Da Economia Fondiaria no. 2/2016

Il verdetto sul risanamento del San Gottardo proposto dal Consiglio Federale ed avallato dalle Camere è stato chiaro essendo stato accettato con una solida maggioranza. Interessante rilevare che i Cantoni sulla tratta N2 (i Gottardisti) hanno tirato la volata, Uri e Ticino compresi, senza dimenticare i Cantoni dell’Altopiano che hanno fiancheggiato alla grande. L’Altopiano ha perciò dato un forte segnale in favore della coesione rispettando nel contempo le istituzioni. Alla luce della tabella delle arterie congestionate ed in funzione delle loro priorità ciò non era affatto scontato. Aggiungiamo che i giornali zurighesi di maggior rilievo, Tagesanzeiger e NZZ, non si sono mostrati teneri nei confronti della soluzione proposta, tifando indirettamente per i programmi del loro agglomerato. Dalla votazione emerge inoltre la profonda amicizia che ci lega ai Cantoni dell’arco lemanico, Ginevra e Vaud, che ci hanno riservato il segno del gomito, confermando così che lo steccato denominato “Polentagraben” si è ulteriormente consolidato.
Del resto l’avevano preannunciato sottolineando “la bagarre au Tessin”.
A questo punto non possiamo dimenticare i Grigionesi che hanno stantuffato alla grande.

E veniamo al recente episodio del postulato PLR del 5 marzo 2014, che invita il Consiglio Federale ad esprimersi sull’impossibilità di raggiungere l’obiettivo fissato nella legge federale sul trasferimento alla ferrovia del traffico pesante attraverso le alpi. Impossibilità per altro già certificata da un rapporto sul trasferimento del novembre 2013. Postulato che come sappiamo è stato accettato per un solo voto dalla Camera Bassa. E cosa dice la legge?
“Per il traffico delle merci pesanti attraverso le alpi sulle strade di transito nella regione alpina l’obiettivo da raggiungere è di al massimo 650'000 viaggi annui. L’obiettivo dev’essere conseguito al più tardi due anni dopo l’avvio dell’esercizio della galleria di base del San Gottardo”
Ora siamo a ca. un milione di viaggi (Gottardo compreso) ed è chiaro che sarà impossibile rispettare l’obiettivo imposto. A dir la verità non c’era neanche bisogno di un rapporto e di un postulato, oltretutto datati. Bastava attenersi ai fatti e liquidare il tutto con una bicchierata.
Per finire, il vero discorso è l’allungo del termine per raggiungere l’obiettivo inserito nella legge e rapportarsi, se del caso, ad obiettivi più realistici.
A parte qualche commento di qualcuno ancora caricato a palla la votazione è già passata agli annali in attesa della risposta del Consiglio Federale a questo postulato che oltre Gottardo è stato considerato carta da pacchi al punto che non è stato praticamente menzionato.
Sempre per la cronaca stanno planando ulteriori proposte. Da un tappeto “roulant” per le merci (Cargo sous terrain) ad una mega galleria-tracciato fra Zurigo ed Aarau!
Anche noi non scherziamo con la recente proposta di interrare l’alto Vedeggio.
Gallerie e percorsi che verranno coperti finanziariamente a strascico dal cittadino, che come sappiamo è l’ignaro felice sponsor di queste iniziative, sempre che si accorga di questi “rincarucci” a suon di centesimi di un qualche cosa.
A tal proposito le FFS hanno già spuntato a livello politico l’aumento tariffario per il passaggio della galleria argomentando che il tempo di percorrenza è ora diminuito.
Sempre per la cronaca invitiamo i nostri lettori a spaziare sulla mappa denominata “geplante Tunnel der Zukunft”.
Noi non ci siamo e non c’eravamo prima, questo é il bello!
Per completare la rete delle strade nazionali, visto che il rincaro della vignetta fu bocciato, si caricheranno 4 centesimi sul costo della benzina, un’altra accise (rincaruccio) che però ci permetterà di sognare maggiormente di presenziare all’inuagurazione della famosa A2 – A 13 sempre che non ci incartiamo cammin facendo!

Per finire una considerazione che ci sta a cuore. Il Mendrisiotto non ha accettato la seconda canna anteponendo la salute dei propri figli, atteggiamento per altro non sindacabile. Diverse sono state le testimonianze, per altro censite, che hanno rafforzato il dubbio della regione intossicata e per certi versi invivibile. Ora se fosse vero è chiaro che il picco di questa situazione è oggi e non domani.
Domani stabili ed automezzi inquineranno sicuramente molto meno e la logistica, vedi trasporti, farà passi da gigante. Quindi il prospettare un domani un maggior inquinamento non ci sembra stia in piedi.
Intanto con qualche centinaia di milioni per convincere i nostri vicini ad adeguare alcune tratte il trasporto su rotaia da frontiera a frontiera dovrebbe conoscere l’aumento auspicato teso anche a giustificare l’enorme investimento dell’Alptransit. Quindi meno veicoli pesanti!
L’edificato del domani ed i risanamenti contribuiranno pure a ridurre il carico ambientale
Per quanto riguarda l’economia di fascia, da quella del “mordi e fuggi” a quella consolidata, non scommettiamo più del tanto sulla sua tenuta. Quindi anche in questo caso prospettare un traffico interno più contenuto non sarebbe poi fuori di testa.
Ma malgrado ciò oggi il dubbio va verificato con dati significativi e con il conforto di andamenti pluriannuali. Siamo ad allarme rosso oppure abbiamo esagerato un pochino?
E soprattutto cosa si potrebbe fare? Dimenticando naturalmente il calesse e la stufa a pigna che fra l’altro inquinano!
Intanto allestire una cartella clinica significativa, organizzare i controlli e muoversi di conseguenza.

Dopo aver per decenni considerato “la città” un ambiente compromesso in balia della vita frenetica, annebbiato da mille cappe e stallo per problemi sociali, la stessa sta ritrovando il suo splendore in barba alle cassandre che la volevano declassare.
Retaggio del ’68 oppure della prima o seconda rivoluzione industriale o vittima dei nuovi sistemi viari che hanno riannodato le varie periferie estreme rendendole più simpatiche? Ciminiere e tensioni?
Sembrava assistere ad una sorta di requiem ed ecco che oggi è tornato il sole ovviamente a discapito del suo concorrente, il grappolo dei Comuni di contorno, belli fino che si vuole ma pur sempre di cintura.
Il confronto fra città e campagna, tanto per semplificare le cose, vede oggi vincitrice la città o se volete l’edificabile a più piani a scapito dell’edificabile piatto (uno o due piani) colpevole per parecchi esperti - gli stessi che l’avevano allora sdoganato - della cementificazione dilagante e dello spreco del territorio.
Anzi per taluni la periferia piatta è stata preda dell’intervento eccessivo dell’uomo.
Troppe strade, edificabilità sprecata, volumi pubblici a semina sparsa e quant’altro.
Ma perché questo ritrovato innamoramento?
Per l’offerta di servizi e di spazi pubblici, per la sicurezza, il tutto fuori porta, i collegamenti regolari, gli spazi per lo svago ed il riposo, la nuova filosofia del lavoro, le famiglie corte, le pantere grigie con il loro territorio ravvicinato e quant’altro.
Un paniere di argomenti che hanno rafforzato la voglia di rientro dal fuori mura.
Aggiungiamo che è un trend assodato, un’inversione di paradigma “la città non solo non è poi così brutta ma persino bellina”.
Certo che le relazioni sociali si riducono al pianerottolo od alla cassiera ma non si può avere sempre il foulard di seta.

Per quanto riguarda la pianificazione del territorio federale che come sappiamo forza l’aumento dell’edificabilità nell’urbano, il cosiddetto processo “centripeto”, la conseguenza a medio termine sarà abbastanza evidente visto che l’urbano ha riserve limitate mentre l’estrema periferia ne ha parecchie.
Senza passare nella categoria dei “gufi” temiamo che a quanto si trova al di fuori dell’urbano verrà riservato un taglio di capelli a spazzola.
Ed in ossequio del ruolo dei funzionari federali la sequela da adottare sarà quella della doppia V.
Wie, wann, wieso, wo, wer, ecc. accompagnata dalla DOKTRIN!

La CATEF cercherà nel limite del possibile di rendere attenti i soci e gli addetti ai lavori su questi processi quando diventeranno più evidenti e confermati.
A parte il conteggio in atto delle riserve edificatorie assistiamo ad una manovra a tenaglia preoccupante.
Fioriscono nuove zone bloccate e piani d’interesse cantonali (per la protezione di muri a secco e di qualche altare oppure di qualche palazzotto borghese di fine secolo). Ora si sono aggiunti anche i centri storici, definizione che da noi va considerata come “nucleo” visto che non siamo Mantova o Ferrara. Una spalmata formidabile di nuovi piani ed una presa di potere a non finire.
La strategia dei piccoli passi non solo si è consolidata, ma il passo si sta facendo più deciso e chi attornia, con “il mignolo” sulle labbra, invita paradossalmente al silenzio.
Impera l’ignavia e l’attenzione da cronaca mattutina salvo quando si è colpiti personalmente.
In tal caso la pressione sale alle stelle e ci si attiva alla ricerca di un patrocinio dell’ultima ora per disincagliare la propria proprietà.
Ma perché continuiamo a sottolineare?
Siamo preoccupati che poche persone abbiano in mano la cassa della sabbia e siano in grado di dettare destinazioni, calibri e di riflesso la forza contrattuale del nostro paese.
Tutti esperti nel loro campo attorniati da mentori emeriti che dichiarano di aver fatto tutto quanto possibile per salvare il nostro paese che detto fra di noi è di un bello da morire.
Ma ciò che più scoccia è che il popolo, il cittadino pagatore, venga sempre considerato soggetto-oggetto da tutelare nella speranza di farlo ragionare.
Così è convinto il pensatoio-lavatoio presidiato dai soliti irriducibili che si attivano a comando accompagnati da qualche squadra d’appoggio.
Contro il Gottardo fu attivato persino un gruppo polposo di architetti che come sappiamo, dopo il Creatore e qualche artista casareccio, è l’unica categoria che plasma e crea.
Prima di sganciarci dall’argomento ci concediamo un accenno all’ interessante confronto in corso sul ring del “non edificabile” cioè il Nichtbauland. Oggi, come alcuni decenni fa, lo stesso è francobollato dalla legge sulla pianificazione del territorio quindi non può più essere aggredito. Ora chi si fronteggiano? L’agricoltore e l’ambientalista. Il freddo speculatore, quello che si aggira con pala e piccone, è confinato definitivamente nella sua zona, quella edificabile, oggi delimitata al centimetro.
I contenziosi? La raganella, i pesticidi, le sovvenzioni, i nuovi impegni, il bio, le serre gonfiabili, il sapore delle vecchie fattorie con tanto di gerani, i nuovi stabilimenti (aziende agricole che devono rispettare lo standard imposto), castori e gipeti, grano e grana, i valori stabiliti per legge, vincoli alle vendite, ecc.
Un confronto a suon di parametri e di accuse non troppo velate con il contadino preso a sandwich fra “architetto del paesaggio” e “giardiniere del paesaggio”.
Il Mito e l’Ambiente!
Va da sé che sebbene il contadino non sia mai tenero con nessuno noi ci schieriamo con lui perché sgobba, ci nutre ed è un cultore della proprietà e dei valori.
Sugli spalti assiste, come sempre, con il pacchettino dei pop corns, il cittadino pagatore che spera almeno in una parziale godibilità.

Alla luce dei rilevamenti dell’offerta è ormai certo che il mercato ha superato il crinale. Gli affitti postati, non quelli moderati che sono sottoposti ad un asfissiante controllo da vano scala e che quindi non necessitano di puntuali sollecitazioni (annunci), marcano addirittura un calo.
Per il mercato ad uso proprio, condominio e villetta, assistiamo pure ad un rallentamento; non parliamo poi degli uffici.
L’acquirente/utente è più riflessivo e confuso dall’offerta e gli istituti bancari si mostrano sempre più guardinghi nella concessione di prestiti ipotecari.
Per quanto riguarda la seconda residenza, la legge Weber, contro la quale ci siamo battuti strenuamente, si constata che la sua applicazione sta annichilendo la produzione.
Aggiungiamo inoltre che l’immigrazione rallenta se non decresce.
Insomma tutto conferma, fallimenti e licenziamenti compresi, che il rientro a terra è incominciato e che la festa è finita. Per lo Stato incassatore e per l’edilizia in generale.
Resta aperta l’angolatura del rientro e la tenuta di qualche ala portante come il turismo e la piazza finanziaria che già presentano pericolose microfratture.
A parte l’impiego pubblico e parapubblico, oasi ancora di una certa serenità, al fronte rimangono le industrie di cartello che stanno lottando come leoni per fronteggiare la concorrenza estera e per batterla in casa e fuori.
Insomma non siamo proprio ben messi ed il continuo riempirsi la bocca con centri di eccellenza arrischia di farci perdere il senso della misura e soprattutto tempo prezioso.
La verità purtroppo è dietro all’angolo.
Siamo confrontati con una crisi strutturale.
Dovremo probabilmente rimetterci in tuta solo che non sappiamo per il momento scegliere stoffa e colore.
Tranquilli è un modo di dire!
L’economia fondiaria, che come sappiamo genera parecchio e trascina l’artigianato, conoscerà perciò una decisa battuta d’arresto per lo sgonfiamento della domanda e delle condizioni quadro del nostro paese.

Ad inizio giugno si voterà sulla tassa di collegamento. La CATEF ribadisce di essere contraria alla stessa essendo un balzello che mortifica il lavoratore ed il consumatore. Pubblico e privato. Si parla di 600 soggetti che saranno chiamati alla cassa, dai supermercati agli ospedali, dal servizio pubblico in genere all’industria di produzione e quant’altro.
All’inizio la tassa è stata venduta come tassa dissuasiva e di indirizzo: convincere ad un utilizzo condiviso (le commesse sul Pandino) e forzare il trasporto pubblico che come sappiamo non si trova sempre fuori della porta e che palesa diverse lacune.
Sul trasporto pubblico si potrebbe aprire una discussione sul vero o falso! A parte il picco si trasporta troppo il vuoto sforbiciando orari e spostando pensiline.
Si dirà che i proprietari dei fondi – destinatari primari della tassa - non dovranno ripercuotere sui fruitori, anzi per qualcuno potrebbero pure lasciar perdere.
Cosa sono 18 milioni?!? Il problema è che se si vuol dissuadere e convincere bisognerà giocoforza ripercuotere indipendentemente se il fruitore (lavoratore o consumatore) già oggi paga il suo posteggio.
Nella fase intenzionale si disse che l’obiettivo era quello di togliere 3'500 vetture dalla strada nei momenti di punta! Con l’aria che tira, tassa o non tassa, ci arriveremo comunque a medio termine.
Un po’ di mobilità condivisa, qualche azione concertata e con qualche “tutti a casa” dovremmo farcela
Meglio quindi dire: ragazzi, l’abbiamo incartato con frontalieri e colonne, ma in realtà il pacco è finanziario.
Ma anche se così fosse noi non saremmo d’accordo.

Per quanto riguarda la RIFORMA III ci siamo. Noi avevano tentato di tenere vivo l’argomento che è ora più che attuale. Ricordiamo che i paesi che ci attorniano targati OCSE hanno deciso di non più tollerare tassazioni privilegiate adottando il principio “dove si produce e si generano gli utili si pagano le imposte”.
Con le tassazioni privilegiate e con qualche fatturazione a sostegno il principio fiscale era piuttosto: tassiamo dove si pensa e si vende e non tanto dove si lavora.
In parole povere dove si paga meno!
Per noi una fonte di pescaggio formidabile! Basti pensare che per la Confederazione, che non privilegia nessuno, l’incasso rappresenta la metà di quanto generato dalle aziende.
Il lavoro sporco lo fanno invece i Cantoni che si occupano di arpionare simili aziende proponendo tassazioni privilegiate ovviamente ancorate nelle rispettive leggi cantonali.
Anche il nostro è parecchio attivo al punto che l’incasso da queste aziende rappresenta circa un quinto del substrato generato dalle perone giuridiche.
Ovvio che se non si tollera più i privilegi bisogna applicare le tassazioni ordinarie e se quest’ultime sono alte l’arpionato si sfila e noi restiamo con il cerino.
Quindi non resta che alzare le tassazioni privilegiate e scendere con quelle ordinarie cercando un punto di rottura che non metta in sballo l’intero pacchetto inducendo le ditte a buttare il sacco e a tornare a casa.
Se ne vanno cespiti fiscali, ottimi datori di lavoro, ricerca, relazioni preziose, indotto per tutti e quant’altro!
Insomma sarebbe una brutta botta per tutti (sindacati compresi) anche se qualcuno con i piedini al caldo si rallegrerà in modo convulso.
A proposito non si tratta di aziende di basso profilo! Sono di blasone, sono da noi da decenni e non si occupano di calzini o Tilsiter!
È proprio il caso di dire “occhio al formaggio”.

Un altro tema di attualità è il previdenziale sotto pressione per la scarsa redditività, per condizioni troppo generose e per la decisione presa dalla terza età, che condividiamo in pieno, di campare il più a lungo possibile. Dovremo parlare di AVS e di chi la sostiene, di casse pensioni pubbliche e private, di piazzamenti e di rese e quant’altro. Una scuola di economia come la tassazione delle persone giuridiche.

Il Presidente Cantonale
Lic. rer. pol. Gianluigi Piazzini