Da Economia Fondiaria no. 5/2023

A sentire i progressisti, senza scomodare il campo largo della sinistra, gli unici che si occupano di rendere accessibile l’abitare ai ceti più deboli sono solo loro. Una preoccupazione che con una ragnatela di leggi e di sollecitazioni cercano però di addossare all’ente pubblico il compito di provvedere alla bisogna. Mettono quindi sul gobbo della comunità tutta la questione ma sempre con la loro illuminata regia.
Solo che talvolta le diverse vocazioni si intrecciano ed il risultato finale non è quello voluto.
Infatti c’è chi invoca la conservazione, chi chiede il controllo su tutto nel nome dell’apocalisse climatica, chi inchioda i risanamenti o le conversioni e chi non accetta gli aumenti di edificabilità. In poche parole sono sempre gli stessi pur con differenti sensibilità che si attivano in particolar modo sotto le votazioni.
Del resto il gemellaggio fra la sinistra e l’associazione degli inquilini funziona e non per nulla diversi politici della scuderia hanno raggiunto i vertici nazionali e cantonali.

Abbiamo sostenuto che l’intreccio dei vari interessi di categoria sta ingolfando produzione e risanamenti per cui ci sembra opportuno supportare quanto affermato con qualche esempio.
Il classico è quello del Canton Ginevra dove il risanare o convertire (o demolire) è sottoposto da decenni a controlli e divieti. Va ricordato che ci confrontiamo con una città sede di diverse istituzioni e che negli anni settanta era particolarmente esposta ad una forte domanda al punto che si vararono diversi programmi d’edilizia popolare.
Una particolare produzione oggi da considerarsi datata solo che la voglia di investire per il clima instaurato è talmente debole che questi comparti sono esposti a un degrado sempre più evidente. Per quanto riguarda la nuova produzione, che implica pure qualche percorso tormentato, la stessa è insufficiente per il fatto che i grandi investitori hanno tolto Ginevra definitivamente dal loro radar.
Risultato: qualcuno si sposta al di là della frontiera ed altri su Cantoni confinanti.

Sempre pilotati dal “campo largo”, io indico tu provvedi, a Basilea hanno introdotto un cammino similare concentrato maggiormente sui risanamenti più incisivi.
Il cammino porta ad un esame da parte di una commissione che determina quali costi possono essere considerati migliorie e verifica in pratica la congruità degli affitti applicabili in modo analogo. Da radio scarpa si sa che i costi ripercuotibili vengono considerati per la loro metà per cui già questo fatto ha convinto diversi proprietari a limitare al minimo sindacale gli interventi.
Insomma anche a Basilea si profila la medesima situazione ormai consolidata in quel di Ginevra.
Qualcuno si è permesso di osservare che alla lunga si penalizzano giovani famiglie e nuovi inquilini.
La risposta stizzita: noi difendiamo gli inquilini che occupano questi stabili e non quelli che cercano una soluzione alle loro esigenze.
Non bisogna essere un’aquila in economia comportamentale per concludere che anche Basilea farà la fine di Ginevra. Si risanerà meno e si costruirà ancor meno con la logica conseguenza che qualcuno valicherà la frontiera oppur diventerà cittadino di qualche Cantone confinante.

Ed ora torniamo a Zurigo dove il cartello della sinistra aveva suggerito l’obiettivo del 30% in pigione moderata poi accettato dal popolo.
Un parametro guida non ancora raggiunto malgrado la posizione di forza delle istituzioni che agganciano il cambiamento di destinazione delle aree dismesse, da industriale a residenziale-misto, alla condizione di destinare una parte significativa dell’operazione a pigione controllata.
Ora però la leva delle intimidazioni sembra essere giunta a fine corsa malgrado la creazione di un mega fondo di 200 milioni per rilanciare la produzione dell’edilizia convenzionata.
Ciò è dovuto anche alla scomparsa delle grandi aree industriali.
Infatti una di queste inchiodata ormai da anni, appartenente ad un istituzionale quotato, è stata dichiarata persino come sito da proteggere per i suoi contenuti dopo essere stata per anni oggetto di pianificazioni particolareggiate ovviamente sempre fatte deragliare.
I cultori del passato o di qualche utilizzo concordato hanno quindi bruciato la riserva annichilendo chi voleva valorizzarla a destinazione residenziale e non.
Ma più spettacolare è stata la battaglia per inchiodare un vasto sedime appartenente alle FFS sul quale la proprietaria, azienda poi pubblica, voleva costruire un complesso con 275 appartamenti di cui 125 da destinarsi a pigione moderata.
Subito si è mossa la brigata rossoverde con il solito sostegno popolare chiedendo di edificare tutti gli appartamenti a destinazione vincolata con il mandato conferito alla città di comperare il sedime.
Solo che si sono dimenticati del fatto che non vi è spazio per imporre a qualcuno una vendita per cui la nostra azienda dei trasporti ha staccato immediatamente la spina accompagnando il tutto con il classico segno dell’ombrello.
Risultato finale: congelamento della volontà di valorizzare il sedime e regia passata alla proprietaria con il classico SA VEDUM!
Essendoci sempre meno spazio di manovra nella nuova produzione ecco che ora si propone, sempre a Zurigo, una sorta di lasciapassare per i risanamenti. Affitti concordati e via dicendo.
Quindi in mancanza di trippa si punta a gestire il rinnovo dove, è bene ricordarlo, non esistono obblighi particolari fatta salva la decenza e qualche forzatura legata al dispendio energetico.

Allora per riassumere, almeno per le città più popolose, i veti incrociati, stanno aumentando la vetustà ed imbrigliando la nuova produzione.
Certo giocano un ruolo anche gli alti costi della produzione ma è chiaro che la voglia di investire a queste condizioni si scioglie come neve al sole.
Ora balla anche il recupero dell’immediata cintura urbana.
Stabili che denunciano la loro età ma che hanno utilizzatori fedeli che garantiscono ancora per diversi anni una buona tenuta.
Per farla breve questo attivismo ha effetti controproducenti, proprio il contrario di quanto auspicato.
Lento degrado dell’immediata periferia e disponibilità aggiornata sempre più limitata.
L’attivismo elettorale premia magari a corto ma alla lunga distorce il mercato rendendo tutti gli attori perdenti.
Ovviamente non il capiente che ha da tempo piazzato altrove le tende.

Da noi negli anni novanta l’abbiamo rischiata grossa quando i progressisti chiesero di rendere definitivi due decreti urgenti che replicavano quanto proposto a Ginevra.
Per fortuna che il parlamento decise sulla base di diverse considerazioni non da ultimo quella dell’abolizione della famosa clausola del KAUF BRICHT MIETE.
Chi comperava subentrava nei contratti e quindi non poteva disdettare gli inquilini per riaffittare al meglio magari dopo qualche intervento di cosmesi.
La CATEF allora si mosse prima sotto traccia per poi attivarsi nel dibattito parlamentare.
Del resto anche per le famose vendite a cascata di immobili che disturbò non di poco il mercato e non ci fu bisogno di leggi peraltro inutili.
I furbetti svizzero tedeschi giunti in Ticino a fare speculazione furono infatti sorpresi dall’improvviso aumento del costo del denaro, dalla impossibilità di disdettare a corto termine, dal crollo del mercato e dall’imposizione come commercianti d’immobili.
Fecero tutti una fine ingloriosa e noi evitammo una inutile bardatura.


Il Presidente Cantonale
Lic. rer. pol. Gianluigi Piazzini