Da Economia Fondiaria no. 2/2021


Due sono i temi di patrimonio comune. Lo sfitto che aumenta e la popolazione che ristagna, anzi diminuisce. L’aumento dello sfitto è in parte dovuto alla necessità degli istituzionali di investire in un segmento che ha sempre dato soddisfazioni in termine di stabilità dei valori e di reddito e dalla volontà del privato di dare un minimo di vigore ai propri risparmi privilegiando “il mattone”. Tutto ciò ha contribuito ad alimentare l’offerta. Per il privato ha giocato un ruolo determinante, anzi lo gioca tuttora, il costo contenuto dell’indebitamento. Nell’insieme una gigantesca attenzione sull’economia fondiaria accompagnata da una eccessiva fiducia nel mercato. In poche parole si è costruito troppo e si continua a costruire malgrado che la popolazione residente diminuisca.
La logica conseguenza: uno sfitto enorme che mette sotto pressione l’investito, che mette in competizione il nuovo con l’esistente e che mortificherà prima o poi pesantemente la voglia di investire. Il secondo elemento che accompagna il deciso interesse per il “mattone” dettato in buona parte dalla necessità del previdenziale di dover piazzare il capitale affidato o accumulato è il cambio di passo nell’evoluzione della popolazione. A tal proposito ci piace sottolineare un recente contributo elaborato dall’economista D’Andrea. Il sunto: il tasso naturale di crescita è in pratica negativo, il saldo di migrazione insufficiente ed il tasso di fertilità in caduta libera. Un mix micidiale. Per taluni magari salutare ma che in tutti i casi costerà in benessere. Un’economia senza soggetti si ripiega su se stessa, e su questo non ci piove. Inoltre un pessimo “tornasole”. Il perché di questa riduzione della natalità? Molti affermano che puntare alla discendenza comporta oltre al costo anche un rischio. Altri che il continuo avvelenamento di notizie fa cadere le braccia a molte persone. L’unico antidoto consiste nel sostenere la famiglia che non è solo poesia e senso della vita ma è anche un investimento.

Il parlamento cantonale, facendo proprio anche il preavviso del Governo, ha bocciato l’iniziativa lanciata dall’area progressista che chiede l’introduzione di un formulario ufficiale da presentarsi ad ogni stipola di un contratto di locazione. È prevalsa l’evidenza dei fatti: uno sfitto micidiale con conseguente disponibilità di appartamenti, e la volontà di ridurre il peso burocratico che già pesa non poco sull’economia. A latere anche la conferma di un apparato in difesa dell’inquilino da anni collaudato e sostenuto. Anche questo aspetto è emerso nel rapporto di maggioranza redatto dall’On. Käppeli e dagli interventi di gruppo come quelli dell’On. Ghisolfi e dell’On. Pamini. Detto questo prepariamoci all’ennesimo confronto popolare previsto in autunno. Spiace sottolineare le solite sottolineature come “no alle pigioni abusive”, “sì alla trasparenza” e via dicendo. La solita larvata denuncia contro i proprietari con un linguaggio trito e ritrito. Un attestato di scarsa simpatia del cartello di sinistra nei confronti dell’economia fondiaria che regge in parte il paese assicurando lavoro ed introiti.
Nel solco del presenzialismo, malgrado lo sfitto e la decrescita, continua la denuncia della mancanza di appartamenti a pigione moderata o per taluni…accessibili. È una litania da disco rotto. Abbiamo più di 7000 appartamenti vuoti, spalmati su tutto il territorio cantonale in gran parte a prezzi più che accessibili. E non solo nell’esistente, recente o datato, ma anche nel nuovo! Inoltre gli affitti stanno scendendo anche nel consolidato. Certo non a sciabolate ma a pressione continua. Forse che questa denuncia è indirizzata più a sostenere enti pubblici ancora in fasce od a promuovere cooperative sempre però rigorosamente con terreni messi a disposizione dall’ente pubblico a condizioni di favore e con l’appoggio finanziario della Confederazione. I supporti finanziari come sappiamo ci sono. Infatti la Confederazione ha recentemente stanziato quasi due miliardi di sostegno, ovviamente condizionato. Prodotti sobri, tensione comprovata sul mercato, limiti di costo e affitti calcolatori che verranno regolarmente controllati! Un regime necessario visto che si tratta di mezzi del contribuente. Per quanto ci riguarda vengono segnalate alcune iniziative allo stato embrionale, sempre di peso ridotto, accompagnate da un’unica iniziativa concreta, quella famosa sul terreno Lambertenghi in quel di Lugano. Non sappiamo ancora le condizioni del diritto di superficie ma almeno sappiamo che l’iniziativa verrà concretizzata, con le forme dovute, dal sindacato OCST. Non è stata una lotta serrata ma almeno si è visto una certa coerenza dato che l’organizzazione cristianosociale aveva sostenuto senza riserve l’iniziativa nazionale che fu poi bocciata in modo deciso dal popolo. Giova anche ricordare che il sindacato potrà far leva sul confinante terreno per riqualificare tutta l’area di sua proprietà. Tempi? Boh! Intanto bisognerà sottoscrivere il diritto di superficie e poi passare ad un concorso d’architettura con relativo iter e all’avvio della realizzazione vera e propria. Per quanto riguarda il concorso di architettura ci sembra più un veicolo d’accettanza che una necessità vera e propria. Stiamo infatti parlando di una palazzina con 25 appartamenti che deve rimanere confinata in precisi calcoli e dimensioni. Probabile consegna degli appartamenti da assegnarsi in osservanza dell’apposito regolamento comunale Natale 2024.

Per l’uso proprio continua la discussione in quel di Berna sulla tassazione del Valore Locativo. Va mantenuto od abolito? Con la stessa emerge sempre l’aspetto dell’ottimalizzazione fiscale. Attualmente, con tassi ipotecari molto bassi, il valore locativo aumenta il reddito imponibile mentre solo qualche decennio fa, con tassi maggiori, lo riduceva. Sempre nell’ambito dell’ottimalizzazione fiscale affiora anche il discorso degli interventi di manutenzione e di valorizzazione. I primi sono detraibili dal reddito, la manutenzione serve infatti per difendere l’investimento, i secondi invece (in gergo le migliorie) per aumentarne il valore e sono detraibili solo alcune categorie di spese riconducibili al risparmio energetico. Vi è una consolidata dottrina in merito e c’è anche chi sostiene che valga la pena spalmare su un paio d’anni le spese di manutenzione. La discussione sul valore locativo non può essere generalizzata. C’è chi non ha nessun debito mentre altri lo hanno, vi sono differenze di mercato come pure diverse sono le detrazioni forfettizzate. Due sono i tutti i casi i consigli: tenere le pezze giustificative e prima di intervenire chiedere al proprio fiscalista e perché no al proprio tassatore. L’erario ha tutto l’interesse a sostenere la voglia di investire, evitare scartoffie e rotture reciproche. Insomma è un partner!
Una recente indagine sulle preferenze abitative attesta che solo un terzo degli Svizzeri vorrebbero abitare in campagna mentre ben due terzi nel tessuto urbano (dal centro cittadino all’agglomerato). Per farla breve la maggioranza sceglie l’urbano. E quali forme abitative preferirebbe? Un po’ più della metà la casa monofamiliare mentre circa un quinto (22%) l’attico! Solo il 18%, così indica il sondaggio, vorrebbe abitare in un palazzo. Cosa ci dice questo sondaggio? Che il sogno della casetta non tramonta mai e che l’attico è un sogno nel cassetto (magari con una schedina al lotto, non si sa mai!). Ovvio quindi che quando si viene interpellati la risposta non potrà che essere “mi piacerebbe essere proprietario della mia residenza”. Da qui la solita conclusione che si sventola: lo svizzero desidera diventare proprietario ma non riesce perché i prezzi sono alti e perché la concessione di un credito è molto impegnativa. Infatti chi chiede un credito all’80 % del valore stabilito dalla banca deve dimostrare d’avere un reddito lordo di tre volte il 5,5% del prezzo d’acquisto.
Ma la conclusione che passa è che la speculazione immobiliare oltretutto orientata al “ricco”, statuto che premia dal profilo dell’opinione pubblica, è l’ostacolo principale.
L’orientamento all’urbano rafforza dal profilo politico la forza contrattuale degli agglomerati e delle città allargate. In poche parole l’urbano ha in mano il paese e per fortuna che chi ha organizzato la gestione dello stesso ha previsto il sistema bicamerale a tutela proprio delle entità minori. Una formula che ai progressisti non piace soprattutto quando perdono.

Una recente interrogazione firmata dalla metà del nostro Parlamento pone al centro della stessa l’intransigenza dell’ufficio federale della pianificazione territoriale ARE che umilia il nostro cantone e che tenda a trasformare i territori fuori zona edificabili in piattaforme per battaglie giuridiche. In poche parole il piano di utilizzazione cantonale dei paesaggi con edifici e impianti protetti (PUC-PEIP), il piano che stabilisce le zone dei rustici da salvaguardare e da proteggere, non va proprio giù ai Signori di Berna. Avevano per la verità a suo tempo fatto ricorso ma mantenerle sempre sotto tiro non è più giustificabile. È inoltre un assaggio di quanto succederà quando ci si occuperà delle zone edificabili che come sappiamo andranno riordinate e ridimensionate. Il messaggio di Berna è chiaro: questo è il libro delle istruzioni, tu Cantone istruisci i Comuni e poi mandami il tutto per approvazione! A suo tempo, quando ci battemmo contro la nuova legge sulla pianificazione territoriale, avevamo sottolineato gli argomenti principali e cioè la perdita di una buona parte dell’autonomia comunale e la prevalenza del tecnico sul politico. A battaglia persa, il popolo svizzero fra l’altro approvò la legge con confortevole maggioranza, dichiarammo che ci saremmo seduti sul muretto ad aspettare gli eventi. Ora alla luce delle tempistiche e delle dinamiche in corso ci sembra che possiamo già intravvedere che tutto sommato non avevamo poi torto e che un conto è l’altopiano ed un conto è un Cantone limitrofo come il nostro, ingiustamente considerato come furbetto e quindi da tutelare. Ed al limite da bacchettare.
Sulla NZZ del 20 febbraio è apparsa la pubblicazione delle tassazioni per persone fisiche benestanti, diciamo ricche che fa più chic! Al primo posto troviamo Zugo con una imposizione del 22,4% ed al 21° posto il nostro amato Ticino con il 40,5%. Non siamo ultimi ma sicuramente nel drappello degli ultimi come del resto in tante altre classifiche. Da noi il Comune che tratta meglio il benestante, una categoria che piace a molti quando si parla di soldini, è Castel San Pietro! A proposito di benestanti e ricconi, la caccia non è solo nazionale ma addirittura internazionale! Si muovono consulenti e procacciatori sulla base di programmi statali e leggi ad hoc! Qualcuno potrà dire che fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio! Siamo d’accordo se parliamo di Stati dove le giunte sono ballerine e che ogni tanto nascono confronti non sempre fraterni ma il guaio è che i nostri concorrenti esterni sono europei quindi affidabili. La logica conseguenza: quelli veri che abbiamo in casa teniamoceli stretti. Da ultimo è bene ricordare che fra Confederazione, Cantoni e Comuni vi è un delicato meccanismo di compensazione a favore delle entità finanziariamente più fragili.

Clamorosa scivolata da parte dell’ufficio federale di statistica relativi al nostro mercato del lavoro. Uno sbaglio di circa 6'000 unità. Intendiamoci sbaglia solo chi lavora ma da parte di professionisti che dovrebbero attivare curiosità e verifica è meno giustificabile. A quanto sembra solo il nostro ufficio nostrano aveva reagito segnalando questa grave anomalia, ovviamente per le vie di servizio! Al di fuori delle stesse la carica dei 10'000 è stata subito sventolata. Chiariamo subito che la perdita di oltre 4000 posti di lavoro resta pur sempre una batosta sociale ed umana. Ma sbandierare una statistica “farlocca” senza nessuna riserva non è accettabile. Nessuno ha infatti alzato la mano e ci mettiamo anche noi anche se in genere non siamo sempre in prima linea. Forse che manca al nostro paese è la sensibilità sulle cifre e la volontà di rivoltarle. Soprattutto se non servono più del tanto alla proprie convinzioni. D’altra parte la distinzione fra il vero ed il falso non è il nostro forte, meglio stare a cavallo!
Il paracadute finanziario a sostegno delle aziende in difficoltà è stato ulteriormente aumentato di una decina di miliardi. Ora si è decisa la copertura dei casi di rigore che vedono coinvolti Confederazione e Cantoni. Ovviamente mamma Elvezia porta il sacco più pesante! L’elargizione è in parte condizionata dalle scartoffie necessarie per verificare l’attendibilità della richiesta di aiuto come pure la sua legittimità. Lo scopo: indirizzare le richieste con giudizio cercando di smascherare qualche abuso. Purtroppo, a parte il nervo scoperto fra l’aiuto a fondo perso ed il prestito, questo gigantesco piano “Marshall” presenta diversi limiti nella sua immediata attuazione temporale. Infatti vi sono aziende che denunciano ritardi nei versamenti altre che affermano di non aver ancora visto un “copeco”. Potrà anche darsi ma almeno vi è la certezza che l’aiuto arriverà anche se siamo fermamente convinti che il sostegno nel suo insieme già funzioni. Sulle politiche di aperture a singhiozzo delle attività abbiamo qualche riserva ma è anche giusto riconoscere che gestire questa situazione non è facile. Del resto non è che altrove si veleggi meglio. Anzi! Questa formidabile azione di sostegno permetterà fra l’altro alle autorità di raccogliere una montagna di dati sulle aziende. Dal fatturato agli utili. Insomma una occasione per aggiornare diversi parametri da parte dell’erario e del mondo dei crediti. Inoltre uno spaccato su diversi settori! Dalla ristorazione ai negozi di paese, dal lusso agli ipermercati.


Il Presidente Cantonale
Lic. rer. pol. Gianluigi Piazzini