Da Economia Fondiaria n. 4 luglio - agosto 2011

La nostra società è sempre più avida di energia. Basta pensare all’aumento inarrestabile di veicoli, e soprattutto di quelli grossi come i SUV, alle nuove edificazioni, all’aumento demografico a livello mondiale, all’uso sempre più frequente di apparecchi alimentati da energia elettrica. In evidente contrapposizione con questa tendenza l’opinione pubblica giustamente si sta opponendo all’uso di energia nucleare e di quella petrolifera. Per quanto attiene all’uso dell’energia nucleare, i disastri di Cernobil e di Fukushima sono sufficientemente eloquenti per creare un giusto timore di ulteriori disastri. Se gli incidenti del nucleare hanno conseguenze catastrofiche per intere popolazioni, disastri messi poi ampiamente in evidenza dai media, anche l’energia petrolifera ha fatto notevoli disastri, meno appariscenti ma forse non meno gravi. Basta pensare agli inquinamenti causati da navi petrolifere, alle perdite di petrolio da piattaforme marine, a perdite di petrolio e di altri derivati del petrolio in tutti i trasporti che giornalmente transitano sulle nostre strade. Questi disastri, grandi e meno grandi non sono stati tutti quantificati e li abbiamo in gran parte dimenticati, ciò nondimeno ci sono stati e non conosciamo le loro conseguenze sul nostro ambiente marino e terrestre.
Oltre al fatto che ci avviciniamo fra alcuni decenni all’esaurimento delle risorse petrolifere e che quindi dobbiamo aspettarci ad un notevole aumento dei loro prezzi, la combustione di prodotti petroliferi inquina per emissioni di CO2 e polveri fini
L’energia nucleare sarebbe un’ energia pulita - fatta riserva del problema non risolto delle scorie - e praticamente inesauribile. Tuttavia la mancanza oggi di una sicurezza sufficiente ci porta a giusta ragione a volerci distanziare da questa energia.

Fin qui siamo tutti d’accordo; il problema nasce con la consapevolezza che oggi il 40% dell’energia consumata proviene dal nucleare e una gran parte dell’energia consumata per i trasporti proviene dal petrolio. Dobbiamo quindi risolvere questo quesito.
Le soluzioni sono teoricamente molto semplici:

  1. incentivare la produzione e l’uso di energie alternative o rinnovabili
  2. risparmiare energia

Ho detto che le soluzioni sono semplici teoricamente, un po’ meno praticamente ed il dubbio che non si riesca a raggiungere gli obbiettivi declamati dal nostro governo (e non solo da lui) nei tempi previsti è certamente lecito.

Le fonti di energie alternative o rinnovabili note oggi sono: energia solare, energia eolica, biomassa, geotermica, legno.
L’energia solare è probabilmente quella che nei prossimi anni potrà dare il maggior contributo. Infatti già oggi troviamo sul mercato pannelli solari termici e fotovoltaici in grado di sfruttare l’energia solare gratuita per produrre l’acqua sanitaria nelle nostre case, contribuire al riscaldamento nei periodi invernali e produrre energia elettrica da immettere nella rete. Questi pannelli , soprattutto quelli ad acqua, sono oggi una soluzione a portata di mano sia dal punto di vista finanziario che tecnico (installazione su immobili nuovi e vecchi assai poco problematico). 
Se siamo consapevoli che oltre il 30% dell’energia consumata è destinata al riscaldamento di abitazioni, non possiamo esimerci dal considerare di ridurre il consumo energetico dei nostri immobili e dall’impiegare altre fonti energetiche del petrolio o dell’energia elettrica (se menziono quest’ultima è perché il governo vorrebbe impedire di utilizzare l’energia elettrica troppo pregiata per il riscaldamento delle abitazioni).

Una interessante sorgente energetica, già collaudata e introdotta con successo sul nostro mercato, è quella dei pellets. Questi sono prodotti con gli scarti delle segherie. Sono pertanto composti da segatura di legno senza aggiunte chimiche o di altro genere, bruciano dunque completamente e sono considerati neutrali nell’ottica di emissioni di CO2. Dunque un prodotto ecologico, rinnovabile e per di più economico. Infatti confrontato con il prezzo attuale dell’olio da riscaldamento è più conveniente. A questo vantaggio si aggiunge il risparmio dei costi di manutenzione dei serbatoi a nafta e dei rispettivi controlli ufficiali.
Chiunque dovesse nei prossimi tempi sostituire una caldaia a nafta avrebbe vantaggio a valutare l’installazione di un impianto a pellets.

L’integrazione di un tale impianto con dei pannelli solari per la produzione di acqua sanitaria e che d’inverno contribuiscono al riscaldamento, è oggi certamente un’opzione valida, tecnicamente abbastanza facile da realizzare ed assai economica.

Le altre energie menzionate richiedono forse ancora maggiori sforzi di sviluppo tecnologico prima di essere usati.
Quella eolica non è certamente a portata del cittadino e può essere realizzata solo in grande scala, ma in Svizzera gli spazi sono molto limitati. Inoltre è in conflitto con le esigenze di protezione del paesaggio (vedi parco eolico Gottardo).
Quella geotermica è certamente un’alternativa interessante per il riscaldamento degli edifici. Richiede però oggi ancora investimenti assai costosi e necessita di autorizzazioni particolari per la perforazione delle sonde. 
Con la biomassa si può certamente contribuire almeno marginalmente alla produzione di energia, ma secondo me rimarrà sempre una misura accompagnatrice.

Fatto il giro delle energie alternative rinnovabili, dobbiamo riconoscere che non saremo mai in grado di supplire quelle a base di petrolio e del nucleare. 
Quindi, se vogliamo in un futuro non troppo lontano evitare di accendere la luce ma rimanere al buio per mancanza di elettricità, o peggio vedere le nostre case raffreddarsi per mancanza di elettricità o di olio da riscaldamento, non rimane altra soluzione che ridurre i consumi, a partire da subito.
Ridurre i consumi significa isolare le case. Il problema non si pone per le abitazioni nuove che sono costruite oggi tutte secondo le nuove normative per il risparmio energetico. Più difficile è il risanamento di edifici esistenti (che rappresentano oggi la grande parte del nostro patrimonio immobiliare), soprattutto quelli con facciate di un certo pregio. Infatti per isolare un edificio occorre «incollare» sulla facciata dei pannelli termoisolanti dallo spessore di 13-16 cm, rifare un intonaco e adattare tutti i davanzali , le tapparelle, gelosie o rolladen, porte e finestre alle nuove esigenze. A dipendenza del tipo di costruzione l’operazione può essere finanziariamente abbordabile o esosa.
Comunque sia, in base al programma federale per il risanamento degli edifici, è possibile ottenere delle sovvenzioni dell’ordine di grandezza di 70.- CHF al m2 per la sostituzione di finestre e 40.- CHF/m2 per l’isolamento termico delle facciate, ovviamente a certe condizioni (vedi www.ilprogrammaedifici.ch).

Il proprietario di un immobile a reddito si trova davanti al dilemma di doversi sobbarcare l’investimento del risanamento potendo ribaltare i costi agli inquilini solo in minima parte benché questi siano i primi a beneficiare della miglioria con una sensibile riduzione di costi di riscaldamento.
Penso che una modifica della legge su questo argomento sia assolutamente necessaria e vada promossa.

Ad ogni modo, da oggi dobbiamo volenti o nolenti, rivedere i nostri concetti e le nostre convinzioni riguardo a tutti i problemi degli immobili legati al consumo energetico.

 

Ing. Carlo Wullschleger