Da Economia Fondiaria no. 4/2014

Con regolarità emerge il problema dell’alloggio a pigione moderata che come sappiamo non esiste a meno che sia datato oppure che si trovi in zone discoste e poco appetite, che molti scartano preferendo l’urbano di qualità. Ed allora ci si interroga sul da farsi. La nostra proposta è molto semplice: bisogna passare ad un prodotto meno costoso riducendone lo standing. Una proposta condivisa anche dall’Ufficio federale dell’alloggio anche se lo stesso sembra indirizzarsi nuovamente sulla riqualifica (o recupero) dell’esistente. A tal proposito intende dare degli incarichi esterni da compendiarsi con analisi interne. Un lavoro inutile visto che migliaia di cooperative, che in parte finanziano, hanno in pancia un enorme bagaglio d’esperienza e che quindi sarebbe già sufficiente interpellarle. Ricorderete che diverse cooperative hanno ritenuto opportuno scartare il recupero di volumi esistenti preferendo abbatterli e ricostruirli, magari attingendo a maggiori indici edificatori. Certo sono decisioni non facili, ma sicuramente poggiano su calcoli precisi. Lo stesso ragionamento vale per la riqualifica, a stabile vuoto o parzialmente occupato. L’operazione deve stare in piedi, caso contrario non regge. Ultimamente qualche buontempone, dopo qualche esperienza analoga a sfondo erotico, ha lanciato la “minicasa”. Una ventina di metri quadrati attrezzati di tutto punto. Noi restiamo sul fattibile e condivisibile. Prodotto sobrio su terreni pubblici ad affitto contenuto, vedi diritti di superfici. I vari miscugli sono baggianate e sono possibili solo su grandi superfici.
A proposito di terreni da mettere a disposizione alcuni deputati hanno inoltrato un atto parlamentare chiedente di obbligare le ferrovie a mettere a disposizione terreni per l’edilizia sociale. Per il momento la rispondenza è stata nulla e presumiamo che anche in futuro non vi sarà una particolare apertura. L’immobiliare delle Ferrovie è fra le più attrezzate ed efficienti e gestisce un patrimonio da fare spavento. Quanto conseguito viene indirizzato alla manutenzione generale e a supporto dei risultati economici in generale. Ne sappiamo qualche cosa in Ticino dove stanno investendo nelle stazioni coniugando efficienza e reddito. Sarà una nostra impressione ma lì si spunterà poco o nulla a meno che mettano a disposizione aree industriali “dismettibili”, ed allora il discorso potrebbe anche complicarsi!
A suo tempo avevamo sottolineato con vigore il rischio di perdere buona parte della sovranità cantonale nell’ambito “pianificatorio”. Ora siamo certi di non aver esagerato e che la nostra sottolineatura si sta concretizzando.  Il “chi fa che cosa, come e quando” è passato in buona parte ai burocratici bernesi fra l’altro caricati a palla nei nostri confronti, dato che siamo uno dei bersagli più facili. Rognare troppo con i bigs dell’Altopiano potrebbe rivelarsi pericoloso anche per funzionari scafati, meglio quindi fare esperienza in periferia. Il rischio che corriamo è molto semplice: ci congelano per un decennio poi si vedrà. Intanto i rilevamenti vanno fatti secondo le loro istruzioni e temiamo fino all’ultimo metro. In tal caso avremmo una riserva edificatoria nell’esistente da far paura. Basti pensare alle casette costruite nell’immediato dopoguerra rimaste incapsulate nel tessuto urbano e potenzialmente oggi riedificabili a più piani. Al conteggio, sempre per restare in argomento, andrebbero aggiunti quei terreni non edificati anche se per la verità non ne sono rimasti molti. Insomma altro che “densificare” e forzare il centripeto. Ora dobbiamo solo temere che non ci venga imposto il congelamento, se non la rasatura. Quindi mettiamoci nei canneti senza starnazzare, nella speranza che la banda dell’ARE non ci impallini. Aggiungiamo, tanto per confortarci, che il Ticino non è poi così malmesso e che altrove non hanno fatto molto meglio. Basta vedere le loro periferie. Noi almeno siamo stati costretti a convivere con un territorio difficile in pratica una vallata unica con un catino pregiato e tanta acqua attorno! Intanto restiamo sul muretto a guardare pronti se del caso a dare una mano qualora venissimo interpellati. Per la seconda parte della legge sulla pianificazione non abbiamo ancora avuto il tempo e la voglia di esaminarla. Lo dovremo fare visto che ci hanno aggregato alla consultazione. Appena avremo ripreso fiato vi aggiorneremo.
Ai tanti problemi che abbiamo in Ticino se n’è aggiunto uno nuovo: la salvaguardia dei beni culturali; dai castelli ai candelabri, dalle ville borghesi alle centraline elettriche, dai castelli alla mirabile testimonianza della nostra architettura, da specifici comparti alle chiese. Ormai saremo confrontati con l’elenco dei beni protetti a livello nazionale, con quello cantonale e con quello comunale. Ovviamente questi elenchi non sono sempre capibili dal profano specialmente quando si tratta di cogliere sottigliezze e sfumature. Al limite ne prenderà coscienza a cose fatte quando si ritroverà la sua proprietà vincolata. Intendiamoci, non vogliamo passare per i soliti manovratori di ruspe o per gente non in grado di percepire il bello e l’interessante. Solo che talvolta si esagera un tantino. Si bloccano ville chiuse da anni, in pratica irrecuperabili oppure volumi che testimoniano contenuti ormai superati in barba al “funzionalismo” in voga fino a qualche anno fa. In taluni casi sono solo proposte ed in quanto tali possono ancora essere discusse e cifrate in seno delle istituzioni. Quindi vi è ancora spazio al buon senso ed alla condivisione da parte dell’opinione pubblica. In tal senso va interpretata la presa di posizione della sezione di Bellinzona che riportiamo nella prossime pagine. Ci sia permessa ancora un’ultima considerazione. Meglio andar cauti anche con la protezione della sostanza pubblica “diffusa” perché si corre il rischio di bloccare la destinazione di intere aree strategiche.
Più volte abbiamo sottolineato su EF l’avvenuta riduzione delle percentuali di deduzione forfetaria del reddito per le spese di manutenzione degli immobili. Avevamo pure affermato che si poteva discutere sull’opportunità di tale decisione da parte del Governo ricordando però nel contempo che lo spazio concesso derivava dall’ordinanza d’applicazione. In poche parole il nostro esecutivo poteva decidere la modifica in modo autonomo; con la modifica attuata si è allineato alla maggioranza dei Cantoni ed alla Confederazione. Chiaramente per far cassa! Ora prendiamo atto con soddisfazione che un gruppo di parlamentari  ha ripreso l’argomento proponendo di congelare la decisione di ridurre le percentuali in attesa della nuova legge sulle stime. Quindi in sostanza si chiede una pausa di riflessione dando però per scontato che quanto prima le stime verranno aggiornate o più precisamente che la proposta che da tempo bolle in pentola verrà presentata ufficialmente dando così inizio anzitempo al confronto vero e proprio. Per quanto riguarda la facoltà del Governo di muoversi a piacimento noi utilizzeremo proprio questa riduzione per dimostrare che il tentativo che ha in testa il Governo di manovrare la macchina delle stime senza passare per il Parlamento è altamente pericoloso. Gestire il motore, stabilire la carburazione, manovrare la centralina del turbo affidando il tutto a pochi tecnici è impensabile, almeno alle nostre latitudini. Il nostro Parlamento dovrà essere in grado di far perno su qualche valvola di sicurezza e sul modello in generale, modello a suo tempo ripreso in buona parte da quello sviluppato dai 26 “capi-estimatori” cantonali. Per il momento restiamo ancora sotto l’ombrellone poi si vedrà.
In attesa della nuova legge sulle seconde residenze il confronto sui conteggi delle unità continua. Il Dipartimento Federale cerca di blindare la lista ed i Comuni in bilico cercano di uscirne appoggiandosi a conteggi capillari e credibili. Un grande impegno e l’antipasto per i conteggi sulle riserve e le zone da ridimensionare. È lo scotto della consegna della sovranità. D’ora in avanti l’onere della prova spetterà a noi. Per le valli e le zone lago l’incertezza o la certezza futura stanno già soffocando l’edificazione ex-novo. Clamoroso poi il caso di un recupero di una struttura alberghiera di gran blasone che presenta un forte degrado. Per il momento bloccato presumiamo in attesa della nuova legge. Legge che come sappiamo permetterà dei cambiamenti di destinazione parziale o totale proprio per sostenere il recupero della parte alberghiera più pregiata. Resta aperta l’approvazione delle Camere!
Ritorna attuale il discorso dell’abuso della democrazia e della preponderanza dell’amministrazione. Nel primo livello rientrano le sollecitazioni popolari a mitraglia veicolate da referendum, iniziative e petizioni. Nel secondo la presenza di gruppuscoli politici, formazioni che numericamente contano poco ma che a livello di grancassa stracciano le formazioni di governo con proclami a grappolo ed il nuovo lobbismo rappresentato dalle associazioni istituzionalizzate come quelle delle città, dei Comuni, delle regioni, dei Cantoni in genere ed altre ancora. Istituzioni che stanno soffocando quelle classiche e cioè i partiti e le associazioni di riferimento diventando così alleati formidabili dell’apparato burocratico che bene o male tiene in mano lo spartito. Cosa bisognerebbe fare? Innanzitutto alzare l’asticella per le sollecitazioni (vedi firme), verificare l’onestà delle diciture oggi troppo forvianti, limitare le iniziative generiche, introdurre soglie di sbarramento e quant’altro. In secondo luogo responsabilizzare maggiormente l’esecutivo specificando che ogni proposta che esce dallo stesso è condivisa, allegando alla stessa i nominativi dei responsabili dipartimentali che l’hanno elaborata. Sarebbe un bel menu e potremmo ancora aggiungere tutti coloro che pur lavorando part-time per l’ente pubblico presidiano il Parlamento. In parte la discussione a livello federale è già stata lanciata, da noi si tenta qualche timida sortita. Da ultimo: in gioco sono i partiti con responsabilità governative ed il legislativo. Due puntelli essenziali per il funzionamento democratico.
Si allarga la preoccupazione per gli immobili destinati ad uffici oggi sempre più esposti al cambiamento strutturale in atto nel mondo dei servizi. La competizione fra immobili datati e nuovi, e fra grandi superfici e medio-piccole diventa infatti sempre più palpabile. Pure la destinazione a negozi sta preoccupando.  I margini si sono ridotti, il consumo si sta modificando, la loro raggiungibilità viene imbrigliata ed il commercio elettronico sta erodendo la clientela. Insomma cambiano esigenze ed abitudini. Vincerà la posizione e la flessibilità dell’immobile. Per il momento sono solo delle indicazioni, che andranno verificate su archi temporali più significativi.
Qualcuno si interrogherà sul nostro parziale silenzio per quanto riguarda il paventato aggiornamento delle stime anche se ci siamo più volte espressi, anche nel presente articolo. Niente paura. Siamo preparati e pronti ad una discussione costruttiva nell’interesse pubblico preponderante. In nessun caso però, come già accennato, consegneremo la sala motori, la sistematica (il modello collaudato ed intelligente) e non accetteremo aggiornamenti generali non condivisibili. Inoltre è sempre più percettibile l’inversione di tendenza del mercato, del resto già interpretata dalle banche che concedono i prestiti. Si capitalizza con il 7% quando il costo del denaro è al 2%; figuriamoci quando il tasso base salirà. In alcune regioni la domanda si è letteralmente seduta e parecchie destinazioni già subiscono delle correzioni significative. Tutto quanto per dire che l’euforia è rientrata e con lei la dinamica dei valori. Poi si dovrà vedere dove si collocherà il “lift” Ticino. Ai piani alti, intermedi o ….Meglio tirare il fiato ed attendere dati aggiornati sull’economia fondiaria e soprattutto attendere le risultanze della discussione in atto per la Riforma III. Un pezzo importante della tastiera del nostro lift.
Da ultimo godiamoci quanto resta di quest’estate in un paese meraviglioso e baciato dalla fortuna.

Il Presidente Cantonale
Lic. rer. pol. Gianluigi Piazzini