Argomenti aggiuntivi a sostegno dei locatori

  1. La riduzione della pigione

  • Il silenzio qualificato

In seguito al lockdown e alla conseguente chiusura dei commerci, il Consiglio federale ha confermato fin da subito, mantenendo peraltro la sua posizione invariata, che la pigione fosse dovuta integralmente. Cosciente tuttavia delle difficoltà nelle quali esercenti e commercianti potevano incorrere, ha altresì invitato le parti a trovare consensualmente delle soluzioni. In aggiunta, è intervenuto in maniera diretta, prolungando il termine di diffida ai sensi dell’art. 257d CO da 30 a 90 giorni e stanziando capitali molto ingenti per aiutare finanziariamente gli inquilini in difficoltà, perché potessero fare fronte ai loro oneri, tra i quali gli oneri fissi come le pigioni. Già solo per questo fatto, la posizione dell’esecutivo federale è chiara: perché concedere delle deroghe e denaro pubblico per i costi fissi[1], se la pigione non fosse dovuta?

Nel tentativo di venire incontro ai conduttori che, chiusi per il lockdown, avrebbero potuto essere in difficoltà economica, il legislativo è stato poi chiamato a chinarsi sulla possibilità di ridurre le pigioni del 60%. In altre parole, e nella misura in cui le parti contrattuali non avessero già trovato un accordo, la nuova regolamentazione proposta avrebbe permesso di ridurre le pigioni di modo che gli inquilini avrebbe dovuto assumere unicamente il 40% delle stesse.

Durante le animate discussioni, a più riprese, è emerso chiaramente il fatto che sulla base della regolamentazione di diritto privato applicabile, le pigioni fossero dovute. La Commissione degli affari giuridici, chiamata a chinarsi sul progetto di legge, sentiti gli esperti, si è espressa in modo chiaro: le misure di ordine pubblico che hanno fatto seguito alla pandemia e che hanno imposto agli esercenti dei periodi di chiusura non costituiscono un difetto ex art. 259d CO[2].

Il Parlamento ha avallato questo modo di procedere: infatti dopo approfondite discussioni e pareri diversi, nella procedura di appianamento delle divergenze, le due Camere hanno respinto la proposta di concedere uno sconto del 60% sulle pigioni e ha così, indirettamente deciso di non derogare al CO.  Così facendo egli ha confermato che il CO non prevede alcuna riduzione della pigione per difetti in caso di blocco dell’attività a seguito del lockdown.

Diversi passaggi del Messaggio alla Legge federale sulle pigioni e sui fitti durante le chiusure aziendali e le limitazioni ordinate per combattere il coronavirus (COVID-19) permettono di mettere in evidenza che un’eventuale riduzione della pigione costituirebbe una deroga al CO, in applicazione del quale le chiusure sancite dall’esecutivo federale non hanno reso l’ente locato difettoso:

“Nella dottrina e nella pratica vi sono interpretazioni contrastanti in merito al fatto che la chiusura disposta dalle autorità o l’attività limitata e il conseguente uso ridotto della cosa locata o affittata rappresenti un difetto ai sensi dell’articolo 259a segg. CO. La presenza di un difetto potrebbe comportare, tra l’altro, una riduzione proporzionata della pigione o il risarcimento del danno. La chiusura e la limitazione dell’attività sulla base dei provvedimenti adottati dalle autorità a seguito della pandemia da COVID-19 non rientrano nella responsabilità dei locatori. La normativa proposta rappresenta un modo efficace per attenuare rapidamente gli effetti della pandemia.”

"La legge sulle pigioni commerciali COVID-19 disciplina come determinare la pigione o il fitto delle strutture accessibili al pubblico che, in base all’ordinanza 2 COVID-19, hanno dovuto essere chiuse al pubblico. Per la durata della chiusura disposta dalla Confederazione le aziende interessate possono versare il 40 per cento della pigione o del fitto determinante (escluse le spese accessorie). Ciò costituisce una deroga alle disposizioni del CO."

"Le strutture sanitarie che hanno dovuto limitare l’attività conformemente all’ordinanza 2 COVID-19 possono versare per due mesi al massimo il 40 per cento della pigione o del fitto determinante (escluse le spese accessorie). Anche questa disposizione della legge sulle pigioni commerciali COVID-19 rappresenta una deroga alle disposizioni del CO."

Ora, questo breve panorama permette di mettere in evidenza che la questione della riduzione della pigione fondata sulle chiusure provocate dal lockdown si scontra con quello che viene generalmente chiamato un silenzio qualificato. In altre parole, confrontato con il fatto che il CO non dava risposte che potessero costituire un'ottimale soluzione, il legislatore si è chinato sulla questione di intervenire nel rapporto giuridico tra privati (imponendo la riduzione della pigione) e, dopo discussione, ha deciso di non agire in questo senso. La conseguenza fondamentale della cosciente e volontaria astensione del legislatore è quella di impedire a qualsivoglia tribunale di andare proprio nel senso in cui il legislatore stesso non ha voluto andare. È molto semplice: il legislatore ha valutato una certa situazione, ossia la riduzione della pigione, e ha deciso che non era la risposta che meglio avrebbe realizzato una giustizia materiale minima. Il potere giudiziario non può sostituirsi o, meglio, contraddire, questo giudizio.

Come detto, i lavori parlamentari hanno permesso di mettere chiaramente in evidenza che siamo confrontati a un silenzio qualificato del legislatore che non dà luogo ad una lacuna propriamente detta alla quale un tribunale potrebbe porre rimedio. Come confermato dalla copiosa giurisprudenza del TF, e ad esempio in STF 2C_68/2016 del 2 giugno 2017 consid. 5.5.1:

“5.5.1. L'interprétation de la loi peut conduire à la constatation d'une lacune. Une lacune proprement dite, appelant l'intervention du juge, suppose que le législateur s'est abstenu de régler un point qu'il aurait dû régler et qu'aucune solution ne se dégage du texte ou de l'interprétation de la loi (cf. ATF 139 I 57 consid. 5.2 p. 60; 135 IV 113 consid. 2.4 p. 116). En revanche, si le législateur a renoncé volontairement à codifier une situation qui n'appelait pas nécessairement une intervention de sa part, son inaction équivaut à un silence qualifié. Quant à la lacune improprement dite, elle se caractérise par le fait que la loi offre certes une réponse, mais que celle-ci est insatisfaisante. D'après la jurisprudence, seule l'existence d'une lacune proprement dite appelle l'intervention du juge, tandis qu'il lui est en principe interdit, selon la conception traditionnelle qui découle notamment du principe de la séparation des pouvoirs, de corriger les lacunes improprement dites, à moins que le fait d'invoquer le sens réputé déterminé de la norme ne constitue un abus de droit ou ne viole la Constitution (ATF 139 I 57 consid. 5.2 p. 60 s.; 131 II 562 consid. 3.5 p. 367; cf. aussi ATF 138 II 1 consid. 4.3 p. 4).  “

Non sarebbe nemmeno possibile per il tribunale argomentare a favore di una lacuna impropriamente detta, ossia la constatazione che l’applicazione della legge cosi com’è  condurrebbe a un risultato ingiusto che, manifestamente, non è stato immaginato e voluto dal legislatore. A parte il fatto che l’intervento del potere giudiziario allorquando riscontra una lacuna impropriamente detta è eccezionale, ma i suoi estremi non sarebbero comunque ottemperati nel caso specifico. In effetti, la regolamentazione sulla riduzione delle pigioni è sì stata abbandonata, ma il Consiglio federale è rimasto pienamente cosciente della necessità di prevedere degli aiuti concreti per i commercianti. Ed è precisamente a questo fine che ha creato un fondo apposito e stanziato ingenti somme. In pratica così, la pigione continuava ad essere dovuta, ma agli esercenti era garantito un aiuto finanziario per farvi fronte. Con l’abbandono della legge federale sulle pigione e sui fitti durante le chiusure aziendali e le limitazioni ordinate per combattere il coronavirus (COVID-19), e la conferma indiretta che la pigione è dovuta (salvo accordi fra le parti), il Consiglio federale ha stanziato crediti miliardari per aiutare gli inquilini a fare fronte ai loro oneri e a coprire i loro costi fissi[3]. Le somme viepiù cospicue stanziate dalla Confederazione avevano come scopo dichiarato quello di permettere ai commercianti di corrispondere i costi fissi, tra cui evidentemente si annovera la pigione. Insomma, la situazione appare chiara: la Confederazione ha detto no alla legge, ma si è premurata di trovare delle soluzioni eque per entrambe le parti e ha trovato la soluzione già indicata: pagamento completo con aiuti ai conduttori.

Ammettere ora che gli inquilini abbiano potuto beneficiare dei fondi pubblici e, allo stesso tempo, accogliere una loro richiesta di riduzione della pigione, non solamente non sarebbe equo, ma andrebbe nettamente contro la volontà del legislatore. Come detto, quest’ultimo ha sì considerato la possibilità di far sopportare le conseguenze economiche al locatore, ma ha altresì abbandonato questa soluzione. A ben vedere, se l’inquilino potesse davvero ottenere il sostegno statale per far fronte ai suoi impegni e al contempo essere esonerato da parte di essi, egli potrebbe ritrovarsi in una situazione economica migliore di quella in cui si sarebbe trovato se il lockdown e le misure ordinate non ci fossero mai state.

In altre parole e a ulteriore conferma del fatto che la questione abbia da intendersi come risolta in questo modo, si ricorda che la proposta di legge prevedeva anche la costituzione di un fondo per aiutare i proprietari in serie difficoltà a causa della riduzione della pigione, proposta che non è stata accettata. Con la caduta dell’adozione della legge, il Parlamento ha confermato che la pigione è dovuta (salvo accordi fra le parti) ma ha stanziato crediti miliardari per aiutare gli inquilini a fare fronte ai loro oneri e a coprire i loro costi fissi. In entrambe le soluzioni, il Parlamento si è premurato di trovare delle soluzioni eque per entrambe le parti e ha trovato la soluzione già indicata: pagamento completo delle pigioni con aiuti ai conduttori.

  • La giurisprudenza comparata

Abbondanzialmente segnaliamo che i tribunali tedeschi, che pure applicano un articolo analogo ai nostri sui difetti (art. 259 segg. CO) hanno stabilito che la chiusura dovuta al lockdown non costituisce un difetto. Neppure sono dati i presupposti per un adeguamento del contratto secondo il concetto della clausula rebus sic stantibus (cfr. infra 2.)... Si veda gli estratti che seguono:

Mehrere Gerichte: Kein Mietmangel, keine Störung der Geschäftsgrundlage

In der staatlich verordneten Schließung eines Einzelhandelsgeschäfts wegen der Covid-19-Pandemie liegt kein Mangel der Mietsache im Sinne von § 536 Abs. 1 S. 1 BGB, entschied das Landgericht (LG) Frankfurt am Main  (Urteil v. 5.10.2020, Az. 2-15 O 23/20). Eine Mietminderung sei nicht gerechtfertigt.

Das Gericht verneinte auch eine Störung der Geschäftsgrundlage gemäß § 313 BGB mit der Begründung, dass die Schließung für den Mieter, in diesem Fall einen großen Filialisten, nicht existenzbedrohend war. Ein vorübergehender finanzieller Engpass reichte dem Gericht nicht aus. Das Festhalten am unveränderten (nicht angepassten) Vertrag sei auch nicht unzumutbar. Die Mieterin hat keinen Anspruch auf eine Anpassung des Vertrags beziehungsweise der Miete. Das Urteil ist noch nicht rechtskräftig.

Ähnlich entschieden die Landgerichte in Heidelberg (Urteil v. 30.7.2020, Az.: 5 O 66/20) und Zweibrücken  (Urteil v. 11.9.2020, Az.: HK O 17/20): Eine Mietminderung "wegen Corona" kommt demnach nicht in Betracht. Beide Gerichte erkannten die Beschränkungen und ausbleibenden Umsätze wegen behördlicher Schließungsanordnungen nicht als Mietmangel im Sinne des § 536 BGB an. Sie schlossen sich der Argumentation des Bundesgerichtshofs an (BGH, Urteil v. 16.2.2000; Az. XII ZR 297/97): Solange die gemietete oder gepachtete Fläche grundsätzlich weiter uneingeschränkt genutzt werden kann, liegt kein Mietmangel. Das sei bei den Covid-19-Maßnahmen der Fall.

Auch das LG Stuttgart (Urteil v. 19.11.2020, 11 O 215/20) verneinte einen Mangel und sah auch keinen Raum für eine Vertragsanpassung unter dem Gesichtspunkt der Störung der Geschäftsgrundlage, wenn die die erzwungene Schließung nicht zu existentiell bedeutsamen Folgen beim Mieter geführt hat. Ebenso urteilte das LG Wiesbaden (Urteil v. 5.10.2020, 9 O 852/20).

  1. Clausola rebus sic stantibus 

La clausula rebus sic stantibus è un’eccezione al principio della fedeltà contrattuale e quindi va applicata solo in modo molto restrittivo (STF 4A_494/20018 del 25.6.2019 consid. 2.5.3).

Presupposti fondamentali della clausola sono segnatamente l’esistenza di un grave disequilibrio tra le prestazioni contrattuali, ciò che presuppone anche un atteggiamento usuraio da parte di una parte nei confronti dell’altra.

Si veda in merito: STF 18.09.1981 in JdT 1982 I p. 272 ss, 277:

2. Dans les contrats de longue durée, les parties doivent compter avec une éventuelle modification ultérieure des conditions existant lors de leur conclusion. Si elles renoncent expressément ou implicitement à exclure l'influence d'une telle modification sur leurs prestations réciproques, il est dans la nature du contrat d'être exécuté tel qu'il a été conclu. En ce cas, chaque partie doit en principe supporter les risques qu'entraîne pour elle le changement de circonstances. Elle n'a aucun droit à ce que le contrat soit invalidé ou modifié si ses espérances ou spéculations ne se réalisent pas (RO 63-II-82 , JdT 1937 I 392; RO 59-II-304, JdT 1934 I 21 et les réf; Merz, n. 188 ad art. 2 CC). Le juge ne peut intervenir à la demande du débiteur, en vertu de l'art. 2 CC, que si le changement exceptionnel des circonstances rompt à tel point l'équilibre entre prestation et contre-prestation qu'en ne démordant pas de ses prétentions contractuelles, le créancier exploite usurairement le déséquilibre créé et abuse manifestement de son droit, ce que ne protège pas l'art. 2 al. 2 CC (RO 93-II-188, JdT 1968 II 192, rés; RO 68-II-173, JdT 1943 I 103; RO 67-I-300, JdT 194-II-554, rés; RO 62-II-45, JdT 1936 I 250; RO 59-II-378 s., JdT 1936 I 165, rés). Vu le caractère temporaire de l'interdiction de construire, ces conditions ne sont pas remplies en l'espèce”.

Nello stesso senso STF 100 III 343  consid 2b; 107 II 343 consid 2; 101 II 17 consid. 2.

Per quanto concerne il grave disequilibrio, nel caso specifico di un presunto diritto alla riduzione della pigione in ragione delle restrizioni di apertura dei commerci causate dal lockdown, questo non è dato per motivi diversi:

  • Intanto, esso va considerato sull’arco di un periodo prolungato e sei mesi non sono - a detta del TF – sufficienti a giustificarlo (STF Ière section civile du 25 février 1936 Migros SA contre Bel-Air Métropole B SA consid. 2).

I soli due mesi di chiusura della fattispecie non sono quindi evidentemente sufficienti;

  • Aggiungasi che in considerazione dell’eccezionalità, non può essere valutato unicamente il periodo di lockdown ma è necessario prendere in considerazione i mesi immediatamente successivi che hanno invece evidenziato un andamento eccezionalmente positivo del turismo nel Canton Ticino (cfr. https://www.tio.ch/ticino/attualita/1465529/pernottamenti-luglio-luganese-pieno-agosto), tenendo per esempio anche conto del fatto che le strutture alberghiere hanno potuto alloggiare personale estero, che – peraltro – non riusciva più a trovare stanze in alberghi perché questi erano tutti già occupati (cfr. https://www.laregione.ch/cantone/mendrisiotto/1425356/frontalieri-hotel-alberghi-mendrisiotto-lavoro; https://www.tio.ch/ticino/attualita/1424924/frontalieri-hotel-prezzi-dipendenti-camere), tanto che succedeva spesso che si dovessero cercare appartamenti o possibilità d’alloggio presso i privati.

Nella denegata ipotesi in cui fosse dato un caso di clausola rebus sic stantibus, sarebbe il giudice a dover determinare la soluzione che le parti avrebbero adottato in buona fede se avessero previsto la modifica delle circostanze alla stipulazione del contratto, tenendo conto che anche il debitore deve assumersi una parte dei rischi del cambiamento delle circostanze (Tercier/Pichonnaz, Le droit des obbligations, 2012 n. 979b). Nel far questo, il giudice deve inoltre scegliere la soluzione meno invasiva.

Ricordiamo che come indicato sopra al punto 1.2) anche i tribunali tedeschi hanno ripetutamente stabilito che le difficoltà economiche subite dai commerci in un tempo limitato non causano una minaccia sufficientemente grave della loro esistenza da giustificare un adeguamento dei contratti.

  1. Conclusioni

La presenza di un difetto secondo gli artt. 259 segg. CO è esclusa perché il Parlamento l'ha respinta, rifiutando di adottare una regolamentazione che imponesse la riduzione della pigione.

Per ovviare alle difficoltà delle parti al contratto di locazione, aveva la scelta fra due sistemi:

  • ridurre la pigione (al 60%) con aiuti ai proprietari in difficoltà, causa mancato incasso integrale della pigione
  • fare pagare integralmente la pigione ma aiutare con prestiti e fideiussioni le aziende a  fare fronte alle loro spese, oneri fissi come le pigioni comprese.

Il Parlamento ha optato per la seconda opzione considerando che non si è in presenza di un difetto imputabile ai proprietari e, inoltre, ha messo su un piano di parità le imprese e i commerci, indipendentemente che siano occupate da proprietari o inquilini, ritenuto che il 60% delle imprese è proprietaria - e non inquilina - dei locali che occupa per la sua attività (cfr. comunicato stampa: Coronavirus: il Consiglio federale presenta il rapporto di monitoraggio sulla situazione delle pigioni commerciali, Berna, 07.10.2020; https://www.admin.ch/gov/it/pagina-iniziale/documentazione/comunicati-stampa.msg-id-80620.html).

I lavori parlamentari mettono in evidenza il fatto che si tratti di un silenzio qualificato, ciò che esclude che il Giudice possa trovare un'altra soluzione, precisamente quella abbandonata dal legislatore.

Questa soluzione si inserisce anche nel contesto europeo, dove la pigione non è mai stata ridotta. Tutt'al più è stato impedito di dare la disdetta in caso di mora nel pagamento delle pigioni, ciò che non fa comunque decadere il debito del conduttore.

Per quanto concerne la clausula rebus sic stantibus, la stessa è ammessa solo a titolo del tutto eccezionale, a condizioni molto restrittive, se si è in presenza di un grave disequilibrio e se il creditore abusa manifestamente del suo diritto e assume quindi un comportamento costitutivo di usura.

Nella fattispecie non è dato un grave disequilibrio per i motivi che seguono:

- il lockdown è durato solo due mesi;

- esistono gli aiuti statali, sicché il conduttore non è caduto in indigenza;

- a titolo subordinato, i conduttori avrebbero potuto lavorare in maniera alternativa durante i due mesi (stanze occupate da personale frontaliere, attività di take away, ecc.); si aggiunga che nei mesi successivi l'attività è stata eccezionalmente positiva, compensando i mesi precedenti.

Avv. Renata Galfetti, Avv. Amanda Stojkova, Dr. Jur. Benedetta Galetti

[1] Comunicato stampa del 3.4.2020 – Il Consiglio federale aumenta a 40 miliardi il volume delle fideiussioni per il sostengo in termini di liquidità.
[2] BU 29.10.2020
[3] Comunicato stampa del 3.4.2020 – Il Consiglio federale aumenta a 40 miliardi il volume delle fideiussioni per il sostengo in termini di liquidità.