Da Economia Fondiaria no. 2/2017

La proposta di allineare le tassazioni delle società giuridiche (Riforma III) è stata affossata dal popolo. Un’ autentica “lenzuolata” al Governo, ai partiti borghesi, alle associazioni economiche e un segnale a chi ci attornia. Perché si è perso? In primo luogo per la geniale campagna degli avversari che hanno saputo far perno sul ceto medio, sui Comuni e sulla sfiducia nei confronti delle società giuridiche, vendute come nido di vipere. A complemento la sempre efficace frase “saremmo stati d’accordo ma non così”! A parziale supporto le frange dei nostalgici dell’inno della patria in trincea a difesa del praticello. Possiamo ancora aggiungere la scomoda presenza dell’Evelina e l’improvvida denuncia al Consiglio Federale da parte di una commissione di negligenza nel presentare scenari cifrati. Ma alla luce dell’esito della votazione, a parte la bravura di chi avversava la riforma, è chiaro che chi la sosteneva è andato a piattello. Dal Consiglio federale ai Cantoni, dalle associazioni economiche al Parlamento. Un pesante attestato di sfiducia.
E quando si perde bisogna anche interrogarsi ma a quanto sembra non è stato il caso.

Da parte nostra resta la preoccupazione di aver assunto un altro rischio nei confronti di coloro che ci attorniano e con i quali scambiamo merci e servizi.
Si vorrebbero trattamenti di favore ma appena possibile svicoliamo. Ma magari è giusto così! Gli inglesi ci stanno provando come pure il buon Donald. Potrebbe anche darsi che l’Unione europea, alla quale i progressisti tanto agognavano, si sfasci. Meglio ancora che il mercato mondiale si sbrindelli a suon di dazi e requisiti tecnici di ritorsione.
Sinceramente uno scenario piuttosto pericoloso per noi pur con lo “speriamo che ce la caviamo” di fantozziana memoria. Così nel bailamme che seguirà la riduzione della neoliberistica globalizzazione magari nessuno ci farà caso!
Purtroppo la storia insegna che le guerre economiche sono altrettanto pericolose di quelle condotte a fucilate!
In tutta questa faccenda una cosa però è chiara. Chi ha promosso la Riforma non è stato in grado di spiegarla o meglio ancora di difenderla.

Da poco le camere federali hanno promosso la Riforma 2020, e dagli con questo termine (!), di una parte dell’assetto previdenziale. L’ha promossa il Consiglio Federale ed il dibattito è stato condotto - mettendoci la faccia - dal Ministro Berset.
Noi è da anni che sottolineavamo che prima o dopo il patto generazionale sarebbe stato messo in discussione. Ed ora ci siamo, pressati dalla decisione delle volpi argentate di campare il più a lungo possibile e dalla resa mortificante dei mezzi investiti che dovrebbero supportare l’intero meccanismo.
Possiamo anche aggiungere le redditività distribuite in eccesso e le proiezioni inquietanti per quanto riguarda la forza contrattuale delle prossime generazioni.
Sul tema ci si confronterà nei prossimi mesi e da quanto già si intravvede si sta irrobustendo il fronte dei “saremmo d’accordo ma così non va”.
C’è chi sostiene che lavorare fino a 67 per i maschietti e a 65 per le femminucce è un insulto alla solidarietà, altri che non ritengono giustificato l’aiutino ponte all’AVS e via dicendo.
Sinceramente si intravvedono già delle analogie con la più sopra citata Riforma III delle imprese. Partenza bruciante con resistenze iniziali a macchia di leopardo e finale pirotecnico ad altezza uomo.
Speriamo che non vada a finire così!

Nell’ultima edizione di Economia Fondiaria ci siamo soffermati sui limiti del processo democratico preso a tenaglia da mille sollecitazioni e dalla prevalenza del quotidiano e del marginale. Senza volerci atteggiare come esperti in materia ci sentiamo deputati a rispolverare il discorso dell’affollamento del proscenio del quale avevamo già fatto un timido accenno denunciando la presenza sempre più corposa di istituzioni satelliti. Ed ora ci siamo!
Le città si sono organizzate ed i Comuni pure! I Cantoni marciano intruppati pur con qualche sfumatura, pensiamo solo ai Cantoni alpini e quelli al piano, ed hanno persino una propria “casa” a Berna. Nel loro gruppo i Cantoni ricchi, che alimentano le casse, e gli altri che ne traggono beneficio. Tutte organizzazioni che hanno le proprie strutture con tanto di carta intestata.
Queste organizzazioni affiancano oggi con maggior decisione quelle classiche come le associazioni di categoria padronali e sindacali senza dimenticare agricoltori, animalisti, cacciatori, automobilisti ed altre ancora.
Un parterre corazzato che sa muovere i massmedia mettendo così alle corde la politica.
Serata fiume a microfono aperto, una domanda e giù in picchiata.
Certe volte, alla luce di questa realtà, non resta che sorridere quando si denuncia il lobbysmo.
Travolti dall’assordante brusio ed alla ricerca dell’agognato consenso i partiti rinunciano sempre di più al politicamente corretto ed al confronto con l’evidenza dei fatti lasciando così spazio a qualche cane sciolto.

Ad intervalli regolari riaffiora il discorso del “centripeto”, il costruire nell’urbano. A noi sembra però un invito superato alla luce dell’edificato negli ultimi anni e del “modinato”. Un processo consolidato che segue la domanda sempre meno innamorata della periferia.
La città è bella!
Quindi lo sperticarsi è inutile a meno che serva ad annacquare la ventilata volontà di non aumentare gli indici.
Perché aumentare ora l’edificabilità quando l’offerta soddisfa la domanda?
Continuate pure a costruire ad altezza canale ed a piani secchi ed intanto noi facciamo i morti; potremmo riassumere così l’atteggiamento di alcuni funzionari.
Vengono così sdoganati i piani regolatori (d’utilizzazione) di prima ed in seconda generazione con in tribuna i pianificatori, veterani e non, con in mano qualche megafono di troppo.

Noi sinceramente vorremmo fare a meno di sottolineare ad oltranza, ma sinceramente non gradiamo la continua denuncia degli sfregi e della banalità del costruito.
Intanto gli indici di sfruttamento sono rimasti tali da decenni come pure le zone e le destinazioni ed il costruito è stato firmato da professionisti magari non appartenenti alla casta degli illuminati ma pur sempre professionisti abilitati e competenti.
Del resto il “firmato”, sempre poi che si inserisca nel tessuto, è stato commissionato da istituzioni o privati capienti senza porre particolari riserve.
Contrariamente alla maggior parte dell’edificato che ha dovuto soddisfare la domanda di spazi a costi sostenibili!
Non erano certamente banche o enti pubblici tanto per intenderci.
Per restare nel pianificabile ci stiamo interrogando da tempo sul congelamento di intere zone, derivante dalla protezione imposta di volumi considerati degni di tutela.
Per farla breve in città nessuna fantasia possibile.

Chi detta l’agenda? La Confederazione!
L’avevamo più volte affermato ma siccome passiamo per un’associazione di parte pochi ci hanno creduto.
Come sappiamo stiamo progettando la nuova tratta che dovrebbe portarci a Locarno in pochi minuti. La stessa farà perno su una galleria a doppia canna che costerà diverse centinaia di milioni e che richiederà parecchio tempo per essere realizzata. Insomma ad andar bene dovremmo riuscire ad inaugurarla intorno al 2030 e non tutti noi ci saremo! Vi sono però due incognite. La prima è la tempistica della Confederazione (sa vedum!) e la seconda il fronte dei ricorsisti e dei novelli pianificatori.
Il Ticino è mio e lo gestisco io!
La prima incognita ha già trovato supporto con la recente risposta ad una sollecitazione, per altro opportuna, da parte dei nostri parlamentari in quel di Berna. Signori, calma e gesso; questa la sintesi della risposta fra l’altro delegata alle camere.
La seconda è ormai una costante. Novelli pianificatori ed amici di un qualche cosa attivano la loro palestra a cielo aperto con il motto “per fortuna ci siamo noi” ovviamente riservando la prima fila alle sole menti lucide. Le loro!
La strategia: opposizione secca, proposta alternativa, si può far meglio ma non così.
Insomma la classica.
Solo che con la Confederazione e i suoi fiancheggiatori dell’Altopiano non si scherza. Lo vedremo con le Officine Federali di Bellinzona e con la ferrovia di Montagna del Gottardo.
Tanto per fare due esempi.

Il discorso “qui si edifica e là NO” non passa molto. Eppure il popolo aveva aderito alla proposta di rafforzare la pianificazione spacciata come risposta ad un’iniziativa con la quale si chiedeva di bloccare per 20 anni le zone edificabili.
Ma perché non passa? Probabilmente perché non si è ancora capito che ampliamenti della zona edificabili non saranno più possibili e che si dovrà praticare dei dezonamenti per convincere chi ci controlla d’aver fatto per bene i compiti a casa.
Del resto abbiamo sottolineato con enfasi che abbiamo riserve edificatorie per diverse generazioni e se andassimo ora a sostenere che abbiamo sbagliato i calcoli corriamo due rischi: il primo di passare come i furbetti del quartierino ed il secondo, ben più pericoloso, che i calcoli li facciano altri.
Il timing? Entro fine anno il discorso emergerà ed allora si capirà che diversi piani regolatori dovranno venire adattati. Non oggi ma domani!
Allora si incomincerà a prender atto che il “non edificabile” rimarrà tale per qualche generazione.
In tutti i casi bisognerà sempre chiedere il permesso e giustificare qualsiasi ampliamento con il rischio di una tiratina d’orecchio tipo “fai in modo di occupare meglio l’esistente” o “costruisci con metrature inferiori, sprecone”.
Oppure “costruisci più alto, ragazzo!”
A questo punto possiamo veramente affermare che il NICHT Bauland è blindato e che si fronteggeranno contadini, ambientalisti, novelli pianificatori e fratello bosco che respira per noi e se ne “impippa”!
Ed andrà a finire che le Alpi se la vedranno con le Alpi con diversi attori a borsellino e valigia aperta.
Resterà in ogni caso la soddisfazione a qualcuno di aver tarpato le ali a qualsiasi speculazione e preservato intatto un territorio che francamente era già blindato da tempo.
Dalla domanda e dalla legge precedente.
Stiamo esagerando oppure siamo cattivi perdenti?
Purtroppo no.
Il gruppo di lavoro che sta imbastendo la revisione della seconda parte della legge sulla pianificazione, ha quasi terminato di sfoltire le proposte uscite dai funzionari federali e quanto prima le stesse verranno poste in consultazione.
Noi abbiamo avuto modo di dargli una sbirciatina e possiamo affermare che lo spazio di manovra nel non edificabile è pressoché nullo ed il poco permesso verrà sottoposto a precisi condizionamenti, finanziari e formali!

Pur scontando il profondo scetticismo dei contadini la CATEF sarà sempre al loro fianco, specialmente a quelli di montagna.
Vorremmo solo che qualche volta, prima di mettersi in cordata con altri, si dialogasse maggiormente.
Il NICHT BAULAND appartiene anche a noi ma purtroppo possiamo solo restare a bordo campo.
Noi avevamo tentato di fronteggiare con argomenti l’aggiornamento della legge sulla pianificazione e la micidiale legge sulle seconde residenze, ma ne siamo usciti con la tuta sbrindellata.
A proposito di aggiornamento della legge sulla pianificazione, lo stesso é stato venduto abilmente a tranches. La seconda, come detto, é ancora nel forno.
Giusto ricordare che la legge, quando fu presentata una decina d’anni fa per intera, fu silurata dai cantoni stessi che sostennero di venir superati sulla doppia riga. Perdiamo la nostra sovranità dissero allora.

Il Consiglio Federale ha deciso di aggiornare la legge Koller. E pensare che solo pochi anni fa aveva proposto di abrogarla ma fu convinto dagli istituzionali (casse pensioni, assicurazioni e fondi) a lasciar perdere. Ora invece propone non solo di mantenerla ma addirittura di inasprirla!
Un giro di valzer da lasciar allibiti.
Per quanto ci riguarda proporremo di abrogarla e se non fosse il caso di mantenerla così com’è!

Il Presidente Cantonale
Lic. rer. pol. Gianluigi Piazzini