Da Economia Fondiaria no. 3/2025
L’opuscolo edito qualche anno fa dall’ufficio federale dell’energia formula delle raccomandazioni per un rinnovo efficace degli edifici e sebbene si concentri sul contenimento del dispendio energetico offre lo spunto per interessanti, almeno lo speriamo, considerazioni.
Incominciamo con il caso della sostituzione dell’esistente con una nuova costruzione. Stiamo parlando ovviamente della demolizione e della costruzione ex-novo che così viene motivata: “tenuto conto della sostanza costruita (sostanza costruita carente) della situazione di mercato (potenziale di mercato buono) è insensato investire nel vecchio stabile”. Del resto esiste il potenziale per un miglior sfruttamento del fondo che permetta di rispondere ai bisogni attuali.
Va da sé che il “carente” andrebbe sostituito con il sostantivo “esausto”. Sono immobili che non sono più in grado di reggere interventi incisivi di nessuna natura tanto meno quelli per il contenimento energetico. Strutturalmente, funzionalmente e tecnicamente superati. Ovviamente nessuno si sofferma sull’utenza e sul diritto di locazione. È un dettaglio che per le autorità non è degno di sottolineatura e quindi inutile farlo emergere. Non di questa idea sono però talune associazioni e frange politiche che chiedono a gran voce, a tutela anche del formidabile giardinetto di consenso, la limitazione della facoltà di demolire anche per sostanze di quarta età. Per loro bisognerebbe chiedere il permesso e sottostare ad un percorso al dir poco tortuoso. Dove queste limitazioni già esistono il tasso di rinnovo è letteralmente crollato malgrado una domanda in ebollizione. In poche parole si sonnecchia accontentandosi di una occupazione magari zoppicante con però il conforto che la sostanza costruita poggia su un terreno che ha conosciuto negli anni una notevole plusvalenza. In sintesi: il suo valore risiede solo nel terreno!
In presenza di un mercato debole ed una sostanza carente, quindi con le gomme a terra, l’unica alternativa è invece puntare al mantenimento del valore. Dal citato opuscolo: “nella prospettiva di un rendimento ottimale gli investimenti devono essere ponderati attentamente. È importante assicurare l’uso continuato dell’immobile senza compromettere né l’abitabilità, né il reddito locativo”.
Gli investimenti devono perciò essere destinati prioritariamente alle misure che permettono ancora l’utilizzo dell’edificio. Sembrerebbero quindi interventi di trascinamento, di cosmesi o dir si voglia.
Anche in questo caso lo spazio d’intervento è limitato dalla palese vetustà e dal mercato debole.
Senza prospettive si mantiene per lo meno abitabile l’immobile.
Nel caso di sostanza ancora buona ma inserita in un mercato con poche prospettive si può puntare ad un rinnovo parziale. A tal proposito il prezioso opuscoletto così recita: “il reddito e il valore dell’immobile possono essere conservati o ragionevolmente aumentati tramite investimenti mirati”
In pratica contenere il dispendio energetico adeguando nel contempo lo standard degli arredi interni (bagno/cucina). L’intento è di far galleggiare senza problemi l’immobile in un mercato piatto.
A dir la verità non ci sembra che via sia una sostanziale differenza fra il mantenimento del valore ed il rinnovo parziale. Certo che con una sostanza ancora buona (il termine è quello usato dalle autorità) la decisione è più facile da prendere.
Siamo sempre però in presenza di immobili superati anagraficamente oltretutto in un mercato non particolarmente brillante.
Resta l’ultima opzione: quella del rinnovo sostanziale. Il nostro opuscoletto così puntualizza: “la sostanza dell’edificio e il potenziale del mercato autorizzano ad effettuare degli investimenti importanti che prevedono di generare un plusvalore significativo dell’edificio”
Ma cosa significa? Sempre attingendo all’opuscoletto “oltre ad un evidente economia energetica, si tratta anche di ottenere un miglioramento tangibile del comfort. A livello di standard, l’edificio rinnovato deve essere paragonabile ad una nuova costruzione”.
È evidente che un simile intervento invasivo è possibile, sia dal profilo tecnico che finanziario, solo ad immobile non occupato. Cioè sfitto.
Anche per questo caso in qualche cantone si deve sottostare ad una sorta di permesso politico. In presenza di un intervento incisivo viene infatti richiesta anche la ponderazione degli affitti aggiuntivi che supportano l’investimento ed ad andar bene viene riconosciuta solo la metà degli investimenti. L’altra metà è da considerarsi manutenzione carente e mancata.
Se così fosse il privato e l’istituzionale sarebbero in buona compagnia con l’ente pubblico che non ha certamente brillato nella gestione dell’edificato affidato, anzi!
A proposito è bene ricordare che anche le cooperative di prima e seconda generazione, quelle della prima metà del secolo scorso sono impegolate nella gestione della loro sostanza.
Buona parte si trovano oggi in tessuti urbani pregiati e contesi dalla domanda e qualcuna è stata considerata pure come “beni da salvaguardare”. Per quest’ultime una sicura condanna alla mummificazione. Stiamo ovviamente parlando delle grandi città d’oltre Gottardo.
Non vi è spazio di rotazione quindi non resta che demolire non da ultimo perché questi terreni, oltretutto in zone cittadine, permetterebbero oggi una maggiore edificabilità.
Diciamo che è una categoria a sé!
Tutto quanto per dire che nel caso di mercato debole o addirittura in contrazione non resta che tenere in piedi l’edificio con interventi un po’ più incisivi qualora la sostanza edificata si presentasse ancora bene. Senza particolari acciacchi di vecchiaia, tanto per intenderci tenendo però sempre presente che l’età non si ferma a comando!
In presenza di mercato particolarmente brillante l’opzione demolire resta ancora quella più logica, specialmente in presenza di un immobile non più in sintonia con il mercato, per intenderci al di là dell’età pensionabile.
Per riassumere utilizzando le definizioni contenute nell’opuscolo:
potenziale di mercato: buono
sostanza costruttiva: carente
demolizione e sostituzione
potenziale di mercato: carente
sostanza costruttiva: carente
mantenimento del valore
potenziale di mercato: carente
sostanza costruttiva: buona
rinnovo parziale
potenziale di mercato: buono
sostanza costruttiva: buona
rinnovo sostanziale
Ed in questa matrice non è facile a muoversi. Non si tratta solo di disponibilità e di disagi ma senza lo stantuffo del mercato vince lo status quo!
Lo sanno benissimo gli istituzionali che quando possono dismettono e lo dovrebbero saper anche chi cavalca l’argomento e che pretende di mettere il collare a chi investe.
“Se intervieni prima chiedi e poi vedremo di concordare il lascia passare (determino il reddito e convalido le modalità dell’intervento)”
Così a Basilea ed a Ginevra ed ora in gestazione pure a Zurigo!
Di certo, mercato o no, si risanerà meno di quanto prospettato ed auspicato.
Per taluni meglio così! Il vero serbatoio dell’affitto moderato resterà intatto senza particolari traumi.
Per altri il timore di una lenta erosione della sostanza e di una alternativa, la nuova costosa costruzione, più impegnativa dal profilo dei canoni praticabili.
Costruire oggi, per le esigenze dell’utenza, delle autorità e per i rincari dei materiali e della forza lavoro, costa parecchio. Al tutto si affianca il costo del terreno che logicamente lievita in presenza della domanda e della diminuzione dei terreni valorizzabili o più semplicemente liberi.
In poche parole adatti alla costruzione di edifici plurifamiliari in zone predilette dalla domanda e senza imbrigliati da vincoli specifici.
Ed di questi terreni ne abbiamo sempre di meno.
Color che si dichiarano disposti a pilotare rinnovi, ovviamente sempre con l’aiuto pubblico, conoscono queste regole del gioco ma troppo spesso le dimenticano.
Meglio sbandierare qualche bandierina senza sbilanciarsi più del tanto.
Oppure si compera come si fa a Zurigo dove l’ente pubblico, in tutte le sue forme, è il più importante proprietario di immobili residenziali giunti a fine carriera, se ci è permesso il termine.
Ma siamo a Zurigo ed un domani basterà aumentare un pelino l’edificabilità e nel contempo movimentare gli affitti per far navigare bene questa sostanza il cui utilizzo, ed è bene ricordarlo, sottostà a precise regole di attribuzione come occupazione e forza contrattuale e dove la sublocazione è condizionata se non vietata.
Ma siamo sempre a Zurigo dove la domanda è tracimante.
Come a Zugo dove le autorità vogliono addirittura definire delle zone “bianche” nella speranza che la voglia d’investire, oggi imbrigliata da norme e speculazioni politiche, riparta.
Delle zone franche e protette dove il principale interlocutore, cioè l’ente pubblico, si dichiara pronto alla maggiore collaborazione possibile.
Ma siamo sempre in presenza di una domanda corposa.
Per quanto ci concerne incominciamo con il dire che l’esistente un po’ in là con gli anni è il più solido contenitore della pigione moderata ed accessibile.
Un solido e buon mercato d’occasione collaudato da parte del mercato.