Da Economia Fondiaria no. 2/2023

I conteggi delle riserve edificatorie sono in atto. Censori vari e cantori della grande bruttezza sono in grande agitazione per poter per l’ennesima volta sbandierare ai quattro venti che si è costruito troppo e malamente. Il tutto in un quadro di riferimento di gran goduria - quello della riserva in eccesso - che richiederà una bella rasatura delle zone edificabili. Ma è proprio così?
Intanto è sempre bene ricordare che una parte importante di questi censori erano ai tempi pianificatori, a qualcuno piacerebbe anche il termine “urbanista” ma visto il livello andrebbe utilizzato con parsimonia per cui è meglio soprassedere, e che oggi sono a bordo campo con i timbri ancora fumanti in mano.
Diversi affermano oggi che allora imperversava la speculazione selvaggia che li ha costretti a chinare il capo. Insomma non è andata proprio così!
I primi piani regolatori furono impostati nel trentennio ruggente con tassi di natalità ragguardevoli.
Il paese cresceva economicamente e demograficamente.
Si dovette anche annodare quanto edificato a macchia di leopardo che oggi si potrebbe definire come fuori zona.
Inoltre sempre negli anni settanta si introdussero degli indici di sfruttamento troppo restrittivi, forse per contenere la speculazione che si considerava si insediasse in ogni anfratto.
I limiti guida: nell’intensiva 7 piani IS 0,8 – 0,9, nella semi intensiva 4 piani IS 0,5 – 0,6 e nella estensiva (casette) 2 piani 0,3!
Quindi si ragionò e si calcolò la necessità di spazi con ipotesi che allora furono condivise.
Pochi anni dopo si introdusse in verità qualche correzione al rialzo ma ormai la frittata era stata fatta.
Ed ora come la mettiamo? L’intensivo, a parte qualche terreno impegnativo, è stato prosciugato. Si dovrebbe al limite cercare di densificarlo ma solo a pensarlo si arrischia di essere messi all’indice. Nell’intensivo gioca un ruolo perverso anche la pletora di immobili e villotte protette che impediscono di fatto qualsiasi tentativo di implementare valorizzazioni più a largo respiro.
Per quanto riguarda il semi intensivo, il quattro piani tanto per intenderci, siamo pure agli sgoccioli. Nelle zone dove la domanda è presente le riserve in terreni liberi sono già in parte esaurite.
Restano le casette, in genere attorniate da terreno in esubero, quel tanto che allora il ceto medio poteva permettersi e che oggi alimentano buona parte delle riserve.
Sono zone che resteranno inchiodate alla loro destinazione e che non si prestano alla costruzione di immobili a reddito, anche se nel frattempo gli indici nell’estensivo sono stati aumentati ed oggi navighiamo attorno allo 0,5 per tre piani.
Quindi le riserve di valorizzazione nell’estensivo sono ancora rilevanti anche se congelate dall’uso proprio e dalle superfici contenute delle particelle.
Parte di queste considerazioni le potremmo anche utilizzare, seppur con minor intensità, per il semi intensivo. Il famoso 4-5 piani!
Ritornando all’intensivo non dobbiamo dimenticare i nuclei originali che sono congelati nella volumetria esistente.
Fra l’altro proprio nei nuclei si registrano indici di sfruttamento reali ben al di là da quelli fissati nei PR di cui sopra. Ai tempi si era più parsimoniosi!
Ed ora che facciamo?
V’è da augurarsi che almeno l’intensivo venga mantenuto e conteggiato con molta prudenza. Insomma che non venga ridotto.
È lì che si concentra la domanda in locazione.
Ma vi sarà lo spazio di manovra? V’è da sperare, anche se i continui rilevamenti da primi della classe hanno stabilito che le riserve sono notevoli.
In poche parole ci siamo sparati sui piedi.

Ogni tanto veniamo interpellati sull’andamento del mercato e le prime considerazioni che ci balenano in testa sono che l’euforia è passata e che il mercato sta rientrando lentamente nella norma. La domanda è ovviamente sempre presente, del resto quando ad uno si chiede se desidera diventare proprietario, la prima risposta è generalmente positiva; poi dopo qualche considerazione aggiuntiva e qualche calcolo, la risposta si sfuma da sé. Del resto la domanda è diventata più riflessiva alla luce del costo del denaro quasi triplicato ed ai prezzi non sempre accessibili. È giusto ricordare che l’aumento dei prezzi è riconducibile in buona parte all’aumento del costo dei materiali e dell’energia che in taluni casi ha sfiorato il 10% del costo di costruzione malgrado una produttività installata sui cantieri da far spavento. Qualcuno di noi si ricorda ancora del “bocia” che aiutava a fare il cemento od al carpentiere che predisponeva i casseri. Pala e martello!
Oggi l’organizzazione ed i macchinari installati sono lì da vedere.
Esistono le solite preoccupazioni quando si parla di mercato. Intanto la nuvolaglia di indici e sotto-indici che scompigliano le idee inducendo a confondere gli affitti con i prezzi, senza inoltre soppesare a sufficienza le differenze regionali (valli - città - altopiano - agglomerati).
A parte queste preoccupazioni che in definitiva non sono poi esistenziali, ne esistono due che hanno ben altra valenza. La prima è l’andamento demografico e la seconda è la tenuta del paese.
Per ora la crescita demografica, in quanto ci sia, è trascinata dalla migrazione e la tenuta del paese è agganciata ad una resilienza sempre più fragile.
Intendiamoci non siamo alla scomparsa dei somieri, dell’industria del granito, del tabacco e della chiusura degli opifici tanto per risalire a tempi più lontani.
Ma qualche scricchiolio è più che percettibile.
Per quanto riguarda il salvagente della migrazione prima o dopo bisognerà interrogarci sulla migrazione selettiva e di qualità.
Sono termini ormai utilizzati in diverse nazioni in barba al politicamente corretto.
Siamo i soliti pessimisti? Sempre meno dei perenni “evidenziatori” delle varie fragilità del paese che esternano di solito dal nido del cuculo.
Quel piacere malsano della “Schadensfreude”.
Ma per tirar su il morale prendiamo atto che il costo del denaro si è stabilizzato e che quanto prima incomincerà a scendere.
E come la storia ci insegna ce la siamo sempre cavata in situazione ben peggiori anche se molti dovettero allora far le valige e stringere i denti.
Ed è in ricordo di queste persone che dobbiamo impegnarci a fare in modo che questo straordinario lembo di terra non ci sfugga di mano.
Ed allora premiamo la competenza e l’evidenza dei fatti.
Basta frottole e tavoli di chiacchiere.

In occasione di una recente trasmissione radiofonica ci è stato permesso di ribadire la nostra preoccupazione per l’aggiornamento dell’edificato e per la professionalizzazione della gestione. Intanto è nota a tutti, anche se i contenuti non sono oggetto di riletture notturne, la mole di documenti promossi o messi in consultazione per il contenimento del dispendio energetico, che contengono ovviamente norme e termini impegnativi.
Il tutto impastato nel piano energetico cantonale il cui aggiornamento è appena stato posto in consultazione. Non ci sarà molto spazio perché la competenza è del Governo e dei funzionari addetti all’applicazione.
Giusto però farci sentire.
Per il datato le preoccupazioni come sappiamo sono in buona parte condivise dall’ufficio federale competente.
Stabili esausti e funzionalmente fuori mercato se ben ubicati, ed in genere molti lo sono, vanno demoliti e ricostruiti. Un invito fra l’altro condiviso anche dalla pianificazione che punta al centripeto di qualità traducibile principalmente nell’edificazione ex-novo.
Si può anche prospettare una politica di tenuta, ma contro la vetustà e le aspettative di vita c’è poco da fare.
Una OPEL OLIMPIA degli anni sessanta pur montando un nuovo motore, freni a disco, climatizzatore, dispositivi di sicurezza ed altro ancora resterà sempre una OPEL OLIMPIA.
Un investimento che faticherebbe in tutti i casi a reggere il mercato.
Non è così per gli immobili di pregio, roba da alto standing ed accessibile solo ad una cerchia ristretta di utenti.
E per fortuna che ci sono!
Quindi una parte importante di questo tessuto urbano è sotto la tettoia in attesa di poter valutare le norme e le tempistiche fissate a livello cantonale, nazionale ed ora anche europeo dove si sta facendo strada la classificazione come per le vetture e gli elettrodomestici.
Chi non riuscirà a soddisfare le norme nell’arco temporale stabilito si vedrà penalizzato.
Fino al divieto di vendita!
Con questo clima di confusione ma con il conforto di un terreno che ha maturato negli anni una confortevole plusvalenza uno si mette nella sala d’attesa limitandosi allo stretto necessario privilegiando anche la cosmesi intelligente che testimonia pur sempre il titolo di proprietà.
Poi che ci pensino al limite i figli!

Una seconda preoccupazione emersa nella discussione è quella della professionalizzazione della gestione.
Oggi gestire uno stabile non è facile e di questo bisogna prenderne atto.
Un conto è una palazzina ed un conto è un complesso residenziale.
Del resto anche gli istituzionali, sindacati compresi, esternalizzano la gestione del loro patrimonio.
E se non è il caso organizzano una gestione professionale in casa con il conforto dell’economia di scala.
Giusto a questo punto ribadire che gestire oggi uno stabile con una rotazione incredibile, con norme sempre più stringenti, con un diritto di locazione complicato e con i servizi tecnici necessari, richiede una notevole professionalità.
La conseguenza come del resto nella maggior parte dei servizi (dagli sportelli al digitalizzato numerato) è che si perde in parte il contatto diretto con l’utenza.
I tempi del contabile di famiglia o della Signora proprietaria (la vera capofamiglia) si stanno purtroppo vaporizzando davanti all’incalzare della realtà delle cose.
Intendiamoci non è la fine del mondo, anzi potrebbe anche significare una gestione raffinata e per nulla aggressiva, ma ormai anche per tanti nostalgici conservatori, come chi scrive, i palazzi usciranno con il tempo dalla gestione familiare.
Non da ultimo perché una società d’amministrazione ha in genere un bacino d’utenza maggiore per supportare l’occupazione con un costo del servizio tutto sommato ragionevole.
Siamo attorno al 5%!

È uscita l’ennesima tabella che attesta la pressione fiscale sui redditi delle persone fisiche e sugli utili aziendali. In tutte siamo in fondo classifica. Insomma martelliamo mica male. E non è tutto. Pochi giorni fa è stata pure pubblicata la tabella che riporta l’imposizione del capitale prelevato dalla cassa pensione e che tanto per cambiare per importi importanti ci vede ancora una volta fra coloro che li tassano maggiormente.
A proposito tutte queste classifiche sono elaborate a livello nazionale e sono pubblicate non solo su riviste specializzate ma nientepopodimeno che sulla NZZ.
L’ammiraglia dei quotidiani che annovera sicuramente fra i suoi lettori diversi ticinesi.
Eppure nessuno fiata!
La verità è che non siamo per nulla concorrenziali ed attrattivi.
La pattuglia al comando, capitanata da decenni dal Canton Zugo, è ormai fuggita all’orizzonte.
Quindi non vi è più trippa!
I benestanti, che non devono essere per forza inattivi, oltre a pagare fiori di quattrini presentano relazioni utilizzabili e hanno in genere ancora interessi aziendali.
Ma questo giardinetto va curato ed alimentato.
E di questo si occupa l’erario che cerca in tutti i modi di francobollare questa dotazione.
Ovviamente questo delicato compito esige la massima discrezione se non il classico silenzio stampa.
Questa dotazione fa gola a tutti specialmente a quelli dell’alta classifica per cui lo “starnazzare” sarebbe completamente fuori luogo.
Il rischio è che essendo già alle prese con una necessità di rientro nella gestione corrente, la manovra di per sé già difficile lo diverrebbe maggiormente se solo venisse meno l’apporto di questa sparuta categoria.
Ora lasciamo passare queste votazioni dove ognuno si profila come salvatore della patria e come navigato gestore di legge ed applicazioni.
Ma al “fatti più in là che sono più bravo io” con un albero stracolmo di bocce è un compito arduo ed esposto alla legge del pendolo.
Il consenso si scioglierebbe come neve al sole.
A proposito noi ci mettiamo un attimo sul muretto non da ultimo perché i tavoli delle chiacchere servono a poco e come borghesi preferiamo proteggere il nostro ruolo istituzionale.
Infatti se diamo la parola talvolta pur digrignando i denti noi la manteniamo e dobbiamo renderne conto solo a chi da decenni ci ha dato fiducia.
Cioè a voi!
Ora davanti alla impossibilità di tartassare maggiormente abbiamo fatto bene a “pasturare”.
Stiamo parlando ovviamente delle stime.
Siamo stati i primi a lanciare il termine della “neutralità” ora sposata a diversi livelli.
Con due mozioni di cui abbiamo dato risalto in Economia Fondiaria e con l’iniziativa popolare pilotata da esponenti dei partiti borghesi il termine è diventato d’uso comune.
Peccato solo che nella foga della raccolta delle firme siano state esposte cifre da capogiro che verranno utilizzate nell’ambito delle varie discussioni.
Ora è però importante che il Parlamento liberi le risorse finanziarie chieste dal Governo per aggiornare la sistematica del rilevamento nata ed applicata un ventennio fa!

Il clima elettorale è entrato nel rush finale. La politica veicolata da persone talvolta allo sbaraglio e sottoposte a defatiganti prove d’ammissione, da programmi non verificabili e dal solito turbine di promesse che nella maggior parte dei casi sono impossibili da mantenere. Senza dimenticare le frasi da disco rotto e la presenza degli inossidabili. Quelli della ghiotta occasione per mettersi in vetrina per una quindicina di giorni.
Ma la colpa è anche dei partiti e dei formatori d’opione che hanno premiato più la parola che i fatti dando anche troppo spazio alle minoranze delle minoranze che ingolfano la governabilità del paese con una miriade di atti parlamentari ed iniziative varie.
Ciò non giustifica però il disinteresse o l’astensionismo. Dobbiamo affidare il paese a persone competenti per fare in modo che il paese non sprofondi nella mediocrità.

Il Presidente Cantonale
Lic. rer. pol. Gianluigi Piazzini