Da Economia Fondiria no. 3/2017

Dopo qualche mese dalla sonora sconfitta ecco che i vincitori emettono fattura. Stiamo parlando della RIFORMA III, quella che riguardava le persone giuridiche per le quali si proponeva una riduzione della imposizione fiscale per fare in modo che molte società “a statuto speciale” da noi installate non fossero costrette a togliere le tende. Sono le famigerate HOLDING e le società di sede che non disturbano più del tanto e che lasciano sul territorio un mucchio di quattrini. Come si suol dire “presi su da terra!”
In un precedente articolo avevamo reso omaggio alla strategia adottata dai contrari che avevano fatto leva sul ceto medio e sui privilegi per i ricchi (proprietari di aziende di cartello) preannunciando che quanto prima avrebbero emesso fattura. Ed ora ci siamo!
Cosa chiede il PS a nome e per contro dei progressisti e del ceto medio che non ha ancora capito che se le privilegiate se ne andassero passerebbe per primo alla cassa?
Ma cosa chiede poi il partito d’opposizione? Che si rinunci a privilegiare le spese di ricerca e la tassazione di una parte del capitale proprio investito, che si limiti l’esenzione del capitale intellettuale, che si creino misure accompagnatorie di natura sociale ed altro ancora.
Il “così non va” si è tramutato nel classico arrocco!
Un posizionamento che preoccupa gli addetti ai lavori che devono fare in modo di ridisegnare la RIFORMA prima che chi ci sta attorno si incazzi per poi passare alla ritorsione.
Una proposta che deve soddisfare anche i Comuni che non dimentichiamo si erano apertamente dichiarati diffidenti.
Ma non serve dichiararsi preoccupati; bisogna lavorare per una soluzione di convergenza perché ci eravamo impegnati a sanare la situazione entro una data ragionevole.
Ed in effetti gli uomini di Maurer si sono già messi al lavoro interpellando Cantoni e Comuni e gli elementi di convergenza pare siano stati trovati.
Buona la soluzione dei vodesi per quanto riguarda i supporti sociali, rinuncia ad esentare il capitale proprio in esubero, limiti al ribasso delle aliquote ed altro ancora.
Il classico cerotto!
Quindi prepariamoci ad andare magari alle urne per la seconda volta ad esprimerci sulla RIFORMA III che ora potremmo ribattezzare RIFORMA “II e mezzo”.
Per il momento la situazione è la seguente.
Dall’estero ci avevano detto “basta con i privilegi, ci fregate le nostre aziende” e noi abbiamo risposto “manteniamo i privilegi” e delle vostre aziende ce ne freghiamo!
In realtà abbiamo fregato le nostre piccole e medie aziende che sono poi le vere colonne portanti del paese.
Al momento di andare in stampa la squadra di Maurer ha presentato le linee direttive discusse con i direttori cantonali delle finanze prendendo persino in contropiede i membri del Consiglio Federale. Si tratta di una limatura generale della versione bocciata dal popolo denominata Pf17. Il termine Riforma viene quindi abbandonato perché oltre ad essere inflazionato porta pure jella!
Ora incominceranno le contrattazioni politiche e se del caso i tiratori scelti si metteranno in posizione.
Da noi ci si sta muovendo sfruttando lo spazio a livello cantonale. Anche politico visto che il nostro Cantone aveva approvato la RIFORMA III.
Il tentativo è di dare un segnale forte alle aziende installate (indigene e non) ed al capitale; in poche parole francobollare il substrato fiscale.
Non sono mancate le reazioni.
C’è chi sostiene che dovrà essere una manovra neutrale (quanto tolgo lo carico ad altri!), chi già alimenta il clima di lotta continua (gli irriducibili), chi sostiene per disciplina o per convinzione, e chi non capisce un cavolo.
L’importante che non si tocchi la sostanza immobiliare che fra l’altro ha già dato.

A livello nazionale i consuntivi cantonali si sono rivelati migliori di 1,2 miliardi di quanto preventivato. Un ottimo risultato dovuto in parte al contenimento dei costi che sono aumentati meno ed ai minori investimenti senza dimenticare la proverbiale prudenza nel preventivare.
Aggiungiamo anche la notevole tenuta delle entrate e l’elargizione della nostra banca nazionale. Sta di fatto che ben difficilmente si potrà registrare un risultato simile nei prossimi anni. Da una parte il rubinetto delle entrate è aperto al massimo e qualche guarnizione sta già perdendo acqua. Pensiamo alla sostanza che preferisce farsi tassare altrove, ai miseri redditi sul risparmio, agli utili aziendali che vengono erosi dalla competizione, al reddito del lavoro che non cresce, allo spauracchio del costo del denaro ed all’esaurirsi del rubinetto d’emergenza della tassazione indiretta.
Si potrebbe ancora tassare l’aria oppure educare maggiormente il cittadino-contribuente a suon di balzelli, ma l’impressione generale è che il soggetto-oggetto ne abbia un po’ piene le scatole.
Insomma non resta che ridurre le spese per poi agganciarle alla forza contrattuale del paese.
Ben venga quindi la discussione sul referendum finanziario e sui trasferimenti, quelle spese vincolate da leggi che nessuno osa mettere per il momento da noi in discussione.
A livello nazionale lo sportello della discussione sui trasferimenti è stato invece aperto segno che è giunta l’ora di creare maggiore capienza calibrando gli automatismi.
Potremmo quasi dire: vediamo di spender meno per spender meglio, il nuovo mantra!

È passata la nuova strategia energetica figlia dell’onda assassina giapponese che bloccò il circuito elettrico della centrale nucleare. Un incidente di per sé ridicolo anche se la prova motori di Chernobyl l’ha in tutti casi superata.
Roba da dilettanti allo sbaraglio.
La nuova strategia è passata facendo leva sulla certezza dell’approvvigionamento, sulle energie rinnovabili (acqua, sole e vento), sull’efficienza ed un po’ meno sul progresso tecnico che sta modificando la produzione ed abbattendo il consumo.
Grande perdente è l’energia nucleare che comunque si era già esclusa dai giochi perché troppo costosa.
Basta centrali nucleari e smantellamento delle esistenti, ovviamente non a costo zero.
Le aziende proprietarie sono ad azionariato misto (pubblico-privato) e sono anche proprietarie di altri fonti energetiche, in primo luogo bacini idroelettrici.
Tutte fonti in perdita anche se si assicura che quanto prima ridiventeranno redditizie.
Per loro si apre quindi l’opportunità di chiedere indennizzi per gli investimenti non ancora ammortizzati fatti a norma di legge e di giustificare la richiesta di sostegno alla produzione idroelettrica sotto il sombrero “dell’approvvigionamento”.
Fra l’altro hanno già anticipato che non hanno più l’intenzione di sborsare oltre mezzo miliardo di franchi per i canoni d’acqua e con tanti saluti ai Cantoni Alpini, Ticino compreso.
Andrà a finire che il cittadino-consumatore si ritroverà sulle singole bollette il corrispettivo ricarico con la raccomandazione di consumare meno!
I soliti pessimisti?
Sinceramente lo siamo perché siamo convinti che il progresso tecnico non sia stato debitamente scontato.
Per quanto riguarda il parco immobiliare per il nuovo siamo abbastanza tranquilli anche se le norme sono già oggi pesantucce.
Ma la tendenza del domani sarà quella di privilegiare appartamenti di medio taglio e con metrature ridotte, quindi con costi di produzione più contenuti liberando così spazio per gli investimenti necessari..
Non così per l’esistente datato.
Con spazi occupati e con costi notevoli il mercato arrischia di non reggere minando così la voglia di investire.
Bisognerà modulare gli interventi sulla aspettativa di vita (vedi obsolescenza) e sulla tenuta funzionale degli immobili.
Certo non abbiamo immobili come i casermoni voluti da Nikita Chruschtschow che presentavano appartamenti di tre locali di mq 58 anche se qualche pezzatura nostrana degli anni cinquanta non offriva molto di più.
Insomma rimettere sui binari una simile sostanza arrischia di rivelarsi un azzardo puro.
E per la strategia energetica?
Fra un paio d’anni potremo verificare se è stata una visione od una illusione.

Da tempo abbiamo sottolineavamo come il territorio sia stato diviso fra edificabile e non edificabile. Il primo è stato definitivamente congelato nel suo insieme ed a parte qualche rasatura comunale a “tazzina” non dovrebbe conoscere aumenti di edificabilità significativi visto che il centripeto funziona a meraviglia.
Basta vedere i cantieri aperti e le costruzioni recenti nell’urbano.
Quindi si continuerà ad edificare a sette piani fatta eccezione per Paradiso che ha scelto un’altra via che alla luce delle recenti votazioni non ha però turbato più del tanto la popolazione.
Ai tempi rendevamo attenti che nel “non edificabile” si sarebbero confrontati ambientalisti, contadini, agricoltori, allevatori, paesani, ciclisti, cavallerizzi e camminatori senza la presenza dello speculatore di turno, l’uomo che ha garantito spazi per la famiglia, per altre, per il lavoro ed il commercio.
Nell’edificabile la situazione é un’altra: lo speculatore è bersagliato da tutti!
Abbiamo esagerato?
Alla luce delle prime avvisaglie sembrerebbe di no!
Al punto che la Camera cantonale dell’agricoltura denuncia la centrifugazioni di studi a favore dell’ambiente e la presenza di pesticidi al piano.
Per la gestione del piano di Magadino fra l’altro ci sono state già delle scintille!
Insomma l’idillio non è sempre assicurato anche nel “fuorizona”.
E nel marasma del mio e non tuo sarà opportuno ribadire che la zona non edificabile appartiene un po’ a tutti, in primis ai sovvenzionatori, i cittadini-pagatori che ne rivendicano una parziale godibilità.
Una sgambata come dividendo!

Il Presidente Cantonale
Lic. rer. pol. Gianluigi Piazzini