Da Economia Fondiaria no. 2/2014

Certo che la recente votazione ha sorpreso un po’ tutti.
Non tanto alle nostre latitudini ma piuttosto sull’Altopiano al punto da scatenare i benpensanti, quelli che si abilitano a pensare per gli altri, notoriamente meno attrezzati.
Ora ci si accusa l’un l’altro. Da una parte di scarso attivismo e dall’altra di eccessivo allarmismo.
I primi davano per scontato che il diktat europeo e lo spauracchio di qualche delocalizzazione fossero più che sufficienti e gli altri hanno dato fuoco alle polveri nella denuncia di situazioni indecorose nel mondo del lavoro.
Il paradosso è che sono stati proprio  i “sottolineatori” di professione che hanno fatto in modo che l’iniziativa vincesse.
Quelli del dumping, del razzismo, dell’omologazione interna ed esterna, del contratto collettivo al guinzaglio, della superiorità morale e culturale, quelli della pensioncina assicurata e potremmo continuare.
Ma non hanno brillato neppure i moderati.
Anzi ce ne hanno messo anche del loro.
Schiacciati dal politicamente corretto, da alcune palesi disfunzioni del mercato e dall’abitudine di rimanere in difesa.
Ed è chiaro che il popolo, alla luce di tanto clamore ed in mezzo a tante banderuole, ha ritenuto opportuno far di testa sua.
Ed è giusto così!
Ora fa un po’ specie che il politico stia reagendo proponendo quanto solo qualche mese fa  veniva considerato impossibile se non offensivo.
Per il momento non assistiamo a particolari ritorsioni probabilmente anche perché potrebbero alimentare i partiti di destra, classati come populisti, in vista delle prossime elezioni europee.
Da soppesare invece il fatto che abbiamo sguarnito troppi mestieri ora presidiati da altri.
In realtà in taluni mestieri, in parte snobbati, siamo già oggi meno competitivi.
E per agganciare i cambiamenti ci vorranno una generazione ed una formazione diversa.
Ora vedremo come andranno a finire le prossime votazioni, come quella del salario minimo...
L’esito stavolta sarà nelle mani dell’Altopiano dove il salario minimo richiesto è quasi raggiunto dappertutto.
Se dovesse passare diverse ditte insediate nella Florida della Svizzera (ossia da noi!) non riuscirebbero più a generare gli utili necessari per aggiornare la loro produzione o semplicemente per sopravvivere.
Per taluni sarebbe una faccenda marginale.
Per altri invece un faccenda seria.
Con il tempo prepariamoci quindi a riciclare qualche stabilimento in piste di go kart oppure in piantagioni al coperto che per carità di popolo non precisiamo.
Potremmo magari chiedere lo statuto speciale ma forse è meglio non tirare la corda per non perdere la faccia.
Ci tengono con l’AVS, con la SSR, con la perequazione, con i trattati già firmati o da firmare, con la formazione (modello 21), con le certificazioni in generale, con l’agenda in mano e via dicendo.
Quindi come si suol dire “occhio al formaggio” e speriamo in bene.

Per quanto riguarda il sistema viario - quello che ha fatto la nostra storia dall’impero romano via - prendiamo atto che per qualche decennio, come già più volte sottolineato, resteremo nella sala d’attesa..
Niente per il Locarnese e per il basso Vedeggio, qualche pensilina ed un centinaio di milioni da spalmare fino al 2040 dopo di che potremo finalmente passare alle grandi opere attorno a Lugano.
In poche parole a furia di progettare e cozzare contro i sempre di traverso, fra i quali il clan del risciò e del gipeto, siamo rimasti al palo.
Avremo sì l’Alptransit - non tanto per merito nostro - ma a pieno regime fino a Zurigo ci arriveremo solo fra una decina d’anni.
Infatti prima di Zurigo vi è un’altra galleria ancora da realizzare ma a quanto pare è coperta dal silenzio stampa.
Per il momento accontentiamoci perciò dell’aggiornamento di qualche stazione che è già buona cosa.
Aggiornamenti funzionali e soprattutto redditizi.
Certo non come quelli di Zurigo, Berna o Lucerna, tanto per citarne alcuni, ma sulla loro falsa riga.
Per il resto siamo fuori dal coro sperando che la vecchia tratta del Gottardo venga mantenuta operativa per motivi di sicurezza, senza scomodare l’Unesco.
Siamo fuori anche perché troppe volte abbiamo pasticciato perdendo tempo e sussidi.
Prendiamo un esempio al di fuori del sistema viario tanto per esplicare.
Come sapete da anni si sta progettando il parco eolico del Gottardo.
Il progetto considerato abbastanza maturo è stato però silurato dalla SPAN che ha ravvisato, fra le altre cose, anche delle importanti lacune nella presentazione.
Si è quindi fatta una nuova impostazione da poi inserirsi nel piano regolatore di Airolo.
Ma il tutto è entrato ancora una volta in rotta di collisione con la STAN, ovviamente legittimata a ricorrere, ed ora anche con la Fondazione del San Gottardo proprietaria di importanti volumi esistenti risananti a suon di milioni.
Non abbiamo ancora capito se per queste istanze il parco non s’ha da fare!
Ma se fosse il caso tanto valeva dirlo prima chiaramente senza aspettare la pubblicazione della variante.
Per quanto riguarda l’AET, la nostra azienda,  sappiamo solo che ha già investito diversi milioni in questo progetto e che la prospettiva di fornire energia alle economie domestiche della Leventina rischia di subire ritardi importanti se non di sfumare definitivamente.
Intendiamoci vi sono rimedi giuridici ed istanze abilitate.
Non stiamo parlando quindi di cecchinaggi vari ma semplicemente dell’opportunità di sentirsi prima magari con un mediatore come potrebbe essere il Consiglio di Stato.
Se no arrischiamo di finire come il basso Vedeggio e la B’Zona-Locarno.
Una tonnellata di carta al macero ed agenda sfuggita di mano!

Recentemente siamo stati ospiti di una trasmissione di Teleticino che ci ha permesso di confrontarci in modo sereno con coloro chiamati a gestire i mezzi finanziari messi a disposizione dalla Comunità per abbattere il consumo energetico nei volumi immobiliari.
È un’azione articolata che trova il suo supporto in alcuni disposti tecnici, imperativi per le nuove costruzioni, dettati dai programmi federali e cantonali.
Il motto: ti do una mano se segui le mie istruzioni.
Tema prevalente della trasmissione: l’aggiornamento “energetico” degli immobili datati.
Dalla discussione è emerso chiaramente che chi ha approfittato o per lo meno si è lasciato convincere della bontà degli incentivi è stato il settore dell’uso proprio, cioè i proprietari della prima casa.
Si è percepito l’interesse dell’industria e del commercio, vedi capannoni e stabilimenti, ma è invece stato piuttosto deludente, se non assente, l’interesse dei proprietari dei palazzi residenziali a reddito od in proprietà per piani.
Va a questo punto riconosciuto che è già molto confortante la rispondenza dell’uso proprio che in pratica già opziona buona parte delle risorse disponibili.
E di questo va dato il merito a coloro che sono al fronte nella consulenza e nella gestione dei sussidi.
Per quanto riguarda i volumi commerciali ed artigianali - parliamo ovviamente di volumi e superfici importanti - la rispondenza come detto si sta sempre più manifestando.
Si riesce a coniugare risparmio con la sensibilità ambientale, argomento senz’altro ripagante dal profilo dell’immagine.
Per contro nei palazzi residenziali la volontà d’investire, anche se incentivata, stenta a partire.
Stiamo parlando dei palazzi del dopoguerra.
Quelli costruiti fra gli anni cinquanta e settanta, allora considerati all’avanguardia, anche se la combinazione di diversi materiali non era ancora stata provata a sufficienza.
Qualcuno si ricorda i famosi tubi in plastica di color rosa che dopo qualche anno andarono in “bricciole”, tanto per fare un esempio.
Nuovi materiali e nuove tecniche ed anche nuova architettura, magari non stellare, ma per lo meno allora all’avanguardia.
Un parco dignitoso che permise di dare un tetto a tutti i ceti nello spazio urbano.
Un parco oggi considerato frutto di una dissennata speculazione.
Questo parco ha oggi un’età compresa fra  i 60-50 anni.
È quindi confrontato con una obsolescenza generalizzata.
Si avvia cioè ad essere vecchio.
È quell’età dei primi acciacchi che come ben si sa si manifestano impietosamente negli anni a venire.
Abbiamo la convergenza di tre obsolescenze: quella dell’arredo-domestico (pavimenti, cucina, servizi), quella strutturale (impianti e materiali) e quella funzionale (esigenze del mercato)
Potremmo anche riassumere il tutto nel declino dello standing accompagnato dal degrado strutturale.
Ora concentrarsi su questo parco è abbastanza rischioso.
L’aggiornamento-riqualifica richiede interventi incisivi spesso possibili solo a stabile vuoto, interventi che sono anche estremamente costosi.
La prova provata?
Gli istituzionali, quelli più importanti, preferiscono sbarazzarsi di simili immobili piuttosto che impegolarsi in procedure di ristrutturazione defatiganti ed onerose.
Altri ci provano, ma non sono molti, con l’intenzione di rimetterli sul mercato a canoni inevitabilmente maggiorati in grado di legittimare il rischio operativo e gli alti costi sostenuti per la riqualifica e per lo sfitto programmato.
Questi risanamenti incisivi richiedono in tutti i casi l’osservanza della legge che come sappiamo tutela maggiormente l’utenza considerata la parte più debole.
Ora muovere questo parco facendo perno solo sul risanamento energetico potrebbe però rivelarsi azzardato.
Vi è infatti il rischio che questa sostanza venga strattonata inutilmente quando o bene o male soddisfa ancora le esigenze di una parte della popolazione.
Confessiamo però che anche noi abbiamo le idee confuse.
Del resto l’argomento va ancora approfondito e soprattutto non strumentalizzato.
Sull’esistente datato non si può barare!
Vale anche per qualche sindacato già sceso a supporto di denunce di parenti prossimi.
Un aiutino in famiglia non si nega mai!
Per il momento ci accontentiamo di aver sollevato l’argomento in buona parte condiviso anche dai nostri interlocutori.
Il quesito di fondo: conviene condurre lo stabile con decoro alla sua buona fine…..oppure no?

Ha fatto specie la disastrosa verifica dell’occupazione delle case popolari al beneficio di sussidi nella città di Berna.
Più della metà dei fruitori non ottemperavano i requisiti di assegnazione.
C’era chi apparteneva al ceto medio superiore e chi utilizzava gli appartamenti come seconda residenza. Oppure semplicemente chi occupava da solo un appartamento di grosso taglio.
Davanti all’evidenza la città di Zurigo, importante proprietaria immobiliare, si è affrettata a dichiarare che essendo gestita da mastini, una situazione del genere non sarebbe sul suo territorio neanche prospettabile.
Certo che chi si giustifica a gamba tesa ha già il pelo rizzato.
Noi sappiamo solo, perché l’abbiamo letto, che la città è stata sollecita ad istituire un’asticella di sbarramento cifrata in Fr. 60'000.- d’imponibile.
Chi sfora non entra.
Parimenti si stanno aggiornando i criteri spaziali di assegnazione.
Tot vani a cranio!
Interessante annotare che qualcuno ha affermato che una quota di questa dotazione, specialmente quella in città, andrebbe comunque locata a canoni di mercato, cioé liberi.
Così facendo si genererebbero le disponibilità finanziarie necessarie per aggiornare il parco immobiliare di proprietà “pubblica”.
Fra l’altro vi sono anche delle istanze cittadine che chiedono di verificare tutte le fondazioni e tutte le cooperative che hanno ricevuto aiuti diretti o terreni pubblici a prezzi politici.
Le medesime sollecitazioni si stanno estendendo anche ad altri Cantoni come per esempio al Canton Ginevra, vera roccaforte dell’edilizia convenzionata.
Insomma, solo qualche anno fa, una simile verifica sarebbe stata stroncata dal politicamente corretto.
Ora, con un semplice controllino, si è acceso il faro su una “mala gestione” .

E sullo slancio ritorniamo all’edilizia popolare.
Noi restiamo convinti che bisognerà privilegiare il prodotto sobrio e a buon mercato da indirizzarsi ad un’utenza mirata.
Noi avevamo azzardato un parametro di Fr. 2'700.- al mq affittabile di puro costo di costruzione come target.
Qualche professionista ci ha gentilmente fatto notare che un simile parametro con le norme per contenere il dispendio energetico è difficile da soddisfare.
Ma noi siamo convinti che potremmo farcela riducendo lo standing , replicando più volte il prodotto e puntando alle imprese generali e forse scendere ancora un pelino.
Magari a Fr. 2'500.- al mq.
Fosse il caso un appartamento forzatamente “sobrio” - di mq 100 costerebbe Fr. 250'000.-.
Riducendo la metratura a mq 90 il costo di costruzione scenderebbe a Fr. 225'000.-
Sinceramente a questo punto cominciamo anche noi ad avere qualche fiero dubbio!
Al costo di costruzione bisognerà ovviamente ancora aggiungere il costo del terreno.
E qui scatta il valore dell’ubicazione e la disponibilità dell’ente pubblico ( i cittadini) a mettere a disposizione del terreno a condizioni di favore.
Rinunciando magari a malincuore ad una destinazione prevista a favore del meno abbiente.
Ma tutto il discorso va prima circoscritto ad un prodotto popolare a destinazione mirata.
Poi sull’ubicazione ci si potrà intendere tenuto presente che sulle disponibilità in terreni, sempre che ci siano, potrebbero convergere diverse istituzioni d’interesse pubblico non necessariamente parastatali.

A Zurigo è esploso il discorso della pianificazione.
Da una parte è in revisione, o meglio in discussione, da ben 7 anni il piano direttore cantonale e dall’altra vi è fermento attorno al nuovo piano regolatore della città.
C’è chi vuole imbrigliare il tutto, ridurre l’edificazione, congelare il sistema viario, privilegiare la periferia, preservare l’urbano, intensificare l’edificabilità, puntare alle cittadine satelliti, creare zone vincolate, creare nuove gerarchie nel sistema viario ed altro ancora.
La discussione è tracimata a tal punto che hanno dovuto intervenire i Signori di Berna dell’ARE (l’Ufficio federale dello sviluppo territoriale) nel tentativo di portare un po’ d’ordine, con risultati a dir poco deludenti.
E pensare che questo Cantone, solo pochi mesi fa, in piena campagna a sostegno della pianificazione federale, era stato definito esemplare.
Uno dei pochi che aveva fatto i compiti in classe e che quindi poteva ampliare l’edificabilità e soprattutto non temere eventuali rasature nei territori comunali a domanda limitata.
Ora sembra proprio che non sia così.
L’unica soddisfazione è che il dibattito è allargato e non limitato alla oligarchia tecnica.
Da noi per il momento tutto tace ed è meglio così!
A meno che, visto che il politico si è chiamato fuori da solo, qualcuno si stia già muovendo…..
Oppure il dossier Tessin è già nella frittatrice.

Da ultimo resta ancora aperto il discorso della tassazione della plusvalenza “pianificatoria”.
L’ASPAN, corresponsabile con noi proprietari, con i tecnici e con il politico, delle scelte pianificatorie che hanno portato il Ticino a sfiorare le Favelas, ha replicato il verso a favore di questa tassazione.
Ricordiamo che il popolo svizzero ha deciso a larga maggioranza di rendere obbligatoria la tassazione del plusvalore di almeno il 20% quando un terreno viene reso edificabile ex-novo.
Un terreno agricolo che diventa industriale tanto per capirci.
Noi però aggiungiamo anche la tassazione di plusvalenze nell’edificato e nella zona edificabile.
Per aumenti risibili dell’edificabilità e per cambiamenti di destinazione.
Tassazione prevista solo in un paio di cantoni fra i quali Basilea-città.
Gli altri non prevedono nulla, sia al di fuori che all’interno della zona edificabile.
Il guaio è che il tutto viene ricondotto ad un contributo speculativo e non ad una correzione di scelte pianificatorie.
Noi siamo per la tassazione minima votata dal popolo ed anzi consiglieremmo il Governo a ritirare il messaggio in attesa degli sviluppi nei prossimi anni.
Come si muoveranno i Cantoni, come verranno attualizzate le rasature e come verranno utilizzate le riserve in essere in funzione della domanda e delle sue richieste (vedi cambiamenti di destinazione)?
Da ultimo: responsabili o no a noi il Ticino piace e regge il confronto con il mondo.
E forse non si poteva far meglio con le regole stabilite.
Dalla “gronda” al “muro di cinta”….

Il Presidente Cantonale
Lic. rer. pol. Gianluigi Piazzini