Da Economia Fondiaria no. 4/2012

Di tutto un po’

Il Governo federale dopo aver soppesato nuovi elementi di giudizio ha deciso di privilegiare un secondo tunnel per il San Gottardo. Sono sicuramente serviti i diversi approfondimenti commissionati dal pool interessato ad una mobilità intelligente, e teso nel contempo ad evitare la chiusura di quasi tre anni dell’attuale tunnel per la sua manutenzione e per gli adattamenti alle nuove esigenze, fra l’altro abilmente sottaciuti per anni.
Gli approfondimenti hanno da un lato dimostrato che con un impegno finanziario tutto sommato padroneggiabile l’opzione del secondo tunnel era più che fattibile e nel contempo hanno fatto emergere l’enorme impegno tecnico per superare la chiusura del tunnel esistente.
Impegno che sarebbe sfociato anche nella realizzazione di due mega rampe per caricare il trasporto pesante sui treni navetta come pure a realizzare apposite rampe per i treni navetta per le automobili.
Il tutto in un turbine di treni da sincronizzare.
Passeggeri, merci, differenti velocità, traffico internazionale e chi più ne ha più ne metta.
Fra l’altro uno studio commissionato ha dimostrato che l’ipotesi di lavoro sviluppata dal Dipartimento Federale era degna di una corsia box di Monza.
Hanno inoltre sicuramente giocato un ruolo il netto rifiuto di Biasca e degli Urani nei confronti della realizzazione della rampe di carico come pure l’aver sottaciuto la necessità di provvedere alla manutenzione del passoconsiderato fino a pochi giorni fa come una salutare valvola.
Degno di nota il rifiuto degli Urani che come sappiamo si sono recentemente dichiarati contrari alla realizzazione del secondo tunnel ma che nel contempo rifiutano la rampa.
Forse pensavano di rifilarla ai Lucernesi o agli Svittesi.
Tutti noi siamo coscienti che la realizzazione di un secondo tunnel rappresenta sulla carta un potenziamento della capienza in urto quindi con la Convenzione della Alpi inserita nella Costituzione.
Convenzione che chiede di limitare il traffico e di non potenziare le tratte che valicano le Alpi.
Convenzione fra l’altro avallata due volte dal popolo sovrano.
Allora cosa risponde il Consiglio Federale?
Limiteremo il traffico nei due tunnel dichiarandoli unidirezionali risolvendo nel contempo il problema della limitazione e della sicurezza.
La decisione, che dovrà però superare tutto l’iter politico per poi sfociare in una votazione popolare, ha dimostrato che gli studi dipartimentali possono anche essere inficiati e ha fatto emergere la questione regionale.
Sebbene da  anni la Confederazione abbia stilato i suoi programmi per i sistemi viari come pure il loro finanziamento ci si spintona infatti non per ridere.
I Lucernesi vogliano la loro tangenziale, i Losannesi la loro, i Ginevrini la superstrada verso la Francia ed il viadotto sul lago, i Sangallesi le infrastrutture promesse e via di seguito..
Tutti temono che l’ampliamento del Gottardo modifichi l’agenda della realizzazione delle loro opere e per questo motivo si sono dichiarati freddini se non contrari.
Sebbene il Ticino possa contare su buona parte dei “Cantoni Gottardisti” il clima non è quindi dei migliori.
Una chance per ammorbidire le posizioni sarà quella di assicurare con fatti concludenti che il finanziamento verrà alimentato con apposito fondo, al limite anche con prelievi mirati come con l’introduzione di pedaggi in urto con il disposto della gratuità delle nostre strade e con il martellamento del traffico pesante.
Per esempio un “vignettone” da far spavento con conteggio da quattro trazioni!
A proposito un autocarro che scorazza sul suolo patrio paga già oggi oltre Fr. 80'000.- all’anno!
Qui bisognerà però sentire cosa ne pensa anche chi ci attornia ai quali non siamo già particolarmente simpatici e con i quali abbiamo sottoscritto una vagonata di contratti a geometria variabile.
Però pazienza, importante è superare il pedaggio interno.
In pratica stiamo rivivendo il dossier del Lötschberg!

Ci rendiamo conto che non tutti sono d’accordo.
C’é chi paventa un’accelerazione del trasporto su gomma in barba all’imperativo del suo contenimento e chi teme un maggiore inquinamento.
Sono timori legittimi che andranno sviscerati nell’ambito della discussione.

La CATEF si è schierata con altre associazioni e con il Governo Ticinese a sostegno della seconda canna ed il primo risultato è lì da vedere.
Non l’avessimo fatto saremmo restati al palo, stritolati da altri interessi.
Un buon gioco di squadra.

Restando sul tema il discorso della spina viaria  ferroviaria andrebbe un attimino aggiornato, non da ultimo perché sogniamo ancora della stazione TICINO e della tratta veloce a curva lunga Biasca-Camorino.
Ora sappiamo che la stazione TICINO non si farà ( i terreni riservati sono stati sbloccati) e che si passerà dalle stazioni esistenti che verranno adeguatamente aggiornate.
Insomma fuori dai tunnel si viaggerà a freni tirati per almeno trent’anni.
Ma non diciamolo troppo in giro. Già ci si incarta da soli ed è meglio che non se ne rendano troppo conto quelli d’oltre Gottardo.
Fra l’altro sarebbe interessante capire la gestione del tunnel ferroviario e la sua “concorrenziabilità” sulle tratte internazionali, da frontiera a frontiera..
Una verifica sarebbe quindi più che opportuna.
Non da ultimo perché non è stato costruito solo per noi.

E torniamo al tema RUSTICI. Allo stesso abbiamo sempre dedicato lo spazio opportuno organizzando pure con un istituto bancario una serata di sensibilizzazione in Val di Blenio. Per non ripercorrere l’intero istoriato permetteteci di ridurre la telenovela in tre periodi. Il primo è quello del laissez-faîre che termina nel 1980 quando la Confederazione distingue per legge fra la zona edificabile e la zona non edificabile ed il percorso di guerra dell’inizio secolo.
Nel primo periodo abbiamo eluso la sorveglianza recuperando quanto possibile grazie ad una generazione di artigiani dalle mani d’oro che si sono improvvisati costruttori od assemblatori. Recuperi non sempre da manuale ma tutto sommato godibili e simpatici.
In questo periodo siamo stati formidabili nel depistaggio.
A chi chiedeva si rispondeva che stavamo inventariando.
Dal 1980 i rustici sono però finiti in zona non edificabile entrando in collisioni con il famigerato art. 24 che vieta ogni recupero e cambiamento di destinazione.
Le postazioni del Dipartimento Federale si erano maggiormente attivate dopo aver constatato che a luci spente si continuava a recuperare con licenze “speciali” e con la promessa di mettere ordine nella galassia dei rustici.
Dall’ inizio 2000 il laccio incomincia a stringersi anche perché Berna non si fidava più del tanto.
Per uscirne ci siamo inventati, con il loro consenso, uno slittino per salvare il salvabile.
Abbiamo elaborato un piano per zone pregiate sulle quali esistono dei volumi degni di protezione.
Il famoso PUC, il piano di utilizzazione dei paesaggi con edifici ed impianti protetti ai sensi della Scheda di coordinamento 8.5 del Piano Direttore Cantonale
Ovviamente le autorità di Berna ci sono state sul collo invocando la parità di trattamento con le altre regioni in merito alla lettura del famoso articolo 24.
A dir la verità sono ancora sul collo visto che il micidiale ricorso contro il PUC da loro inoltrato è ancora parzialmente fra gli ingranaggi.
Certo possiamo capire la resistenza di questi funzionari forgiata dagli anni ma ora stanno esagerando.
Fra l’altro per “baipassare”il divieto si sono accettate delle normative di recupero molto  impegnative dal profilo finanziario e con pesanti limitazioni alla funzionalità.
Inoltre gli amici dell’ARE, che probabilmente non ci stimano più del tanto, hanno fissato il paletto della difficile raggiungibilità del rustico da riattare.
Ci hanno confinato in un piano di gran rispetto con volumi selezionati.
Ne salviamo all’incirca 10'000, gli altri, la maggior parte, andranno in rovina ed verranno risucchiati dal bosco che si riprende quanto l’uomo con sudore gli aveva sottratto nei secoli.
Fra l’altro siamo doppiamente all’angolo perché il piano l’abbiamo fatto noi e sullo stesso ci siamo impegnati anche finanziariamente!
In poche parole non abbiamo carte di riserva.
D’altra parte è meglio passare un pelino all’acqua bassa con questi Signori.
Potrebbero innervosirsi al punto da costringerci ad una lettura fiscale anche dal profilo giuridico forzando, nell’esistente, correzioni ed abbattimenti.
Inoltre hanno anche in mano il discorso “seconde residenze”.
L’unica speranza è che i Cantoni Alpini, finalmente organizzati, dicano a questi signori di non rompere troppo l’anima con l’invito a progettare il fattibile e cercare di sanare al piano le cavolate partorite nei tempi dal famoso ORL degli anni settanta.

Certo che ci mettiamo anche del nostro.
Sempre pronti a criticare taluni recuperi e a dare pagelle a getto continuo.
Per far squadra bisogna essere anche un pelino furbi specialmente quanto i rapporti di forza sono sbilanciati.
E francamente il continuo chiacchiericcio ci indebolisce e ci costringe a mostrare il fianco.
In tutti i casi noi della CATEF sosterremo coloro che hanno recuperato i rustici o che intendono recuperarli..
Chi l’ha già riqualificato ha preservato di più di coloro che decantano il rurale e la sua straordinaria poesia.
Gli altri, quelli del forcone e dell’impegno sul territorio, in parte hanno preferito abbandonare la partita lasciando via libera al bosco, simpatico polmone verde.

In diverse discussioni, in verità più di pelle che di cervello, si continua a sottolineare che noi trattiamo le aziende con i guanti di velluto. Alla luce dell’ultimo rilevamento nazionale non sembra però essere il caso.
Dal profilo fiscale non siamo più competitivi e siamo scesi nel gruppo di fine corsa.
Certo per coloro che sono rimasti per convenienza al tempo delle ciminiere questa realtà non è degna di riflessione.
Seguono il sogno del livellamento generale che dovrebbe annientare il federalismo e parte delle buone condizioni quadro.
Ma per fortuna non è e non sarà così.
Alla mortificante pressione fiscale per le aziende andrebbe aggiunta anche la forte fiscalizzazione dei quadri dirigenti.
Qualcuno potrà pensare che siamo comunque sempre forti.
Basti pensare alla perequazione federale che considera il nostro Cantone d’alta classifica al punto di riversarci pochi spiccioli.
Insomma un giorno siamo poveracci, un altro poverelli, un altro abbastanza robusti ed in fine settimana siamo benestanti. 
Per quanto riguarda l’azienda è sempre utile ricordare che è nella stessa che si crea valore aggiunto e lavoro.
Da noi l’azienda è rimasta ultimamente confinata, stretta fra l’impiego pubblico ed il terziario da mezza manica.
Insomma nessuna le fa il tifo e se del caso con una certa aria di sufficienza.
Invece sarebbe sufficiente mettere l’azienda al centro del lavoro per rilanciare l’argomento.

E per concludere l’argomento delle residenze secondarie.
La versione scaturita dal gruppo di lavoro e confezionata dal Dipartimento conferma che l’ESISTENTE è fuori.
Si sono messi alcuni limiti per quanto riguarda il passaggio dalla residenza primaria esistente alla residenza secondaria per evitare qualche eccesso nel caso di una conversione.
Per esempio chi converte la sua residenza primaria esistente in zona bloccata non può edificarne una nuova per sé oppure chi ristruttura una residenza primaria esistente non può ricavare più residenze secondarie a meno di utilizzarle commercialmente. Anche i rustici dovrebbero poter essere ristrutturati liberamente, sempre che si trovino nel catasto degli edifici recuperabili.
Per quanto riguarda il NUOVO restano da definire bene le eccezioni.
Utilizzo a supporto del turismo, a supporto del lavoro, ad affitto stagionale?
Di certo la seconda residenza nuova , quella di vacanza, resterà al palo nelle zone bloccate.
Alla fine chi ci guadagna sono i siti più pregiati mentre gli altri dovranno rivedere le proprie ambizioni.
Però diciamola pure! 
Poteva anche andar peggio.

Il Presidente Cantonale
lic.rer.pol. Gianluigi Piazzini