Da Economia Fondiaria no. 6/2018

Il recente studio della Banca Cantonale di Zurigo conferma, se ancora ce ne fosse bisogno, il preoccupante aumento dello sfitto a livello nazionale. Lo fa cifrando anche il mancato incasso d’affitti ed azzardando un tasso d’assorbimento per riassorbire lo sfitto. Per l’intero territorio nazionale si prospettano due anni mentre per alcune regioni l’assorbimento richiederà tempi maggiori. Per Lugano si prevedono 7 anni, per Bellinzona 4, per Locarno e Mendrisio 10 e per Chiasso addirittura 17!


Sinceramente ci sembra che gli analisti della BCZ abbiano calcato la mano senonché anche altre città della Svizzera si trovano confrontate con dello sfitto, persino quelle con una domanda ancora intatta come Zurigo e Ginevra.

Lo studio come anticipato cifra anche i mancati introiti. Per Lugano 18.3 milioni annui, per Bellinzona 6.7, per Locarno 6.3, per Mendrisio e Chiasso 8.9!

Per un totale di una quarantina di milioni. Noi stimavamo per l’intero Ticino fra i 50-60 milioni quindi nel complesso siamo in riga.

Quanto da tempo affermavamo trova purtroppo conferma. Un tasso di sfitto che si autoalimenta, spalmato a livello nazionale, cantonale e regionale, che assicura per lo meno una disponibilità per tutte le tasche anche se ciò rappresenta un doloroso immobilizzo a reddito zero!

Sarebbe corretto analizzare il metodo adottato dagli analisti di Zurigo ma ormai risulta evidente che vi è un’offerta eccessiva che si confronta con una domanda che nicchia se non arretra.

Che il mercato incominci a correggere lo certificano tutti gli indici ed i rilevamenti.

Gli affitti di mercati scendono, le compravendite generano utili minori, qualche attore scompare dal mercato ed è impressione generale che i nuovi cantieri, almeno quelli più importanti, fatichino a partire.

A questo punto è inutile approfondire più del tanto, siamo spiaggiati.

 

Ma come mai si è arrivati a tanto? Incominciamo con il dire che l’enorme liquidità creata per tamponare lo sconquasso dell’ingegneria finanziaria - una scommessa sulle spalle del risparmiatore - ha esondato il mercato gonfiando i valori reali fra i quali quelli immobiliari. Soldi per tutti e beatificazione del debito.

Ma quale investimento ha dato maggiore soddisfazione e sicurezza?

Sicuramente l’investimento immobiliare che, è bene sempre ricordare, offre un reddito mensile e rappresenta, nel caso dell’uso proprio, un pilastro per la propria previdenza.

Tutte cose che ci siamo già detti più volte.

Mettiamola così: le disponibilità sono state convogliate in parte nel mattone e non confinate nella valigia dei sogni del risparmio gestito.

L’aspetto più interessante di questa voglia d’investire è stato senza dubbio l’aumento spettacolare in pochi anni della quota dei proprietari dell’abitazione ad uso proprio.

Più proprietari e meno inquilini!

Era un obiettivo piuttosto sbiadito del politico, ma l’interessante costo del denaro ed una produzione mirata accompagnata dallo sdoganamento della proprietà condominiale hanno smosso le acque.

L’atteggiamento intelligente e la prontezza ad assumere qualche rinuncia hanno dimostrato che il cittadino sa cogliere le opportunità e soprattutto che ragiona sui tempi lunghi senza impigliarsi nel continuo avvelenamento di giornata.

Del resto non è tanto la proprietà singola a preoccupare. La stessa viene utilizzata dal proprietario stesso che come sappiamo è sempre pronto a difenderla, costi quel che costi!

E se non ha la necessità di venderla se la gusta per un paio di generazioni.

Anzi ci spingiamo oltre! Chi ha ancora le disponibilità necessarie non dovrebbe rinunciare ora alla propria volontà di diventare proprietario. Vi è ampia scelta per ottimalizzare le proprie esigenze ed il costo del denaro resterà a corto termine ancora inchiodato.

In poche parole la finestra è ancora aperta con l’avvertenza però di rivolersi agli affidabili e referenziati.

Informarsi senza pudore. 

Estratti vari, esperienze, fonti di finanziamento e quant’altro. 

 

Ma tutto questo sfitto a cosa è dovuto allora? Meno di quel che si pensi alla produzione a destinazione condominiale che potremmo cifrare fra il 10-15% del disponibile, ma piuttosto alla produzione messa a reddito, quella per intenderci che fa perno sui complessi residenziali.

Ma come è stato possibile questo sforamento visto che si tratta di un fenomeno nazionale?

Di sicuro l’effetto stantuffo della crescita della popolazione residente e della forza contrattuale di una immigrazione particolarmente qualificata ha avuto un ruolo importante.

L’effetto è stato però accompagnato, se non irrobustito, da una disponibilità di capitale a costo ridotto e dalla poco brillante resa dell’investimento “carta”.

Per farla breve l’investimento immobiliare divenne un “must” al punto di accettare rendimenti non più in linea con la dottrina.

Ai privati, in genere abbastanza prudenti, si sono affiancati negli ultimi anni gli istituzionali.

Anzi ultimamente sono rimasti proprio solo loro ad alimentare la produzione su larga scala mentre i privati si sono parzialmente ritirati.

Va aggiunto il fatto che i cantieri richiedono tempi lunghi e che per passare dalla fase intenzionale a quella realizzativa bisogna anche aggiungere diversi tempi morti.

Specialmente per operazioni in zone interessanti, ben servite ed attrezzate.

Oramai assistiamo ad un fiorire di petizioni, ricorsi e richiami alla qualità con l’avvertenza che solo pochi eletti la possono garantire.

In taluni casi si è preferito puntare alla periferia dove oltre al costo del terreno meno incisivo il rischio della resistenza fumogena degli illuminati risulta meno presente.

E purtroppo non sempre in linea con le esigenze ubicative dell’utenza.

Qualcuno mormora che un effetto seppur marginale l’abbia giocato anche il processo pianificatorio.

Dezonamenti probabili, obbligo di costruire in presenza di interesse pubblico preponderante, obbligo di aggiornare i piani regolatori, gruppi di lavoro attorno alla cassa della sabbia in riflessione perenne ed altro ancora.

Giusto sempre ricordare che quanto edificato e quanto si sta ancora edificando avviene sulla base di piani regolatori approvati a tutti i livelli malgrado qualche “timbratores”, ora pensionato, si dichiari oggi molto scettico ma di sicuro poco pentito.

 

Ora torniamo a bomba! Molteplici sono stati gli elementi, come abbiamo visto, che hanno centrifugato il mercato al punto da oscurare l’elemento prevalentemente speculativo che ricordiamo poggia sempre sulla dottrina dei tempi lunghi.

Ha prevalso in effetti più la necessità di piazzare il risparmio raccolto soprattutto quello gestito in alternativa alla “carta” ed al rischio valuta.

Infatti, come detto, i grandi committenti dell’ultima vogata sono stati proprio gli istituzionali.

Le casse pensioni, le società immobiliari quotate in borsa, i fondi immobiliari e le società di piazzamento.

Persino le casse pensioni dei sindacati.

Soggetti economici che fra l’altro sono controllati dalle autorità monetarie dato che si rivolgono al risparmio gestito od a quello previdenziale.

Quindi i committenti sono stati operatori privati ed istituzionali.

I primi in genere sorretti dal credito bancario ed i secondi molto meno perché guazzanti nella liquidità da piazzare, quindi immunizzati contro un improvviso aumento del costo del denaro.

Questi sono i committenti che hanno assicurato buona parte delle commesse alla nostra edilizia la quale non ha fatto altro che onorare i mandati.

Mica potevano dire, occhio al mercato!

 

Ora da tempo le autorità finanziarie sottolineano la situazione preoccupante nel comparto degli immobili residenziali a reddito con redditività a pelo linea di galleggiamento.

La conseguenza è che prima o poi i valori espressi andranno corretti in modo anche pesante.

Non una semplice limatina di rientro. La stessa dipenderà dalla disponibilità del capitale nel continuare a privilegiare nel tempo il cuscino ruvido ma sicuro del mattone rinunciando in parte ad altre fonti di reddito.

E come ben sappiamo è sufficiente una leggera brezza sui rendimenti per ritornare in buona parte all’investimento carta e questo ritorno di fiamma dipenderà proprio dagli istituzionali che movimentano centinaia di miliardi.

Va comunque sempre tenuto presente che questi soggetti economici, fatta eccezione di quelli attivi solo nell’immobiliare, devono sempre investire cercando di minimizzare i rischi.

Un compito difficile e chi rafforza le posizioni senza perdere i nervi è già un bullo.

La grande incognita?

Il costo del denaro ed il suo probabile aumento.

Tempi ed angolo di risalita!

 

Ma ora parliamo delle conseguenze.

Una delle chiavi di lettura, l’unica di per sé positiva, è che c’è disponibilità per tutti.

Dal “vista lago” al “profumo dei pini”.

Disponibilità che per un po’ di tempo dovrebbe dissuadere chi strumentalizza il problema dell’alloggio che sotto le elezioni è per consuetudine oggetto di raccolte firme oppure diventa uno dei 10 elementi del classico programma elettorale.

Del resto non per nulla, vista la situazione, le commissioni delle camere federali sono orientate a bocciare l’aumento del credito quadro decennale per gli enti di interesse pubblico che si impegnano a costruire alloggi sobri con destinazione vincolata. Credito che fra l’altro non è stato ancora pienamente utilizzato.

Per il resto… buio oltre la siepe.

Per il risparmio gestito e non solo per quello, si prospettano correzioni di valore da parte del mercato stesso e da parte degli istituti di credito.

Correzioni che indurranno alla massima prudenza consigliando la chiusura a riccio.

La verifica sarà tesa in primo luogo a sincerarsi del valore di copertura del credito concesso o del valore comunicato apertamente. Il patrimonio del nostro fondo vale TOT!

Vedi andamenti borsistici, listini e prospetti vari che trascinano plusvalenze a geometria variabile.

Tutto quanto, almeno per le voci raggruppate, sotto il severo sguardo materno delle autorità monetarie.

Invece per l’investimento privato diretto - la palazzina - qualche patema d’animo potrebbe giustificarsi se fosse impigliato nello sfitto e già al limite del finanziamento terzi.

Per l’investimento ad uso proprio invece nessun problema se ben finanziato salvo gli imprevisti della vita.

È bene sempre tener presente che stiamo parlando dello sfitto che si confronta con il mercato e non del consolidato che è poi la massa più importante anche se questa categoria conosce pure qualche problema di occupazione essendo pure sotto assedio.

Vorremmo aggiungere inoltre che l’affitto di mercato (quanto si offre) sta scendendo al punto da quasi incrociare in taluni casi l’affitto consolidato.

Inutile nascondere questa dinamica perché la stessa è stata confermata da un recente studio dell’ufficio federale dell’alloggio.

È in quindi in atto una competizione fra l’esistente ed il nuovo, fra il datato e la dotazione dell’immediato dopoguerra.

Il differenziale è sceso a tal punto da raffreddare la volontà di risanare.

Quindi il serbatoio rappresentato dal risanamento e dalla riqualifica perde acqua ed è visto con un certo scetticismo anche dagli istituti di credito a meno che il richiedente abbia già una buona disponibilità e possa far perno sulla posizione.

Quindi sebbene ciò non possa far piacere è chiaro che per l’edilizia, comparto importantissimo per la nostra economia, si prospettano tempi difficili ed atterraggi piuttosto complicati.

Ma cosa possiamo fare soprattutto per non lasciare nel limbo l’esistente?

Prender atto dell’evidenza dei fatti, flessibilizzare le norme per i nuclei originali, agevolare la mobilità, coinvolgere i proprietari ed i committenti referenziati, utilizzare al meglio i nostri istituti universitari (ragazzi fate una pensata, sarà anche sbagliata ma sempre utilizzabile come sponda e se invece è una genialata siete dei “gaucios”), responsabilizzare i funzionari al fronte che sono poi una decina, cercare di scontare il futuro senza mille fronzoli, copiare il confrontabile, forzare agevolazioni mirate,  e soprattutto non parlarsi addosso!

La situazione non è drammatica ma ora balla una parte importante dell’esistente, quella che non possiamo abbattere! 

Per la nuova produzione l’orientamento sembra ora essere quello degli appartamenti di piccolo taglio per i quali si assicura vi è ancora una domanda trainata dagli studenti, dai singles e dai “meno giovani”.

Un orientamento che andrà monitorato e che rappresenta pur sempre una concorrenza all’esistente.

Di sicuro il ritorno a superfici più modeste indurrà i promotori a rivedere non solo le pezzature ma anche le loro dimensioni portandosi grazie anche alla digitalizzazione su prodotti piacevoli ma più modesti, ergo meno costosi.

Non sarà sfuggito al cortese lettore che non abbiamo menzionato i volumi destinati al lavoro (ufficio, commercio e produzione) comparto che si confronta con nuove esigenze e uno sfitto significativo.

Non ci dilunghiamo anche perché la situazione è sotto gli occhi di tutti!

Per finire il campo da gioco è delimitato. La zona edificabile resterà nella migliore delle ipotesi congelata sempre che non venga ridotta.

Conviveremo ancora con i medesimi indici e resteremo ancora agganciati per qualche anno ai piani regolatori esistenti.

Da ultimo calma e gesso. 

O prima o dopo ritornerà a splendere il sole.

Però stavolta che si faccia squadra!

Ognuno si assuma le sue responsabilità.

 

Il Presidente Cantonale
Lic. rer. pol. Gianluigi Piazzini