Da Economia Fondiaria no. 6/2019

Il sistema bancario è in affanno. Da una parte i costi fissi mordono e dall’altra la gestione patrimoniale è molto meno redditizia. E pensare che la compressione dell’utile di questa divisione è dovuta paradossalmente anche al costo del denaro da sottoscala che annichilisce il risparmio ed alla disponibilità di mezzi finanziari immessi dalle banche centrali, che hanno sì abbellito i bilanci aziendali senza però alimentare più del tanto gli investimenti e peggio ancora senza muovere l’inflazione.
Se poi aggiungiamo i tassi negativi che bastonano la liquidità, lo scenario è a dir poco desolante. Desolante per i risparmiatori e per il risparmio gestito, ultimo baluardo della previdenza già in balia del cambiamento nel mondo del lavoro.
Tutto quanto ha spinto il sistema bancario alla ricerca di prodotti sicuri e poco volatili.
Prodotti solidi ma anche piatti e quindi fatturabili con margini risicati.
Va inoltre sottolineato che le banche si finanziano oggi maggiormente a corto termine, anzi si mormora che qualcuna addirittura si assicuri meno nel rifinanziarsi.
V’è da preoccuparsi?
Secondo le nostre autorità di controllo non sembrerebbe il caso.
Tranquilli loro, tranquilli anche noi.

Logico risultato, quando la domanda supera l’offerta, è l’aumento dei valori.
Le azioni, specialmente quelle delle aziende consolidate e leader di settore, sono infatti scheggiate quest’anno mentre le obbligazioni sicure, pur con delle rese pressoché nulle, presente quotazioni con agi spaventosi.
Sono le obbligazioni AAA, i cui emittori sono solventi i e sicuri.
Chi le compera dorme più tranquillo cullato dalla sicurezza di ritrovare alla scadenza i suoi soldi possibilmente non erosi.
E quindi le strapaga anche se rendono poco o nulla.
Rischiando invece con le valute o con aziende che fanno fatica a reggere la concorrenza, la gestione patrimoniale potrebbe spiaggiarsi al punto da erodere il risparmio e le riserve di guerra.
Senza dimenticare gli stati sovrani abituati al motto “metà forse te la ridò e l’altra la prometto, saludos!”
Con simili prospettive meglio un reddito zero che carta straccia.
Logica conseguenza il mattone brilla ancora!
Al punto che i valori degli immobili a reddito continuano ad aumentare sbilanciando l’intero comparto.
Si costruirà perciò ancora alla grande ma per fortuna in zone urbane generalmente ben servite. Ma questa maggiore disponibilità svuoterà l’esistente con conseguenze poco simpatiche, una su tutte, la contrazione della voglia d’investire nell’esistente già soffocata da norme asfissianti.

Alla fine non ci resta che avere fiducia nei gestori e nella loro professionalità e fare loro il tifo.
E far tifo anche alle aziende di cartello, quelle multinazionali della farmaceutica che generano utili miliardari e che formano l’asse portante del risparmio previdenziale.
Non solo per noi ma anche per l’erario.
Ma che diciamo, siamo sempre ancora noi!

Uno dei problemi del comparto immobiliare è il risanamento del costruito prima della metà degli anni settanta. Per delimitarlo potremmo far leva sul termine “il trentennio dorato”, il periodo della ricostruzione dell’Europa e della sua industrializzazione.
Questi palazzi sono oggi maggiormente in difficoltà perché pressati da uno sfitto dilagante.
Ci pare già di sentire le accuse dei soliti che presidiano “il nido del cuculo”.
Non si è investito a sufficienza, si sono spremuti i palazzi e via dicendo!
Potrà anche essere parzialmente vero ma è pur vero che siamo in parecchi nella sala d’aspetto.
Investitori a reddito, condomini, proprietà statali, cooperative e patrimoni immobiliari degli istituzionali casse pensioni comprese.
Ora all’incertezza delle norme ed alla pressione del mercato si sono aggiunte anche pressioni di tipo politiche come l’indirizzo unilaterale al contenimento del dispendio energetico, dimenticando l’obsolescenza generale e limitando nel contempo lo spazio di ripercussione degli investimenti sull’utenza.
Fra l’altro vale per tutti i soggetti economici elencati sopra.

Per quanto riguarda il solo dispendio energetico si calcola 1,4 miliardi all’anno per il suo contenimento, che contrariamente a quanto si sostiene, graverà solo in parte sugli inquilini.
Infatti una parte verrà compensata con la redistribuzione dei proventi della tassa sul CO2 alla popolazione e attraverso la cassa di compensazione dell’AVS.
Il quesito di base che oggi va alla grande: quale intervento si potrà considerare come miglioria e quale solo come manutenzione?
Il primo può essere eventualmente utilizzabile per un aumento della pigione secondo legge mentre il secondo scompare…
L’indirizzo è quello, non si scappa!
La tendenza odierna: facciamo in modo che la quota degli interventi riconosciuta come miglioria si riduca il più possibile.
Perché invece di una quota media del 60% delle spese di migliorie potenzialmente ripercuotibili non la limitiamo per dottrina al 40% o magari meno?
Chi la propugna è facile da supporre!
Da chi si occupa degli inquilini fino a chi si occupa di detersivi!

Ingabbiato nel mercato, nelle norme stringenti ed in taluni casi fuori dalla fattibilità finanziaria ed operativa il proprietario privato ed istituzionale, malgrado i tassi ipotecari ancora bassi, si interroga. Vale la pena o non vale la pena intervenire?
La logica conseguenza è che parte del datato arrischia così di scomparire dal radar delle commesse, avviandosi ad un lento e sicuro degrado.
Un po’ come il corpo umano quando gli interventi tentano di arginare il venir meno delle forze.
Anche se va pur detto che buona parte di noi punta all’allungo costi quello che costi.
In definitiva meglio tirare a campare che tirare le cuoia!
Ma anche l’allungo purtroppo avrà una scadenza.
Ma ritorniamo al bene immobiliare.

Anche perché la vetustà, oltre che strutturale, è anche funzionale.
Nella prima cedono impianti e strutture, nella seconda la pezzatura e gli infissi non reggono il mercato.
Per farla breve aggiornare è un’impresa costosa e complessa.
Tutto quanto per dire che un terzo dei volumi, compresi quelli che compongono i nuclei originali, ballano con i lupi!
Fuori danza ovviamente il pregiato in zone esclusive!
O gli immobili di buona fattura ed in posizioni pregiate.

Al tutto si è aggiunta l’iniziativa dell’associazione degli inquilini che potrebbe ulteriormente mortificare l’entrata in materia dell’eventuale aggiornamento anche solo dal profilo energetico.
Chi riceve sussidi per l’intervento, in genere compresi fra il 10-20% dell’investimento non potrà far valere quanto resta come miglioria. Se poi aggiungiamo la volontà di considerare quasi tutti gli altri costi dell’aggiornamento come manutenzione, quelli per intenderci tesi a tamponare la perdita di appetibilità, alla voglia d’investire salta la catena.
Per farla breve, indipendentemente dal mercato, la ripercussione verrà ridotta all’osso.
A latere vi è sono anche due ulteriori considerazioni da tener presente.
Gli istituti finanziari saranno estremamente attenti nel concedere finanziamenti per risanamenti incisivi esaminando con rigore la loro fattibilità e la sostenibilità tenendo presente lo sfitto strutturale di zona.
La competizione arrischia così di diventare ancora più serrata fra il nuovo, il rinnovato e il datato.
Sempre poi che il paese tenga!

Ma cosa vuole questa iniziativa?
Fare in modo che un decimo della produzione annua sia destinata alle cooperative!
Quindi enti di utilità pubblica che per essere messi sui binari avranno bisogno del sostegno pubblico che verrà concesso ovviamente a precise condizioni: mercato teso, prodotti semplici e sobri, gestione trasparente, assegnazione rigorosa degli spazi, un minimo di finanziamento da parte dei cooperativisti e via dicendo.
Inoltre la partenza ed il primo ventennio dal profilo dei costi è come quello d’un operatore normale a meno che un proprietario privato regali il terreno edificabile in zona intensiva (a più piani) o lo metta a disposizione a prezzi stracciati riducendo così il costo del prodotto.
Sinceramente poco probabile.
Del resto la soluzione prospettata dagli “iniziativisti” fra l’altro correttamente esposta, fa leva sulla messa a disposizione di sedimi pubblici in regime di diritti di superfici a condizioni di favore, in pratica gratuiti.
Hai capito?
Terreni strategici nel semi-centro che non solo valgono una fortuna perché sempre più rari, ma che potrebbero venir utilizzati diversamente per esempio per qualificare isolati e soddisfare destinazioni già fissate o più urgenti.
Svago e riposo, formazione, integrazioni con altre destinazioni, spazi sociali e via dicendo.
Poi diciamola tutta!
Sono sedimi strategici che appartengono alla comunità che guarda caso siamo sempre noi!
Sono alcuni considerazioni che andranno ad aggiungersi a quelle che emergeranno nel corso del dibattito prima della votazione che è stata fissata per il 9 febbraio quindi dopo domani!
Inutile precisare che siamo contrari e non per partito preso.
Siamo nel comitato contro l’iniziativa ma a favore dell’aumento di 250 milioni da destinarsi alle cooperative d’abitazioni.
Un fondo di quasi 1'900 milioni ad oggi non ancora completamente utilizzato a riprova che non vi è la domanda dei richiedenti.

Del resto sono contrari i partiti borghesi, le camere, il Consiglio Federale e le associazioni economiche di riferimento.
Per non tirala per le lunghe riportiamo il COMPENDIO del messaggio del Consiglio Federale.
Ci sembra già molto chiaro.
Confidiamo anche sul supporto dell’edilizia specialmente quella che fa leva sui risanamenti incisivi ed anche da parte dei Comuni che verranno sommersi da petizioni, interrogazioni e mozioni.
I 250 appartamenti all’anno andranno pur spalmati da qualche parte, probabilmente sulle cittadine ticinesi e sui Comuni a corona.

A suo tempo il nostro paese finì nel tritacarne dei paesi europei e non solo di quello. L’accusa: favorite le (nostre) multinazionali praticando aliquote di favore.
E siamo nel capitolo del fisco.
Se non accettate stracciamo qualche inserto degli accordi!
Il messaggio fu recepito e si provvide ad allineare le tassazioni per le persone giuridiche lasciando però spazio ai Cantoni come da costituzione.
Io allineo e voi arrangiatevi, avete la cassetta degli attrezzi!
Per far digerire la modifica al popolo fu confezionato anche un “cofanetto sociale”, sapendo che i soliti progressisti avrebbero lanciato il consueto referendum.
Ormai sport di palestra al grido “No ai privilegi, vogliamo spacchettare” oppure il classico “saremmo anche d’accordo ma non così”

Ora tocca a noi ticinesi attingere ai ferri della cassetta per non finire nel gruppo ristretto dei ritardatari se non degli ultimi della classe in fatto di imposizione fiscale cantonale.
Come sapete recentemente il nostro Parlamento ha avallato una riforma fiscale in tal senso, proposta all’unanimità dal Governo, spalmata comunque sugli anni per renderla più simpatica, accompagnandola con l’impegno politico di supportarla con pacchetti collaterali, destinati alla socialità ed alla formazione
Noi facciamo le cose alla grande: doppio cofanetto!
Ed ora ecco il classico referendum con tutte le litanie del caso.
Aspettiamoci quindi i confronti a frasi fatte e farcite da fumose denunce.
E pensare che basterebbe come sempre attenersi all’evidenza dei fatti.
Il vero ed il falso e la posta in gioco!
E se provassimo una volta a fare lo sgambetto a noi stessi.
Resteremmo gli ultimi della classe ma ci faremmo inizialmente una gran ghignata!
Boh! Forse è meglio non rischiare anche per non passare per gli scemi del villaggio o meglio, più elegantemente, di dover correggere le conquiste sociali e magari intervenire su qualche carrozzone a cuore aperto per mancanza d’ossigeno.

La competizione per la conquista degli scranni federali è finalmente terminata. A parte le solite liste di folclore abbiamo assistito a diversi sposalizi. Alcuni di ricorrenza ed uno nuovo di zecca, tutti accompagnati da un stuolo di chierichetti e coristi.
Per quanto riguarda i candidati, sposi e sposine, lifting a manetta da far invidia a qualsiasi SPA.
Nessuna ruga e qualche chilo in meno!
Un mix di cresimandi e di fresche reclute.
Mettiamola pure sul ridere ma pochi si sono chinati del nostro Cantone di periferia strutturalmente in difficoltà e che vive di sopravvenienze e di cosciotti compensativi lanciati da oltre Gottardo.

Ora però speriamo che chi ci rappresenterà anche alla camera alta sia in grado di orientare i gruppi parlamentari sfoderando competenza e reggendo nel contempo la competizione regionale.
L’Altopiano è organizzato!
Lega delle città, dei Cantoni e sedi nazionali delle organizzazioni di riferimento.
Senza dimenticare i vari gruppi di lavoro che preavvisano e sentenziano.


Il Presidente Cantonale
Lic. rer. pol. Gianluigi Piazzini