Da Economia Fondiaria no. 4/2021
Dopo una lunga discussione nella commissione competente il Gran Consiglio ha evaso, proprio sulla base del rapporto commissionale, i ricorsi inoltrati da alcuni Comuni e da istituzioni abilitate. Nel gruppetto per la verità v’era anche qualche nostalgico o convinto sostenitore della propria facoltà di giudizio ma giustamente non è stato considerato.
Ora con l’evasione dei risorsi il Governo potrà inoltrare il Piano Direttore al Consiglio Federale che dovrebbe approvarlo entro la fine di quest’anno. Parrebbe trattarsi di una approvazione a braccia aperte visto che, come si sostiene da tempo, la stessa era già acquisita, al punto che bastava solo chiudere la busta ma che purtroppo qualcuno, inoltrando ricorso, ha inchiodato la più importante scheda del PD congelando così l’invio del malloppo.
Importante prender atto che malgrado il ritardo ora scatterà il cronometro. I Comuni infatti hanno tempo due anni per aggiornare, meglio adeguare, i loro piani regolatori.
Fra Comuni aggregati e nuovi quartieri (ex Comuni) stiamo parlando di oltre 200 piani regolatori!
Prima però i Comuni dovranno presentare una sorta di piano direttore comunale ed il famigerato calcolo della contenibilità per delimitare quanto necessario per una crescita plausibile nei prossimi 15 anni. In poche parole, oltre che a prospettare sviluppo ed ambizione, delimitare e se del caso rasare quelle zone edificabili considerate palesemente in esubero.
Come detto sopra, con l’evasione dei ricorsi è stato anche approvato “indirettamente”, con una leggera limatina, il metodo di calcolo delle riserve edificatorie sia per i terreni liberi che per quelli parzialmente edificati.
Ora non resta ai Comuni che fare i compiti in classe perché le sessioni d’esame sono dietro all’angolo.
Vi sono gli ordinatori con le linee direttive ed ora una maggiore chiarezza sui calcoli con le loro ripercussioni. Senza dimenticare la consulenza, che si spera costruttiva e reattiva del Dipartimento, sempre che le risorse umane necessarie siano poi sufficienti.
Per questo gigantesco aggiornamento qualche città si è già mossa assumendo ex-funzionari del Dipartimento, assicurandosi così padronanza del linguaggio, competenza specifica e relazioni sempre utili per interpretare il “burocratese”. In poche parole i Comuni più importanti hanno potenziato i loro servizi tecnici in funzione anche di questa importanti sfida.
Quelli meno importanti si affideranno probabilmente a qualche consulente oppure consegneranno il “sacco” al Dipartimento stesso con l’avvertenza “ragazzi siamo quattro gatti” pensateci voi!
Assieme alla definizione di “cosa vorremmo fare da grandi”, come già accennato, bisognerà prepararsi alla chirurgia di guerra (taglio dell’esubero) e se del caso a quella più estetica (qui possiamo fare questo, là dobbiamo rinunciare) dove si calibreranno - sempre tenuti per mano - le destinazioni (più case popolari, meno industrie, rinaturalizzazioni, riordino spaziale, piste varie e via dicendo).
A suo tempo come CATEF avevamo proprio cercato di contrastare la centralizzazione delle competenze che andava a minare l’autonomia comunale ampliando il campo d’azione del tecnico ai piani alti!
Il “politico” oggi ormai ratifica dopo averne preso atto.
Viene sì consultato ma non delibera avendo rinunciato egli stesso a diverse competenze a favore dell’esecutivo, nel nostro caso a favore del Dipartimento competente.
Allora utilizzammo il concetto dell’affido della “cassa della sabbia” con la quale molti di noi aveva imparato la geografia cantonale.
Ma dopo l’accettazione della legge sulla pianificazione territoriale con indubbia maggioranza da parte del popolo svizzero, ci siamo messi il cuore in pace e risposto, per il momento, i nostri dubbi nel cassetto.
Affermammo semplicemente che ci saremmo seduti sul muretto per verificare se i nostri timori erano eccessivi o meno.
Ora, iniziata la danza, bisognerà prender atto dell’evidenza dei fatti, come la popolazione che decresce, il sovradimensionamento di talune zone edificabili (residenziali e NON), le richieste d’indennizzo, il dimensionamento ed il raggruppamento delle destinazioni, la dinamiche delle regioni, i settori promettenti e via discorrendo.
Il tutto con precisi quadri di riferimento come gli agglomerati ed i piani settoriali.
Un processo complesso che richiederà tempo, pazienza, delega di competenze e con una organizzazione flessibile e sempre sul pezzo. Una crisi della struttura amministrativa, pur sempre possibile, va a tutti i costi evitata.
Non possiamo permetterci di congelare il paese proprio a cavallo del cambiamento epocale.
Per finire, per essere positivi, formuliamo l’auspicio che questo gigantesco lavoro permetta di creare le premesse per una crescita ragionevole.
In poche parole considerare questo “stress” come una vera opportunità.
Speriamo inoltre che il processo d’informazione non venga spacciato come di consueto come “condivisione” e che la società civile venga sapientemente coinvolta.
Il tecnico sarà pur bravo ma ogni tanto si perde nel contestualizzare e nel soppesare le dimensioni.
Sarebbe anche utile coinvolgere anche “l’esterno” in genere portatore di buon senso e non sempre relegabile nella stanza dell’incompetenza.
Anzi!
Siamo in attesa dei dati sullo sfitto. Non nascondiamo che siamo piuttosto pessimismi alla luce delle dinamiche attuali.
Produzione installata, nuove promozioni al nastro di partenza, sfitto cronico già presente e popolazione decrescente. Pur scontando i limiti del rilevamento dovuto ad un approccio con qualche limite come la segnalazione all’ufficio cantonale di statistica dei proprietari con possibile sfitto tramite il Comune oppure per la pigrizia del proprietario stesso che non ritiene necessario compilare il formulario, il rilevamento c’è e viene accettato dall’ufficio federale che soprassiede a qualche sbavatura essendo interessato più alla serie che alla precisione del rilevamento.
Più che ad evidenziare i limiti del rilevamento ci preme, e non è la prima volta, sottolineare il sottostante utilizzato per il calcolo del tasso di sfitto.
Il sottostante è la totalità degli alloggi costruiti. Una parte destinata ad affitto, da sempre con questa destinazione, alla quale si aggiunge quella utilizzata in proprio.
Per intenderci la casetta, la residenza di vacanza e l’appartamento in condominio occupato dall’acquirente stesso.
È pur vero che anche l’uso proprio potrebbe venir affittato a lungo termine ma ciò rappresenta una eccezione oppure una possibilità veramente remota.
Un discendente potrebbe benissimo mettere a reddito l’appartamento ereditato oppure un pensionato affittare la casetta di vacanza ad un vallerano…
Tutto è possibile a questo mondo.
Ma bisogna aver il coraggio di ammettere che quando si opera con grandi numeri un minimo di coerenza andrebbe pur sempre adottata.
Per esempio quando si confrontano i vari tassi cantonali.
Ginevra è in pratica una città in affitto dove l’incidenza della seconda residenza è quella che è mentre il Vallese è più “confrontabile” vista l’alta incidenza della seconda residenza e delle unità in proprietà.
Ma come sappiamo, malgrado l’alto numero di ricercatori e divulgatori scientifici, raggruppati in qualche centro di competenza, su questo tema si glissa.
Meglio perciò continuare a parlare di tracimante tensione e sogni infranti.
A proposito di sfitto noi siamo convinti che ci porteremo come si sul dire sul tetto del mondo, quelli dei giganti dell’Himalaya, i poderosi 8000!
Una grande preoccupazione è il riposizionamento dell’esistente. Stiamo parlando degli stabili che sono stati costruiti negli anni settanta. Sono stabili in genere ben posizionati e costruiti con lo stato dell’arte d’allora ma che oggi presentano limiti funzionali abbastanza evidenti. Appartamenti in sé tutto sommato generosi ma con servizi considerati oggi non più adeguati oppure con balconcini di superfici ridotte.
Senza parlare delle autorimesse interrate sottodimensionate e “tagliate” per autovetture con dimensioni ridotte.
Allora questa dotazione, va pur detto, era considerata una “chicca”!
Ora ha un limite d’utilizzo con una struttura portante che ne limita la flessibilità.
Immobili ingenerosamente considerati abbandonati a se stessi anche quando ciò non è vero.
Ad una certa età ballano le coronarie e la muscolatura.
Ciò vale anche per gli immobili che possono sì venir sottoposti a qualche lifting, in genere costoso, allungando così l’aspettativa di vita.
A meno di sottoporsi a qualche costoso trapianto!
Sempre con il conforto di una buona localizzazione.
Ma perché siamo ritornati su questo argomento?
Non tanto per la bocciatura della legge sul C02 ma per il fatto che alla luce della prospettata “apocalisse” i programmi a latere verranno sempre più implementati.
Termini per contenere il dispendio energetico, termini per abbandonare il fossile, termini per adeguare lo stile di vita ed altro!
Ora non è più un MUST ma un MUSS al punto che si fa benedire la caldaia nella speranza che non esploda!
Stiamo ovviamente esagerando ma risulta sempre più evidente che i tempi non dipenderanno solo dal mercato ma da altri imperativi tradotti in norme tecniche sempre più stringenti sia per il nuovo che per l’esistente collegate ad un datario secco.
Vedremo di capire cosa passerà a breve il convento.
Collegato al tutto vi è il problema dell’energia che come sappiamo già oggi importiamo e che un domani, con lo spegnimento delle centrali nucleari, dovremo per forza contenere il consumo e dipendere maggiormente dagli altri che per altro si dibattano nel medesimo problema.
Prima noi poi voi!
È un problema che viene continuamente fatto emergere ma sempre con una certa cautela quasi per esorcizzarlo e restare nel contempo speranzosi. Il mantra: ce la caveremo di sicuro e del resto siamo i primi della classe ed al limite faremo ballare la pecunia, almeno così si ragiona.
La realtà è ben diversa. Il fabbisogno, come detto, si allargherà paurosamente ed il rischio di dipendere da altri aumenterà di conseguenza.
Il “prima i nostri” varrà ad ogni sportello.
Senza dimenticare il rischio blackout.
Spegnimento a catena di tutto fatta eccezione di qualche sala operatoria o d’impianti speciali sempre che i motori d’emergenza poi partano!
Per quelli di vecchia generazione v’è da sperare che abbiano ancora il serbatoio pieno.
Sono situazioni che però non preoccupano più del tanto l’opinione pubblica ma basterebbe togliere le valvole della propria abitazione per una giornata per capirci.
Oppure non poter ricaricare il proprio telefonino.
Senza poi proiettarsi ancora sull’infrastruttura pubblica.
Va da sé che questo problema investe non solo l’economia fondiaria ma l’intera società dei consumi e l’imprenditoria.
Quindi andrà seguito da tutti con particolare attenzione.
Come è ben noto le economie mature e qualche satellite hanno deciso di introdurre una tassazione minima degli utili aziendali da applicarsi dove sono stati generati. Il modello è un tantino più complesso e si applica per esempio solo per chi ha una certa cifra d’affari ed è in genere attivo in varie parti del mondo. Per taluni “staterelli” e per qualche Cantone una rottura di scatole. Non tanto per noi visto che siamo ancora al disopra dell’asticella ma anche per la Confederazione che teme una ottimalizzazione fiscale dei BIG e qualche “emigrazione” in mercati più promettenti.
A proposito dell’asticella! Il fatto che noi la superiamo certifica per lo meno due cose: siamo in zona neutra anche se un tantino carucci (chi c’è, c’è, così almeno si spera) e la possibilità di essere più attrattivi va però a farsi benedire.
Le spese di funzionamento sono quelle che sono a meno di sottoporle tutte ad un profondo riesame che di per sé sarebbe sempre necessario tentando così di allocare meglio le risorse creando qualche spazio di manovra.
Siamo sempre nel campo imprenditoriale.
Per quanto riguarda invece le persone fisiche, la loro imposizione resta e resterà ancora affidata alle singole istituzioni.
Sarebbe poi l’ultima sponda dell’autonomia.
Da noi il fatto che vi sono persone con una certa fortuna dà fastidio a qualche anima bella con pensione biturbo come pure a qualche dirigente di forze politiche deputate a garantire giustizia distributiva malgrado quest’ultima sia ampiamente assicurata e finanziata.
Al singolo ed alla comunità.
Basti pensare alla rete sociale installata, che nessuno ha al mondo, ed al capitalismo diffuso.
Come, capitalismo diffuso?
Certo, basti pensare ai servizi installati accessibili a tutti ed al previdenziale che oltre ad appoggiarsi all’immobiliare si appoggia in buona parte al quotato in borsa!
Tutto quanto per dire che il capitalismo diffuso, oltre che al benessere acquisito, va difeso con intelligenza senza inutili strappi o provocazioni.
Per quanto riguarda i cosiddetti “miliardari”, che in buona parte non sono patrizi, è meglio tenerceli vicini.
E lo sono perché hanno come riferimento gruppi internazionali da loro fondati, irrobustiti nel tempo od affidati a sapienti mani!
Quindi aziende “pilastro”.
Un nome a caso: la Roche!
Ma non solo quelli ma anche chi ha saputo preservare od aumentare la fortuna propria o di famiglia grazie alla cultura aziendale e conoscenza delle regole d’oro del risparmio e dell’investimento.
È la forza motrice del paese!
Quindi non andiamo a lanciare segnali controproducenti come nel caso della votazione prevista a fine settembre.
Già becchiamo colpi dall’esterno, non aggiungiamoci dei nostri.
Tanto per meritarci qualche riga di cronaca del sapore “riparatorio”.
Non siamo mai stati affamatori di popoli o democratici con falce e martello!
Siamo stati sì avveduti ma non è un titolo di demerito.
Quindi votiamo contro a questa iniziativa (l’iniziativa 99%) facendo nostro anche l’invito del Parlamento che teme persino la messa a rischio degli impieghi.
Il Presidente Cantonale
Lic. rer. pol. Gianluigi Piazzini