Da Economia Fondiaria no. 1/2019

Il portale Homegate, uno dei più frequentati, ha reso noto lo sfitto ed il suo andamento. Niente di eclatante se non la conferma che gli affitti stanno scendendo in tutto il paese, dalle valli ai centri urbani. Per quanto ci riguarda spicca la contrazione di Lugano segno evidente che anche l’urbano è confrontato con una flessione marcata della domanda. Anzi a dir la verità la domanda in termini numerici è oggi praticamente inesistente fatto salvo un certo nomadismo fra l’esistente ed il nuovo e fra periferia e città.
Poche briciole in tutti i casi.
Il motore della crescita dei dimoranti si è semplicemente spento.
Lo attesta la diminuzione dei dimoranti, anche se pur lieve, nelle cittadine ticinesi.
Lo sapevamo e dove è il nocciolo della questione? Sta nel fatto che il portale evidenzia ora con chiarezza che stiamo parlando di affitti di mercato o più semplicemente di affitti per appartamenti disponibili, quindi che risultano sul mercato.
Affitti che si riferiscono in gran parte a produzione recente se non nuova e che si adeguano ad una domanda asfittica facendo l’occhiolino all’esistente in particolar modo a quello datato. Insomma una conferma in più di quanto da tempo affermiamo.
La competizione è aperta.
Per quanto riguarda il consolidato - il 95% se non di più della dotazione messa effettivamente a reddito - si può tranquillamente affermare che negli ultimi anni, senza dover scontare l’inflazione, gli affitti non sono aumentati malgrado l’immissione in pochi d’anni di qualche decina di migliaia di nuovi appartamenti ben posizionati e con confort maggiorato. Appartamenti più costosi quindi ma che in definitiva non hanno minimamente turbato il mercato.
Non bisogna inoltre dimenticare che il costo del denaro nel frattempo non è aumentato anzi nell’ultimo decennio è sceso.
Riassumendo, a parte lo sfitto che è lì da vedere, l’immobiliare ha fatto il suo dovere mantenendo la situazione sotto controllo senza strappi o quant’altro.
Ad un mercato equilibrato hanno contribuito anche gli istituzionali, dalle casse pensioni alle assicurazioni.
E questo ci sembra giusto ricordarlo.
Certo resta aperta la dotazione per i ceti meno abbienti, quella che pomposamente si definisce “moderata”! Affitti abbordabili per tutti e confort da sei cilindri!
Intendiamoci per taluni il problema sussiste, malgrado una dotazione compresa fra i 5'000 e 6'000 appartamenti sfitti spalmati sull’intero territorio, quindi alla portata di ogni portafoglio.
Da anni sosteniamo, richiamandoci alla realtà dei fatti, che la pigione moderata è possibile solo con costi di produzione contenuti e soprattutto con superfici più modeste.
Prodotti sobri, replicabili e di superfici contenute.
Questa è la ricetta per contenere il costo di costruzione evidenziata anche da uno studio commissionato pochi anni dall’ufficio federale dell’alloggio.
Fra l’altro questo documento è stato subito oscurato perché sottolineava l’utilità della produzione normata e semplice e che indirettamente poteva magari mostrare fianco alla ghettizzazione.
I maligni sostengono invece, e ci sembra più plausibile, che la casta dei “tecnici” abbia recepito con fastidio la proposta di una progettazione standardizzata del resto sempre più a portata di mano grazie alla digitalizzazione.
Con la sola compressione del costo di costruzione però non si gira ancora l’angolo. Per ridurre il costo di produzione in modo marcato bisogna in effetti ridurre il costo del terreno che nell’urbano incide parecchio. La soluzione? Semplice!
Basta opzionare un terreno libero che appartiene al Comune ad un prezzo politico, anzi meglio ancora portarselo a casa a titolo gratuito! Tanto appartiene alla comunità dei cittadini.
Poi una volta edificato l’immobile si potrà formulare affitti che coprano i costi gestendo pure l’occupazione.
A dire il vero la soluzione migliore, anche perché esistono parametri-soglia riconosciuti a livello nazionale e cantonale, è di passare all’aiuto soggettivo modulabile secondo le necessità esistenziali del richiedente a medio-lungo termine.
Meglio il prodotto o l’inquilino? Questa seconda opzione fu subito scartata con il termine “no alla socializzazione dell’affitto” o con il più comprensibile “il proprietario non deve scaricare gli affitti sul sociale”.
Ad ogni buon conto esiste una corrente di pensiero che sostiene che l’aiuto soggettivo è più economico di quello oggettivo e che inoltre l’aiuto viene indirizzato a coloro che ne hanno veramente bisogno.
Oggi fra l’altro vi sono ancora casse stracolme, vedi apposito credito quadro della Confederazione, per finanziare enti di utilità pubblica, cooperative comprese, malgrado le regolari richieste da parte della Svizzera Tedesca.
Insomma questo fondo non sembra poi sollecitato più del tanto.
Segnali significati dal Ticino?
Nessuna richiesta significativa, segno che l’urgenza è rientrata o è solo di facciata.

Il Credito Svizzero con il suo bollettino 3/2018 pubblica il consueto barometro delle apprensioni, barometro che da anni valuta ansie, preoccupazioni dei cittadini e il loro grado di fiducia nelle istituzioni pubbliche e private e nei formatori d’opinione.
Questa analisi è di lunga data e permette con i vari raffronti di verificare la percezione del grado di benessere e le insoddisfazioni del cittadino.
Sinceramente è fatta molto bene come altre pubblicazioni di istituti bancari al punto che in genere restano in qualche cassetto dimenticati! Non sono degni di luminari o politologhi (da non confondersi con podologhi).
Eppure qualsiasi partito, se uscisse dalla crisalide ideologica o dal proprio DNA, si troverebbe la pappa pronta in fatto di priorità.
Non parliamo poi dei giornalisti di giornata avvezzi allo scoop maldestro ed al confronto d’operetta.
Ed ecco le 5 principali apprensioni:
AVS/ previdenza per la vecchiaia, sanità e casse malati, stranieri, rifugiati/richiedenti d’asilo e protezione dell’ambiente.
Segue il terzetto: UE/trattati bilaterali/integrazione, nuova povertà e salario, tallonate da altre 12 preoccupazioni che in taluni casi intersecano quelle principali.
Sono problematiche che richiederebbero una buona dose di realismo politico e l’abbandono di patetiche trincee.
Dovremo probabilmente lavorare di più, ottimalizzare i costi della salute, chiarire lo statuto del profugo economico e formulare un piano fattibile e condiviso a tutela dell’ambiente.
Tanto per stare sui temi principali, i più sensibili per il popolo.
In definitiva lo stesso si chiede a giusta ragione se si riuscirà a mantenere l’attuale benessere oppure se si dovrà fare un passo indietro mantenendo se possibile intatta la formidabile rete sociale che tutti ci invidiano.
Ed allora oltre all’evidenza dei fatti bisognerà tener d’occhio la contabilità corrente delle spese e gli investimenti, alla ricerca anche di nicchie finanziarie per mantenere le disponibilità generali, magari qualche sentiero in meno ma qualche custode sociale in più!
A proposito di previdenza!  Come a tutti noto il loro patrimonio rende pochissimo e non più a sufficienza per garantire la tenuta del sistema, al punto che alcune sono costrette ad attingere alle riserve di guerra.
Ballano soprattutto le casse pensioni con un grado di copertura che si sta sciogliendo come neve al sole e che prima o poi bisognerà capitalizzare.
Pensiamo a qualche cassa pensione pubblica che dovrà venire sottoposta ad una trasfusione dal braccio del contribuente per garantire il minimo di copertura, pomposamente spacciata come “risanamento”.
Interessante, sempre rimanendo nel comparto delle casse pensioni che l’investimento immobiliare ha raggiunto il 23%!
Grande “nave scuola”! Peccato che pochi se ne interessano.

Da qualche tempo si assiste ad un atteggiamento meno remissivo da parte dei Comuni. Lo si desume dal fatto che abbiano utilizzato strumenti legislativi (domanda di iniziativa legislativa) per far sentire la loro voce e dalla volontà di difendere la loro autonomia territoriale. Per quest’ultimo aspetto possiamo inoltre segnalare diverse osservazioni critiche nei confronti delle nuove schede di Piano Direttore formulate dall’Associazione e da alcuni Comuni.
Anche in merito alla nuova Legge sullo sviluppo territoriale i medesimi attori hanno espresso resistenze ed evidenziato diverse criticità.
Il segnale politico è quindi piuttosto forte!
“I veri interlocutori con il popolo siamo noi e quindi chiediamo maggiore considerazione”.
Anche se almeno per quanto riguarda la gestione territoriale ci sembra che la presa di coscienza sia avvenuta un attimino in ritardo.
Ma come si suol dire, meglio tardi che mai!
Questo processo “del su la testa” sta avvenendo anche a livello Svizzero. Infatti l’associazione dei Comuni Svizzeri sta cercando di ottenere la facoltà se non di veto per lo meno di referendum.
Vanno quindi ad aggiungersi alla potente associazione dei Cantoni che come sappiamo sono in grado di prendere in ostaggio il Consiglio Federale con il consolidato motto: si può fare ma non così!
Un processo interessante che sta oscurando i partiti troppo presi a catturar consensi e sempre più lontani dalla realtà del paese.
A proposito di gestione territoriale, ritornando alla nostra realtà, v’è da ricordare l’allegra brigata di sindaci ticinesi che avevano allora sostenuto senza pudore la nuova impostazione federale che di fatto li declassava ad esecutori oltretutto da tutelare lasciandoli maggiormente in balia del burocrate.
Non si pretendeva che digrignassero i denti ma almeno che si mostrassero un pelino più attenti.
Del resto non hanno espresso particolari apprensioni anche in occasione alla recentissima votazione federale che di fatto avrebbe congelato la zona edificabile chiudendo definitivamente il poco spazio di manovra rimasto.
Tanto per meglio rendere l’idea il Governo ha emanato le linee guida per aggiornare i Piani Regolatori e come andrà interpretato il concetto del centripeto di qualità.
Le stesse vengono spacciate come orientative, in verità sono imperative.
O ti adegui o ti rimetti in fila!
A proposito, scorrendo l’elenco dei messaggio di nuova promulgazione, abbiamo constatato che il Governo ha promosso due nuovi importanti messaggi, entrambi afferenti al Piano Direttore Cantonale.
Fra le pieghe troviamo tre schede strategiche.
Quella sul Modello territoriale cantonale, quella sullo sviluppo degli insediamenti e gestione delle zone edificabili e quella sulla qualità degli insediamenti ed altro ancora.
Un bel mazzo di roba farcito da vari riscorsi.
A discussione finita il Governo risulterà blindato.
Per gli interessati: messaggi 7615 e 7616.

Per curiosità abbiamo esaminato alcune pubblicazioni di recuperi di immobili caratteristici od isolati considerati esemplari. Una di queste pubblicazioni passava in rassegna una decina di esempi per buona parte ubicati in tessuti originali ancora intatti e non interessati da una forte domanda.
Sono quindi esempi da contestualizzare.
Altre riportavano recuperi puntuali in quota. Interventi interessanti ed anche simpatici e che per lo meno rappresentano un segnale importante per l’arco alpino.
Ma si tratta pur sempre di interventi singoli!
Invece è pressoché impossibile trovare esempi che concernono isolati del tessuto urbano.
Tessuto che va difeso con i denti e che in parte sconfina nei nuclei originali.
Perché? Forse perché le norme edificatorie si riferiscono al nuovo, quindi non sono orientate all’esistente o perché non si può “creare” come talvolta sentenzia il tecnico.
Certo è molto più difficile intervenire nell’esistente coniugando funzionalità, qualità e tenuta finanziaria.
È un discorso che fatica però a prender piede.
Eppure la gelata che si profila ed il degrado che sta all’angolo dovrebbero indurre l’illuminato a scendere dal pulpito ed incoraggiare chi è in grado di giustificare un risanamento incisivo se non una riqualifica vera o proprio.
In poche parole chi sarebbero in grado di mettere sul tavolo soluzioni fattibili.

A proposito di risanamenti e recuperi, i costi riconosciuti dall’erario possono essere spalmabili su un biennio ragion per cui vi è gente che gestisce legittimamente la fatturazione o più semplicemente organizza i lavori a tappe. L’intento è di poter spalmare i costi e ridurre l’imposizione fiscale.
Intendiamoci è una politica di ottimalizzazione attuabile più o meno a fine anno!
Si fattura un attimo dopo oppure si programma una parte dell’intervento su due anni.
Ora la Confederazione conscia di questa prassi e dei tempi lunghi che richiedono questi interventi ha deciso di allungare la spalmatura su ben tre anni. Con ciò si evita inutili contorsioni e soprattutto si garantisce un intervento continuo e completo.
Questa prassi verrà però introdotta solo dal 2020.
Quindi per ora l’allungo non è possibile.
Il recupero e l’aggiornamento di un bene immobiliare passa anche dall’aspetto fiscale.
Ed è bene quindi chiedere preventivamente un domani un parere alle autorità preposte od al fiscalista di fiducia.
Anche perché noi non siamo degli specialisti.


Il Presidente Cantonale
Lic. rer. pol. Gianluigi Piazzini