero percorso di guerra, che va ad aggiungersi alla resistenza del mercato e degli inquilini restii ad accettare un aumento del canone di locazione. Con simili premesse ed incertezze non pensiamo che l’aggiornamento, termine improprio, dell’esistente rappresenti a medio termine l’eldorado per i nostri artigiani. Da quest’ultimi ci aspettiamo in tutti i casi un maggior senso critico nei confronti delle sempre più incisive norme tecniche.
Per quanto riguarda l’implementazione della revisione della legge sulla pianificazione del territorio sappiamo che il nostro Cantone é ancora nella fase degli approfondimenti. Meglio così perché vi è ancora spazio per il politico di interessarsi della faccenda prima che Berna legittimi indirizzi unilaterali e che taluni centri di potere possano godere di un accreditamento superiore. Ricordiamo che si dovrà aggiornare il Piano Direttore ed il Rapporto sugli indirizzi (capisaldi della pianificazione politica, vedi legge!) e probabilmente diversi piani regolatori (che sono i piani d’utilizzazione). Vi é quindi spazio per pasticciare la carta del Ticino e movimentare la cassa della sabbia. Usiamo volutamente termini indecenti nella speranza di svegliare sindaci ed associazioni varie. Finora ci abbiamo tentato ma il risultato è stato misero. Anzi siamo quasi convinti di essere fra i pochi che hanno letto almeno la legge aggiornata. Possiamo invocare quanto scritto negli ultimi anni a prova di futura memoria ma è una magra consolazione. Più sopra abbiamo ricordato la pianificazione politica di cui fanno parte anche le linee direttive quadriennali; cosa intende fare il Governo e cosa ha già in cantiere. Un lasciapassare non da poco anche perché il Parlamento le può solo discutere ma non approvare. Come il Rapporto sugli indirizzi e nel suo complesso il Piano Direttore. Insomma la Pianificazione, fortemente voluta anni passati dal Parlamento, si è rivelata pulpito sterile al punto che ben pochi sono oggi a conoscenza di questa legge. Un po’ come il programma “amministrazione 2000” costato fior di milioni… In poche parole il Parlamento si è limitato da solo consegnando indirettamente il paese a pochi funzionari! La prova: la discussione sulle linee direttive è stata inserita in un ordine del giorno particolarmente corposo dove spiccava il programma di rientro delle finanze pubbliche di quasi 200 milioni, in buona parte posto sul groppone dei proprietari ed automobilisti. Fra l’altro nel messaggio il sacrificio di queste due categorie veniva menzionato, per la verità con un certo pudore, mentre nei rapporti della commissione della gestione nessuna menzione. Anzi per il terzo rimanente del programma, quello di competenza del Parlamento (un esercizio di “forbicicchio”), è riaffiorato il termine della “simmetria dei sacrifici”. In poche parole il cittadino-pagatore è uno spettatore al massimo da popcorn!
Una buona notizia che conforta la fiducia nelle nostre autorità è rappresenta della recente votazione della Camera Alta che ha deciso di seguire il Nazionale fucilando la richiesta di introdurre un formulario nazionale da riempirsi in occasione di un qualsiasi nuovo contratto di locazione. Ovviamente la stampa ha sottolineato come l’abitudine che così facendo non si contribuisce alla trasparenza e via dicendo. Ovviamente con questa decisone si è dato un segnale forte  nel contenere la dilagante burocratizzazione.


Il Presidente Cantonale
Lic. rer. pol . Gianluigi Piazzini