Da Economia Fondiaria no. 6/2014

Iniziamo con la telenovela EXPO 2015, una manifestazione internazionale dedicata all’alimentazione ed all’energia sostenibile, che si terrà appena fuori dal nostro confine. Recentemente il popolo in sede di referendum ha negato il credito per la partecipazione ritenendolo troppo impegnativo. Il men che si possa dire che l’evento, partecipare ed il relativo credito, non è stato proprio ben gestito anche per una certa spocchia che ha impedito di annusare l’aria che tirava. Intanto, in occasione dell’esame commissionale del credito di 3,5 milioni, si erano già palesate delle robuste resistenze che avrebbero dovuto indurre l’esecutivo ad un approccio un attimo più prudente, trasparente e magari più umile. Resistenze che il dibattito parlamentare non ha per nulla smussato complice anche l’incauto atteggiamento nell’assicurare la massima parsimonia! Il seguito lo sapete. Referendum riuscito accompagnato dalla sottolineatura che ormai il programma era talmente in ritardo che, dovendo rinunciare ad una parte, si avrebbe investito molto di meno. Una seconda considerazione, senz’alto giustificata dal profilo tecnico, ma poco opportuna dal profilo politico. In una campagna non sempre elegante si è anche provveduto a presenziare ad eventi dando troppo risalto mediatico. Il seguito è storia recente. Il popolo sovrano non ha accettato il credito e ci si è trovati in fondo alla scala con il rischio di fare una figura di palta con coloro che avevano sottoscritto accordi con tanto di timbro “Repubblica dello Stato del Canton Ticino”. Ne citiamo qualcuno: Confederazione, Cantoni, Cantoni “Gottardisti” e città come Zurigo, Ginevra, Berna…! Quelli ai quali ogni tanto ci rivolgiamo con delle suppliche o coi quali tentiamo di concordare alleanze. Per questo motivo, pur scontando che a Milano ci si doveva andare, noi della CATEF avevamo aderito all’invito di fungere da paracadute finanziario formulato prima della votazione dall’onorevole Beltraminelli, che aveva probabilmente fiutato il vento, chiedendo un contributo volontario alle Associazioni Economiche e ad alcuni privati. Noi avevamo promesso una cifra modesta ovviamente subordinata all’esito della votazione. Fra l’altro ci si disse allora che per il resto, il budget era già sceso a 1,5 mio, si pensava di attingere al fondo “swisslos”. Poi, visto che le associazioni ed i pochi privati, a votazione avvenuta, avevano già coperto l’83% ecco che il fondo “swisslos”, probabilmente già opzionato per il 2015 da artisti e centenari, malgrado la sentenza del TF confermasse la possibilità di utilizzarlo per questo eccezionale evento, uscì di scena. Toh! Una valutazione politica? Per la cronaca: chi volesse dare una occhiata ai beneficiari entri in google e digiti “swisslos ticino” e troverà l’elenco completo. La CATEF quindi ha fatto il gesto, a scanso d’equivoci parliamo di una modesta familiare, per onorare le firme ed il buon nome del Ticino e per assicurare una presenza dignitosa ad una manifestazione mondiale appena fuori dalle nostre mura. Il popolo ha in tutti casi dato un segnale importante: ragazzi non si improvvisa! E la prossima volta non si spenda il doppio degli altri. 
In più di un’occasione vi avevamo parlato dell’edilizia convenzionata, pallino dei progressisti, sottolineando i problemi dell’utilizzo della stessa. Le problematiche emerse dal dibattito in corso oltre Gottardo in occasione di diverse votazioni popolari, magari troppo di pancia ed in realtà territoriali diverse, hanno sì confermato il mandato alle autorità di occuparsi del problema “alloggio”, accompagnandolo però con diverse condizioni. Ora noi non vogliamo riaprire il solito discorso “edilizia popolare e non”, ma piuttosto ripartire dal discorso dell’utilizzazione delle disponibilità esistenti realizzate con il sostegno dell’ente pubblico. Per far questo dobbiamo risalire alla famosa denuncia a Berna di sottooccupazione del portafoglio convenzionato e di occupazione abusiva da parte di inquilini che non appartenevano ai meno abbienti od al ceto medio inferiore. Ora, a furia di sottolineare la grave tensione, come pensavamo, si è svegliato il can che dorme. Questo comparto è ora dappertutto sotto la lente; parliamo soprattutto delle Fondazioni e delle Cooperative! Per quest’ultime il ragionamento vale solo per quelle che hanno usufruito d’aiuti, quindi non per quelle cooperative classiche che noi definiremmo di “solidarietà”. Dirigenti od operai che allora si attivarono pilotati da qualche architetto od impresa. Stiamo inoltre parlando di iniziative d’ante guerra e non dell’altro giorno. Queste cooperative sono anche loro alle prese con problemi di manutenzione straordinaria che necessitano finanziamenti importanti ed hanno perciò aperto a fruitori che sono disposti a versare canoni più alti per far cassa, facendo leva che l’estrema periferia di allora è diventata corona urbana ben servita e più appetita. Abbiamo detto prima: si è svegliato il can che dorme, una affermazione che ora richiede una spiegazione. Ed allora ritorniamo alle fondazioni ed alle cooperative che hanno usufruito di sostegni pubblici, in genere rappresentati da una concessione di un diritto di superficie per costruire su sedimi della comunità a condizioni politiche. Ora le cooperative più datate, quelle dell’immediato dopoguerra, si vedono giungere a scadenza i loro contratti che di regola avevano una durata di 50-60 anni. E cosa succede oggi? Il canone di superficie risulta ridicolmente basso per terreni ubicati oggi nel tessuto urbano vero e proprio. In tutte queste trattative emerge gioco forza anche il discorso della sottoutilizzazione da anni non più in linea con i regolamenti adottati. E non è finita! Il dibattito in corso ha anche fatto emergere gli affitti applicati ed ecco che la solidarietà è venuta meno. Gli esclusi hanno preso atto che non solo qualche furbetto ne approfitta ma che i canoni di locazione sono ben al di sotto del mercato e che siccome la città ha bisogno di mezzi finanziari gli esclusi sono i primi a chiedere l’aumento generalizzato del canone per il diritto di superficie. Quindi la novità è questa: il controllo, la trasparenza totale e la ridiscussione sull’occupazione passa per il rinegozio del contratto. Si mormora che per l’occupazione varrà la regola 1 persona + 1 vano. Una persona avrà perciò diritto al massimo ad un bilocale. Noi abbiamo più volte affermato che non ci piace molto il discorso per chi è in là con gli anni. Ma v’è da sperare, che per questa particolare utenza, si usi il guanto di velluto. Meglio fargli pagare qualche soldino in più in presenza di forza contrattuale sufficiente che sbatterli in strada o confinarli altrove. Per la nuova produzione le regole, proprio sulla scorta delle verifiche in atto per l’esistente, verranno attualizzate. Rigorosa trasparenza, regolamento severo e controlli regolari! E magari canoni indicizzati agganciati al diritto di superficie e prodotto sobrio e ripetibile. Queste regole, sempre che qualcuno abbia la voglia di realizzare finalmente un’edilizia popolare, si potrebbero applicare anche in Ticino. In fin dei conti vi è un’esperienza formidabile fuori della porta! Basta copiare con intelligenza.
E torniamo alla LEX KOLLER. Le commissioni delle camere ne raccomandano il mantenimento. Una mossa abbastanza comprensibile tesa a parare il passo all’atto parlamentare della senatrice Badran che ne chiedeva l’inasprimento. In pratica tornare agli anni novanta vietando nuovamente l’acquisto degli immobili non residenziali agli stranieri come pure l’acquisto di azioni o parti di società immobiliari quotate. Bene, un altro segnale di sperticata simpatia nei confronti degli stranieri che fra l’altro, visto il gelo sul mercato dell’amministrativo e dei contenitori del lavoro, ora ci farebbero più che comodo. Le motivazioni che a quanto pare sono state in parte condivise dalle commissioni erano e sono le classiche: surriscaldamento del mercato, capitale sporco, espulsione dal mercato degli indigeni costretti a vivere in quota, sfascio del territorio e quant’altro. Il solito mix! Tutta questa messa in scena, come avevamo anticipato un paio di mesi fa, non sortirà nulla,  salvo che sdoganare ancora questa legge, anacronistica e vessatoria, per una generazione con grande gioia di tutto l’apparato burocratico coinvolto. Resterà probabilmente il permesso speciale per gli stranieri di investire nell’edilizia sussidiata a reddito bloccato. Un invito che verrà accolto con sonore pernacchie lasciando il compito ai progressisti. Ora aspettiamo la discussione alle Camere dove assisteremo all’unione del diavolo con l’acqua santa. Da una parte gli istituzionali (fondi immobiliari, assicurazioni e società quotate in borsa) e dall’altra gli irrequieti per le sorti del paese. E pensare che solo pochi anni fa si parlava di abolirla mettendo in campo anche delle misure fiancheggiatrici ed oggi assistiamo ad un incredibile giro di Walzer.  Certo che siamo proprio diventati imprevedibili!
Da anni cerchiamo di far emergere l’importanza dell’economia fondiaria ma senza suscitare particolare interesse. Probabilmente c’è chi pensa che una simile considerazione è più che ovvia ed altri che sostengono che una sua eccessiva vitalità non sia per nulla auspicabile. Malgrado che la sua importanza sia più percettibile a mercato sfasciato, restano molti i dubbi e le resistenze. Pensiamo solo al mondo politico che si rifiuta di cifrare l’apporto fiscale, operazione che sarebbe poi abbastanza semplice, oppure ad incaricare di cifrare tutto quanto gravita attorno a questa economia quale centro di competenza dissimulato qua e là! A livello svizzero ci ha comunque pensato l’Associazione svizzera dei proprietari e diversi uffici federali si occupano in particolare di alloggio e pianificazione. Un tandem quindi affidabile per valutate l’indotto dell’economia fondiaria o se vogliamo dell’economia immobiliare. A quali conclusioni giunge questo studio? La prima, che calcolando tutto quanto gli gira attorno (artigiani, fornitori, professionisti, gestori, amministrazione pubblica, ecc.) l’economia fondiaria garantisce lavoro a 535'500 persone, il 14 % dell’occupazione (situazione 2011). La seconda, che il settore genera 99 miliardi di valore aggiunto lordo compresi gli affitti e l’importo del valore locativo (il 18% del prodotto interno lordo). La terza, che per la manutenzione degli immobili e la nuova costruzione vengono sborsati ogni anno 100 miliardi. Francamente stentiamo quasi a crederci. Di certo comunque i valori in gioco sono enormi e quando un settore ha una simile importanza non è molto intelligente imbrigliarlo con lacci e lacciuoli e considerarlo di serie B. Tutto quanto anche per dire che i nostri calcoli a “spannometro” per il nostro Cantone non erano poi temerari, anzi!
Non poche discussioni aveva sollevato la nuova Legge sulla gestione e sul controllo finanziario dello Stato, considerata da una parte troppo rigida e dall’altra troppo sforacchiabile. Ricorderete tutti la discussione sollevata sulla possibilità di aumentare le tasse qualora il preventivo superasse un certo limite di sfondamento. Per intenderci una soglia di sbarramento per contenere il risultato negativo oltre alla quale, dopo qualche serpentina, si dovrebbe applicare una sorta di moltiplicatore cantonale. Prima però di salassare bisognerebbe avere l’accordo dei 2/3 del Parlamento. Non fosse il caso si dovrà rifare l’esercizio ed azionare le forbici.
Quest’anno ci siamo già andati vicino con il preventivo 2015. Con quello del 2016 è probabile che si dovrà dar fuoco alle polveri dando così l’inizio ufficiale alla Realpolitik cifrata ed alla danza delle priorità.
In mezzo a tutto questo trambusto qualcuno ha ricordato l’articolo 5 cpv 3 che recita: “Le decisioni del Parlamento che comportano nuove spese superiori ai limiti previsti dall’articolo 42 della Costituzione Cantonale devono essere approvate dalla maggioranza assoluta dei membri”. Quindi per spendere più di Fr. 1'000'000.- all’anno oppure spalmati su 4 anni (Fr. 250'000.- all’anno) bisognerà che 46 deputati su 90 approvino il tutto. Una clausola non da ridere che imporrà una gestione ferrea dell’ordine del giorno. Ai nostri tempi le trattande venivano fatte slittare alla fine delle sedute, qualche volta per l’assenza del Consigliere di Stato che portava a spasso qualche diplomatico, ma il più delle volte per tatticismo. Si sperava infatti che qualche professionista per la pagnotta abbandonasse l’aula potendo così contare sullo zoccolo duro (impiegati pubblici a metà tempo, rappresentanti di associazioni e pensionati) e sorprendere così l’avversario. L’importante che almeno 46 deputati fossero presenti nell’aula parlamentare per puntare alla maggioranza dei presenti. Oggi, per talune trattande, saranno necessari almeno 46 voti a favore!
Il piano cantonale delle aggregazionipiano voluto dalle autorità politiche, è un documento strategico ed in quanto tale di estrema importanza per il Paese. Non è solo un fatto istituzionale - parziale declassamento e perdita di sovranità in cambio di maggiore forza contrattuale ed organizzativa - ma anche un piano importante per l’economia fondiaria e per l’economia in generale. A dire il vero non è che se ne parli molto, anzi il tema è relegato a gruppi regionali di coordinamento. In poche parole non interessa più del tanto alla crema pensante del paese. Come già non interessano il rapporto sugli indirizzi, il piano direttore e tutta la pletora di piani settoriali di cui ci siamo dotati. Un turbine di schede che suscita solo attenzione ed entusiasmo, si fa per dire, nella sua approvazione per poi perdersi nell’ implementazione. Beh! Non esageriamo, almeno le aggregazioni, nella loro fase più calda di condivisone, alimenteranno sicuramente confronti e tensioni. Poi però il tutto verrà consegnato ancora a dei funzionari. I comuni diventeranno quartieri e coloro che non se la sentivano verranno trascinati con la forza. Qui forse si imporrebbe una rivisitazione del “coatto” soprattutto dopo le prime aggregazioni. Trascinare per i capelli Comuni che a maggioranza bulgara si erano espressi contro l’aggregazione non ci sembra molto democratico. Davanti a votazioni risicati il discorso ovviamente può cambiare.
Poco tempo fa è stato divulgato la pagella sulle scuole, il famoso test PISA. Per quanto ci riguarda non è stato particolarmente brillante e non è la prima volta. Per il nostro sistema accademico non possiamo esprimerci perché siamo poco valutati e considerati. Sanno che ci siamo. I colleghi delle associazioni economiche hanno più volte evidenziato lo scollamento fra le conoscenze impartite e quelle necessarie a gestire il cambiamento. A livello svizzero si parla ora di Lehrplan 21 e di Harmos come pure delle seconda lingua alle primarie. Argomenti per certi versi epocali che dovrebbero richiamare un’azione coordinata. Ma forse non esiste ancora la “chimica” necessaria oppure si affida il tutto agli specialisti i quali, per non smentirsi, dichiareranno che si sfondano porte aperte, che sono anni che se ne stanno occupando e che la situazione è sotto controllo. Ora per le infrastrutture viarie va là con Dio! Ritardi, mancata coordinazione, bernesi cocciuti, “ricorsite” cronica, tutto fa brodo per sdoganare slittamenti generazionali. Ci vedremo all’inaugurazione a babbo morto! Ma con il sistema scolastico questo non può avvenire. La gioventù è l’unica ricchezza del paese, è la motivazione della nostra esistenza e senza forzare lo “strappalacrime” ci sembra più che opportuno mantenere la pressione alta e coinvolgere il più possibile la società civile. Qui sì, come dicono gli svizzeri tedeschi, esiste veramente un Handlungsbedarf. 
Ed ora ripeschiamo l’argomento della tassazione delle plusvalenze pianificatorie. Come ben ricorderete il ministro uscente, ora sindaco di Lugano, aveva avallato una delirante proposta dei suoi funzionari che avevano confuso il Ticino con la città di Basilea. In cosa consisteva questa proposta? Per un terreno reso edificabile ex-novo (per esempio da agricolo ad edificabile) si sarebbe applicata un’aliquota del 40% al valore aggiunto mentre per una maggiore edificabilità nell’esistente un aliquota del 30% a patto che l’aumento della superficie edificabile fosse stato almeno del 20% (per semplicità un abbuono dello 0,2 di indice di sfruttamento). Si proponeva inoltre il pescaggio della tassazione dopo 15 anni se non si valorizzava obbligando il proprietario a passare alla cassa! La CATEF si era allora espressa contro la tassa, non da ultimo perché la Legge federale sulla pianificazione non la imponeva. Poi però il Parlamento, preso alla gola dall’iniziativa per il paesaggio che minacciava di bloccare per 20 anni l’ampliamento delle zone edificabili, decise di tassare per lo meno la plusvalenza per nuove edificabilità del 20%. La votazione federale in seguito al referendum sulla nuova legge federale sulla pianificazione ha confermato la tassazione limitandolo alla nuova edificabilità con un’aliquota minima del 20% lasciando la porta aperta ai Cantoni. E da noi sappiamo come sia pericoloso lasciare la porta aperta! Ora abbiamo saputo da radio scarpa che ci si è indirizzati sul modello “sangallese”.  Prelievo del 30% del plusvalore per un’edificabilità ex-novo (prima frumento e poi cemento) e 20% per una maggiore edificabilità nell’esistente. Per dirla in gergo “finanziario” una piallata di 10 punti percentuali e l’abbandono del vincolo di versare il dovuto alla scadenza di 15 anni. Quindi si versa solo se si vende o si edifica. Per la prima percentuale non abbiamo più molto da dire. In effetti le plusvalenze possono essere corpose; per quanto riguarda l’esistente non siamo d’accordo sull’asticella +0,2 IS. Andare a colpire nell’edilizia intensiva per un piano in più fa ridere i polli! Diversa la reazione per l’estensivo, le casette tanto per intenderci, dove un aumento pronunciato potrebbe anche rivelarsi una minusvalenza per quanto già edificato attorno. Per parlar chiaro: benché non fossimo stati d’accordo allora e lo siamo tuttora, dopo aver constatato che l’adozione della soluzione minima adottata dal popolo era troppo combattuta in seno alla commissione, potremmo accettare la tassazione solo in occasione del passaggio da inedificabile ad edificabile e per l’esistente solo in presenza di un aumento corposo della edificabilità. Ora aspettiamo il dibattito parlamentare.
Buone nuove sul fronte energetico. Non ci riferiamo al nuovo piano energetico appena approvato ma bensì al crollo del costo del petrolio che sta mettendo nei guai i big del settore che si trovano al limite della copertura dei costi per l’estrazione e per la lavorazione. E come sappiamo non sono solo loro. Vi sono centrali già ferme da tempo ed impianti a mezzo servizio. In poche parole, il vento, il sole, il progresso tecnico, l’efficienza e le nuove tecniche d’estrazione stanno rivoluzionando l’approvvigionamento costringendo ad aggiornare in tempo reale le strategie sviluppate dagli organismi nazionali ed internazionali. Noi ne abbiamo appena approvato uno che si aggiungerà alla pletora di piani cantonali. Dovremo aggiornarlo? Boh! Si sostiene che è talmente flessibile che basterà strappare qualche pagina e modificare un paio di parametri di riferimento per adattarlo ad una nuova situazione Ma torniamo alle buone nuove: il costo del petrolio è diminuito in modo sensibile e farà risparmiare alle aziende ed all’utenza, nel nostro caso agli inquilini fior di quattrini. Ed in futuro? Contrariamente a quanto propinato per anni, il sicuro aumento esponenziale del costo che ha poi fatto deragliare parecchie aziende che ci hanno creduto, noi siamo piuttosto per una stabilizzazione. A meno che salti per aria una centrale oppure che agli abitanti di talune regioni produttrici non salti per la testa di incendiare i propri pozzi e risalire sui cammelli. Ma restiamo ottimisti che non guasta!
Un po’ di meno dopo aver letto che i direttori dei dipartimenti competenti hanno deciso che valga la pena inasprire le norme tese a contenere il dispendio energetico. Lo avevamo già intuito ma ora è ufficiale Avremo quindi quanto prima un secondo regolamento che farà aumentare i costi di costruzione. Bene! Se andremo avanti così si dovranno ridurre drasticamente le superfici degli appartamenti per restare nel mercato. A Zurigo già se ne parla! Del resto, pur con famiglie sfilacciate, 50 mq a cranio sono da record planetario. Importante sempre ricordare che tutte queste norme vengono definite da tecnici funzionari magari accompagnati da qualche professore a riposo. Per dire che si cucina in casa! Come del resto per tutti i piani o regolamenti. Non da ultimo il regolamento cantonale dei posteggi che tanto ha fatto discutere e farà discutere.
E per finire, agganciandoci all’ultima frase, ha suscitato molto nervosismo la politica sui posteggi sviluppata dal nostro Governo. Politica tesa a dissuadere il frontaliere, il pendolare, il consumatore ed il lavoratore indigeno ad utilizzare l’auto e favorire il trasporto pubblico e nel contempo far cassa. Per portare a buon fine la politica si è deciso di intervenire sui posteggi abusivi (anche quelli con permesso comunale oppure da anni tollerati trovandosi su sedimi aziendali), tassare i posteggi aziendali (anche quelli destinanti allo svago ed al riposo) la cui dotazione supera i 50 posteggi ed aggiornando il regolamento cantonale dei posteggi ovviamente in modo molto più restrittivo. Andiamo con ordine! Per quanto riguarda i posteggi abusivi non possiamo dire molto se non raccomandare un atterraggio morbido. Sappiano comunque che i Comuni sono sotto pressione e stanno controllando a tappeto. Per quanto riguarda la tassa sul collegamento (notate la definizione!) è giusto ricordare che la stessa esisteva già ma era applicata su base volontaria perché a quanto sembra non fu mai redatto il regolamento. Per ignavia o per difficoltà di interpretazione? Di sicuro la stessa era indirizzata solo ai supermercati, ai centri commerciali ed alle infrastrutture molto importanti per lo svago ed il riposo. E non c’era possibilità di confusione nel catalogare simili soggetti essendo gli stessi chiaramente definiti. Ora si passa a dimensioni più ridotte allargando la categoria di importanti generatori di traffico ad imprese ed a stabili d’ufficio. La caratteristica principe del movimento giornaliero viene perciò annacquata con il traffico di entrata ed uscita che caratterizza il mondo del lavoro e si tassano i posteggi abbandonando la tassa di collegamento riferita alla copertura del disavanzo di tratta. A noi sembra sinceramente un atteggiamento vessatorio nei confronti dei proprietari e dei lavoratori. Per quanto riguarda la politica improntata sulla volontà di dissuadere presumiamo che la stessa andrà applicata anche al servizio pubblico che come sappiamo è in buona parte stanziale. Certo non si potrà tassare i loro posteggi ma almeno sollecitarli ad utilizzare treni, corriere, bus cittadini, …….e piste ciclabili. A meno che il Parlamento decida di tassare per equità “dissuasiva” anche la sostanza pubblica e che gli utilizzatori si dichiarassero disposti a prendersi a carico una quarantina di franchi al mese! Certo saremmo curiosi di vedere la reazione dei sindacati che per il momento, per il lavoratore classico o di frontiera, non fanno una piega! Per quanto riguarda l’inasprimento del regolamento cantonale dei posteggi prendiamo atto che per nuovi volumi contenenti del lavoro, la dotazione verrà ulteriormente ridotta. Ma sull’argomento torneremo prossimamente, ritenuto che maggiori informazioni sono consultabili al nostro sito e meglio all’indirizzo http://www.catef.ch/index.php?option=com_content&view=category&id=33&Itemid=130

Da ultimo vi giungano i migliori auguri per il periodo natalizio. Si dice che siamo tutti più buoni ed allora dimostriamolo con i nostri cari. Magari con qualche sorriso in più e qualche carezza. La poesia è nei nostri cuori e non altrove. Lo specchio: gli occhi di chi ci vuol bene. Buon Natale!

Il Presidente Cantonale
Lic. rer. pol. Gianluigi Piazzini