Da Economia Fondiaria no. 2/2018

Con un clima di “salvate il soldato Ryan” il popolo sovrano ha sentenziato con solidissima maggioranza che la SSR va finanziata dagli utenti e dalle aziende. È stata un confronto che non ha però attivato più del tanto la discussione sul mandato costituzionale, sulla qualità e l’oggettività del servizio.
Sono emerse a dire il vero qualche criticità come l’eccessiva tutela dell’implume società civile, la difesa ad oltranza di trasmissioni usurate dal tempo, la struttura pesante, il vizio ad elargire pagelle e promuovere sondaggi e quant’altro.
Ad ogni buon conto, pur scontando l’unilateralità dell’iniziativa, la stessa a qualche cosa è pur sempre servita. La SSR non appartiene più alla casta degli intoccabili e soprattutto dovrà arrangiarsi a gestire il cambiamento, tecnico e contenutistico, con addosso i riflettori puntati.
La SSR resterà nell’agenda politica come tema fisso.
Per farla breve, una pausa di riflessione si imporrà senza l’eccessiva autoreferenzialità e l’invocazione all’amor patrio!
Missione compiuta quindi ma ora incomincia la parte più impegnativa non solo a livello cantonale ma soprattutto come detto sopra, a livello nazionale.
Riorganizzare la truppa ed onorare, dopo averlo rispolverato, il mandato costituzionale originale.
Da carrozzone ad agile calesse!
Vale fra l’altro anche per le aziende pubbliche, le ex-regie, impropriamente inserite nel concetto di servizio pubblico, che stentano a tenere il passo e a generare quanto necessario per assicurare i mezzi per la manutenzione e per l’aggiornamento dell’offerta.
E per qualcuna, per sanare le casse pensioni senza pesare sul groppone del contribuente.

Continua la marea di dati divulgati sull’evoluzione futura del mercato immobiliare che riporta andamenti a corto e medio termine. Ogni portale pubblica i suoi e per destare l’attenzione vengono evidenziati con titoli ad effetto. Il termine più utilizzato è la “bolla” che per fortuna non ci sarà.
Una buona notizia ma che delude un pelino i commentatori sempre pronti a “gufare”.
Per noi il discorso è semplice.
La domanda si è contratta e si è prodotto troppo.
Quindi uno squilibrio che richiederà qualche anno per essere sanato; poi si riprenderà in sintonia con il respiro del paese, il sottostante che garantisce la compattezza dei valori.
Più vale il paese più lo si può ipotecare e mettere a garanzia. Più si affloscia e più la copertura diminuisce e di conseguenza si alza l’asticella dei tassi oppure si richiamano i crediti.
Senza dimenticare l’occupazione e l’utilizzazione degli spazi.

Se vogliamo proprio dirla tutta, a preoccupare è la generale sopravalutazione dei valori dovuta ad una pluriannuale disponibilità di capitale a costo ridotto.
Azioni, obbligazioni, opere d’arte, fondi quotati, vettura d’epoca, il debito pubblico e privato accumulato (in questo caso sottovalutato), un turbine di plusvalenze confrontato con una stanchezza nell’investire e nel consumare.
Vi è biada a sufficienza (liquidità) ma il cavallo non beve e nella scuderia tutti sperano nell’inflazione che per il momento sonnecchia.

Il Consiglio Federale ha messo a punto la riforma fiscale 17 dopo aver raccolto preventivamente il consenso dei Cantoni e dei Comuni allora feroci oppositori. Il prezzo da pagare? L’aumento della quota di loro pertinenza.
Qualche “filetto” gettato quindi sul balcone.
Lo scopo principale, ed è bene sempre ricordalo, è l’allineamento della tassazione per tutte le società giuridiche in modo da tranquillizzare chi ci osserva dall’esterno come pure le società di cartello - quelle che contano, alle prese con decisioni strategiche - che stiamo rifacendo i compiti dopo la recente bocciatura.
Resto nel paese di Heidi, investo oppure torno da Donald?
Tanto per fare in esempio…
Inutile dire che ce la giochiamo alla grande non da ultimo perché siamo ancora sulla lista grigia dell’EU e guardati con un certo sospetto dalla confraternita G 20 o decimali!
Dal profilo del lavoro e delle conoscenze/relazioni è indubbio che tenere sul nostro territorio ditte abituate a muoversi sulla piattaforma internazionale è d’interesse strategico sia per la pagnotta che per l’erario.
Giocare quindi con il cerino della santa Barbara è da latente criminalità economica.
A proposito di globalizzazione e di neoliberalismo appare chiaro che dopo la dilatazione e l’apertura del mercato ora si risponde non solo a suon di dazi (la guerra commerciale è appena incominciata) ma anche con il piffero della pressione fiscale.
Lo spartito è semplice: investite da noi che vi tassiamo meno degli altri!
Questo mantra sta preoccupando l’UE ormai in aperto conflitto interno e non per nulla che Bruxelles ha appena richiamato sette paesi UE (Belgio, Cipro, Ungheria, Irlanda, Lussenburgo, Malta e Olanda) a non adottare schemi fiscali per attirare le multinazionali.
Per quanto ci riguarda stavolta sarà meglio adottare un profilo soft abbandonando cagnare varie che nulla hanno a vedere con la politica reale.
Vale anche per il previdenziale diventato, vedasi il sondaggio CS, l’apprensione più importante dello svizzero!
Ogni giorno che passa emerge una semplice ricetta: lavorare più a lungo e meglio e caricare l’IVA.
E pensare che l’Europa si sta incamminando alla pensione a settanta anni!

Per quanto ci riguarda a fine aprile andremo a votare sulla nostra riforma fiscale e sociale. Un mix bilanciato che ha raccolto un’ampia adesione governativa e parlamentare.
Lo scopo della riforma è sempre lo stesso.
Mantenere il capitale e la voglia d’investire in Ticino.
I contras? Il trenino rosso-verde con i suoi passeggeri standard, sindacati compresi.
Il rischio? Che qualcuno se ne vada oppure che lentamente smantelli affidando sempre più la produzione al fattore meccanico, il “robotino” al guinzaglio, e sempre meno al fattore umano.
E come l’esperienza insegna, quando il paese si contrae, i primi ad andare in apprensione sono proprio quelli che si richiamano alla solidarietà, spontanea od indotta.
Personale o collettiva, vedi Cantoni ricchi e Confederazione.
Qualcuno afferma che valga la pena arrischiare.
Noi lo sconsigliamo decisamente anche se questa riforma non ci metterà purtroppo in prima linea ma almeno ci farà sgomitare nel mezzo del gruppo. Un segnale maldestro potrebbe rivelarsi devastante specie per una realtà sempre pronta ad autocertificarsi ma che dipende in modo importante da aziende che non le appartengono.
E non tranquillizza il miglioramento dei risultati dell’ente pubblico.
Ci siamo beccati ca. 80 milioni secchi provenienti d’oltre Gottardo senza i quali saremmo in braghe di tela.

A proposito di certificazioni. Ogni tanto ne pubblicano qualcuna elaborate da istituti blasonati.
Le ultime che ci riguardano: siamo mal messi con la tassazione delle società giuridiche ed anche per le persone fisiche, non siamo i primi della classe nel sistema universitario, ecc.
Sono dei pareri non contestati a livello nazionale mentre alle nostre latitudini, a parte un domenicale, nessuno ne ha riportato i contenuti.
Siamo extra-intelligenti, furbi tontoloni o semplicemente ignoranti?
Gli altri ci radiografano e noi restiamo a torso nudo.
Potremmo almeno attivare una sana curiosità cercando di capire se quanto viene divulgato è falso o vero.
A quando qualche atto parlamentare?
Sul tema, vedi votazione, ospitiamo un contributo del nostro minestro delle finanze ed economia onorevole Vitta.

Qualche settimana fa abbiamo avuto l’occasione di partecipare ad un incontro ristretto con la grande dama della pianificazione nazionale la Dottoressa Lezzi, Direttrice dell’Ufficio federale dello sviluppo territoriale.
L’avevamo conosciuta diversi anni fa e già allora avevamo capito che la Signora era una leader e quest’anno ne abbiamo avuto la riprova.
In poche parole ha vinto al punto che la seconda parte della revisione della legge sulla pianificazione verrà discussa già quest’anno senza ulteriori tentennamenti.
Giusto ricordare che i Cantoni e le associazioni di riferimento, contadini compresi, avevano chiesto solo pochi mesi fa una pausa di riflessione richiamando i tempi lunghi necessari per l’implementazione della prima parte della legge attualmente in vigore.
Quella, per intenderci, che richiederà l’aggiornamento dei piani regolatori e la consegna dei grandi indirizzi al Cantone sempre sotto l’occhio vigile di Berna.

Nell’ultima Economia Fondiaria avevamo pubblicato il riassunto di una parte delle osservazioni emerse in occasione della procedura di consultazione sull’implementazione nel nostro Cantone della prima parte della legge federale ribadendo l’invito a promuovere una seconda consultazione in considerazione della posta in gioco e della volontà non tanto sommersa di non ampliare le zone edificabili, fatto che neutralizza il ritardo nella consegna prevista fra un anno!
Meglio quindi pigliar fiato prima di farci male.
Ora questo invito trova un ulteriore fondamento.
Fino all’altro giorno solo 9 Cantoni avevano superato l’esame, gli altri erano ancora nella fase di riscaldamento.
Il nostro addirittura è ancora nello spogliatoio, un motivo in più per allungare la fase di pre-riscaldamento.
A nostre precise domande la Direttrice dell’ARE ha confermato che bisognerà ridurre le zone edificabili comunali in esubero e che un certo controllo verrà esercitato da parte di Berna anche sui piani regolatori comunali.
Insomma poco spazio per i furbetti.
Inoltre ha precisato che al centripeto non corrisponderà una maggiore edificabilità e che la presenza dell’ISOS, zone di quartiere da tutelare, sarà un ulteriore elemento di blocco.
Quindi per qualche anno si congelerà un po’ tutto e poi si vedrà!
Ma la conferma più interessante è che ogni Cantone ed ogni Comune dovrà presentare una sorta di rapporto sugli indirizzi, in pratica cosa vorrà fare da grande.
Non è per metterla giù dura ma ci avevamo “azzeccato”.
Ora si balla tutti assieme.
Verdi e verdicchi, artigiani e contadini, Comuni e agglomerati, pianificatori o pseudo tali, partiti e movimenti, storditi e vivaci, proprietari e politici, rompiscatole e tutori illuminati…...
Un’ammucchiata che toglierà ulteriore fiato alla squadra del Dipartimento già in debito d’ossigeno per l’immane compito che l’attende.
A questo punto non ci resta che sperare che si eviti una gigantesca ammucchiata.

La moria di negozi continua. È un fenomeno generale, dalla mitica Via Nassa al Borghetto di Giubiasco.
A questo punto additare solo i canoni di locazione non serve più!
Le cause: una dotazione eccessiva, la concorrenza dei supermercati e della vendita online, il ricarico eccessivo che emerge dalla svendita perenne, la lacunosa lettura della nuova domanda, il consumo più riflessivo, le logistiche infelici, i percorsi modificati, la stanchezza dei commercianti, la mancanza dei posteggi, il trasporto pubblico lacunoso e gestito senza la necessaria flessibilità, e via dicendo.
A dir la verità certi fenomeni erano già conosciuti quando i negozi legati all’artigianato furono sorpresi dalla nuova forza contrattuale che permise al cliente di passare al nuovo snobbando così l’usato complice la presenza del supermercato e dei centri commerciali in grado di soddisfare quasi tutta la domanda delle famiglie.
Una lotta fra piccoli e giganti ma con una dignitosa tenuta di tutti anche se il consumismo stava già perdendo colpi.
Ora invece tutti si confrontano con riduzioni di margine e con la diffusa saturazione; un collasso vero e proprio.
Ed i più piccoli con una cifra d’affari ridotta gettano la spugna costringendo gli altri a seguirli.
Del resto il vuoto chiama il vuoto.
Cosa si può fare?
Intanto sfoltire la dotazione e vivificare il centro città aumentando posteggi all’interno o nell’immediata corona.
Verificare nel contempo le realtà locali alla ricerca delle motivazioni dell’ecatombe ed incaricare gli uffici tecnici comunali di trovare qualche soluzione ridisegnando spazi e collegamenti per agevolare la domanda ed indirizzare l’offerta.
Coinvolgere, perché no, gli operatori ed i proprietari di riferimento in una azione armonizzata.
Vi è necessità d’agire anche perché i centri dovranno per forza venir in parte riconsegnati al residenziale per non esporli eccessivamente al rischio del degrado.
Non da ultimo una correzione dei valori nel tempo, alla quale difficilmente sfuggiremo, complicherebbe ulteriormente la volontà di riconvertire, sempre che le norme poi lo permettessero!
Insomma abbiamo poco tempo a disposizione per entrare per lo meno in materia.

Continua la telenovela sui furbetti del quartierino, per intenderci quelli che occupavano (od occupano attualmente) appartamenti di utilità pubblica appartenenti alla comunità (di proprietà comunale o di qualche ente). Come più volte sottolineato si tratta di un fenomeno non marginale specialmente per quelle città che si sono date la briga, ovviamente sempre con i soldi dei contribuenti, di promuovere appartamenti con affitti calmierati!
Ad ogni controllo emergono storture che non solo stanno alimentando la richiesta di nuove regole d’attribuzione e di controllo ma anche la discussione sull’aiuto sociale in generale.
Un fenomeno del genere non poteva che innervosire, oltre le forze politiche, anche le istanze competenti come l’ufficio federale dell’alloggio e l’unione delle cooperative, che prontamente si sono occupate della problematica.
Il responso: effettivamente vi sarebbe necessità d’intervento ma elaborare regole d’attribuzione ferree, specialmente per quanto riguarda reddito e sostanza del singolo, non sembra essere opportuno.
C’è sì il fenomeno ma non drammatizziamo e soprattutto non confondiamo i vari tipi di cooperative, di enti e di proprietà pubbliche.
Bella questa!
Per noi la questione è molto semplice. Dove la collettività ha finanziato nessuna eccezione.
Il prodotto, che dev’essere sobrio, va indirizzato ad utenti che appartengono al ceto medio inferiore se non ai ceti meno abbienti.
Alle nostre latitudini il problema non si pone, almeno per il momento!
Magari in futuro quando qualche ente di utilità pubblica si attiverà in grande stile nella promozione di alloggi convenzionati.

I conti della Confederazione chiudono alla grande.
Qualcuno già chiama la riduzione delle imposte ed altri si scagliano sul freno dell’indebitamento reo di strozzare le spese.
Insomma il solito ritornello: meno Stato o più Stato?!
Una cosa è certa! L’economia si è rimessa in moto, qualche valutazione sbagliata c’è stata e le spese sono aumentate in modo moderato; quindi la situazione sembrerebbe sotto controllo!
Una buona notizia specialmente per noi, i sudisti nel triangolo lombardo.
Il rischio che ci cambiano le guarnizioni è per il momento scongiurato.
Hop Swiss.

Nell’ultimo numero di EF del 2017 avevamo auspicato che il tram-treno potesse prima o poi concretizzarsi. Era un auspicio che però non si poggiava su un esame particolare; del resto non era compito nostro.
Non nascondiamo che ci ha sorpreso non solo la recente decisa levata di scudi dei proprietari degli stabilimenti preoccupati per l’accesso alle rispettive aziende, che non sono capannoni adibiti a tombole o lezioni di ballo, ma anche quella dell’USTRA, le strade nazionali alle quali dobbiamo lisciare il pelo, e delle Ferrovie.
Quest’ultime, che hanno in mano la pianificazione dei nuclei con le loro stazioni ed aree dismesse, potrebbero anche incalzarsi e mandarci tutti a quel paese. Officina Federale compresa.
Ora però è giusto chiedersi cosa non abbia funzionato con la prontezza anche a prepensionare qualche funzionario!
Paghiamo il “decisionalismo” di facciata, teniamo in mano in modo maldestro il pennarello oppure semplicemente gli altri, i 127 opponenti, non hanno capito una mazza?
Certo fa un po’ sorridere l’affermazione che dopo un lungo iter procedurale condiviso con tutti gli attori del territorio ci si trova ora confrontati con una pletora di opposizioni (vi sono ancora dei termini da rispettare in uno stato di diritto; prima pubblica che mi attivo nei tempi stabiliti per legge).
E tanto per cambiare il basso Malcantone rimarrà ancora al palo!

Il nostro caro Cantone ha probabilmente il record mondiale, se consideriamo la modesta realtà economica e territoriale, di albi, di piani settoriali e di normative specifiche.
Roba da “saurocrazia”.
Ora con il siluramento giuridico della LIA si prospetta l’eventuale effetto domino su una parte degli albi in vigore. Quindi un potenziale alleggerimento.
D’altra parte la COMCO aveva evidenziato da tempo per scritto diverse altre criticità.
Affaire à suivre.

Il Presidente Cantonale
Lic. rer. pol. Gianluigi Piazzini