Da Economia Fondiaria no. 6/2016

Di certo la propria casa è per molte “volpi grigie” la soluzione ideale per compendiare la pensione e tamponare la mancanza del reddito lavorativo: ciò a condizione di essere però in grado di sostenere le spese correnti della proprietà, il carico fiscale - composto dall’imposta immobiliare, dall’imposta sulla sostanza e dal valore locativo - e da ultimo, di garantire il servizio debito (interessi e se del caso ammortamenti) qualora la proprietà risultasse ancora gravata da un prestito ipotecario. A proposito del valore locativo, questa maldestra tassazione del proprio affitto virtuale, tutti hanno presente i diversi tentativi per abolirlo purtroppo finora andati a buca. Complice il fuoco incrociato dei Direttori delle finanze cantonali preoccupati per la riduzione del substrato fiscale, l’ideologica resistenza dei progressisti e di qualche timorato di Dio. Insomma finora non si è riusciti a passare neanche limitando la richiesta di abolirlo - qualora fosse richiesto dal singolo - solo a coloro in età AVS. Proprio in occasione di quest’ultima iniziativa, bocciata poi dal popolo, risultò ancor più evidente il ruolo dei Direttori delle finanze cantonali a difesa del substrato. Del resto il pensionato in genere non ha più debiti e qualora ne avesse ancora sono molto contenuti. Il proprietario pensionato rappresenta perciò un ottimo soggetto fiscale oltretutto appollaiato sul trespolo della propria residenza. Il valore locativo viene quindi semplicemente aggiunto al suo reddito e tassato in pieno! Sappiamo che si sta ancora brigando per trovare il modo di abolirlo e stavolta siamo leggermente più fiduciosi visto l’aumento intervenuto della quota dei proprietari della prima e della seconda residenza, anche se quest’ultima rimarrà fuori dal giro.

Ritornando alla difesa della propria residenza primaria per coloro in là con gli anni vi è da tener presente la problematica del debito ipotecario eventualmente ancora presente. La sostenibilità del debito verrà infatti riconsiderata quando si va in pensione. Minor reddito e minor tenuta degli oneri. Si arrischia quindi di dover passare ai raggi X cominciando dalla consegna dell’ultima notifica di tassazione per poi finire in una discussione sul rientro accelerato del debito e sul rinegozio dei tassi ipotecari. Intendiamoci per qualche decina di migliaia di franchi anche alla banca non conviene innervosire il cliente specialmente qualora gli avesse magari rifilato per anni qualche fondo andato “a fondo”. Diversa la situazione nel caso di un carico ipotecario ancora polposo e con ridotta consistenza patrimoniale da contrapporre. In questo caso la discussione potrebbe anche riservare delle spiacevoli sorprese. Ora non vogliamo passare per turbatori ma una verifica vale sempre la pena farla.

Sullo slancio del tema passiamo alla denuncia ormai fatta propria da diversi commentatori e cioè quella che malgrado condizioni finanziarie interessanti, vedi irrepetibile tasso d’interesse, i giovani non possono più accedere alla proprietà. La causa principale è il calcolo della sostenibilità, lo stesso di cui abbiamo già fatto cenno sopra, al quale il richiedente di un prestito ipotecario deve sottostare. Il tasso applicato all’importo richiesto è così composto: tasso base + quota d’ammortamento e riserve per le spese di manutenzione. In tutto il 7% anche se abbiamo il sospetto, se non la certezza, che oggi si navighi piuttosto attorno al 6% che applicato per esempio ad una richiesta di mutuo di Fr. 600'000.- darebbe un onere annuo di Fr. 36'000.-. E come ragiona l’istituto di credito? La tenuta o la sostenibilità cifrata non deve scendere al disotto di un reddito lordo di Fr. 108'000.- che corrisponderebbe al triplo degli oneri di cui sopra. Nel conteggio possono confluire ovviamente altri redditi oltre a quello del lavoro oppure i genitori possono metterci una pezza garantendo una parte del mutuo.
Ora un istituto di credito sostiene da tempo che il calcolo, in presenza di tassi così bassi, sia troppo prudenziale se non punitivo e propone un proprio modello che potrebbe essere così tradotto: “non applico l’approccio di dottrina però il differenziale o parte dello stesso lo lasci nei miei cassetti”. Ne terremo conto quando si arriverà alla scadenza. In poche parole è una sorta di cuscino per ambo le parti e così il richiedente non si lascerà travolgere da qualche leasing fuori di testa. Per farla breve è in pratica un ammortamento che esula dal prestito convenzionale a lungo termine.
Vi sarebbero altre idee da esplorare come la rata fissa mensile bloccata sugli anni composta dall’ammortamento e dall’interesse. Un’idea che fu proposta in Ticino negli anni settanta ma allora la proprietà condominiale non era ancora presente sul radar dei ticinesi bloccati dal complesso del ballatoio.
Per i meno agili, ritornando alle volpi grigie, si potrebbe lanciare la rendita immobiliare atipica rappresentata da un aumento del carico ipotecario con un prelievo anticipato degli interessi in funzione dell’aspettativa di vita.
Intendiamoci, sulla carta si potrebbe fare di tutto ma poi vi sono diversi problemi da risolvere. Pensiamo alle autorità finanziarie come la FINMA che da tempo predicano rigore nel concedere prestiti, al carico burocratico e da ultimo all’andamento del costo del denaro. La fantasia per modelli praticabili infatti galoppa quando il costo del denaro è al minimo un po’ meno quando il costo sale e raggiunge limiti che alcuni anni fa venivano considerati normali. Insomma o adesso o mai più! Oggi il debito brilla ancora mentre il risparmio ansima!

A proposito di amnistia fiscale cantonale il discorso è stato rilanciato a livello nazionale grazie ad una sollecitazione del Consigliere Nazionale Regazzi. La proposta è molto semplice: concedere ai Cantoni la facoltà di rinunciare ad una parte dell’incasso di loro competenza proponendo un’azione, chiamiamola “speciale”, nell’intento di fare affiorare più capitale sommerso per poi ovviamente tassarlo nel tempo (sostanza e reddito). Alle nostre latitudini la proposta fu considerata accettabile dai Ticinesi ma venne silurata da due ricorsi inoltrati da un gruppo di gentili Signore progressiste e da un fiscalista a riposo. Fra l’altro per coloro che avevano confidato nella fattibilità giuridica, oltretutto con il conforto della votazione popolare ed avevano approfittato della finestra allora concessa per fare riemergere il sottratto, fu un’autentica beffa! Non fu così evidentemente per l’erario! A proposito, a riprova che i Direttori delle Finanze sono una potenza, la camera dei Cantoni, il Consiglio degli Stati, si è già posizionata per silurare la proposta. Fra poco non ne parleremo più! Sempre restando nel tema... Certo che fa specie che alcuni stati che ci attorniano abbiano organizzato bancarelle per acquistare CD con i nominativi dei trasgressori di vecchia data. Sono acquisti a strascico. Alla fine quasi quasi, perso per perso, ne potremmo confezionare qualcuno alimentato con algoritmi speciali e dimenticarlo su qualche muretto al di là del confine. Pensa un po’ chi c’è…!
Il sistema pensionistico è messo in discussione. In realtà è messo in discussione, come da tempo da noi sottolineato, il patto generazionale. È un male od è un bene? Sinceramente è un bene. Finalmente si potranno rispolverare termini accantonati come solidarietà, responsabilità e sussidiarietà e prender atto della realtà delle cose. Ma prima bisognerà finalmente ammettere, anche se qualche nostalgico la penserà diversamente, che il sistema dei tre pilastri funziona bene e che c’è invidiato da tutto il mondo. Andiamo per ordine.
Non tutti sanno che l’AVS è in parte sorretta da affiliati appartenenti al ceto medio superiore che pagano per altri essendo le rendite plafonate. Sono poi gli stessi, che sempre sotto il cappello della solidarietà, pagano maggiori imposte per l’andamento esponenziale delle aliquote contribuendo così ad alimentare le prestazioni complementari oltre che finanziare beninteso l’apparato e la sostanza pubblica. A questo punto appare quindi chiaro cosa si intende per “solidarietà”. Per quanto riguarda la “responsabilità” ricordiamo il secondo pilastro (obbligatoria solo per i dipendenti) e il terzo (di cui ognuno, se ha la forza contrattuale e soprattutto la volontà, può dotarsi). Si accantona del risparmio volontario che viene fiscalmente agevolato - parliamo sempre del terzo pilastro - ma che verrà tassato al prelievo come del resto avviene per il secondo pilastro, la cosiddetta previdenza professionale. Insomma l’erario attende tutti al passaggio a livello. A proposito di solidarietà anche la previdenza professionale la trascina. Se uno schiatta le rendite diminuiscono oppure semplicemente restano integralmente nella cassa comune ai sensi del regolamento. Ora non vogliamo tediare il lettore anche perché il tema è lanciato dal programma 2020 che prevede l’innalzamento dell’età pensionistica a 65 anni, pensionamento flessibile 60-70 anni, riduzione del rendimento al 6%, aumento dell’IVA fino ad un punto e mezzo e quant’altro. Perché si deve aggiornare l’intero sistema? Esistono problemi di finanziamento, redditi insufficienti ed allungo delle aspettative di vita (invecchiamento). Ah! Dimenticavamo la “sussidiarietà” anche se ne abbiamo già fatto un frettoloso cenno. La comunità sorregge chi è in difficoltà compendiando le disponibilità del singolo con le cosiddette prestazioni complementari. La proposta di riforma targata Berset permetterà ai due fronti politici di esprimersi. I progressisti tenteranno di francobollare lo status quo ipotecando le prossime generazioni oppure mettendo le mani sulla previdenza professionale, ovviamente quella più polposa evitando in tutti i casi di mettere in discussione la propria ed i moderati cercheranno di difendere il sistema apportando i correttivi necessari, sperando in una redditività migliore dei patrimoni investiti. In tutti i casi la discussione poggerà sulla massima trasparenza: costo dei risanamenti delle casse pensioni pubbliche, prestazioni, carichi fiscali, limiti ai piazzamenti, resa degli stessi e quant’altro. Una palestra formidabile! Ricordiamo che prima o poi si parlerà anche del divieto del prelievo dell’accantonato personale fatta eccezione per il finanziamento della residenza primaria. Questa eccezione è stata prevista per mitigare la resistenza dei proprietari che nell’ambito della consultazione avevano lanciato le catene chiodate. A proposito della palestra, le porte verranno spalancate quando si discuterà, sempre che se ne discuterà, di una redditività scaglionata in funzione del risparmio accumulato. Se il risparmio accumulato risulterà a fine corsa polposo, bisognerà accontentarsi di un reddito inferiore a favore di coloro che hanno accumulato un risparmio inferiore. Non pensiamo che la proposta raggiungerà le istanze preposte visto che la stessa andrebbe a colpire il ceto medio in buona parte composto da impiegati pubblici.
L’Associazione degli Inquilini ha recentemente consegnato le firme per la propria iniziativa che chiede di sostenere maggiormente gli enti di diritto pubblico impegnati nella costruzione di alloggi a pigione moderata. In verità l’iniziativa è più articolata ma non vogliamo bruciare subito l’argomento. Ci piace solo sottolineare che nell’Altopiano vi è una esperienza enorme nella promozione di alloggi convenzionati grazie al sostegno finanziario garantito dalla Confederazione, che ovviamente lo concede a precise condizioni, come costi sostenibili e caratteristiche del prodotto. Tutto chiaro al punto che basterebbe copiare o per lo meno farsi assistere, richiesta che farebbe sicuramente entrare in fibrillazione le autorità federali preposte. Siamo qui proprio per voi! Solo che vi è un particolare. Alle nostre latitudini manca l’olio di gomito o la volontà vera e proprio. Che ci pensino i Comuni!

A proposito di Comuni v’è da chiedersi quale è oggi il loro grado di autonomia. Già solo in fatto di pianificazione territoriale sono oggi sempre più relegati nella sala d’aspetto anche se possono assistere, sempre che interessi, all’accentramento di potere. L’esecutivo, meglio i funzionari, hanno in mano la cartina del Paese e possono stabilire dove insediare e dimensionare le destinazioni e dove sarà possibile una nuotatina a riva lago. Basterà aggiornare un paio di schede del Piano Direttore ed è fatta. A cascata si dovranno rivedere i piani d’utilizzazione comunali coordinandoli e assestandoli a livello regionale. Insomma il pennarello passerà al funzionario cantonale ed il politico potrà al limite digrignare i denti oppure applaudire a mano moscia.
Anche perché il Parlamento può solo esprimersi ma non votare i documenti strategici.
I preparativi fervono. L’importante sarà però di creare prima un clima di allarme assoluto affermando per esempio che in Ticino vi sono riserve edificatorie per 200'000 dimoranti. Una roba fuori di testa a riprova che i pianificatori o erano degli asserviti o semplicemente degli incapaci. Ma come mai? Semplice! Hanno conteggiato le riserve nell’esistente. Pensiamo solo alle casette dei ticinesi che presentano terreni “complementari” quindi ancora utilizzabili ai fini dell’edificabilità. Ma anche in zone “pluripiani” diversi stabili non sfruttano in pieno le possibilità edificatori dato che sono stati edificati prima degli anni settanta quando si edificava dove si riteneva opportuno miscelando piani ed utilizzi. Anche queste riserve sono state conteggiate.

A proposito per i prossimi 15 anni si prevede un fabbisogno cifrabile in 45'000 dimoranti il che significa che avremmo già oggi un esubero potenziale di oltre 150'000 dimoranti. Roba da avviare la falciatrice e declassare terreni a manetta. Oppure semplicemente: tolgo un piano a te e lo do a lui! In poche parole usare la falce e la pialla! Nel caso di indennizzo che ci pensino i Comuni! Inoltre si segnala anche una disponibilità per 60'000 nuovi posti di lavoro, disponibilità che configura anche per questa destinazione la situazione di esubero che va gestita a norma di legge. I progressisti già raccomandano di destinare questi esuberi ad iniziative ad alto valore aggiunto! Certo che potrebbero dare una mano mettendo soldi ed idee ma il loro arrocco è semplice: stiamo pensando per voi e che volete di più?!

Bisognerebbe intervenire? Diremmo di sì ma il problema è che l’argomento non interessa a nessuno men che meno ai Comuni che non hanno ancora capito che sono tagliati fuori dal giro come avevamo a suo tempo previsto. Peggio ancora sarà per quelli aggregati, per i quali l’ampiezza d’intervento si concentrerà sui quartieri. Qui l’artigianato e là l’edilizia popolare tanto per intenderci!
Ultimamente avevamo cercato di sensibilizzare il politico ma con scarso successo e ci siamo chiesti il perché! Semplice, non conoscono la genesi della legge e di conseguenza non sono in grado di percepire lo spostamento delle competenze. Del resto il burocrate ha tutto il tempo necessario per costruirsi il nido. Studi, rimandi, regolamenti, ordinanze, proposte e quant’altro. Confezioni su misura a più mani con l’attivazione di diverse competenze in casa. Il tutto coordinato.

Il Presidente Cantonale
Lic. rer. pol. Gianluigi Piazzini