Da Economia Fondiaria no. 1/2018

I programmi d’investimento, quello delle ferrovie e delle strade, sono stati presentati e confermano quanto da tempo sostenevamo. Siamo fuori dal giro che conta, almeno per un decennio! Poi si vedrà!
Intendiamoci abbiamo portato a casa un bel pacco di milioni e per il momento l’altra Svizzera ha onorato la solidarietà e la sussidiarietà. E quindi non possiamo lamentarci più del tanto.
Fa piacere che la progettazione della seconda galleria del San Gottardo abbia ricevuto il credito d’impegno e soprattutto che la responsabile del progetto sia una giovane ticinese. Dovrà dirigere la squadra e condurla. Complimenti ed una ciliegina per l’impegno allora profuso quando i tormentosi si scagliarono contro il trasporto su gomma ben sapendo che all’inaugurazione avrebbero assistito ad un concerto di corni delle alpi con il sottofondo del sibilo dei motori elettrici.
Un segnale anche per gli amici leventinesi che grazie alla seconda galleria, alla creazione dell’area di sosta per gli autoveicoli pesanti e magari anche con le nuove officine federali potrebbero far bingo. Ci vorrà un po’ di pazienza!
E dato che la pianificazione li considera, come tutti i vallerani, non degni di particolare riassetto urbano, il campo di manovra potrebbe allargarsi senza aver fra i piedi funzionari votati a cause e missioni a loro dire ben più importanti.
A proposito di pianificazione del territorio la procedura di consultazione come ricorderete è da tempo conclusa. Circostanza che non ha suscitato commenti ufficiali probabilmente perché i referenti più importanti non si sono mostrati teneri nei confronti della proposta governativa.
Fosse stato il caso contrario, come d’abitudine, soppesando in modo generoso gli applausi e meno i mugugni, si sarebbe dato fiato alle trombe.
“Sostegno in buona parte condiviso, qualche suggestione da valutare ed eventualmente da tenerne conto nell’elaborazione del messaggio al Legislativo nel caso che quest’ultimo avesse ancora qualche cosa da dire”. Un classico non scritto.
Al limite la conferenza telefonica di chiusura tanto per onorare la trasparenza ed il coinvolgimento.
La CATEF ha scelto, nell’ambito della consultazione, di presentare le proprie considerazioni facendo leva sulle conoscenze acquisite e sull’abitudine pluriennale di seguire se possibile a fari spenti la faccenda.
Siccome ci eravamo chiesti se non avessimo esagerato specialmente nel chiedere una seconda consultazione che comprendesse almeno lo zoccolo duro delle riserve pervenute (meglio detto resistenze) abbiamo sottoposto a verifica le prese di posizione degli attori più importanti che ci sono pervenute oppure che abbiamo scaricato dai rispettivi portali.
Per farla breve volevamo verificare se il nostro “argomentario”, partorito in casa, reggesse e se la nostra proposta di indire una seconda procedura di consultazione fosse da considerarsi temeraria.
E a dir la verità volevamo allestire un comunicato stampa ben sapendo di dovere privilegiare la sintesi che sarebbe poi stata sottoposta in seconda battuta a sfoltimento da parte dei formatori; ed allora abbiamo scelto una via di mezzo privilegiando nel contempo voi, care socie e soci.
Altri lettori, al di fuori di voi?
Speriamo almeno i Comuni, le istanze più coinvolte.
Poi se del caso, con la preghiera di non dirlo a nessuno, lasceremo alcune copie su qualche muretto.

A proposito di muretto, richiamando quello a secco, prodotto dell’ingegneria rurale e dell’ingegno dei tagliatori, diversi sono giustamente tutelati. Ed allora? Ed allora è bene ricordare che diverse altre testimonianze sono tutelate! Ed è qui che volevamo planare.
Altari, ostensori, case padronali, stalloni, magazzini di fine secolo, ciminiere, ville decrepite, chiese dissacrate, centrali e centraloni, realizzazioni di architetti nostrani, ecc.
Proprietà censite in diversi cataloghi e da preservare anche se qualcuna da tempo si trova in rovina.
Meglio francobollare tutto e poi al limite qualche gruppo di lavoro vedrà di sfoltire in funzione di qualche ruggito!
Siamo in pratica un nucleo storico diffuso che invade l’urbano, quello che si vorrebbe beatificare con la nuova pianificazione. Ma non è finita!
A parte i vari PUC, che non è un rispolvero storpiato di qualche marca di motorino, ora abbiamo pure gli ISOS.
Strumenti che congelano di fatto aree intere considerate strategiche.
I pilastri del disegno urbano, le nuove macchie di leopardo che fanno parte dell’inventario nazionale “schützenwerter Ortsbilder von nationaler Bedeutung”
A proposito quanti ne abbiamo in Ticino e dove?
Ora mettendo insieme il tutto, muoversi nell’urbano puntando al centripeto, risulterà sempre più difficile.
Giusto a questo punto precisare che non siamo contro la Chiesa di Cerentino o alla Casa dei “Landfogti” o quant’altro.
Siamo per il bello, per il godibile, per il ricordo di chi ci ha preceduto e tutto quanto.
Ma siamo anche per il fattibile.
Puntare il dito è facile, difficile è risanare e recuperare senza distogliere risorse del cittadino ed attribuire una funzione specifica. Ormai abbiamo il record mondiale di musei!
L’eterno pagatore ogni tanto vorrebbe magari dire la sua e dato che bisognerà aggiornare tutti piani regolatori è un’occasione irripetibile per render visibile l’intero processo di conservazione e soprattutto farlo condividere dalla società civile.

Lo sfitto aumenta. Lo dicono le statistiche e non solo. Noi l’avevamo previsto e verificato che il fenomeno si stava allargando dopo aver ispezionato diverse centinaia di immobili a reddito, dai più recenti ai più vetusti, del Bellinzonese e valli. Avevamo trovando conferma dell’entità del fenomeno come pure dello scostamento fra la statistica ufficiale ed i rilevamenti sul posto.
Scostamento dovuto, ed è bene ricordarlo, anche alla negligenza di taluni proprietari nel dichiarare le disponibilità, convinti che il marginale non cubi.
Inoltre avevamo anche constatato che la domanda dal profilo strutturale si stava modificando per il rientro della pressione migratoria e per l’invecchiamento della popolazione sempre più stanziale.
Pur esternando le nostre preoccupazioni avevamo privilegiato un profilo prudenziale evitando così di centrifugare il presente e di strapazzare eccessivamente il futuro.
Ma ci ha pensato il centro di ricerca dell’UBS dichiarando che entro breve raggiungeremo una percentuale di sfitto del 3%, mai vista dal dopoguerra.
Ma é un falso allarme oppure qui siamo veramente in zona di avvitamento?
Alla luce dei cartelli e degli articoli ed invitanti annunci parrebbe proprio di sì.
In genere lo sfitto è dovuto alla produzione in eccesso che si sta accumulando e che non trova rispondenza da parte della domanda.
Si è quindi semplicemente prodotto troppo sulla base di valutazioni errate e per circostanze eccezionali.
Si dice sempre così anche se in realtà è sempre la medesima menata.
Per sanare bolle o per sperare che il cavallo ricominci a bere si “inonda” il mercato con liquidità che dovrebbe servire a rilanciare consumi ed investimenti alleggerendo nel contempo il debito pubblico e quello privato.
La ricetta è mica male solo che a lungo andare diventa una droga.
Il risparmio viene massacrato, il debito beatificato e l’investimento confluisce nel finanziario.
Il basso costo del denaro convince il singolo ad investire nel mattone ad uso proprio ed i gestori professionali, per esempio quelli della casse pensioni, ad investire, sempre con una certa cautela, nei beni immobiliari e nelle azioni. Sono valori reali.
Quindi parte delle liquidità confluisce sul bene immobiliare contribuendo così ad aumentare la disponibilità senza tener conto della domanda rimasta a parecchie lunghezze per le nuove direttive per l’acquisto (sostenibilità dell’acquirente), per il calo pronunciato dell’immigrazione e per un percettibile clima di malessere (per lavoratori, imprenditori e rentiers).
A corto termine assisteremo quindi ad una serrata concorrenza fra posizioni e vetustà (immobili recenti e datati), a minor introiti fiscali e a commesse ridotte.
Senza dimenticare il più che miliardario immobilizzo.
Tempi? Se il paese non piegherà le ginocchia ed il costo del denaro salirà con giudizio basteranno  4-5 anni dal picco per rivedere andamenti commisurati.

Ultimamente siamo un attimino in affanno. Da una parte diverse nazioni ci hanno spolpato parte del tesoretto che avevamo in gestione, altre che ci chiedono di adottare una fiscalità unitaria senza privilegi, altre che non accettano di ridiscutere quanto stipulato giungendo persino ad esigere di adottare il loro diritto.
Sinceramente una situazione preoccupante che non ci permette più di guadagnare tempo confidando magari su Brexit e su qualche ammiccamento.
In aggiunta anche la resistenza interna alle riforme strutturali che dovremmo adottare.
Ora ci si è convinti che forse valga la pena di passare all’attacco e provare ad evitare l’accerchiamento.
Un azzardo od un atto di coraggio? Basta soppesare il rischio ed esporlo senza riserve alla società civile.
In tutti i casi non sarà facile anche perché spesso ci siamo fatti male da soli con comportamenti che hanno scalfito la simpatia maturata negli anni.
Fuori dall’Europa non possiamo che assistere alla nuova battaglia in atto.
Battaglia di natura fiscale.
Giù con le tasse! Investi che ti tasso di meno.
Per DONALD, che segue il suo programma con il pennarello, il motto è “torna a casa Lassy”.
Ed anche in questo caso qualche azienda leverà le tende.
A proposito di pressione fiscale. L’istituto BAK di Basilea ha elaborato uno studio completo con il quale è possibile comparare quelle internazionali e quelle nostrane.
Ora, noi come Ticino, siamo mal messi e superati a destra ed a sinistra.
Certo che fa specie che simili studi non vengano esaminati e commentati.
Meglio il presente ed il confronto da cagnara.
Pure lo studio di Avenirsuisse dedicato al nostro Cantone – seppur incoraggiante e completo – non è stato degno di approfondimento.

Ultimante avevamo dedicato spazio alle discussioni in atto nelle grandi città dell’altopiano con speciale riferimento a Zurigo. L’oggetto del dibattito in corso è l’utilizzo corretto dell’edilizia convenzionata e delle proprietà comunali. Utilizzo che alla luce dei diversi controlli in atto risulta in sfregio agli obiettivi originali.
Per Zurigo stiamo parlando di quasi 10'000 appartamenti buona parte non convenzionati e consegnati in pratica al mercato pur sapendo che la collettività aveva finanziato la dotazione per mettere a disposizione spazi per famiglie a condizioni ragionevoli.
Il primo passo è stato quindi controllare! L’esito: più di 100 benestanti occupano appartamenti della città e più di 300 sono fuori norma.
Un rilevamento, scontando le sanatorie fra amici, quindi molto significativo al punto che la discussione verte ora ad adottare severe norme di attribuzione e di controllo.
Limiti patrimoniali, limiti nell’occupazione e controlli sistematici e ricorrenti.
A latere la presa di coscienza che gli appartamenti di città valgono molto di più e che quindi vi sarebbe la possibilità di cespitare maggiori introiti. Come del resto era facile prevedere.

Da ultimo l’ennesima nuova chiamata alle urne questa volta per la riforma fiscale e sociale cantonale. Siamo nella medesima situazione nazionale. Ricorderete tutti che la Riforma III è stata bocciata e che il Consiglio Federale sta elaborando una seconda proposta con la prontezza di sdoppiarla non solo per farla digerire al popolo ma soprattutto per dare un segnale alle aziende internazionali insediate sul nostro territorio e tranquillizzare chi ci attornia sull’impegno di tassare tutte le aziende, nostrane o non, allo stesso modo. Come anticipato il contesto non è dei migliori.
Siamo e resteremo senza fatti concludenti nella zona grigia e sperare che il buon Gianclaudio Juncker, a quanto sembra collezionista virtuale di alambicchi, ci tiri la volata è pura utopia.
L’uomo, pur sempre numero uno, è stato ministro delle finanze e del tesoro lussemburghese, a suo tempo apprezzata oasi fiscale, presidente della banca mondiale e di quella per la ricostruzione.
Insomma anche al quarto bicchiere è uno che i nostri li mangia in un boccone.
Ritornando a livello cantonale lo scopo è più o meno il medesimo. Dare un segnale alle aziende ed al capitale, presupposti per il lavoro e per l’erario.
Certo non è che faremo ombra al Zugo e soci. Resteremo pur sempre a metà classifica ma forse riusciremo a contenere l’esodo del capitale.
Per taluni, dai nipotini di Stalin in su, è una mossa non giustificabile.
Ed anche in questo caso ce la giochiamo e se canniamo l’esodo diventerà patologico incrinando anche la voglia di investire.
A meno che il gusto del rischio prevalga. 


Il Presidente Cantonale
Lic. rer. pol. Gianluigi Piazzini