01 novembre 2024, Da Economia Fondiaria no. 6/2024
<h4><strong>Premessa</strong></h4> <p>Sempre più spesso ci contattano dei condomini di una proprietà per piani che sono alle prese con dei vicini che causano rumori molesti o che assumono dei comportamenti o degli atteggiamenti che rendono difficile la convivenza all’interno dello stabile. Queste dinamiche, evidentemente, si ripercuotono sulla buona coesistenza tra vicini ma coinvolgono anche il proprietario del bene locato il cui inquilino causa evidenti disagi agli altri condomini.<br />Cosa può quindi fare il vicino in questi casi? Deve tollerare per forza il comportamento di un condomino o un inquilino irrispettoso? Mentre il locatore, il cui inquilino causa disagi agli altri condomini, cosa può fare a sua volta?</p> <h4><br /><strong>I rapporti di vicinato secondo l’art. 684 CC</strong></h4> <p>L’art. 684 CC prevede che ognuno che usufruisce della sua proprietà deve astenersi da ogni eccesso che rechi pregiudizio al proprio vicino; sono vietate in particolare le immissioni “eccessive” e meglio le immissioni che hanno un effetto dannoso ed eccedono i limiti della tolleranza che i vicini devono reciprocamente avere per una convivenza armoniosa. Fra queste immissioni rientrano ad esempio l’inquinamento dell’aria, il fumo, i rumori eccessivi, i cattivi odori ecc.<br />Queste immissioni, che causano un danno ai vicini e non sono in alcun modo giustificate dalla situazione, sono di principio illecite.</p> <h4><br /><strong>Cosa fare contro le immissioni eccessive?</strong></h4> <p>Nel caso in cui vi fossero degli atteggiamenti o dei comportamenti che rendono insopportabile la convivenza all’interno dello stabile, ma anche tra vicini di immobili confinanti, il primo consiglio è quello di cercare una soluzione bonale al problema e parlare direttamente con la persona che disturba la convivenza. <br />Qualora la discussione non dovesse portare ai risultati sperati, si aprono poi le porte delle vie legali. <br />Sulla base dell’art. 679 CC, il vicino disturbato dalle immissioni eccessive ha la scelta se agire nei confronti dell’inquilino molesto o invece, fondandosi sulla responsabilità del proprietario del bene per i danni cagionati dal proprio inquilino, nei confronti del locatore stesso. <br />La citata disposizione prevede che il vicino disturbato possa chiedere: (1) la cessazione della molestia, (2) un provvedimento preventivo contro il danno temuto e (3) il risarcimento del danno. Per quest’ultima ipotesi, il vicino che introduce l’azione contro la persona che disturba la quiete deve provare di aver subito un danno come ad esempio delle macchie oleose sul pavimento del balcone dovute alla grigliata che il vicino ha effettuato nel proprio balcone sovrastante e che sono gocciolate di sotto macchiando visibilmente il pavimento. <br />Pertanto sulla base dell’art. 679 CC, esistono due tipi di azioni legali che possono essere intraprese. La <u>prima azione</u> serve per difendere il proprio diritto e ha lo scopo di far <em>cessare la violazione</em>, e meglio ripristinare la situazione iniziale, oppure <em>prendere dei provvedimenti preventivi per scongiurare il pericolo futuro</em>. La <u>seconda azione</u> invece ha quale scopo quello di ottenere il <em>risarcimento del danno subito</em>.</p> <h4><br /><strong>Come procedere in concreto?</strong></h4> <p>Come primo atto, benché non previsto dalla legge, è sempre consigliato diffidare il vicino che rende problematica la convivenza tramite una lettera formale. La lettera, indirizzata al vicino molesto, deve espressamente indicare quale suo comportamento o atteggiamento rende difficile la convivenza all’interno dello stabile o al vicino. Inoltre nella stessa deve essere formulata espressamente la richiesta di cessazione di tale disturbo ed eventualmente il risarcimento del danno. Nell’ipotesi invece che la molestia non si sia ancora palesata, nella lettera è necessario richiedere al vicino di astenersi dall’adottare un comportamento disturbante. È poi consigliato inviare anche una seconda lettera, ma all’attenzione del proprietario del bene, qualora proprietario e vicino disturbante non coincidessero in un'unica persona. Con questa lettera il proprietario sarà informato del comportamento tenuto dal proprio inquilino e gli verrà chiesto di intervenire per scongiurare la violazione in atto, o la futura violazione, riportando all’ordine il proprio inquilino. <br />Nel caso in cui una semplice diffida non facesse desistere il disturbatore dal proprio comportamento, sarà necessario adire le vie legali e introdurre una causa davanti al Giudice. Sia per l’azione di cessazione della violazione, sia per l’azione di prevenzione, il giudice competente è quello del luogo in cui il fondo è intavolato nel Registro fondiario (art. 29 cpv. 1 lett. a CPC<span>)</span>. Queste due azioni non si prescrivono, ed è quindi possibile agire in giustizia in ogni tempo. È però riservato il caso in cui il vicino abbia tollerato l’immissione eccessiva per lungo tempo senza mai reclamare: domandando improvvisamente la soppressione della violazione egli commetterebbe un abuso di diritto. Per l’azione di risarcimento del danno, il Giudice competente è quello del domicilio o della sede del danneggiato o del convenuto, oppure il giudice del luogo dell’atto e dell’evento (art. 36 CPC). Quest’ultima azione si prescrive in tre anni dal giorno in cui il danneggiato ha avuto conoscenza del danno e della persona responsabile (art. 60 CO), ma in ogni caso in dieci anni dal giorno in cui il fatto dannoso è stato commesso o è cessato.<br />Prima di adire le vie legali, è opportuno riflettere sulla necessità di una tale azione e dei costi non indifferenti che essa potrebbe generare.</p> <h4><br /><strong>Il dovere di diligenza e di riguardo nei confronti dei vicini </strong><strong>secondo l’art. 257f CO</strong></h4> <p>Conformemente all’art. 257f CO, il locatore può agire nei confronti del proprio inquilino che con il suo comportamento non rispetta il contratto di locazione. Dopo un’apposita diffida rimasta senza riscontro, il proprietario ha la possibilità di disdire in maniera anticipata il rapporto contrattuale. Per approfondire il tema della disdetta anticipata ai sensi dell’art. 257f cpv. 3 CO, si rinvia al <a rel="noopener" href="/it/attualita-e-info-giuridiche/info-giuridiche-e-politiche/art-257f-cpv-2-3-e-4-co-la-disdetta-straordinaria-in-caso-di-violazione-del-dovere-di-diligenza-e-di-riguardo-nei-confronti-dei-vicini" target="_blank">contributo dell’avv. Amanda Stojkova apparso sulla nostra rivista Economia Fondiaria no. 5/2019</a> (consultabile anche al seguente link: https://www.catef.ch/it/attualita-e-info-giuridiche/info-giuridiche-e-politiche/art-257f-cpv-2-3-e-4-co-la-disdetta-straordinaria-in-caso-di-violazione-del-dovere-di-diligenza-e-di-riguardo-nei-confronti-dei-vicini).</p> <h4><strong><br />Le relazioni fra i condomini danneggiati e il condomino locatore</strong></h4> <p>Qualora il problema arrecato dal vicino molesto fosse comune a diversi condomini e la vita ordinaria fosse divenuta fastidiosa, essi potrebbero adottare delle misure nei confronti del proprietario che non si è adoperato per migliorare la situazione di vita comune dovuta al disturbo del suo inquilino. <br />Per la risoluzione del conflitto, i condomini danneggiati devono sollecitare il condomino locatore a rispettare il regolamento d’uso dell’ente locato e la legge.<br />Qualora i solleciti fossero rimasti senza effetto, il rispetto del regolamento è garantito dalle azioni di difesa; in particolare dalle azioni derivanti dal diritto della proprietà: l’azione di rivendicazione e negatoria (art. 641 cpv. 2 CC) e del possesso (art. 927 segg. CC). Queste azioni hanno quale scopo costringere un membro della comunione dei comproprietari a utilizzare le parti comuni ed esclusive dell’ente locato in conformità al regolamento d’uso. Per approfondire il tema del rispetto del regolamento d’uso si rimanda al <a rel="noopener" href="/it/attualita-e-info-giuridiche/info-giuridiche-e-politiche/il-rispetto-del-regolamento-d-uso-e-d-amministrazione-nella-proprieta-per-piani" target="_blank">contributo dell’avv. Elisabeth Britt apparso nella nostra rivista Economia Fondiaria no. 2/2024</a>.<br />Infine, come <em>ultima ratio</em>, ed esclusivamente nei casi molto gravi, l’art. 649b CC prevede la possibilità dell’esclusione dalla comunità dei proprietari di un singolo condomino. Per approfondire il tema si rimanda al <a rel="noopener" href="/it/attualita-e-info-giuridiche/info-giuridiche-e-politiche/l-esclusione-di-un-condomino-dalla-comunione-dei-comproprietari" target="_blank">contributo dell’avv. Amanda Stojkova apparso nella nostra rivista Economia Fondiaria no. 2/2021</a>.</p> <p><br /><em><strong>Avv. Alice Rossi</strong></em></p>
Leggi tutto01 luglio 2024, Da Economia Fondiaria no. 4/2024
<p>In una sentenza in lingua italiana dello scorso anno (5A_100/2020, del 15 agosto 2023) il Tribunale federale si è confrontato con un quesito giuridico a lungo rimasto senza risposta: la modifica delle maggioranze per l’adozione delle decisioni assembleari previste dalla legge nell’ambito della proprietà per piani.</p> <p>È innanzitutto utile ricordare che le norme che regolano la proprietà per piani (art. 712a-712t del Codice civile) prevedono tre tipi di maggioranze, ognuna delle quali applicabile a decisioni ben precise che la Comunione dei comproprietari è chiamata a prendere.</p> <p>Per riassumere in <u>modo molto generale</u> si tratta di:</p> <ul> <li><strong>Maggioranza semplice</strong>: richiesta è la maggioranza delle teste dei condomini presenti in assemblea o rappresentati. Esempi di votazione a maggioranza semplice sono la nomina e la revoca dell’amministrazione, l’approvazione dei conti e l’approvazione del verbale dell’assemblea precedente;<br /><br /></li> <li><strong>Maggioranza qualificata: </strong>richiesta è la maggioranza dei condomini presenti o rappresentati in assemblea, che rappresentano al contempo più di metà del valore della cosa (millesimi). Esempio di una votazione a maggioranza qualificata è l’approvazione di lavori utili;<br /><br /></li> <li><strong>Unanimità:</strong> richiesto è il voto favorevole di tutti i condomini. La dottrina non è unanime sulla questione se sia necessaria l’unanimità di tutti i condomini presenti o rappresentati in assemblea, oppure di tutti i condomini facenti parte della comunione dei comproprietari (cfr. Wermelinger, La propriété par étages, 4 ed., n 197 ad art. 712m). Per evitare fraintendimenti in merito si consiglia di chiarire la questione nel regolamento condominiale. Esempio di una votazione unanime è l’approvazione di lavori voluttuari (diretti all’abbellimento e alla comodità).</li> </ul> <p>L’art. 712g CC prevede che per la competenza a fare atti di amministrazione e lavori di costruzione si applicano le norme sulla comproprietà (cpv. 1), e che a tali norme possa venir derogato mediante decisione unanime dei condomini (cpv. 2). Per altre questioni il regolamento può venir modificato a maggioranza qualificata (cpv. 3).<br /><br />La questione a sapere <u>in che misura una maggioranza prevista dalla legge possa venir inasprita</u>, è rimasta per lungo tempo irrisolta. Proprio su questa questione si è chinato il Tribunale federale nella sentenza citata.</p> <p><strong>I. Fattispecie<br /></strong>All’interno del Condominio B, costituito negli anni ’70 e composto da 37 unità di PPP, erano da tempo sorte delle contestazioni circa la ripartizione degli oneri e delle spese comuni. L’art. 16 del Regolamento condominiale riprendeva la regola di cui all’art. 712h cpv. 1 CC, secondo la quale i comproprietari devono contribuire agli oneri comuni e alle spese dell’amministrazione comune proporzionalmente al valore delle loro quote.</p> <p>Nel settembre del 2013 ha avuto luogo un’assemblea generale ordinaria, avente all’ordine del giorno – fra le altre trattande – una proposta di modifica proprio dell’art. 16 del regolamento condominiale, proposta dal condomino A. <strong>La convocazione precisava che una tale modifica necessitava di una maggioranza di 2/3 dei voti dei condomini (senza considerazione alcuna delle quote), come espressamente previsto dall’articolo 29 del Regolamento</strong>. Avendo raccolto unicamente 17 voti favorevoli (per un valore di 616/1000) e 16 contrari, la modifica del regolamento è stata respinta, non avendo ottenuto la maggioranza richiesta di 2/3.</p> <p>In condomino A ha impugnato la delibera entro il canonico termine di 30 giorni davanti alle autorità. Fallito il tentativo di conciliazione, egli ha convenuto la Comunione dei comproprietari, con lo scopo di far accertare giudizialmente che la modifica del regolamento era stata validamente approvata in conformità con quanto previsto dall’art. 712g cpv. 3 CC (magg. qualificata).</p> <p>In buona sostanza si trattava di accertare, che determinante per la votazione fosse la maggioranza qualificata prevista dalla legge, e non la maggioranza più restrittiva di 2/3 prevista dal Regolamento condominiale.</p> <p>La Pretura di Locarno-Campagna ha accolto la Petizione, mentre la I<sup>a</sup> Camera civile del Tribunale d’appello del Cantone Ticino l’ha respinta, accogliendo l’appello promosso dalla Comunione dei comproprietari.</p> <p><strong class="default">II. Considerandi<br /></strong>L’Alta Corte, chiamata a chinarsi sulla questione delle maggioranze, ha dapprima ricordato che in una sentenza precedente, risalente al 2004, il TF aveva lasciato aperta la questione della compatibilità con l’art. 712g cpv. 3 CC di un regolamento che prevedeva l’unanimità per ogni sua modifica. Nuovamente nel 2014 il TF aveva lasciato aperta una questione analoga, relativa a una norma a regolamento condominiale che richiedeva l’unanimità per la modifica di diritti d’uso preclusivi.</p> <p>In linea di principio i Giudici dell’alta corte hanno ricordato come la maggioranza qualificata, dunque maggioranza delle teste e dei millesimi, abbia in origine una funzione di tutela: il suo scopo è quello di evitare che un singolo condomino o un piccolo numero di essi, che rappresenta la maggioranza del valore della cosa, possa imporre una modifica del regolamento ai restanti condomini e viceversa (Messaggio del 7 dicembre 1962, FF 1962 II pag. 1840).</p> <p>La dottrina in materia di modifica della maggioranza richiesta per una modifica del regolamento condominiale, segnatamente per quanto riguarda la possibilità a regolamento di prevedere una maggioranza più severa rispetto all’art. 712g cpv. 3 CC, non è unanime. Una parte della dottrina ritiene che un inasprimento generale della maggioranza qualificata prevista dalla legge non debba essere possibile (cfr. Wermelinger, la propriété par étages, n. 40 ad art. 712g).</p> <p>Un'altra parte della dottrina ritiene invece che un inasprimento dei requisiti di maggioranza debba essere ammesso, ma solamente entro certi limiti.</p> <p>Nelle sue conclusioni il Tribunale federale ha sottolineato come dalla dottrina, seppur divisa e di opinioni discordanti, e dal Messaggio del Consiglio federale emergano sostanzialmente due preoccupazioni comuni:</p> <ol> <li>il requisito di maggioranza richiesto per una modifica del regolamento deve da un lato tutelare i comproprietari minoritari dalla facile imposizione di modifiche regolamentari e</li> <li>dall’altro deve evitare che un singolo comproprietario - o una minoranza dei comproprietari - possa di fatto bloccare qualsiasi modifica del regolamento, poiché contrario al senso dell’art. 712g cpv. 3 (diritto di ciascun comproprietario di chiedere che venga adottato o modificato un regolamento).</li> </ol> <p><strong>III. Conclusione<br /></strong>Preso atto di questi due “principi cardine”, i Giudici dell’Alta corte hanno ritenuto che non sia giustificato negare la possibilità di prevedere un’esigenza più severa, anche di carattere generale, rispetto alle esigenze previste dal Codice Civile, fintanto che i due principi sopra elencati siano rispettati. <u>Una maggioranza di 2/3 o 3/5 va dunque considerata come ammissibile, non invece l’unanimità</u>.</p> <p>Applicando questi principi al caso concreto, Il TF ha ritenuto che l’art. 29 del regolamento condominiale, che prevede una maggioranza di 2/3 per ogni modifica del regolamento, è da ritenersi valida, rientrando per l’appunto nei limiti esposti poc’anzi.</p> <p>Tale maggioranza non ostacola di fatto “<em>la gestione e l’evoluzione dell’ordinamento comunitario</em>”. I Giudici ritengono che un inasprimento di una maggioranza sarebbe semmai proprio nell’interesse dei comproprietari minoritari.</p> <p>Preso atto della ripartizione delle quote nel condominio in questione - di cui il ricorrente detiene 330/1000, mentre gli altri condomini quote che vanno dagli 8/1000 ai 39/1000 – nemmeno si può ragionevolmente ritenere che la maggioranza modificata permetta a un singolo condomino o a dei condomini minoritari di imporre unilateralmente delle modifiche al regolamento.</p> <p>Il Tribunale federale ha pertanto confermato come valido il presupposto di 2/3 per l’approvazione della modifica del regolamento e respinto il ricorso.</p> <p>In definitiva, dalle conclusioni del TF, si può dedurre che una maggioranza più severa rispetto alla legge è di principio permessa, ma non senza limitazioni. Prevedere l’unanimità per ogni modifica del regolamento non dovrebbe difatti essere ammissibile.</p> <p><br /><em><strong>Avv. Daniele Nater</strong></em></p>
Leggi tutto01 marzo 2024, Da Economia Fondiaria no. 2/2024
Il regolamento d’amministrazione e d’uso - o regolamento condominiale - non è un elemento imperativo della proprietà per piani (benché concretamente indispensabile), poiché la legge non prevede l’obbligo di adottarne uno.
Leggi tutto01 novembre 2023, Da Economia Fondiaria no. 6/2023
<p>L’ipoteca legale dell’art. 712i CC permette di far realizzare la quota condominiale del condomino in mora con il pagamento delle spese comuni, conferendo così alla comunione dei comproprietari una garanzia tramite il valore di realizzazione (forzata) dell’unità condominiale del comproprietario moroso. In effetti, ai sensi dell’art. 712h cpv. 1 CC, i comproprietari devono contribuire agli oneri comuni ed alle spese dell’amministrazione comune proporzionalmente al valore delle loro quote, oppure secondo un’altra chiave di riparto prevista dal regolamento d’uso e d’amministrazione. Qualora non dovessero ottemperare a tale obbligo, i comproprietari sarebbero ritenuti in mora e suscettibili di essere oggetto di procedure legali volte all’incasso delle spese comuni.<br /><br />Senza voler ora entrare nel merito della procedura dell’iscrizione dell’ipoteca legale giusta l’art. 712i CC, poiché tema già esaustivamente trattato nel contributo “<em>Condomini morosi: come difendersi?</em>” apparso nel numero di Economia Fondiaria 6/2013, nel presente articolo ci soffermeremo sulla controversia relativa a quali siano i contributi che la stessa può garantire. La legge prevede infatti che solo “<strong><em>i contributi decorsi negli ultimi tre anni</em></strong>” possano essere garantiti tramite tale istituto. Tuttavia, non vi è chiarezza di sapere se unicamente i contributi scaduti negli ultimi tre anni d'esercizio (e non quelli dell'anno corrente) diano diritto all’iscrizione di un'ipoteca legale oppure se si possa tenere conto anche degli acconti spese – già scaduti - ma dell’esercizio contabile ancora in corso.<br /><br />Per potere esaminare la questione vanno però fatte le seguenti premesse.<br /><br />Solitamente, la pratica più diffusa è che i condomini versino degli acconti – calcolati sulla base del preventivo annualmente approvato in sede assembleare – entro delle precise scadenze, stabilite nel regolamento condominiale oppure decise in assemblea dalla maggioranza dei comproprietari. <strong>Sarà l’approvazione del preventivo, rispettivamente dell’entità degli acconti e delle scadenze di pagamento, a determinare dunque l’esigibilità di ogni credito</strong> e da quando il comproprietario è in mora. <br /> <br />Vi sono poi i casi di pagamenti ulteriori a copertura di spese comuni non coperte dagli acconti prestabiliti, necessari poiché, per esempio, la comunione dei comproprietari non dispone di liquidità: ogni spesa condominiale effettuata in conformità alla legge, al regolamento o a una decisione assembleare fa nascere un credito della comunione dei comproprietari verso ogni singolo condomino. Quando i contributi sono percepiti tramite pagamento ulteriore, <strong>il credito della comunione dei comproprietari verso i singoli condomini diventa esigibile a partire da quando lo diventa, per i terzi, verso la comunione dei comproprietari.</strong> A partire da quest’ultimo momento il condomino può dunque essere messo in mora.<br /><br />Come primo passo, andrà notificato un richiamo informale fissando un termine entro il quale pagare. Successivamente, nel caso in cui il richiamo non avesse sortito alcun effetto, andrà inviata una diffida scritta, possibilmente per raccomandata (per questioni di prova), ed impartendo un ultimo termine di pagamento, con l’avvertimento che se non dovesse venire effettuato il versamento si adiranno le vie legali pertinenti, tra cui vi è – per l’appunto – l’iscrizione di un’ipoteca legale sulla sua quota (art. 712i CC).<br /><br />Secondo <strong>la maggior parte degli autori, l'ipoteca legale dell'art. 712i cpv. 1 CC garantisce i contributi relativi agli esercizi contabili dell'ultimo triennio, e non quelli dell'esercizio corrente, </strong>ciò anche per quanto attiene agli acconti o ad altri pagamenti. Per gli acconti, per tali autori è determinante l'esercizio contabile e non l'anno civile, né la loro esigibilità è perciò determinante.<br /><br />Per <strong>una minoranza di autori, invece, l'ipoteca legale può essere chiesta anche per debiti dell'esercizio contabile corrente, essendo sufficiente la loro esigibilità,</strong> ciò poiché in caso contrario le pretese di terzi contro la comproprietà non sarebbero coperti una volta esigibili, ma lo sarebbero solo dalla fine dell'anno contabile a cui si riferiscono, che potrebbe avvenire anche dopo diversi mesi. A mente di tali autori, l'iscrizione di un'ipoteca legale per contributi scaduti può quindi essere chiesta anche prima che l'esercizio contabile dell'anno corrente sia giunto a termine, anche per gli acconti delle spese comuni già scaduti. <br /><br /><strong>Anche la Camera dei reclami civili del Tribunale d'appello, in una sentenza del 2 aprile 2019 (inc. 16.2017.12), ha privilegiato tale seconda corrente</strong> senza escludere però che possa ritenersi conforme al diritto anche l'opinione contraria (consid. 6c). La Camera ha altresì osservato come né la legge, né il messaggio del Consiglio federale (FF 1962 II 1498), accennino al periodo contabile, ma si limitino a precisare che l'ipoteca legale garantisce i contributi dovuti per gli ultimi tre anni. Inoltre, considerato che con l'altra soluzione l'iscrizione di un'ipoteca legale può essere chiesta fino a un anno dopo la fine del terzo esercizio contabile, rientra nell'interesse della comunione dei comproprietari di procedere all'iscrizione dell'ipoteca legale per i contributi dalla loro scadenza ed esigibilità. In caso contrario, oltre a creare problemi per la gestione corrente del condominio, la dilazione temporale farebbe insorgere incertezze giuridiche in caso di vendita di un'unità. Ciò appare contrario allo scopo dell'istituto, che per finire, è quello di garantire i crediti della comunione, oltre che di quelli di eventuali creditori dei comproprietari.<br /><br />Visto quanto precede, a mente di chi scrive, e tenuto conto del fatto che il Tribunale federale non si è ancora espresso in merito, in Ticino potrebbe valere la pena seguire il secondo approccio alla questione, ovvero ritenere che l’ipoteca legale possa garantire anche gli acconti già scaduti dell’anno contabile corrente, ciò che proteggerebbe maggiormente sia la comunione dei comproprietari, sia i creditori terzi.<br /><br /></p> <p><em><strong>Avv. Amanda Stojkova</strong></em></p>
Leggi tutto01 luglio 2023, Da Economia Fondiaria no. 4/2023
L’amministratore nell’ambito della proprietà per piani è una figura legalmente facoltativa, ma concretamente indispensabile specie nei condomini di medie-grandi dimensioni. Il tema è stato più volte affrontato dalla nostra rivista EF, nella quale è stato approfondito il tema della sua nomina (EF n. 1/2022) e della sua revoca (n. 3/2021).
01 luglio 2023, Da Economia Fondiaria no. 4/2023
Sebbene l’esercizio del diritto di voto sia qualificato quale diritto inalienabile, non cedibile ed intrinsecamente legato all’appartenenza alla comunione dei comproprietari, esistono delle situazioni che portano a dover limitare e restringere il diritto di voto di un membro, segnatamente quando:
01 luglio 2023, Da Economia Fondiaria no. 4/2023
01 luglio 2023, Da Economia Fondiaria no. 4/2023
01 luglio 2023, Da Economia Fondiaria no. 4/2023
01 marzo 2023, Da Economia Fondiaria no. 2/2023
<p>Gli artt. 712m segg. CC regolano l’ordinamento della comunione dei comproprietari per piani. L’ordinamento è essenziale poiché indica il funzionamento e il potere di rappresentanza della comunione dei comproprietari.</p> <p>I proprietari per piani godono di grande libertà nell’organizzare la comunione dei comproprietari, la quale può essere composta dei seguenti elementi costitutivi:<br /><br />- <strong>l’assemblea dei comproprietari</strong>, la quale costituisce un elemento costitutivo necessario e rappresenta il potere supremo della comunione dei comproprietari;<br />- <strong>l’amministratore</strong>, il quale invece costituisce una figura legalmente facoltativa (per maggiori approfondimenti si rinvia all’articolo comparso sulla rivista EF n. 3/2017 sul tema)<br />- <strong>il comitato o il delegato</strong>, i quali non sono legalmente imposti e pertanto sono facoltativi; <br />- altre <strong>figure facoltative</strong> per le quali la legge non impone la nomina (p.es. gruppi di lavoro o commissioni permanenti).</p> <p>Nel presente articolo approfondiremo le figure poco conosciute del comitato e del delegato, quest’ultimo anche raramente utilizzato, esponendo le principali informazioni riguardo alla loro nomina, le loro competenze all’interno della proprietà per piani. <br /><br /><strong>I. Definizione<br /></strong>La legge prevede la possibilità per l’assemblea dei comproprietari di dotarsi di un comitato o un delegato con compiti amministrativi, come quello di consigliare l’amministratore, esaminarne la gestione e fare rapporto e proposte all’assemblea a questo riguardo (art. 712m cpv. 1 n. 3 CC). Il comitato e il delegato sono organi, come detto, che non sono imposti dalla legge e sono pertanto facoltativi, ed in quanto tali, né i comproprietari per pani, né i terzi hanno il diritto di esigerne la nomina, sempreché il regolamento di amministrazione ed uso o l’atto costitutivo non prevedono altrimenti.</p> <p>Queste due figure, se nominate, svolgono essenzialmente le stesse funzioni e godono delle medesime competenze. Si distinguono unicamente nella loro composizione: il comitato è composto da due o più comproprietari che possono essere affiancati anche da terze persone non facenti parte della comunione dei comproprietari, mentre il delegato è necessariamente un comproprietario (condomino) e svolge la sua funzione singolarmente.</p> <p>Molto spesso il comitato o il delegato fungono da intermediario tra l’assemblea dei comproprietari e l’amministratore. La presenza di un comitato può risultare necessaria in particolare nelle proprietà per piani di grandi dimensioni, nelle quali i contatti personali diretti tra amministratore e condomini sono rari. Nelle proprietà per piani situate in regioni turistiche, le cui unità sono detenute per la maggioranza da proprietari che abitano fuori cantone e non sono presenti tutto l’anno, può essere utile nominare un delegato tra i proprietari che risiedono nel condominio tutto l’anno.</p> <p><strong>II. Nomina <br /></strong>Comitato e delegato vengono nominati dall’assemblea dei comproprietari con delibera a maggioranza semplice, salvo se l’atto costitutivo o il regolamento per l’amministrazione e l’uso prevedono altrimenti.</p> <p>La legge non prevede requisiti e/o condizioni per essere nominato membro del comitato o come delegato della comunione dei comproprietari per piani. La nomina dei membri del comitato dipenderà essenzialmente dallo scopo che il comitato sarà chiamato a perseguire. Generalmente si preferisce nominare dei comproprietari che risiedono durevolmente nel condominio, che sono al corrente delle questioni/problematiche che affliggono il condominio, e che possibilmente dispongono di competenze specifiche. Non é tuttavia vietato nominare terze persone non facenti parte della comunione dei comproprietari che dispongano di qualità e competenze specifiche utili alla realizzazione dello scopo per il quale il comitato è stato istituito. Per esempio, per un comitato previsto con lo scopo di supervisionare e accompagnare dei lavori di costruzione votati dall’assemblea (cosiddetto comitato di costruzione) può essere nominata, oltre ai comproprietari, una figura come un architetto che possa consigliare e affiancare i condomini in questo compito.</p> <p>Secondo la dottrina maggioritaria l’amministratore non può essere nominato membro del comitato e simultaneamente essere designato come delegato poiché le due funzioni si escludono a vicenda. <br /><br /><strong>III. Compiti e funzioni <br /></strong>Essendo due figure facoltative, come già anticipato, la legge si limita a prevedere in maniera non esaustiva, solo alcuni esempi delle funzioni che possono essere svolte dal comitato o dal delegato quali per esempio consigliare l’amministratore, esaminarne la gestione e fare rapporto e proposte all’assemblea a questo riguardo (art. 712m cpv. 1 n. 3 CC).</p> <p>La definizione dei ruoli di questi due attori spetta al potere supremo della proprietà per piani ovvero all’assemblea dei comproprietari la quale gode di ampia liberta nel conferimento dei poteri. Al momento della nomina è fondamentale che l’assemblea si preoccupi di <strong>definire chiaramente l’organizzazione interna di queste due figure</strong>, rispettivamente delimitarne il campo di azione e prevederne la durata, concretizzando le loro funzioni in un contratto (che di norma sarà un mandato).</p> <p>Comitato e/o delegato possono vedersi attribuire delle competenze decisionali o assumere delle funzioni di controllo o di mediazione, qui di seguito si riportano alcuni esempi delle attività che possono svolgere questi due attori:<br /><br />- introdurre un nuovo ordinamento della casa;<br />- formulare proposte per l’introduzione di un nuovo regolamento d’uso e d’amministrazione;<br />- agire quale rappresentante dell’amministratore (in caso di assenza); <br />- agire quale mediatore in caso di conflitti all’interno della proprietà per piani; <br />- verificare i conti della proprietà per piani.</p> <p>Nel caso in cui l’assemblea dei comproprietari abbia rinunciato a nominare un amministratore, il comitato o il delegato possono anche essere chiamati ad assumere tutti i compiti che normalmente incomberebbero all’amministratore. <br /><br /><strong>IV. Revoca<br /></strong>I membri del comitato e il delegato sono legati alla comunione dei comproprietari per piani da un atto di nomina e da un contratto.</p> <p>Indipendentemente dalle condizioni poste dal contratto (se previsto), la revoca del comitato o del delegato può essere richiesta in ogni tempo dall’assemblea dei comproprietari (art. 712r cpv. 1 CC per analogia). Anche i membri del comitato e il delegato dispongono del diritto di dimissionare in ogni momento, fatta salva l’azione di risarcimento. <br /><strong><br />V. Altri elementi organizzativi <br /></strong>La legge non prevede altri elementi organizzativi di una comunione di comproprietari per piani, tuttavia ciò non preclude all’assemblea dei comproprietari di istituire liberamente altre figure organizzative all’interno della proprietà per piani. <br />Possono infatti essere nominate delle delegazioni permanenti o <em>ad hoc</em>, dei gruppi di lavoro a seconda del bisogno o dello scopo perseguito. Tali figure possono essere nominate indipendentemente dalla presenza di un comitato o di un delegato all’interno della proprietà per piani.</p> <p>Ritenuto che si tratta di elementi per i quali la legge non prevede alcunché, i principi indicati nei punti precedenti relativi alla nomina, la revoca ed alle competenze si applicano per analogia. Spetta in ogni caso all’assemblea dei comproprietari prevedere precisamente la loro funzione.<br /><br /></p> <p><em><strong>Avv. Elisabeth Britt</strong></em></p>
Leggi tutto01 marzo 2023, Da Economia Fondiaria no. 2/2023
01 marzo 2023, Da Economia Fondiaria no. 2/2023
01 gennaio 2023, Da Economia Fondiaria no. 1/2023
<p>Innanzitutto, va rilevato che – secondo consolidata dottrina - il comproprietario beneficia dei cosiddetti diritti di partecipazione e di altri diritti protettivi (<em>Mitwirkungs- und Schutzrechten</em>) che gli permettono di formare ed esprime la propria opinione. Tali diritti possono essere distinti come segue:</p> <ul> <li class="default">Diritto di essere convocati all’assemblea;</li> <li class="default">Diritto di partecipare e di essere rappresentati;</li> <li class="default">Diritto di fare proposte/proporre trattande;</li> <li class="default">Diritto di discutere/dibattere;</li> <li class="default"><u>Diritto di accesso e di visione di documenti relativi al condominio e il diritto di informazione in merito ai fatti riguardanti il condominio</u>;<br />Diritto di voto;</li> <li class="default">Diritto di contestazione.</li> </ul> <p>Alla luce dell’importanza della salvaguardia dei diritti <strong>di partecipazione del singolo condomino</strong>, che fanno parte dei suoi <strong>diritti fondamentali quale comproprietario</strong>, si impone la necessità di garantire – tra gli altri - un diritto di consultazione affinché abbia la facoltà di essere informato sugli affari della proprietà per piani e possa in definitiva <strong>partecipare alle assemblee con cognizione di causa</strong>.<br /><br />Il diritto a consultare gli atti è di conseguenza <strong>indipendente dall’esistenza di un comitato o di un organo di revisione, spettando specificatamente al singolo</strong>. Una soluzione differente costituirebbe una violazione dei diritti del condomino e, in determinati casi, anche una violazione del diritto delle minoranze in seno alla comunità dei comproprietari.<br /><br />Il diritto di informazione consiste in particolare nell’<strong>accesso a documenti amministrativi riguardanti il condominio, ossia visionare i verbali delle assemblee, il regolamento condominiale, il regolamento della casa e altri accordi</strong>.<br /><br />Questo diritto di accesso alla documentazione <strong>si estende anche, e soprattutto, alla contabilità</strong>, in generale alla documentazione connessa ai conti poiché il singolo comproprietario ha il diritto di comprendere quali sono i costi del condominio e come essi sono stati ripartiti dall’amministratore sui vari condomini. Infatti, senza questa documentazione egli non potrebbe approvare i conti con cognizione di causa. <br /><br />Inoltre, il condomino - per poter formare la propria opinione e per poterla esprimere - deve essere a conoscenza delle trattande e, per tale motivo, è imperativo che egli riceva un <strong>ordine del giorno preciso e puntuale</strong>. Si ricorda, per scrupolo, che le trattande per poter essere votate, devono imperativamente essere inserite all’ordine del giorno, non essendo possibile votare su questioni che sono inserite nelle eventuali. Le decisioni prese senza essere state inserite nell’ordine del giorno sono annullabili entro 30 giorni.<br />Proprio grazie all’ordine del giorno, il condomino attento potrà organizzarsi, informarsi e richiedere il materiale utile per poter votare giudiziosamente.<br /><br /><strong>Generalmente, l’obbligo di informazione fa parte dei compiti dell’amministratore</strong>: egli deve informare i condomini in merito a tutto quanto riguarda il condominio; questa incombenza rientra nei cosiddetti “compiti interni dell’amministratore” (che si distinguono dai “compiti esterni”, ossia le relazioni che l’amministrazione ha con i terzi).<br /><br />Il diritto di accesso e di informazione è, tuttavia, <strong>limitato dal divieto di comportamenti abusivi.</strong> L'amministratore può opporsi alle richieste moleste: tale diritto non può infatti tradursi in un’illecita interferenza nell’attività dell’amministrazione, che peraltro compete unicamente alla comunità dei comproprietari, in applicazione di quanto previsto dall’art. 712m cpv. 1 cifra 2 CC.<br /><strong><br /></strong>Di principio e salvo diversa disposizione regolamentare, il diritto di accesso alla documentazione <strong>si esercita presso la sede dell’amministrazione</strong> e il richiedente deve indicare in anticipo e con precisione quali sono i documenti che vorrebbe esaminare. Inoltre, l’amministratore non può essere obbligato – salvo diversi accordi – a copiare i documenti a sue spese, ma sarà se del caso il comproprietario che potrà procedervi versando un’indennità all’amministrazione.<br /><br /><em><strong>Avv. Amanda Stojkova<br /></strong></em> <br /><br /><em>Fonti:<br /></em>Arthur Meier-Hayoz,<em> Berner Kommentar Das Stockwerkeigentum Art. 712a-712t ZGB, </em>2. ed., nr. 88 ad art. 712m<em>;<br /></em>Kurt Müller<em>, Der Verwalter von Liegenschaften mit Stockwerkeigentum, </em>p. 97<em><br /></em>Monika Sommer<em>, Stockwerkeigentum, </em>2016, pp. 199 e 200<em>;<br /></em>Amedeo Wermelinger<em>, in: Kommentar zum Schweizerischen Zivilrecht, Das Stockwerkeigentum Art. 712a – 712t ZGB, 2010, </em>nr. 49 ad art. 712m.<em><br /><br /></em></p>
Leggi tutto06 dicembre 2022
Il 16 febbraio u.s. il Consiglio Federale ha deciso di abolire quasi tutte le misure di protezione e contenimento della diffusione del Covid-19 sino ad allora in vigore. In particolare sono venute a decadere il pass e l'obbligo di mascherina. Le poche eccezioni riguardano l'obbligo di auto isolamento in caso di malattia e di mascherina nei mezzi di trasporto pubblici e nei luoghi di cura.
Leggi tutto01 novembre 2022, Da Economia Fondiaria no. 6/2022
Ogni inverno siamo confrontati con diverse domande relative allo sgombero della neve: chi vi deve procedere? Quanto spesso? Chi ne sostiene i costi? Chi è il responsabile se qualcuno si fa male? e via dicendo … Il presente contributo riassume brevemente le risposte alle domande che ci vengono sottoposte più frequentemente.
Leggi tutto01 luglio 2022, Da Economia Fondiaria no. 4/2022
01 maggio 2022, Da Economia Fondiaria no. 3/2022
La consulenza evidenzia come spesso i soci abbiano delle domande o dei dubbi che potrebbero facilmente dissipare trovando risposta nel nostro sito www.catef.ch.
Il sito fornisce moltissime informazioni, spesso ma non sempre - anche per motivi di spazio - pubblicate pure su Economia Fondiaria. Visto che le informazioni sono molte e diversi sono in difficoltà nella ricerca, troverete di seguito i passaggi per arrivare alle informazioni cercate...
01 gennaio 2022, Da Economia Fondiaria no. 1/2022
01 novembre 2021, Da Economia Fondiaria no. 6/2021
I. Introduzione
Sebbene non sia obbligatorio per legge, la gran maggioranza dei condomini è dotata di un regolamento d’uso e d’amministrazione che regola i diritti e gli obblighi della comunione dei comproprietari, dei singoli comproprietari, dell’amministratore e di altri organi facoltativi come il comitato, i delegati, ecc., definendo in sostanza il funzionamento della comunione dei comproprietari e la posizione del singolo comproprietario all’interno della stessa. Talvolta, alcuni di questi aspetti sono regolati anche nell’atto costitutivo.
01 settembre 2021, Da Economia Fondiaria no. 5/2021
Di seguito riassumiamo le prescrizioni per la conduzione delle assemblee condominiali in vigore dal 13 settembre u.s.
Leggi tutto01 luglio 2021, Da Economia Fondiaria no. 4/2021
01 luglio 2021, Da Economia Fondiaria no. 4/2021
In Ticino, sono più di 170 le mamme diurne attive e abilitate dalla Federazione Ticinese delle Famiglie Diurne. Una recente sentenza del Tribunale federale, che considera che la loro attività sia rumorosa come un fatto della comune esperienza, potrebbe limitare la libertà commerciale delle mamme che lavorano in una PPP.
Leggi tutto01 maggio 2021, Da Economia Fondiaria no. 3/2021
<h3><strong><br />A. Introduzione</strong></h3> <p>Benché non si tratti di una figura che la regolamentazione impone, sono rare le proprietà per piani che non procedano alla nomina di un amministratore. Quest’ultimo è generalmente nominato dall’assemblea dei condomini attraverso una delibera presa alla maggioranza semplice. Non è tuttavia escluso che la nomina sia effettuata dal giudice che può effettivamente intervenire qualora un condomino o un terzo interessato (come il creditore pignoratizio e l’assicuratore) lo richiedano e dopo che l’assemblea dei comproprietari si sia chinata sulla nomina dell’amministratore senza accordarsi (art. 712q CC).</p> <p>L’amministratore è un elemento costitutivo della comunione – una sorta di organo esecutivo – al quale sono generalmente affidati almeno i compiti previsti dagli artt. 712s e 712t CC. Il legame con la comunione è di natura contrattuale. Si tratterà generalmente di un contratto di mandato (artt. 398 segg. CO), benché non si possa escludere, a livello del tutto teorico, la sua qualifica come contratto di lavoro (artt. 319 segg. CO). Se la comunione può creare una tale relazione giuridica con l’amministratore, essa può anche mettervi fine conformemente all’art. 712r cpv. 1 CC.</p> <p>La revoca dell’amministratore può intervenire per decisione assembleare (B.) o, a certe condizioni, per decisione giudiziaria (C.). Indipendentemente da ciò, a partire dalla revoca, ha inizio la liquidazione, nel contesto della quale si pone in particolare la questione delle conseguenze economiche della fine del rapporto contrattuale tra le parti (D.).<br /><br /></p> <h3>B. La revoca assembleare</h3> <p>La revoca assembleare è regolata all’art. 712r cpv. 1 CO secondo il quale "[l]’assemblea dei comproprietari può revocare in ogni tempo l’amministratore, riservata l’azione di risarcimento".</p> <p>L’assemblea dei comproprietari ha il diritto di nominare un amministratore e di concludere con quest’ultimo un contratto di mandato. Ha quindi naturalmente anche il potere di porre fine al contratto sottoscritto con l'amministratore e questo attraverso una decisione dell'assemblea dei comproprietari presa alla <strong>maggioranza semplice</strong>, terminando così automaticamente il rapporto contrattuale.</p> <p>Non è possibile limitare le condizioni di revoca. Pertanto, i requisiti per la maggioranza richiesta non possono essere resi più restrittivi, ad esempio richiedendo una doppia maggioranza. È quindi possibile, senza che ciò sia criticabile, che i requisiti di maggioranza per la nomina dell’amministratore, da un lato, e per la sua revoca, dall'altro, siano diversi.</p> <p>Come detto, il potere di revoca riconosciuto alla comunione non solo è inalienabile, ma non può in nessun modo essere limitato. Ne consegue, in particolare, che la revoca non può essere subordinata all'esistenza di motivi gravi, mentre l'eventuale esistenza di tali motivi è, al contrario, essenziale in caso di revoca giudiziaria (<em>infra</em> C.2.). Le ragioni che hanno giustificato la revoca giocano anche un ruolo nel determinare se e in che misura l'amministratore potrà chiedere e ottenere un’indennità finanziaria dalla comunione che ha revocato il mandato nonostante i termini previsti dal contratto. A proposito di questi ultimi, è essenziale sottolineare che indipendentemente da quanto previsto dal contratto, la revoca dell’amministratore può avvenire in <strong>qualsiasi momento</strong>, senza dunque dover in alcun modo rispettare i termini contrattuali previsti dalle parti, né tantomeno giustificarne le ragioni.</p> <p>Qualora il ruolo di amministratore fosse stato affidato a un condomino, si pone la questione a sapere se quest’ultimo potrà partecipare al voto con il quale l’assemblea deve pronunciarsi in rapporto alla revoca. La risposta sembra dover essere positiva. In effetti, in una sentenza del 2009, il Tribunale federale ha considerato che la <em>nomina</em> di un amministratore costituisce un atto amministrativo interno alla PPP, cosicché un comproprietario può partecipare alla risoluzione che riguarda la sua eventuale nomina quale amministratore, fermo restando che egli non potrà tuttavia partecipare al voto che si esprime sull’eventuale entità del compenso (DTF 134 III 481, consid. 3). Ciò posto, il Tribunale federale ha dunque chiarito che il candidato non si deve astenere dal voto. Inoltre, poiché non sussiste un motivo di astensione dal voto, il comproprietario può anche votare per i rappresentati che lo hanno delegato. Benché la sentenza si esprima unicamente in rapporto alla nomina, niente lascia dubitare che ciò debba valere anche per il voto relativo alla sua <em>revoca</em>.</p> <p>Qualora invece il ruolo di amministratore fosse stato affidato a una persona esterna al condominio e nella misura in cui l’amministratore fosse presente – di regola in qualità di presidente – all’assemblea condominiale che dovrà pronunciarsi in rapporto alla sua revoca, la prassi vuole che, al momento della discussione e votazione concernente la sua revoca, egli lasci il luogo in cui si sta tenendo l’assemblea per ritornarvi solo in seguito, al fine di prendere conoscenza dell’esito della votazione ed eventualmente concludere l’assemblea.</p> <p>La revoca decisa dall’assemblea prende effetto unicamente a partire dal momento in cui viene comunicata alla persona interessata. In pratica, l'amministratore, che è presente all'assemblea che presiede, viene a conoscenza della revoca direttamente e immediatamente. Altrimenti, la ricezione del verbale, inviata per posta raccomandata, è sufficiente.<br /><br /></p> <h3>C. La revoca giudiziaria</h3> <p>La revoca giudiziaria è regolata all’art. 712r cpv. 2 CO secondo il quale "[s]e, nonostante un grave motivo, l’assemblea nega di revocare l’amministratore, ogni comproprietario può, entro un mese, domandarne la revoca al giudice".</p> <p>In certi casi, non sarà la comunione a decidere della revoca dell’amministratore, ma bensì il <strong>giudice</strong>. Ciò è possibile unicamente attraverso un’<strong>azione di revoca </strong>intentata da uno o più condomini. Va notato che l'azione di revoca richiede che sia stato nominato un amministratore, che quest’ultimo sia ancora in carica, che una decisione di revoca sia stata rifiutata dall'assemblea dei comproprietari e che il contratto non sia già stato disdetto o sia terminato in altro modo (per esempio in seguito alla morte dell’amministratore).</p> <h4>1. Il rifiuto di revocare l’amministratore</h4> <p>Solo quando la comunione dei comproprietari, riunita in assemblea, rifiuta di revocare l'amministratore, <strong>ogni comproprietario</strong>, sostenendo l’esistenza di un valido motivo e comprovandolo, può chiedere al giudice la revoca giudiziaria. Tale diritto, previsto all’art. 712r cpv. 2 CC, non può essere limitato né da un regolamento né da una decisione assembleare successiva.</p> <p>Ne consegue che la prima condizione per adire il giudice civile è l'indicazione, all'ordine del giorno, della richiesta di revoca dell'amministratore, seguita dalla <strong>decisione formale dell'assemblea di rifiuto della revoca</strong>. Delle indicazioni quali "chi sarà l’amministratore nel 2021? "o "nomina dell’amministratore" o, ancora, "rielezione dell’amministratore", non sono sufficienti. Infatti, la revoca giudiziaria dell'amministratore è possibile unicamente per un motivo grave; la trattanda deve dunque chiaramente permettere ai condomini di esprimersi sull’esistenza di un grave motivo di revoca; solo in questo modo, sarà possibile al comproprietario interessato sostenere validamente davanti al giudice che, nonostante le circostanze, l’assemblea ha rifiutato di procedere alla revoca. L’indicazione dovrà dunque portare chiaramente sulla <strong>"revoca dell’amministratore"</strong>.</p> <p>Come l'azione di annullamento di una decisione dell'assemblea che non è conforme alla legge o al regolamento, l'azione di revoca può essere intentata unicamente dal <strong>comproprietario che ha votato a favore della revoca in occasione dell’assemblea</strong>. Lo stesso vale per un comproprietario debitamente rappresentato da un rappresentante che si è espresso a favore della revoca. Il comproprietario deve inoltre rispettare il termine di <strong>un mese</strong> dal momento in cui l’assemblea ha rifiutato di procedere alla revoca.</p> <h4>2. Il motivo grave</h4> <p>Il motivo grave è la pietra angolare della revoca giudiziaria. Infatti, solo in presenza di un tale motivo, il comproprietario che ha votato a favore della revoca dell’amministratore, potrà validamente adire il giudice civile affinché quest’ultimo lo riconosca e pronunci così la revoca dell’amministratore. Secondo il Tribunale federale, costituisce un grave motivo "qualsiasi evento o comportamento che <strong>incide sul rapporto di fiducia</strong> tra le parti in misura tale da <strong>rendere intollerabile la continuazione del rapporto contrattuale</strong>, secondo le regole della buona fede" (DTF 127 III 559, consid. 3a).</p> <p>Secondo la giurisprudenza del Tribunale federale e la dottrina prevalente, il motivo grave deve essere <strong>valutato oggettivamente</strong>. Un semplice sentimento soggettivo dell'attore non è decisivo. Secondo una parte della dottrina, tuttavia, ciò non significa che i sentimenti soggettivi del richiedente siano irrilevanti, purché siano particolarmente significativi e oggettivamente comprensibili.</p> <p>Per determinare l'esistenza di un grave motivo, è necessario prendere in considerazione tutte le circostanze del caso concreto. Una lieve violazione dei doveri dell'amministratore non è sufficiente e non risulta dunque atta a fondare la revoca dell’amministratore da parte del giudice. Diverse violazioni minori, che individualmente non sarebbero sufficienti, possono costituire insieme - nel complesso - un grave motivo. In questo caso infatti, il susseguirsi di violazioni contrattuali, come ad esempio di natura organizzativa o contabile, potrebbero permettere al giudice di concludere che abbiano avuto un effetto duraturo sul rapporto di fiducia. <strong>Il rifiuto permanente di adempiere agli obblighi contrattuali</strong> (tenuta della contabilità, dei verbali, realizzazione delle decisioni assembleari, redazione dei rapporti di gestione convenuti tra le parti, ecc.), così come la <strong>violazione grave di un dovere di fedeltà</strong> (la gestione poco scrupolosa dei conti della comunità, la violazione delle decisioni prese dall’assemblea, ecc.) possono costituire un grave motivo. Da notare che il motivo grave non implica necessariamente un comportamento illecito da parte dell’amministratore.</p> <p>Il motivo di revoca, per essere qualificato quale grave, non deve necessariamente riguardare tutti i comproprietari. Un'infrazione abbastanza grave da parte dell'amministratore <strong>nei confronti di un singolo comproprietario</strong> (ad esempio, un furto) può costituire una giusta causa di revoca, anche se il fatto che la condotta riguardi tutti i comproprietari può avere più peso nella valutazione complessiva della situazione. Lo stesso dicasi in rapporto al numero di comproprietari che decidono di adire il giudice civile. È vero che un singolo comproprietario può validamente rivolgersi al giudice affinché questo constati l’esistenza di un motivo grave, ma il fatto che l’azione sia promossa da più comproprietari giocherà un ruolo nella valutazione a cui deve procedere il giudice.</p> <p>I regolamenti amministrativi e d'uso possono contenere esempi di gravi motivi di revoca e possono addirittura contenere una lista dei motivi che, benché non necessariamente gravi, debbano portare alla revoca dell’amministratore e questo senza che una decisione dell’assemblea sia necessaria. Se effettivamente tali documenti contengono una lista di motivi che agli occhi della comunione dovranno essere valutati come gravi, questi potranno senz’altro indirizzare il giudice che non ne sarà tuttavia vincolato.</p> <h4>3. La procedura di revoca giudiziaria dell’amministratore</h4> <p><strong>Solo i comproprietari</strong> hanno la qualità per agire in giustizia. Poiché l'azione è diretta contro una decisione dell'assemblea dei comproprietari, non si può agire (ossia convenire) contro l’amministratore, ma unicamente <strong>contro la comunione dei comproprietari</strong>. L'amministratore non è parte al procedimento, ma può intervenire in qualità di testimone.</p> <p>Trattandosi del<strong> foro</strong>, siccome l'azione di revoca è intentata contro la comunità dei comproprietari, il giudice competente sarà quello del luogo in cui si trova l’immobile (art. 29 cpv. 1 lit. b CPC).</p> <p>Come detto, l'azione di revoca giudiziaria dell'amministratore deve essere avviata <strong>entro un mese dal giorno in cui si è tenuta l’assemblea</strong> che ha rifiutato la revoca dell’amministratore. A parte questa limitazione temporale, il diritto di chiedere la revoca dell’amministratore è di per sé <strong>imprescrittibile</strong> e può essere dunque fatto valere in qualsiasi momento. Il comportamento abusivo è tuttavia riservato. Inoltre, se il comproprietario, prima di adire il giudice, e benché cosciente della situazione, tergiversa e attende per un lungo periodo, egli potrebbe veder respinta la sua domanda. L’ingiustificata attesa potrebbe avere un impatto concreto sul procedimento giudiziario. Infatti, il giudice potrebbe considerare che il rapporto di fiducia non è stato distrutto poiché l'attore ha tollerato la situazione per un lungo periodo di tempo.</p> <p>La sentenza con la quale il giudice accoglie la domanda del comproprietario tesa a riconoscere l’esistenza di un grave motivo di revoca dell’amministratore sostituisce la decisione di revoca dell'assemblea dei comproprietari. La decisione giudiziaria termina il rapporto contrattuale tra la comunità dei comproprietari e l'amministratore con effetto <em>ex tunc</em>, ossia a partire da quel momento. Un tale effetto presuppone che la sentenza sia passata in giudicato.</p> <p>Come la revoca assembleare, la revoca giudiziaria implica una successiva <strong>liquidazione </strong>della relazione contrattuale tra le parti. Anche se richiesto, il giudice non può tuttavia pronunciarsi sulle conseguenze finanziarie di questa liquidazione. Infatti, l'amministratore non è parte al procedimento. Se le ripercussioni economiche della revoca giudiziaria sono in discussione, si giustificherà un ulteriore procedimento legale tra l'amministratore e la comunione dei comproprietari. Il grave motivo constatato nella procedura di revoca avrà necessariamente un impatto su una possibile richiesta di risarcimento danni avanzata dall’amministratore. Da notare infine che, allorquando il giudice accoglie la domanda del condomino tesa a far constatare il giusto motivo ex art. 712r cpv. 2 CC e a pronunciare la revoca dell’amministratore, egli non può contestualmente nominare un altro amministratore.</p> <p>Contro la sentenza del giudice di prime cure, solo il condomino che l’ha adito e la comunione possono presentare <strong>ricorso</strong>. L'amministratore non ha la legittimazione attiva. Finché il grave motivo di revoca permane, lo stesso amministratore non potrà essere nuovamente nominato.<br /><br /></p> <h3>D. Le possibili conseguenze economiche della revoca dell’amministratore</h3> <p>Come detto, con la revoca dell’amministratore, si apre il <strong>rapporto di liquidazione</strong> del contratto che implica diverse conseguenze.</p> <p>L’amministratore può esigere <strong>il pagamento di tutti i crediti ordinari</strong> che detiene nei confronti della comunione dei comproprietari, quali l’onorario, il salario, le spese, ecc. Al contempo, egli dovrà rendere conto del suo operato e restituire alla comunione tutto ciò che ha acquisito per conto di quest’ultima e riconsegnarle tutti i documenti che ha utilizzato o prodotto nello svolgimento dei suoi compiti, come per esempio i verbali, le fatture, i contratti, i regolamenti, ecc. Generalmente, questi doveri sono indipendenti dal fatto che la comunione non abbia ancora ottemperato ai suoi obblighi economici.</p> <p>Inoltre, l’amministratore è tenuto al <strong>dovere di fedeltà</strong> anche oltre la fine del rapporto contrattuale e ciò implica in particolare che egli dovrà tacere in merito alle conoscenze acquisiste nel quadro dell’esecuzione delle sue mansioni. Tuttavia, a meno che ciò non sia stato convenuto dalle parti, i doveri dell’amministratore non si estendono a tal punto da imporgli un obbligo di istruzione di un eventuale suo successore.</p> <p>Si pone infine la questione più spinosa, quella degli eventuali <strong>danni </strong>che l’amministratore potrebbe far valere nei confronti della comunione che lo ha revocato. Infatti, se è incontestato che la comunione dei comproprietari abbia il potere inalienabile di revocare in qualsiasi momento l’amministratore, ciò non significa che non vi potrebbero essere delle conseguenze economiche. Il più delle volte, il contratto con l’amministratore, da qualificarsi come un contratto di mandato, prevede una certa durata e dei termini di disdetta. Qualora le disposizioni contrattuali e legali fossero rispettate, non ci sarebbe spazio per delle pretese finanziarie fatte valere dall’amministratore revocato.</p> <p>È tuttavia indubbio che la comunione abbia il potere di revocare il contratto senza rispettare le condizioni contrattuali. In certi casi tuttavia, la comunione dovrà risarcire il danno così generato. Dal nostro punto di vista, la comunione ha sempre il <em>potere</em> di disdire il contratto, ma non ne ha sempre il <em>diritto</em>. Solamente qualora ne avesse anche il diritto, ossia in presenza di gravi motivi di revoca (<em>supra</em> C.2.), l’amministratore non potrebbe fondare una pretesa in risarcimento del danno. In caso contrario, la comunione dovrebbe risarcire il danno creato, che si quantifica con il <strong>mancato guadagno</strong> ed eventualmente la somma prevista dalle parti quale <strong>clausola penale</strong>.</p> <p>La posizione della dottrina maggioritaria, così come del Tribunale federale, sembra tuttavia più cauta. Infatti, essi ammettono il diritto dell’amministratore che è stato revocato di domandare e ottenere un indennizzo unicamente nel caso in cui la revoca sia intervenuta in <strong>tempo inopportuno</strong>. In altri termini, egli potrà richiedere il risarcimento del danno qualora abbia preso delle <strong>disposizioni particolari</strong> (per esempio, assunto del personale nell’ottica di impiegarlo nei compiti di amministrazione che gli erano stati assegnati dalla comunione o rinunciato ad altri mandati) <strong>che, vista la revoca con effetto immediato, gli hanno causato un danno finanziario.</strong></p> <p>In quest’ottica, in una sentenza del 1989, il Tribunale federale ha considerato che, poiché la revoca dell’amministratore era intervenuta in tempo inopportuno, quest’ultimo aveva il diritto di ricevere il <strong>10% della somma che la comunione gli avrebbe corrisposto se il contratto avesse preso fine conformemente alle prescrizioni contrattuali </strong>(SJ 1989 521).<br /><br /><br /><strong><em>Dr. iur. Benedetta S. Galetti</em></strong></p>
Leggi tutto01 marzo 2021, Da Economia Fondiaria no. 2/2021
<p><br /><strong>I. Introduzione<br /><br /></strong>I comproprietari di una comproprietà o di una proprietà per piani si ritrovano a convivere in una sorta di comunione obbligata e non sempre tale convivenza risulta facile. Per convivere pacificamente spesso bisogna trovare dei compromessi, essere disponibili, rispettarsi reciprocamente e rispettare il regolamento condominiale.<br /><br />Tuttavia, non sempre tutti i comproprietari rispettano le regole, alcuni hanno dei comportamenti inappropriati, altri vogliono sempre averla vinta su qualsiasi decisione, e via dicendo. Cosa si può quindi fare in situazioni ormai divenute talmente problematiche da rendere la vita comune insostenibile?<br />A dipendenza della gravità di tali comportamenti si richiamerà l’interessato, chiedendogli di rispettare il regolamento condominiale e/o la legge e se necessario si adotteranno altre misure relativamente “leggere”, come per esempio delle sanzioni. Solo in presenza di perturbazioni inaccettabili della convivenza nel condominio o di ripetuta violazione delle prescrizioni legali e regolamentari entra in considerazione la possibilità dell’esclusione dalla comunità di un singolo condomino, così come previsto dagli articoli 649b e 649c del Codice civile svizzero (CC):</p> <p><em><a href="https://www.fedlex.admin.ch/eli/cc/24/233_245_233/it#book_4/part_1/tit_18/lvl_C/lvl_I/lvl_9"><strong> 9. Esclusione dalla comunione</strong></a><br /><br /></em><a href="https://www.fedlex.admin.ch/eli/cc/24/233_245_233/it#book_4/part_1/tit_18/lvl_C/lvl_I/lvl_9/lvl_a"></a><a href="https://www.fedlex.admin.ch/eli/cc/24/233_245_233/it#book_4/part_1/tit_18/lvl_C/lvl_I/lvl_9/lvl_a"><strong><em> a. Comproprietari</em></strong></a><br /><em><a href="https://www.fedlex.admin.ch/eli/cc/24/233_245_233/it#art_649_b"><strong>Art. 649b</strong></a><br /></em><em><strong>1 </strong>Il comproprietario può essere escluso per sentenza del giudice dalla comunione, se il contegno suo ovvero delle persone cui ha ceduto l’uso della cosa o delle quali è responsabile, violi così gravemente gli obblighi verso tutti gli altri comproprietari o taluni di essi, da non potersi ragionevolmente pretendere che continuino la comunione.<br /></em><em><strong>2</strong> Se i comproprietari sono soltanto due, l’azione spetta a ciascuno di essi; negli altri casi e salvo convenzione contraria, è necessaria l’autorizzazione della maggioranza di tutti i comproprietari meno il convenuto.<br /></em><em><strong>3 </strong>Il giudice che pronuncia l’esclusione condanna il convenuto ad alienare la sua quota di comproprietà e, per il caso in cui l’alienazione non sia attuata nel termine fissato, ordina che la quota sia venduta agli incanti pubblici secondo le disposizioni sulla realizzazione forzata degli immobili, eccetto quelle concernenti lo scioglimento della comproprietà.<br /><br /></em><em><a href="https://www.fedlex.admin.ch/eli/cc/24/233_245_233/it#book_4/part_1/tit_18/lvl_C/lvl_I/lvl_9/lvl_b"><strong>b. Titolari di altri diritti</strong></a><br /></em><em><strong><a href="https://www.fedlex.admin.ch/eli/cc/24/233_245_233/it#art_649_c">Art. 649c</a></strong><strong> <br /></strong></em><em>Le disposizioni concernenti l’esclusione d’un comproprietario si applicano per analogia all’usufruttuario della quota di comproprietà e al titolare di altri diritti di godimento reali oppure personali annotati nel registro fondiario.</em></p> <p><br /><strong>II. Informazioni generali</strong><br /><strong><br /></strong>L’azione in esclusione ha quale scopo di escludere un comproprietario dalla comunione, condannandolo ad <strong>alienare la sua parte di comproprietà</strong>. <strong>L’azione è aperta sia in caso di comproprietà ordinaria che di proprietà per piani</strong> (ma anche – secondo la dottrina maggioritaria - in caso di comproprietà mobiliare).<br /><br />L’esclusione entra in considerazione come <em>ultima ratio</em>, ossia <strong>ultimo provvedimento</strong>, poiché si tratta di una misura molto incisiva nella posizione giuridica del comproprietario interessato e si giustifica, quindi, solo in presenza di circostanze molto gravi, allorquando tutte le misure meno incisive atte all’eliminazione del comportamento molesto sono rimaste senza esito e il perturbatore è ostinato a proseguire con il suo atteggiamento.<br /><br />Gli artt. 649b e 649c CC sono di natura imperativa: ciò significa che <strong>non si può sopprimere il diritto di domandare l’esclusione di un comproprietario.</strong> Tuttavia, l’atto costitutivo o il regolamento d’uso e di amministrazione possono prevedere che la procedura di esclusione sia facilitata o complicata.<br /><br />L'"alienazione" (cfr. art. 649b cpv. 3 CC) può consistere in una compravendita (se necessario anche agli incanti pubblici), una donazione, una permuta e una vendita privata all’asta; se il comproprietario è una persona morale, entra in considerazione anche un trasferimento delle azioni.<br />Il termine fissato dal giudice per l’alienazione della propria parte di comproprietà deve tenere conto della situazione concreta della comproprietà stessa come pure di quella del comproprietario interessato dal provvedimento. A titolo esemplare, in alcune sue decisioni, il Tribunale federale ha ritenuto adeguato un termine di 30 giorni, mentre in altre di 60, idealmente comunque non oltre i tre mesi.<br /><br />Se, invece, l’azione è diretta contro un usufruttuario o contro un titolare di un altro diritto di godimento (art. 649c CC), l’azione potrà portare solo sull’annullamento di detto diritto di godimento. Il titolare del diritto, non avendo una parte da alienare, potrà domandare un indennizzo il cui importo verrà fissato dal giudice, calcolato - per analogia - secondo i principi applicabili in caso di espropriazione.<br /><br /><strong>III. Condizioni </strong><br /><strong><br /></strong>Per poter procedere alla richiesta di esclusione, le seguenti condizioni devono essere dimostrate dai comproprietari lesi che hanno intenzione di azionare il perturbatore della vita comune:<br /><br />- L’esistenza di una comunione di comproprietari (comproprietà semplice o proprietà per piani);<br />- La <strong>violazione di un obbligo derivante dal diritto di proprietà</strong>: può trattarsi di un obbligo legale (artt. 648 cpv. 1 e 712a e seguenti CC) oppure di regole interne alla comproprietà. La nozione di obbligo va interpretata in senso lato: viola un obbligo colui che, con il suo comportamento, si rende intollerabile in seno alla proprietà, oppure ne mette in pericolo l’esistenza stessa. In ogni caso, la violazione dell’obbligo deve avere una relazione con la comproprietà/PPP.<br /><br />In generale, gli obblighi di ogni comproprietario sono, segnatamente, il rispetto della proprietà, dei diritti personali e della personalità degli altri comproprietari.<br /><br />La violazione deve emanare da un comproprietario o da una persona alla quale quest’ultimo ha ceduto l’uso della sua parte (ad esempio un inquilino) ed è sufficiente che tocchi anche solo un comproprietario. Infine, è sufficiente una violazione oggettiva di un obbligo, senza che vi sia colpa da parte del perturbatore;<br />- La <strong>gravità della violazione</strong>: la violazione dell’obbligo deve rendere la continuazione della vita comune insostenibile. Ciò implica spesso la violazione ripetuta di un dovere o più obblighi. Anche una violazione puntuale può essere sufficiente, ma deve essere di una gravità tale che, oggettivamente, la continuazione della vita comune con il perturbatore sarebbe insopportabile per gli altri comproprietari;<br />- <strong>Tutti gli altri provvedimenti sono rimasti vani</strong>: infatti, come anticipato, l’esclusione è l’<em>ultima ratio</em>. Tutte le altre misure meno incisive, possibili e ragionevolmente esigibili per la risoluzione del conflitto devono essere state tentate e rimaste senza alcun effetto. Si tratta ad esempio di colloqui, raccomandate scritte<br />Per esempio, se un comproprietario è in ritardo con il pagamento dei suoi contributi, gli altri comproprietari possono far valere solo l’ipoteca legale o il diritto di ritenzione della comunione previsti dagli artt. 712i e 712k CC;<br />- La decisione di agire in giustizia è stata presa alla <strong>maggioranza semplice</strong>, salvo diversa disposizione regolamentare (cfr. <em>supra II</em>. e <em>infra V.</em>).<br /><br />L’azione non prevede alcun termine di prescrizione: può essere intentata in qualsiasi momento, fintanto che perdura la situazione insostenibile della vita comune in seno alla comproprietà. Attenzione però a non far passare troppo tempo poiché il fatto che il comproprietario leso abbia tollerato la situazione per parecchio tempo tende a provare che la stessa non è realmente insopportabile.<br /><br /><strong>IV. Esempi di casi d’applicazione</strong><br /><strong><br /></strong>Di seguito vengono elencati alcuni esempi di comportamenti di comproprietari che non possono essere ragionevolmente imposti alla comunione dei comproprietari:<br /><br />- Ripetuta grave violazione del regolamento condominiale, violazioni regolari di disposizioni regolamentari o legali;<br />- Causare continuamente rumori eccessivi (violazione del periodo di riposo);<br />- Danneggiamenti importanti e regolari di parti comuni;<br />- Ingiurie, comportamenti aggressivi e gravemente inappropriati verso gli altri comproprietari. Per esempio, colui che si mostra – senza sosta – insopportabile, litigioso e brutale nei confronti degli altri abitanti della casa, rendendo così impossibile una vita in comune pacifica o, quantomeno, normale, conforme all’uso tra abitanti di una stessa proprietà, infrange gli obblighi che gli incombono nei confronti degli altri proprietari. Lo stesso vale per colui che nel corso di numerosi anni aziona – ingiustamente e più volte – diversi altri comproprietari sia dal profilo civile che penale;<br />- Modifica della destinazione dei locali che non può essere imposta agli altri proprietari, ad es. trasformazione di un ristorante in un locale a luci rossi;<br />- Modifica arbitraria di una parte comune e rifiuto ostinato della richiesta legittima del ripristino dello stato antecedente oppure di risarcimento dei danni;<br />- Danneggiamento delle parti comuni causata dal non rispetto del dovere di tenere la parte oggetto del proprio diritto d’uso esclusivo/riservato in buono stato;<br />- Rifiuto ostinato di accesso alla propria parte in diritto esclusivo, rendendo impossibile i lavori di rinnovo e manutenzione nelle parti comuni.<br />Si evidenzia che piccoli dissidi o violazioni non sono dei validi motivi di esclusione dalla comunione.<br /><br />Il Tribunale federale ha, poi, avuto modo di decidere che <strong>un proprietario che ha lui stesso mancato in maniera grave a più riprese ai suoi obblighi giuridici e morali che risultano dal rapporto di proprietà, non può a sua volta ottenere l’esclusione di un altro comproprietario che ha violato le stesse regole</strong>. Nella fattispecie, nel corso di molti anni, i due erano stati implicati in innumerevoli procedure avviate tra loro a seguito di reciproche provocazioni, lesioni corporali, vie di fatto e in relazione a decisioni della comunione dei comproprietari. Durante la procedura le giurisdizioni cantonali hanno stabilito che entrambi i comproprietari avevano una pesante responsabilità nel degrado delle loro relazioni e che ogni parte si era comportata in maniera deplorevole e senza riguardo l’una verso l’atra.<br /><br /><strong>V. Procedura</strong><br /><strong><br /></strong>La procedura di esclusione richiede, innanzitutto, l’adozione di una decisione assembleare alla <strong>maggioranza semplice</strong>, salvo diversa disposizione regolamentare. Solo a quel punto il/i comproprietari/o leso/i potrà/anno inoltrare la richiesta al giudice.<br /><strong>La decisione definitiva di esclusione dalla comunione di un comproprietario spetta, quindi, solo al giudice. </strong>Per questo motivo è fondamentale avere più prove inconfutabili possibili relative ai comportamenti contestati al comproprietario perturbatore della vita comune (per esempio lettere, e-mails, ispezioni oculari, fotografie, perizie, ecc).<strong><br /></strong><br />La trattanda di esclusione dalla comunione deve essere prevista all’ordine del giorno e il comproprietario perturbatore deve essere convocato all’assemblea in modo che possa, se lo ritiene necessario, difendere la sua posizione, pena la nullità della decisione. Tuttavia, egli <strong>non può partecipare al voto</strong>.<br /><br />Una volta adottata la decisione, <strong>il proprietario leso potrà sottoporre la richiesta di esclusione al giudice. </strong>Se più comproprietari sono lesi, ognuno di loro può intentare l’azione separatamente oppure agire insieme in litisconsorzio (facoltativo, art. 71 CPC).<br />L’azione sarà diretta contro il comproprietario perturbatore. Se i perturbatori sono più di uno, potranno tutti essere azionati individualmente oppure quali litisconsorti (art. 71 CPC). Se la quota è detenuta in comproprietà, l’azione è diretta contro il o i perturbatori, mentre in caso di proprietà comune (per esempio quando vi è una comunione ereditaria) contro tutti i proprietari comuni.<br /><br />L’azione volta alla soppressione di un diritto di godimento (art. 649c CC) è diretta contro il titolare di detto diritto.<strong><br /><br />L’azione non può, invece, essere promossa dall’amministratore o dalla comunione dei comproprietari, né dal titolare di un diritto reale limitato o di un diritto personale.</strong> <br />In particolare, il ruolo dell’amministratore termina con l’adozione della decisione assembleare volta all’esclusione; nel limite del possibile dovrebbe mantenere una posizione neutrale, senza sollecitare l’azione di esclusione.<br /><br />A seconda del valore litigioso, che corrisponde al valore della parte del comproprietario perturbatore, l’azione seguirà la procedura ordinaria (valore litigioso oltre fr. 30'000.-) o la procedura semplificata (inferiore a fr. 30'000.-). Se si è in presenza di un caso chiaro – difficilmente applicabile in caso di esclusione dalla comunione – la procedura sarà sommaria.<br /><br />Nei casi di procedura ordinaria e semplificata, la procedura di merito è introdotta da un tentativo di conciliazione da inoltrare, quasi sicuramente, dinnanzi al Pretore (quando il valore litigioso supera i fr. 5'000.-). Se le parti non trovano un’intesa, l’istante dovrà procedere con l’azione di merito entro tre mesi dalla ricezione dell’autorizzazione ad agire rilasciata dall’autorità di conciliazione.<br /><br />La procedura sarà da inoltrare all’autorità competente per il luogo dove l’immobile è iscritto a Registro fondiario oppure al domicilio/sede del convenuto. Se si tratta di una proprietà mobiliare, il foro è il domicilio/sede del convenuto o il luogo in cui il bene si trova.<br /><br /><br /><strong><em>Avv. Amanda Stojkova</em></strong><br /><br /></p>
Leggi tutto01 marzo 2021, Da Economia Fondiaria no. 2/2021
01 novembre 2020, Da Economia Fondiaria no. 6/2020
<p><br />Aumenta sempre di più l’interesse per le automobili elettriche e di conseguenza anche le richieste di posa delle relative stazioni di carica. Ma come viene decisa la posa in ambito di comproprietà?<br />L’installazione di stazioni di carica per automobili elettriche può essere ormai definita come un <strong>lavoro di costruzione utile</strong> e sottostà all’art. 647d CCS applicabile sia in ambito di comproprietà ordinaria che di condominio: è, quindi, necessario procedere con una decisione in sede assembleare alla <strong>maggioranza qualificata (salvo diversa disposizione nell’atto costitutivo o nel regolamento d’uso).</strong><br /><br />Solitamente, i posteggi costituiscono una parte comune della proprietà per piani che vengono, poi, assegnati in uso riservato al singolo condomino; l’installazione e l’infrastruttura elettrica che costituiscono la colonna di carica sono, in principio, anch’esse una parte comune. <br />Pertanto, il comproprietario che vorrà far posare una colonna per la ricarica sul suo posto auto dovrà ottenere l’approvazione dell’assemblea dei condomini e, quindi, chiedere all’amministrazione l’inserimento della trattanda all’ordine del giorno della prossima assemblea. <br />La trattanda deve essere sufficientemente chiara ed è senz’altro utile che vi siano già delle offerte allegate, come pure dei piani dell’ubicazione della colonna, informazioni riguardo all’approvvigionamento dell’energia, della suddivisione dei costi dell’istallazione (a carico del singolo o a carico della comunione?), delle regole di utilizzo, ecc. Questo aspetto è di particolare importanza in questo momento, poiché a causa della situazione di emergenza sanitaria attualmente in corso le amministrazioni optano per assemblee tenute in forma scritta ed è, pertanto, fondamentale che le informazioni trasmesse agli altri codomini siano particolarmente precise e complete.<br /><br />Vi è anche un evidente interesse a voler guardare al futuro, prevedendo un sistema che, in caso di richiesta da parte di altri condomini, possa essere ampliato e possa servire anche i nuovi utenti. In quest’ottica, se un condominio è grande, bisognerà scegliere un sistema abbastanza potente che dia la possibilità a tutti i possibili utenti di allacciarsi contemporaneamente.<br /><br /><br /><strong><em>Avv. Amanda Stojkova</em></strong></p>
Leggi tutto01 settembre 2020, Da Economia Fondiaria no. 5/2020
01 settembre 2020, Da Economia Fondiaria no. 5/2020
<h4><strong><br />I. Introduzione</strong></h4> <p>Il presente articolo ha lo scopo di illustrare brevemente quali sono gli atti di amministrazione delle parti comuni che il singolo comproprietario può effettuare indipendentemente da una delibera assembleare o in caso di assenza dell’amministrazione.</p> <p>In principio, nel regime della comproprietà ordinaria e, per rimando dell’art. 712g cpv. 1 CC, anche della proprietà per piani, gli atti di ordinaria amministrazione possono essere eseguiti da ogni comproprietario (art. 647a<em> </em>cpv. 1 CC), mentre quelli più importanti richiedono una decisione della maggioranza di tutti i comproprietari che rappresenti la maggior parte della cosa (art. 647b<em> </em>CC) e non possono, quindi, essere intrapresi autonomamente. In caso di necessità, a determinare condizioni, il singolo comproprietario può inoltre intraprendere le misure urgenti per limitare o evitare un danno (art. 647 CC).</p> <p>L’amministrazione del condominio può, inoltre, essere regolata dal regolamento d’uso e d’amministrazione che può prevedere delle disposizioni particolari.</p> <p>Evidentemente, per quanto concerne i suoi diritti esclusivi invece, il comproprietario ha la facoltà di amministrare, godere e sistemare i suoi locali, sempre che non comprometta l’esercizio del diritto corrispondente degli altri comproprietari, non danneggi le parti edilizie, le opere e gli impianti comuni e non ne pregiudichi la funzione e l’aspetto esteriore.<br />Vi sono poi le parti comuni assegnate in uso riservato a un singolo comproprietario, per esempio una porzione di giardino, un tetto-terrazza, dei posteggi: su queste parti comuni, il comproprietario può solo effettuare atti di amministrazione e/o manutenzione ordinaria, mentre tutto ciò che non rientra in questo ambito rimane di competenza dell’assemblea.<br /><strong> </strong></p> <h4><strong>II. Le misure urgenti</strong></h4> <p>Ogni comproprietario, può – innanzitutto – provvedere, di propria iniziativa e a spese della comunione dei comproprietari, ad adottare le misure urgenti necessarie a prevenire o limitare danni imminenti o maggiori alle parti comuni. Si tratta di una regola eccezionale applicabile unicamente ai casi di particolare urgenza.<br />L'urgenza è data se non si può ragionevolmente attendere ulteriormente di agire.<br />Per esempio, possono costituire delle misure urgenti i seguenti casi:</p> <ul> <li>La riparazione di una condotta d’acqua rotta;</li> <li>Lo spegnimento di un incendio;</li> <li>L’impermeabilizzazione provvisoria di un tetto durante dei temporali;</li> <li>Il pompaggio dell’acqua fuori da una cantina allagata dopo delle forti piogge;</li> <li>L’eliminazione di un albero caduto che impedisce l’accesso alla proprietà.</li> </ul> <p>La possibilità di agire a nome della comunione in casi di urgenza è una competenza imperativa del singolo comproprietario alla quale non si può derogare mediante disposizione regolamentare o assembleare (art. 647 cpv. 2 cifra 2 CC). Tuttavia, <strong>il singolo comproprietario non può prevalersi di questa facoltà che in caso di assenza di un amministratore</strong> poiché non nominato o, qualora ve ne fosse uno, poiché non vuole o non può agire tempestivamente. Di fatto, la facoltà di procedere alle misure urgenti è, quindi, sussidiaria a quella dell’amministratore incaricato della gestione della comproprietà.<br /><strong> </strong></p> <h4><strong>III. Gli atti dell’ordinaria amministrazione</strong></h4> <p>Secondo l’art. 647a cpv. 1 CC “<em>Ogni comproprietario può fare gli atti dell’ordinaria amministrazione, come i lavori di miglioramento, coltivazione, raccolta, di custodia e vigilanza di breve durata, stipulare a tale fine contratti ed esercitare le facoltà che derivano dagli stessi o dai contratti di locazione o d’appalto, comprese quelle di pagare e riscuotere somme di denaro per tutti i comproprietari.</em>”</p> <p>L’articolo ha due scopi: in primo luogo, fa un elenco di quali possono essere gli atti di ordinaria amministrazione, ponendo qualche esempio; in secondo, determina chi è competente per agire in tal senso.</p> <p>La gestione ordinaria della comproprietà, così come definita dall'art. 647a CC, concerne unicamente le parti comuni e comprende le <strong>misure necessarie o opportune per mantenere la cosa o il suo valore e per evitare danni, come pure l’esecuzione dei lavori di riparazione e di manutenzione necessari.</strong> Si tratta, quindi, di misure quotidiane e di importanza minore (anche in termini di costi), che non hanno un forte impatto a medio - lungo termine. Sono atti che possono essere dati per “scontati” e appropriati nel contesto di una corretta gestione della comproprietà, anche da un punto di vista di opportunità, purché la loro portata sia limitata.<br />In generale, poi, questi atti non devono consistere in lavori di costruzione, ai quali vengono invece applicate le regole previste dagli articoli 647c e seguenti CC.</p> <p>Sono, per esempio, atti di ordinaria amministrazione (oltre a quelli menzionati nel capoverso 1 dell’art. 647a CC):</p> <ul> <li>Piccole riparazioni;</li> <li>Incasso di contributi condominiali;</li> <li>Pagamenti di importi dovuti dalla comunione;</li> <li>Verifica delle coperture assicurative;</li> <li>Manutenzione e taglio delle siepi di confine;</li> <li>Pulizia dell’atrio condominiale;</li> </ul> <p>Anche in questo caso, <strong>la competenza del singolo comproprietario è subordinata all’assenza di un amministratore o alla sua inattività</strong>: la maggioranza dei proprietari può, in effetti, restringere la facoltà di procedere autonomamente all’amministrazione corrente del condominio nominando un amministratore che dovrà, pertanto, eseguire tutti gli atti di amministrazione ordinaria (artt. 647a cpv. 2, 712q e 712s CC).<br /><br /></p> <p>In ogni caso, è fondamentale distinguere gli atti di ordinaria amministrazione da quelli di amministrazione più importanti: questi ultimi, infatti, sono trattati all’articolo 647b CC e devono sempre essere decisi in sede assembleare. La distinzione non è semplice e ogni situazione va esaminata concretamente, secondo le circostanze del caso.<br />Possono essere atti di amministrazione più importanti:</p> <ul> <li>Il cambiamento di cultura o di utilizzazione;</li> <li>Il cambio di destinazione della cosa in comproprietà;</li> <li>La stipulazione e lo scioglimento di contratti di locazione relativi a parti comuni;</li> <li>La decisione di intentare una procedura giudiziaria;<br /><strong> <br /></strong></li> </ul> <h4><strong>IV. La manutenzione ordinaria delle parti (comuni) assegnate in uso riservato/esclusivo</strong></h4> <p>Innanzitutto, si precisa che il beneficiario può utilizzare la parte assegnata solo in conformità con il suo scopo e astenendosi dal ridurre ulteriormente i diritti degli altri condomini.<br />Sono in particolare <strong>vietati tutti quegli interventi atti a modificare l’essenza e la funzionalità della parte oggetto del diritto esclusivo, così come tutte le misure che portano ad una modifica dell’aspetto esteriore del condominio. </strong>Trattandosi di una parte comune, il beneficiario necessita del <strong>preventivo consenso dell’assemblea per ogni intervento di tipo strutturale o di sistemazione che ne modifichi l’aspetto</strong>. In caso contrario, l’assemblea potrà chiedere in ogni momento la rimozione delle opere e/o il ripristino delle modifiche effettuate abusivamente.</p> <p>A dipendenza della parte assegnata in uso riservato, il singolo comproprietario potrà, per esempio in caso di un giardino, installare vasi di fiori, mobili da giardino, ombrellone, grill mobile, ecc. Senza un apposito consenso gli sarebbe invece preclusa la possibilità di sostituire il prato verde con l’orto, le aiuole, la sabbia, la ghiaia, così come asportare piante e cespugli esistenti, installare una casetta per attrezzi, una piscina o dei giochi fissi per bambini (altalene, ecc.), costruire biotopi, ecc. Il diritto d’uso riservato sul giardino comporterà per il suo beneficiario, fatte salve altre disposizioni nel regolamento, la cura e la manutenzione di quelle parti che rientrano nella sfera d’influenza del suo diritto: dovrà quindi – e senza il preventivo consenso dell’assemblea – tagliare l’erba, pulire e provvedere ai piccoli lavori di manutenzione del pavimento, potare gli arbusti da lui piantati (col permesso del condominio). Il condominio dovrà invece mantenere il giardino nella sua essenza: dovrà quindi ad esempio ripiantare l’erba se questa si fosse rovinata a seguito di un’alluvione, potare gli alberi e la siepe comune, ecc.</p> <p>In presenza di tetti terrazza, invece, il beneficiario del diritto d’uso potrà utilizzare la terrazza quale luogo di riposo e ristoro; potrà pertanto installarvi mobili da giardino, ombrelloni, vasi con fiori, ecc. Dovrà invece astenersi dall’installazione di pareti che proteggano dalla vista altrui, di vetrate, di reti, di piante a spalliera, ecc. Il beneficiario dovrà provvedere alla sua pulizia e alla piccola manutenzione, mentre il condominio dovrà provvedere alla manutenzione ordinaria segnatamente all’eliminazione delle infiltrazioni d’acqua e più in generale al risanamento del tetto.<br /><br /></p> <h4><strong>V. <a rel="noopener" data-udi="umb://media/da6ea503a09a44be8fc3c76d31356a05" href="/media/1644/schema-art-ppp-ef-2-2020.jpg" target="_blank" title="schema art. PPP EF 2 2020.jpg">Riassunto - Schema</a></strong><br /><strong> </strong></h4> <p><strong><em>Avv. Amanda Stojkova</em><br /></strong></p>
Leggi tutto01 maggio 2020, Da Economia Fondiaria n. 3/2020
01 marzo 2020, Da Economia Fondiaria no. 2/2020
È da poco disponibile la nuova guida pratica in materia condominiale utilissima per tutti i condomini
Leggi tutto01 marzo 2020, Da Economia Fondiaria no. 2/2020
Il Caso - Domanda e Risposta
Leggi tutto01 settembre 2019, Da Economia Fondiaria no. 5/2019
Il caso - Domanda e Risposta
Leggi tutto01 luglio 2019, Da Economia Fondiaria no. 4/2019
Come deve procedere la comunione dei proprietari quando vuole fare causa ad un artigiano che non ha eseguito dei lavori a regola d’arte, oppure contro un condomino che non rispetta quanto previsto dal regolamento condominiale?
Leggi tutto01 luglio 2019, Da Economia Fondiaria no. 4/2019
<p><strong>Negli anni scorsi si è iniziato a discutere intensamente in merito all'argomento AirBnB, ossia questa piattaforma mondiale che permette di mettere a disposizione, rispettivamente di soggiornare per singole o più notti presso alloggi privati. Lo sviluppo del fenomeno (la piattaforma AirBnB è solo la più importante ma ve ne sono anche altre) è esponenziale, sia per quanto attiene al numero degli utenti, come anche per i servizi proposti: dall'originale materasso gonfiabile presso un Bed & Breakfast privato si è passati ad appartamenti, stanze in alberghi, case di lusso, eventi tipo matrimoni, e si sta guardando pure alle compagnie aeree...</strong></p> <p><strong>L'anno scorso, l'Ufficio federale delle abitazioni, ha convocato le associazioni interessate allo scopo di concordare una modifica delle norme sul diritto di locazione per favorire la possibilità del subaffitto via AirBnB. In considerazione delle resistenze opposte dai rappresentanti dei locatori all'introduzione di disposizioni che volevano di principio obbligare i locatori a che i loro inquilini potessero subaffittare il loro alloggio anche per brevi periodi via AirBnB (e analoghe piattaforme), il discorso è per il momento accantonato.<br /></strong><strong>Parallelamente però appaiono articoli di simpatizzanti che vorrebbero lasciare a questa pratica grande libertà, restringendo quindi anche a livello condominiale, le possibilità dell'assemblea condominiale di fissare dei limiti a tale utilizzo.</strong><strong> </strong></p> <p><strong>Proprio in questi giorni è stata pubblicata per esteso un'importante sentenza del Tribunale federale (STF 5A_436/2018) che porta una nuova e benvenuta luce sull'argomento.<br />La decisione concerne una vertenza condominiale, ma dovrebbe avere implicazioni dirette anche in ambito locativo…<br /></strong><strong> </strong></p> <p><strong>I fatti</strong></p> <p>Il condominio XY è composto da 27 unità: il PT è destinato ad officina di battelli, mentre le restanti 26 unità sono destinate ad appartamento. L'atto costitutivo prevede espressamente che ogni condominio deve rispettare la destinazione stabilita. Le quote destinate ad appartamenti non possono essere utilizzate a scopi commerciali, salvo nel caso di attività (come gli uffici) che non disturbino in maniera rilevante gli altri proprietari e abitanti. Sono esclusi altri utilizzi. Il regolamento condominiale precisa poi che l'utilizzo a destinazione commerciale non è ammesso salvo per uffici, mentre sono esclusi ad esempio studi medici, lavoratori, pensioni, ateliers artigianali, insegnamento della musica e tutte le attività che comportano un traffico rilevante di clienti.</p> <p>In assemblea i condomini hanno deciso di completare il regolamento citato con la seguente aggiunta: "Inoltre non è ammessa la locazione irregolare, o a giorni, a settimana o mensile. È ammessa solo la locazione duratura".<br />La figlia di un condomino offriva invece regolarmente il suo appartamento a turisti (segnatamente via AirBnB), sicché nello stabile si incontravano persone esterne, che utilizzavano le diverse infrastrutture condominali comuni come piscina, sauna, palestra, lavanderia e terrazza, senza conoscere però le prescrizioni per il loro utilizzo.</p> <p>Il condomino interessato ha contestato tale decisione sollevando in particolare i seguenti argomenti:</p> <p>- l'attività della figlia non costituirebbe un alloggio paralberghiero,<br />- la decisione limiterebbe in maniera inaccettabile i diritti dei condomini,<br />- la locazione per brevi periodi non sarebbe in contrasto con la destinazione abitativa, soprattutto anche perché attività commerciali silenziose sono ammesse<br />- la presenza dei turisti non originerebbe immissioni inaccettabili, ritenuto che per la loro intensità non sarebbero determinanti le caratteristiche dello stabile, bensì le sensazioni di una persona media<br />- contando il condominio ben 19 condomini, non tutti conoscerebbero i loro diversi parenti e conoscenti.</p> <p>La contestazione della decisione assembleare da parte del condomino non è andata a buona fine: sia il Giudice di prima istanza come anche il Tribunale Cantonale e quello Federale hanno respinto la contestazione e i successivi ricorsi.<br /><br /></p> <p><strong>Considerazioni del Tribunale Federale</strong></p> <p>Il TF ricorda anzitutto il principio generale secondo cui il comproprietario ha la facoltà di amministrare, godere e sistemare liberamente i suoi locali, fatti salvi i diritti degli altri condomini e il rispetto integrale delle parti edilizie, delle opere e degli impianti comuni, e l'aspetto esteriore (art. 712a cpv. 2 CC).<br />La sua libertà può però anche essere limitata dalla legge, dall'ordinamento condominiale o da un accordo con terzi.</p> <p>Ciò avviene in particolare quando la ristrutturazione o l'utilizzo della singola quota interessa la destinazione o il modo di utilizzo delle parti comuni.</p> <p>La destinazione e la regolamentazione relativa al modo di utilizzo incombe infatti ai condomini, che di regola formalizzano la questione nell'atto costitutivo o nel regolamento; si possono però trovare degli indizi anche nel modo d'uso esercitato fino ad allora. I limiti posti nel regolamento devono essere compatibili con gli artt. 2 CC (osservanza della buona fede), 27 CC (protezione della personalità), 19 segg. CO e con il diritto condominiale.</p> <p>Il TF ricorda che ad eccezione del cantiere per i battelli, l'utilizzo previsto per gli appartamenti è l'abitazione; sono anche ammesse attività commerciali "silenziose" (esclusi quindi gli studi medici, le lezioni di musica ecc.).</p> <p>Si china quindi sugli aspetti che caratterizzano la messa a disposizione per breve tempo di stanze, appartamenti, case rispettivamente châlets che offrono servizi (anche modesti) come la pulizia, biancheria, presa in cura degli ospiti chiarendo che tale prestazione è tipica di un <strong>utilizzo a scopo paralberghiero.</strong><strong> </strong></p> <p>Altri aspetti caratteristici dell'utilizzo paralberghiero non presenti nel contratto di locazione sono, che il locatore di regola non ha la possibilità di rifiutare un determinato cliente, il contratto viene concluso senza tutti quegli accertamenti normali in un contratto di locazione (sopralluogo dell'ente locato, verifica solvibilità ecc), la durata è infinitamente più breve e il prezzo è dovuto per notte.</p> <p><strong>La nostra massima istanza ha ben chiarito che ai fini del giudizio della vertenza è determinante unicamente la questione a sapere se l'offerta di alloggi a breve termine sia compatibile o meno con il tipo di utilizzo prescritto dal regolamento o nell'atto costitutivo del condominio. Del tutto irrilevanti sono invece aspetti sociali e di politica abitativa</strong> (ad es. l'asserito rincaro delle pigioni nei centri cittadini causato dalla possibilità di maggiori introiti tramite AirBnB, la lotta ai letti freddi ecc.) che regolarmente vengono invocati in questo contesto (per vedere di orientare l'interpretazione di una legge o per proprio modificarla; si veda infra sotto <strong>A).</strong></p> <p><strong>Successivamente ha poi esaminato se l'aggiunta al regolamento decisa dall'assemblea limiti eccessivamente il diritto di proprietà</strong> (cfr infra sotto <strong>B).</strong></p> <p><strong>A) </strong>Dopo avere ricordato che negli scorsi anni la dottrina si è chinata sul rapporto fra il condomino/locatore via AirBnB o analoga piattaforma e le prescrizioni d'uso dei regolamenti condominiali, il TF ha confermato che la messa a disposizione di alloggi tramite le piattaforme può, a dipendenza dei casi e in considerazione di aspetti come la frequenza del cambio di inquilini, il grado di utilizzo di parte di terzi e l'intensità delle immissioni causate, portare ad un utilizzo diverso dell'unità, o addirittura ad una modifica della destinazione dell'intero stabile. Nella valutazione della compatibilità di tale uso con le disposizioni condominali sull'utilizzo, bisogna tenere conto in particolare delle caratteristiche dello stabile (ad es. verifica se lo stabile è ubicato in zona turistica, se è stabile cittadino ecc.) e dell'utilizzo avuto sino ad ora.</p> <p>Applicando i principi al caso concreto, l'alta corte ha ritenuto che l'offerta continua dell'unità condominale via AirBnB violi la norma regolamentare, perché la presenza di questi ospiti non è compatibile né con la parola, né con il senso di "abitare".</p> <p>A questa constatazione hanno concorso in particolare i seguenti aspetti:<br />- l'immobile è di standing elevato con infrastrutture adeguate allo stato, come piscina, sauna, palestra<br />- simili infrastrutture non sono destinate a terzi sui quali i condomini - a differenza che in caso di ospiti propri o inquilini duraturi - non hanno controllo alcuno<br />- nonostante la PPP conti ben 26 appartamenti, le infrastrutture citate contribuiscono a creare un'atmosfera piuttosto intima<br />- ciò è ulteriormente rafforzato dal fatto che la residenza prevede espressamente solo la destinazione di abitazione primaria<br />- l'esigenza di tranquillità è più elevata in caso di destinazione ad abitazione primaria.</p> <p>L'attività paralberghiera esercitata non è quindi compatibile né con la destinazione "abitativa" né con un'attività commerciale "silenziosa", tanto più che la destinazione di "pensione" è espressamente vietata dal regolamento.<br /><br /><strong>B)</strong> Rimaneva quindi da verificare la liceità della decisione intesa a vietare l'offerta di alloggi per brevi periodi (giorni, settimane, mesi).</p> <p>Il TF ha dapprima <strong>confermato l'opinione della dottrina secondo cui una prescrizione che vietasse ogni e qualsiasi possibilità di locare la propria unità sarebbe incompatibile con il diritto di proprietà</strong>; non è infatti ammissibile che un condomino che dovesse recarsi all'estero per un periodo prolungato o che fosse diventato proprietario di più quote dovesse procedere alla vendita perché non potrebbe né occuparle né altrimenti farle rendere...<br /><strong>La limitazione che vieta la locazione per brevi periodi non costituisce invece un'ingerenza maggiore rispetto a quella che vieta l'utilizzo a destinazione commerciale o che tollera solo attività silenziose</strong>. In tutti questi casi il condominio mantiene la possibilità di ottenere un reddito tramite la messa a disposizione degli spazi a un terzo, anche se la locazione non è a breve termine o l'attività di uno studio commerciale potrebbe essere più redditizia.</p> <p>Peraltro il Tribunale relativizza il maggiore introito derivante dalla locazione a breve termine perché andrebbe compensato con il maggiore consumo degli spazi.</p> <p>Il Tribunale federale ha poi sottolineato che in questo contesto <strong>il principio della proporzionalità e il soppesamento degli interessi - tanto applicato nell'ambito del diritto pubblico - non trova invece spazio:</strong> <strong>conformemente all'art. 712g cpv. 3 CC la comunità dei condomini può stabilire autonomamente (e liberamente) la destinazione delle unità, dovendo unicamente attenersi ai limiti posti dai già citati art. 2 e 27 CC, 19 e segg. CO e dalle norme sul condominio.</strong></p> <p>Il Tribunale ha infine ricordato che di per sé la modifica del regolarmente non limita un uso già ammesso, come sarebbe invece stato il caso se ad esempio si fosse deciso che in futuro non era più possibile utilizzare il PT ad uso di officina per battelli. Al contrario, sin dalla sua costituzione la destinazione prevista era l'abitazione e dall'inizio era escluso l'uso come pensione, destinazione sempre rispettata, salvo appunto dalla figlia dell'opponente<br /><br /></p> <p><strong>Ripercussioni della sentenza in ambito locativo</strong></p> <p>La sublocazione è regolata all'art. 262 CO qui riprodotto</p> <p><a href="https://www.admin.ch/opc/it/classified-compilation/19110009/index.html#a262"><strong><em>Art. 262 K. Sublocazione</em></strong></a><em><br /><br />K. Sublocazione<br /></em><em><sup>1</sup></em><em> Il conduttore può sublocare in tutto o in parte la cosa con il consenso del locatore.<br /></em><em><sup>2</sup></em><em> Il locatore può negare il consenso soltanto se:<br /></em><em>a.<br /></em><em>il conduttore rifiuta di comunicargli le condizioni della sublocazione;<br /></em><em>b.<br /></em><em>le condizioni della sublocazione, comparate con quelle del contratto principale di locazione, sono abusive;<br /></em><em>c.<br /></em><em>la sublocazione causa al locatore un pregiudizio essenziale.<br /></em><em><sup>3</sup></em><em> Il conduttore è responsabile verso il locatore se il subconduttore usa della cosa locata in modo diverso da quello permesso al conduttore. A tale effetto, il locatore può rivolgersi direttamente al subconduttore.</em></p> <p>L'anno scorso l'Ufficio federale delle Abitazioni aveva invitato le associazioni interessate per delle discussioni intese a modificare il CO, perché questo di fatto oggi rende quasi impossibile la sublocazione a brevi periodi via AirBnB ed analoghe piattaforme da parte dell'inquilino a terzi.<br />Noi ci siamo opposti da subito alla modifica per diversi motivi fra i quali:</p> <p>- la proposta avrebbe di fatto imposto al locatore di dovere accettare che in casa propria vi fossero persone estranee non note,<br />- l'offerta di alloggi per brevi periodi via piattaforma costituisce un'attività commerciale e non abitativa e rappresenta quindi una modifica contrattuale non ammessa nell'ambito della sublocazione<br />- il diritto di sublocare è dato a condizioni restrittive per permettere all'inquilino impedito ad usare provvisoriamente l'alloggio, di dovere riconsegnare l'appartamento per non dovere subire una perdita finanziaria importante derivante dalla mancata occupazione dell'ente locato.<br />- non è ammissibile che il locatore sia sottoposto a disposizioni estremamente vincolanti sull'entità delle pigioni, mentre l'inquilino avrebbe potuto sublocare - senza vera possibilità di controllo del locatore - a condizioni ben diverse, conseguendo un guadagno non ammesso per il locatore.</p> <p>Successivamente è stato posto in consultazione un nuovo art. 8a OLAL che prevedeva l'obbligo per il locatore di tollerare che il suo inquilino sublochi per brevi periodi, ma sull'arco di un periodo complessivo prolungato di 2 o più anni, tutto o parte dell'ente locato a terzi sconosciuti. Il locatore avrebbe potuto rifiutarsi di concedere tale permesso solo dimostrando che la sublocazione sopra indicata gli causerebbe un pregiudizio essenziale. La proposta è da noi stata recisamente respinta. La nostra presa di posizione completa è pubblicata nel nostro sito (https://www.catef.ch/it/attualita-e-info-giuridiche/procedure-di-consultazione/osservazioni-alla-revisione-dell-olal-per-la-sublocazione-ripetuta-per-brevi-periodi-art-8a).</p> <p>La questione è stata per il momento accantonata ma l'Ufficio federale ha ancora quest'anno voluto riattivare il discorso. La recentissima sentenza del TF dovrebbe però avere degli effetti molto importanti in questo contesto.</p> <p>Essa chiarisce infatti che la messa a disposizione di alloggi per brevi periodi via AirBnB costituisce un contratto a contenuto paralberghiero e non locativo. La sublocazione è però ammessa per legge (art. 262 CO) solo se il subinquilino utilizza l'ente locato nello stesso modo permesso dal locatore all'inquilino principale. La sublocazione è un contratto di locazione a tutti gli effetti, che si sovrappone al contratto di locazione principale (Bohnet/Carron/Montini, Droit du bail à loyer et à ferme, UNINE 2017, art. 262 n.5). Confidiamo ora che la dottrina (ed eventualmente i tribunali) terrà conto di questo aspetto, cui sino ad ora non voleva dare peso.<br /><br /><br /><em><strong>La Segretaria Cantonale<br />Avv. Renata Galfetti</strong></em></p>
Leggi tutto01 maggio 2019, Da Economia Fondiaria no. 3/2019
Il caso - Domanda e Risposta
Leggi tutto01 marzo 2019, Da Economia Fondiaria no. 2/2019
<p> </p> <p><strong>1. Premessa</strong><strong> </strong></p> <p>Nella proprietà per piani è fondamentale sapere quali sono le parti oggetto del diritto esclusivo e quali quelle comuni. Ci sono però anche delle parti che sebbene comuni, possono essere assoggettate al diritto preclusivo o, altrimenti detto, riservato.<br />La questione si pone molto spesso in caso di manutenzione o di rinnovo di determinati elementi della PPP, e dei relativi costi da attribuire al condominio oppure al singolo condomino.<br />Il Legislatore, all’art. 712b cpv. 1 CC, illustra le parti oggetto del diritto esclusivo; al cpv. 2 invece vengono elencate le parti che non possono essere oggetto di diritto esclusivo, le parti che sono dunque comuni.<br />In aggiunta, la dottrina e la giurisprudenza ci aiutano a distinguere le varie parti di una proprietà per piani.</p> <p>In questo articolo capiremo in primo luogo quali sono le principali parti di diritto esclusivo e quali sono quelle comuni. Dopodiché vedremo cosa si intende con parti comuni a diritto d’uso riservato con degli esempi che molto spesso pongono problemi ai nostri soci.<br /><br /></p> <p><strong>2. Le parti esclusive</strong><strong> </strong></p> <p>L’art. 712b cpv. 1 CC indica che “<em>possono essere oggetto del diritto esclusivo i singoli piani o porzioni di piano ordinati in appartamenti o in unità di locali per il commercio o altro scopo; essi devono costituire un tutto e avere un proprio accesso, ma possono comprendere locali accessori disgiunti</em>”.</p> <p>Sono per esempio parti esclusive:</p> <ul> <li>i rivestimenti di pavimenti, le pareti e i plafoni;</li> <li>i muri di separazione non portanti all’interno dell’unità di PPP;</li> <li>le porte all’interno dell’unità, ad esclusione della porta d’entrata dell’appartamento;</li> <li>la cucina, i bagni, gli armadi a muro;</li> <li>le condutture, se utili all’unità e solo fino alla derivazione da quelle principali.</li> </ul> <p>(Il condominio, Marco Piozzini, 2. ed, p. 55).</p> <p>Le parti esclusive possono essere modificate dal proprietario dell’unità di PPP senza particolari autorizzazioni.</p> <p>Le <u>finestre, i lucernari, le porte del balcone e tutti gli elementi a loro connessi come persiane e rolladen</u> sono considerati dalla recente dottrina delle parti di diritto esclusivo, se non diversamente previsto dal regolamento condominiale. I condomini sono tenuti a mantenere in perfetto stato questi elementi.</p> <p>Essendo parti esclusive, i singoli comproprietari sono autorizzati a sostituire le finestre con delle finestre di migliore qualità, energeticamente più performanti; poiché le finestre fanno parte della facciata e influenzano l’estetica dell’immobile è vietato modificarne la grandezza e il tipo, compreso il colore (Stockwerkeigentum, Monika Sommer, 2016, p. 68).<br /><br /></p> <p><strong>3. Parti comuni</strong><strong> <br /><br />3.1 </strong><strong>Il principio</strong><strong> </strong></p> <p>L’art. 712b cpv. 2 CC elenca le parti che sono imperativamente comuni e che non possono quindi essere oggetto di diritto esclusivo.</p> <p>Si tratta in particolare:<br />- del suolo su cui sorge l’edificio e il diritto di superficie in virtù del quale l’edificio è costruito;<br />- delle parti della costruzione che sono importanti per l’esistenza, la membratura e la solidità dell’edificio o dei locali di altri comproprietari, oppure determinano la forma esteriore e l’aspetto dell’edificio.<br />E meglio:</p> <ul> <li>le fondamenta: tutta la struttura portante dell’edificio;</li> <li>le solette portanti (sono invece parti esclusive i rivestimenti del pavimento);</li> <li>i muri maestri, i muri portanti e i muri di sostegno;</li> <li>i muri perimetrali e le facciate;</li> </ul> <p>- delle opere e gli impianti che servono anche agli altri comproprietari per l’uso dei loro locali.<br />E meglio:</p> <ul> <li>il riscaldamento centrale, l’ara condizionata, gli impianti citofoni ecc;</li> <li>l’ingresso, il portone d’ingresso, i cortili, le scale interne ecc;</li> <li>l’ascensore;</li> <li>le condotte elettriche, le condotte dell’acqua, gli scarichi, gli impianti di aerazione ecc. Queste parti sono comuni fino alla diramazione in direzione delle differenti unità. Le condotte principali che attraversano i locali assoggettati a diritto esclusivo sono delle parti comuni.</li> </ul> <p>Vi sono delle parti che sebbene obbligatoriamente comuni, possono nondimeno essere assoggettate a diritto d’uso preclusivo, per esempio:</p> <ul> <li>i posti auto all’esterno;</li> <li>i giardini e gli orti;</li> <li>i balconi;</li> <li>i tetti e le terrazze-attico.</li> </ul> <p>Questi esempi verranno trattati in modo più approfondito al punto 4.<br />(Il condominio, Marco Piozzini, 2. ed, p. 47).</p> <p><strong>3.2 Il caso particolare del balcone</strong><strong> </strong></p> <p>Il balcone è di principio una parte comune. Alcuni autori sostengono che l’interno del balcone, possa, per regolamento, essere oggetto di diritto esclusivo.</p> <p>In ogni caso, quando i balconi non vengono esplicitamente dichiarati oggetto di diritto esclusivo, essi costituiscono sempre una parte comune. Quindi, salvo il caso in cui il regolamento condominiale o l’atto costituivo prevedano che l’interno del balcone sia di diritto esclusivo, ed in tal caso sarebbero necessari ulteriori approfondimenti, i potenziali costi per la sostituzione di eventuali piastrelle sono di principio a carico di tutti i condomini.</p> <p>Il Tribunale d’appello considera “artificiosa” l’argomentazione secondo cui bisognerebbe distinguere fra piastrelle, betoncino e isolazione. Il Tribunale considera tutto l’insieme una parte comune (Repertorio Giurisprudenza e Patria 1990, pag. 194).</p> <p>Sempre il Tribunale d’appello ritiene che quando si tratta di un problema alle parti interne del balcone, ma che riguarda la struttura stessa dei manufatti, allora i costi di risanamento sono a carico di tutti i comproprietari (inc. 11.2004.37 del 28.07.2005, consid. 8c).</p> <p>Ne consegue che solo quando l’interno dei balconi fosse espressamente parte di diritto esclusivo, le spese per la sostituzione delle piastrelle sarebbero a carico del singolo condomino<br /><br /><strong><br />4. Le parti comuni assoggettate a diritto d’uso riservato</strong><strong> </strong></p> <p>Alcune parti di una PPP devono rimanere imperativamente comuni, ma possono essere assoggettate ad uso riservato tramite atto costitutivo oppure in seguito con una modifica del regolamento condominiale (votazione con maggioranza qualificata, se non diversamente previsto dal regolamento).</p> <p><strong>4.1 Il giardino</strong><strong> </strong></p> <p>In principio la manutenzione di parti comuni è di competenza della comunione dei comproprietari. Quando però la parte comune è data in uso riservato ad un condomino, quest’ultimo dovrà occuparsi della manutenzione ordinaria, per esempio innaffiarlo, togliere le foglie secche ecc. La comunione dei comproprietari rimane responsabile per la manutenzione straordinaria e per il rinnovamento. La potatura di siepi, cespugli e alberi è a carico della comunione dei condomini.</p> <p>Quando si tratta di alberi o siepi piantati dal condomino con l’autorizzazione della comunione dei comproprietari, tutta la manutenzione, regolare e straordinaria, è a carico del condomino (Stockwerkeigentum, Monika Sommer, 2016, p. 84).</p> <p>Il condomino che beneficia dell’uso riservato di un giardino ha di regola solo dei diritti limitati: non può per esempio procedere con grossi interventi come per esempio piantare un albero, installare una piscina o un biotopo, procedere con l’ampliamento del rivestimento in piastrelle/mattonelle, modificare la struttura del giardino, per esempio trasformarlo in orto o giardino fiorito.<br />Per procedere in tal senso il condomino necessiterà del consenso della comunione dei condomini. In assemblea bisognerà votare con maggioranza semplice, qualificata o unanimità in base al tipo di intervento, necessario, utile o lussuoso (Stockwerkeigentum, Monika Sommer, 2016, p. 81).</p> <p><strong>4.2 Posteggi e posti auto esterni</strong><strong> </strong></p> <p>Questi sono sempre parti comuni, che possono però essere assegnati in diritto d’uso preclusivo, sempre tramite atto costitutivo, oppure in seguito, con modifica del regolamento condominiale.<br /><br /></p> <p><strong>5. Conclusione</strong></p> <p>Il condomino può godere delle sue parti esclusive in tutta libertà, sempre nel rispetto del regolamento condominiale e degli altri condomini.<br />Ogni condomino può utilizzare le parti comuni conformemente alla loro destinazione. Ognuno deve tuttavia tener conto del diritto identico a tale utilizzo di ogni altro condomino. Questo principio è ancorato nell’articolo 648 cpv. 1 del Codice civile.</p> <p>Per poter attribuire delle spese al condomino o alla comunione dei comproprietari è fondamentale sapere se una parte è di diritto esclusivo oppure no. Al tal fine è sempre importante, e dunque consigliabile, avere un regolamento condominiale preciso dove vengono indicate la parti comuni ed esclusive.<br /><br /><em><strong>MLaw Lara D'Alessio</strong></em></p>
Leggi tutto01 gennaio 2019, Da Economia Fondiaria no. 1/2019
<p> </p> <p><strong>1. Premessa</strong></p> <p>La proprietà per piani è una delle poche istituzioni del diritto privato svizzero che prevede un <em>quorum</em> per l’assemblea. Né la società anonima, né l’associazione prevedono una tale esigenza legale. Da qui la fondamentale importanza di questa norma.</p> <p>Conformemente all’art. 712p cpv. 1 CC l'assemblea dei comproprietari è legalmente costituita con l'intervento o la rappresentanza della metà dei condomini, ma almeno di due che rappresentino in pari tempo almeno al metà del valore della cosa. Quando l’assemblea è costituita in questo modo il quorum è raggiunto.<br />Vista la sua importanza, la legge prevede un sistema con il quale, se nella prima assemblea non si raggiunge il quorum, allora l’amministratore ne convocherà una seconda nella speranza che alla seconda assemblea ci possa essere una partecipazione migliore.</p> <p>Di seguito, si vedrà qual’è la funzione del quorum, la sua natura ed il calcolo durante la prima assemblea e durante la seconda.<br /><br /></p> <p><strong>Art. 712</strong><strong>p – costituzione dell’assemblea</strong></p> <p><em>1 L’assemblea dei comproprietari è legalmente costituita con l’intervento o la rappresentanza della metà degli stessi, ma di almeno due, che rappresentino in pari tempo almeno la metà del valore della cosa.</em><br /><em>2 Se l’assemblea non è in numero, è convocata una seconda, che può essere tenuta almeno dieci giorni dopo la prima.</em><br /><em>3 L’assemblea di seconda convocazione delibera validamente con l’intervento o la rappresentanza di un terzo di tutti i comproprietari, ma di almeno due.<br /><br /></em></p> <p> </p> <p><strong>2. Il quorum durante la prima assemblea condominiale (art. 712p cpv. 1 CC)</strong></p> <p><strong>a. La funzione del quorum</strong></p> <p>Premesso che ogni decisione dell’assemblea condominiale implica degli effetti giuridici importanti, è fondamentale che le decisioni vengano prese nel modo corretto. Il legislatore ha pertanto voluto evitare che l’assemblea dei comproprietari venga tenuta con un numero troppo esiguo di comproprietari.<strong> </strong></p> <p><strong>b. Natura della disposizione</strong></p> <p>La dottrina maggioritaria sostiene che l’art. 712p CC sia di <strong>natura relativamente imperativa</strong>.<br />Alle disposizioni relativamente imperative si può derogare tramite regolamento condominiale solamente se le condizioni di quorum vengono aggravate, ma non alleggerite.</p> <p>L’aggravamento del quorum necessita di una decisione presa dall’assemblea dei comproprietari all’unanimità.</p> <p>Il Tribunale federale ha stabilito che il quorum della seconda assemblea dei comproprietari deve essere inferiore a quello della prima assemblea. Tuttavia, viene lasciata libertà nello stabilirne le modalità (DTF non pubblicata 5A_865/2011, consid. 5.2).<strong> </strong></p> <p><strong>c. Il calcolo del quorum previsto dalla legge</strong></p> <p>L’art. 712p cpv. 1 CC indica due elementi distinti per il calcolo del quorum:</p> <ul> <li>Un elemento di natura personale: la metà dei comproprietari, ma almeno due;</li> <li>Un elemento di natura economica: la metà del valore delle quote.</li> </ul> <p>Si precisa che il numero dei proprietari dipende sempre dal numero delle unità di PPP. Questo implica che un’unità di PPP in caso di comproprietà, di usufrutto o di diritto di abitazione deve essere rappresentata in assemblea con un unico voto.<em> </em></p> <p><em>Esempio 1:<br /></em>in una PPP di 4 unità, affinché vi sia quorum, è sufficiente che siano presenti all’assemblea condominiale due condomini. I due condomini devono rappresentare almeno il 50% delle quote (e non il 51%).</p> <p><em>Esempio 2:<br /></em>in una PPP di 4 unità, affinché vi sia quorum, è sufficiente che sia presente all’assemblea un condomino che rappresenti nel contempo anche un altro condomino. Questi due condomini devono rappresentare almeno il 50% delle quote.</p> <p><em>Esempio 3:<br /></em>in una PPP di unità dispari (per esempio 7 PPP) il quorum prevede la presenza della maggioranza dei comproprietari, dunque almeno di 4 proprietari che rappresentino almeno il 50% delle quote.</p> <p><em>Esempio 4:<br /></em>in una PPP di 2 unità, affinché vi sia quorum, è necessario che entrambi in proprietari siano presenti, o rappresentanti, all’assemblea.</p> <p><em>Esempio 5:<br /></em>se un comproprietario detiene 11 unità, in sede di assemblea egli avrà un solo voto e non 11. Pertanto in una palazzina di 20 PPP, affinché vi sia quorum è sufficiente che all’assemblea siano presenti 5 proprietari. Il regolamento condominiale può derogare a questo sistema e prevedere che ogni unità di PPP rappresenta un voto.</p> <p><em>Esempio 6:<br /></em>in una PPP di 2 unità possedute entrambe dallo stesso proprietario, secondo la dottrina, è possibile che questo conduca da solo l’assemblea. Il proprietario dovrà redigere il verbale (La propriété par étages, Amedeo Wermelinger, 2015, p. 816).</p> <p><strong>d. La verifica del quorum</strong></p> <p>L’amministratore deve verificare se l’assemblea dei comproprietari è validamente costituita.</p> <p>Se il quorum non è stato raggiunto l’assemblea dei condomini non può prendere nessun tipo di decisione.</p> <p>Il quorum deve essere rispettato durante tutta la durata dell’assemblea. Pertanto, se uno dei condomini si assenta durante l’assemblea, ed il quorum viene a mancare anche solo momentaneamente, nessuna decisione potrà più essere presa finché il quorum non viene raggiunto nuovamente.</p> <p><strong>e. In assenza del quorum </strong></p> <p>Se all’inizio dell’assemblea si constata che il quorum non è stato raggiunto, l’amministratore dovrà fissare una seconda assemblea (cfr. punto 3 di seguito).</p> <p>Durante l’assemblea condominiale nella quale non è stato raggiunto il quorum, i condomini possono discutere informalmente. Non possono però essere prese delle decisioni che abbiano effetto giuridico.</p> <p>Cosa succede alle decisioni prese in assenza del quorum?<br />La questione è controversa: secondo la dottrina e la giurisprudenza dominante le decisioni prese senza aver raggiunto il quorum sono di principio <strong>annullabili</strong>, e non nulle (La propriété par étages, Amedeo Wermelinger, 2015, p. 820).</p> <p>Al contrario, Steinauer sostiene che le decisioni prese senza che il quorum sia stato raggiunto sono nulle (Les droits réels, Tome 1, Paul-Henri Steinauer, 2012, p. 466).</p> <p>Sono eccezionalmente nulle le decisioni che:</p> <ul> <li>Implicano un’illiceità grave che viola la struttura fondamentale della proprietà per piani;</li> <li>Sono incompatibili con le norme che proteggono i creditori o l’interesse pubblico;</li> <li>Hanno un contenuto immorale o impossibile;</li> <li>Violano il diritto della personalità.</li> </ul> <p>Secondo Wermelinger, la nullità dovrebbe essere applicata qualora l’assemblea dei proprietari sia stata tenuta da un solo condomino, questo anche in caso di comproprietà di due unità, e quando il quorum è stato violato in modo importante, per esempio quando solo il 15% delle quote è presente (La propriété par étages, Amedeo Wermelinger, 2015, p. 821).<br /><br /></p> <p><strong>3. Il quorum durante la seconda assemblea condominiale (art. 712p cpv. 2-3 CC)</strong></p> <p><strong>a. Natura della disposizione</strong></p> <p>La dottrina ritiene che la tenuta della seconda assemblea condominiale non sia imperativa, ma che bisogna valutare ogni situazione caso per caso.</p> <p>La seconda assemblea condominiale deve essere convocata imperativamente quando:</p> <ul> <li>L’assemblea convocata è l’unica dell’anno;</li> <li>L’assemblea è stata convocata su domanda di 1/5 dei comproprietari;</li> <li>La convocazione è intervenuta sulla base di una disposizione regolamentare (art. 64 cpv. 3 CC).</li> </ul> <p>Si può rinunciare alla convocazione, quando:</p> <ul> <li>L’assemblea convocata dall’amministratore non è l’unica dell’anno;</li> <li>L’assemblea prevede all’ordine del giorno di prendere una decisione che può essere presa per via circolatoria ex art. 66 cpv. 2 CC;</li> <li>L’assemblea è stata convocata per poter far valere il diritto di opposizione come previsto dall’art. 712c cpv. 2 CC, e la seconda assemblea, visto che si deve convocare almeno 10 giorni più tardi, non avrà la possibilità di opporsi (l’opposizione deve avvenire entro 14 giorni dal ricevimento della comunicazione).</li> </ul> <p>Lo scopo della seconda assemblea è quello di massimizzare le possibilità di poter condurre una corretta assemblea e di poter prendere delle decisioni legalmente vincolanti.</p> <p><strong>b. Il termine di 10 giorni</strong></p> <p>Il termine previsto dalla legge di 10 giorni è di natura imperativa, di conseguenza una seconda assemblea convocata prima viola la legge.<br />Ciò non toglie che il regolamento condominiale possa prevedere un termine più lungo.</p> <p>Si rammenta che il termine di 10 giorni dev’essere calcolato a partire dal giorno successivo alla data della prima assemblea.</p> <p><strong>c. Il quorum della seconda assemblea </strong></p> <p>L’assemblea di seconda convocazione può deliberare validamente con l’intervento o la rappresentanza di 1/3 di tutti i comproprietari, ma almeno due.<br />Anche questo quorum ha carattere relativamente imperativo e può essere aggravato, ma non alleggerito.<br />Il Tribunale federale precisa che in ogni caso il quorum della seconda assemblea deve essere inferiore rispetto a quello della prima, ma non impone nessun limite (DTF non pubblicata 5A_865/2011, consid. 5.2).<br />Qualora, nemmeno con la seconda assemblea si riesca a raggiungere il quorum, il singolo comproprietario dovrà agire in giustizia.<br />Infatti l’art. 647 cpv. 2 CC permette al comproprietario di far ordinare al giudice l’esecuzione di atti di amministrazione necessari a conservare il valore della cosa e a mantenerla idonea all’uso. Inoltre, l’amministratore o un condomino possono far eseguire dei lavori urgenti necessari a preservare la cosa da un danno imminente o maggiore (art. 647 cpv. 2 cifra 2 CC, art. 712s cpv. 1 CC).<br /><br /></p> <p><strong>4. Conclusioni</strong></p> <p>Il quorum, istituzione giuridica che impedisce che delle decisioni riguardanti tutti i comproprietari vengano prese solamente se una minima parte è presente (o rappresentata), ha una funzione molto importante: il legislatore ha voluto proteggere il carattere democratico della presa di decisioni.</p> <p>Si ricorda che il regolamento condominiale potrebbe prevedere dei quorum differenti, dunque, prima di basarsi su quanto previsto dall’art. 712p CC, è sempre necessario consultare il regolamento.</p> <p>Al condomino attento che si accorge che il quorum non è stato raggiunto, si consiglia di sempre avvertire l’amministratore; ciò sicuramente riduce procedure giudiziarie di annullamento di decisioni condominiali e garantisce la sicurezza delle decisioni prese dall’assemblea.<br /><br /><br /><em><strong>MLaw Lara D'Alessio</strong></em></p> <p> </p> <p>Opere consultate:<br />- Amedeo Wermelinger, <em>La propriété par étages</em>, 2015<br />- Paul-Henri Steinauer, <em>Les droits réels - Tome 1</em>, 2012</p> <p><em> </em></p>
Leggi tutto01 gennaio 2019, Da Economia Fondiaria no. 1/2019
Il caso - Domanda e Risposta
Leggi tutto01 settembre 2018, Da Economia Fondiaria no. 5/2018
Benché possa sembrare semplice, la presidenza dell’assemblea condominiale è una funzione delicata che idealmente presuppone competenze tecniche, sociali ed una preparazione prima, durante e dopo il suo svolgimento.
Leggi tutto01 luglio 2018
<p>Distinguiamo i seguenti casi:<br /><br />1.<span> </span><u>L'abitazione è situata in una casa a reddito</u>, di proprietà di un unico proprietario (persona fisica, persona giuridica, anche comproprietà o società semplice, ma non un condominio). Il proprietario sarà di seguito chiamato il locatore.<br /><br /><br />L'art. 7 OLAL (Ordinanza concernente la locazione e l'affitto di locali d'abitazione o commerciali) prescrive che per principio i costi di riscaldamento per locali d'abitazione o commerciali non locati sono a carico del locatore.<br /><br />A titolo eccezionale però, se:<br /><br />- la casa non è dotata di apparecchiature per il rilevamento del consumo termico individuale, e se<br /><br />- è provato che i locali d'abitazione o commerciali non locati sono stati riscaldati soltanto nella misura necessaria per prevenire danni del gelo,<br /><br />il locatore deve assumersi soltanto una parte dei costi di riscaldamento entranti in considerazione per questi locali secondo la chiave di ripartizione ordinaria. Questa parte ammonta di regola a un terzo, alla metà, o a due terzi dei costi a carico dell'ente locato per il periodo interessato, a dipendenza che la casa sia occupata solo da 2-3 famiglie, da 4-8, rispettivamente da più famiglie o da uffici o locali commerciali (art. 7 cpv. 2 OLAL).<br /><br />In applicazione dell'art. 7 cpv. 2 OLAL un parziale esonero delle spese di riscaldamento entra quindi in considerazione solo se l'immobile, non essendo uno stabile recente, fosse sprovvisto di contatori individuali di riscaldamento, e durante il periodo di sfitto il riscaldamento fosse stato messo sul minimo.<br /><br />In tal caso bisognerà dapprima identificare il costo del riscaldamento per il periodo in cui i locali erano sfitti. Se ad esempio i locali erano sfitti nei mesi da marzo a maggio, la parte qui in discussone corrisponde al 21.6 % della spesa annua per l'ente locato. Si veda in merito la tabella indicante la percentuale di spesa mese per mese qui riprodotta. Se quindi ad esempio per l'abitazione in questione le spese sull'arco dell'anno ammontassero a fr. 500, allora per i tre mesi da marzo a maggio, la somma in discussione ammonterebbe a fr. 108 (fr. 500 x 21.6%).<br /><br />Se la casa contasse in tutto 6 abitazioni, allora per l'appartamento sfitto il proprietario dovrebbe sobbarcarsi solo fr. 54 (= fr. 108 x 1/2); il rimanente importo di fr. 54 andrebbe invece addebitato proporzionalmente agli altri inquilini dello stabile.<br /><br />Se invece la casa fosse dotata di contatori individuali di riscaldamento - ciò che è la regola per gli stabili plurifamiliari recenti, ma non per quelli datati - per i quali l'introduzione sarebbe prettamente volontaria - non vi sarebbe alcuna possibilità di un esonero parziale delle spese di riscaldamento, ritenuto che il minor consumo sarebbe già rilevato dai contatori stessi posti nell'abitazione<br /><br /><br />2.<span> </span><u>L'abitazione sfitta è sita in un condominio</u><br /><br />Nell'ambito condominiale si applicano le disposizione relative al condominio di cui agli articoli 712 e segg. CC.<br /><br />L'art. 712h cpv. 1 CC prescrive che le spese condominiali (e quindi anche quelle di riscaldamento) si suddividano in funzione delle quote ( dei millesimi). Trattandosi di una norma dispositiva, nel regolamento o per decisione assembleare i condomini possono pattuire un'altra (equa) chiave di riparto.<br />Per stabili plurifamiliari recenti (o la cui centrale di riscaldamento sia stata completamente ristrutturata di recente) con almeno 5 appartamenti, è per legge obbligatorio fare capo ai contatori del consumo individuali, e non quindi in maniera preponderante (se non integrale) in funzione dei contatori, e solo in maniera secondaria (o per niente) in funzione della chiave di riparto ordinaria, ossia di regola i millesimi. La legge prescrive infatti che in presenza dei contatori le spese vanno ripartite per oltre la metà in funzione dei dati rilevati dai contatori, mentre la rimanenza può essere addebitata secondo la chiave di riparto usuale (millesimi ecc.) Il rapporto potrebbe essere ad esempio 60%-40%, 70%-30%, 100% secondo contatori -0% secondo l'altra chiave di riparto, ecc.<br /><br />Il condomino non potrà però in nessun caso prevalersi della norma di cui all'art. 7 OLAL perché questa non si applica nel contesto condominiale ma solo in quello locativo; egli dovrà quindi assumersi integralmente il consumo per il periodo sfitto. Qualora lo stabile fosse dotato di contatori individuali di riscaldamento, l'addebito si effettuerebbe in funzione della lettura del contatore, che quindi segnerebbe un consumo molto basso per il periodo interessato, nel quale i riscaldamenti fossero effettivamente stati regolati sul minimo e a dipendenza dei casi, assumendosi integralmente la parte addebitata in funzione dei millesimi.<br /><br /><br /><strong>Riassumendo, in entrambi i casi, se la casa è dotata dei contatori di riscaldamento, l'addebito si effettua in funzione di tali dati. Se l'immobile ne è sprovvisto, per la casa a reddito si applica l'art. 7 OLAL mentre in ambito condominiale l'addebito verrà fatto in funzione della ripartizione usuale delle spese condominiali.</strong><br /><br /><br /><strong><em>La Segretaria Cantonale<br />Avv. Renata Galfetti</em></strong><br /><br /> </p> <table border="0" cellspacing="0" cellpadding="0" width="605" align="left"> <tbody> <tr> <td> <p><strong>MESE</strong></p> </td> <td> <p align="center"><strong>RISCALDAMENTO SENZA<br />EROGAZIONE DI ACQUA CALDA (BOILER)</strong></p> </td> <td> <p align="center"><strong>RISCALDAMENTO CON<br />EROGAZIONE DI ACQUA CALDA</strong></p> </td> </tr> <tr> <td> <p>GENNAIO</p> </td> <td> <p align="center">21.5%</p> </td> <td> <p align="center">18.2%</p> </td> </tr> <tr> <td> <p>FEBBRAIO</p> </td> <td> <p align="center">17.0%</p> </td> <td> <p align="center">14.8%</p> </td> </tr> <tr> <td> <p>MARZO</p> </td> <td> <p align="center">15.5%</p> </td> <td> <p align="center">13.7%</p> </td> </tr> <tr> <td> <p>APRILE</p> </td> <td> <p align="center">5.0%</p> </td> <td> <p align="center">5.8%</p> </td> </tr> <tr> <td> <p>MAGGIO</p> </td> <td> <p align="center">-</p> </td> <td> <p align="center">2.1%</p> </td> </tr> <tr> <td> <p>GIUGNO</p> </td> <td> <p align="center">-</p> </td> <td> <p align="center">2.1%</p> </td> </tr> <tr> <td> <p>LUGLIO</p> </td> <td> <p align="center">-</p> </td> <td> <p align="center">2.1%</p> </td> </tr> <tr> <td> <p>AGOSTO</p> </td> <td> <p align="center">-</p> </td> <td> <p align="center">2.1%</p> </td> </tr> <tr> <td> <p>SETTEMBRE</p> </td> <td> <p align="center">-</p> </td> <td> <p align="center">2.1%</p> </td> </tr> <tr> <td> <p>OTTOBRE</p> </td> <td> <p align="center">6.0%</p> </td> <td> <p align="center">6.6%</p> </td> </tr> <tr> <td> <p>NOVEMBRE</p> </td> <td> <p align="center">15.0%</p> </td> <td> <p align="center">13.3%</p> </td> </tr> <tr> <td> <p>DICEMBRE</p> </td> <td> <p align="center">20.0%</p> </td> <td> <p align="center">17.1%</p> </td> </tr> </tbody> </table>
Leggi tutto01 luglio 2018
Il presente articolo contiene alcune risposte alle domande formulate più di frequente alla nostra attenzione dai soci circa le regole che l’inquilino deve rispettare all’interno di un condominio.
Leggi tutto01 maggio 2018, Da Economia Fondiaria no. 3/2018
Arriva la bella stagione... Informazioni utili
Leggi tutto01 marzo 2018, Da Economia Fondiaria no. 2/2018
La videosorveglianza in aree comuni di uno stabile può essere lecita anche senza l’accordo di tutti gli interessati.
01 gennaio 2018, Da Economia Fondiaria no. 1/2018
Sono numerose le domande costantemente sottoposte dai soci alla nostra attenzione relative al regolamento condominiale (adozione, contenuto, effetto, menzione a registro fondiario, ecc.): il presente articolo risponde a quelle principali.
Leggi tutto01 gennaio 2018, Da Economia Fondiaria no. 1/2018
Il caso - Domanda e Risposta
Leggi tutto01 gennaio 2018
<p><strong>Il Caso<br /><br />Domanda</strong><br /><br /><em>Tre anni orsono la nostra assemblea condominiale ha respinto all'unanimità la richiesta di una coppia di condomini che voleva sostituire una finestra con una porta-finestra allo scopo di potere accedere direttamente alla parte di giardino loro assegnata in uso riservato; essa voleva evitare di dovere fare capo ad un passaggio più lungo attraverso il giardino comune. In contrasto con il nostro rifiuto, ha poi proceduto unilateralmente ai lavori.<br />In occasione di un'apposita assemblea straordinaria la maggioranza dei condomini ha deciso di ordinare alla coppia la rimozione del serramento entro 5 mesi, con la comminatoria dell'art. 292 CP per nel caso non ottemperasse agli ordini del Giudice. I due comproprietari sostengono che la nuova porta finestra è molto simile alla finestra originale e si oppongono a quanto deciso dall'assemblea. Come valutare la situazione?</em><br /><br /><br /><strong>Risposta</strong><br /><br />Va dapprima chiarito che se il condominio vuole procedere nei confronti della coppia in oggetto, la causa va promossa dalla comunione dei comproprietari, perché la legittimazione attiva (per promuovere la causa) incombe - trattandosi della salvaguardia di diritti reali inerenti parti comuni - appunto a lei e non ai singoli condomini.<br /><br />E' inoltre fondamentale capire che non avendo la coppia impugnato entro 30 giorni dal Giudice la decisione assembleare che rifiutava la modifica della finestra, questa è ormai divenuta definitiva e non può essere rimessa in discussione. Argomenti del tipo "l'estetica dello stabile non ne risente essendo la porta finestra quasi uguale alla precedente finestra", oppure "è assurdo che il giardino assegnato in uso riservato non sia raggiungibile direttamente dall'appartamento..." avrebbero semmai dovuto essere sollevate nella procedura di contestazione della decisione assembleare (che avrebbe comunque avuto possibilità di successo assai limitate); il loro inoltro solo nella procedura volta a ripristinare lo stato antecedente è del tutto tardivo e non se ne può quindi più tenere conto.<br /><br />Il nostro Tribunale d'Appello ( che si è occupato di questa fattispecie in ICCA inc. 11.2011.122 del 29.10.2013) ha peraltro stabilito che quand'anche il regolamento o l'atto costitutivo avesse incluso - ma non è il caso - le finestre nel diritto esclusivo, un comproprietario non avrebbe potuto modificarle perché tale modifica avrebbe comunque alterato l'aspetto dello stabile in spregio dell'art. 712a cpv. 2 CC. Quand'anche colore e materiali dei serramenti fossero identici, la sostituzione di una normale finestra con una porta-finestra influirebbe infatti senz'ombra di dubbio sull'aspetto dell'edificio.<br /><br />Neppure possono essere accolti gli argomenti dei due comproprietari che sostengono che il divieto del condominio equivalga a sopprimere il loro diritto di godere del giardino in uso riservato e che non sia accettabile che loro non possano avere l'accesso diretto alla loro parte di giardino quando altri comproprietari ce l'hanno per la loro parte.<br />Il condominio infatti non ha minimamente ristretto il diritto d'uso riservato sul giardino ma si è limitato a negare una modifica di carattere edilizio. Inoltre coloro che hanno un accesso diretto al giardino ce l'hanno perché dotati di balcone e perché ciò è espressamente previsto dal piano di ripartizione condominiale.<br /><br />Per finire è caduta nel vuoto anche la richiesta di una riduzione delle ripetibili (ossia la partecipazione della parte soccombente nella procedura giudiziaria alle spese del rappresentante legale della controparte).<br /><br /><br />In conclusione, l'avventura "alla leggera" della coppia è venuta a costare un bel po': le spese inutili della porta-finestra e per la nuova finestra se la vecchia non fosse stata tenuta in deposito, le spese per il montaggio e il ripristino della situazione originale, le ripetibili che ammontano a fr. 3'200 in prima istanza e fr. 2'000 in seconda istanza oltre alle spese giudiziarie, che solo per il Tribunale d'Appello sono state fissate in fr. '1000 (non sono note quelle per la pretura). A queste naturalmente vanno aggiunte le spese per il proprio avvocato...<br /><br />Va inoltre tenuto presente che i lavori eseguiti unilateralmente, senza il necessario consenso, non perdono il loro carattere abusivo con il decorrere del tempo, sicché - salvo casi del tutto eccezionali - il ripristino può essere richiesto anche a distanza di anni.<br /><br />E' quindi sempre bene ricordarsi che il condominio è una forma di comproprietà con limiti precisi e vincolanti, in particolare per le parti comuni ed è bene informarsi adeguatamente in merito con sufficiente anticipo.<br /><br /><br /><strong><em>La Segretaria Cantonale<br />Avv. Renata Galfetti</em></strong></p>
Leggi tutto01 gennaio 2018
<p><strong>Il Caso<br /><br />Domanda</strong><br /><br /><em>Tre anni orsono la nostra assemblea condominiale ha respinto all'unanimità la richiesta di una coppia di condomini che voleva sostituire una finestra con una porta-finestra allo scopo di potere accedere direttamente alla parte di giardino loro assegnata in uso riservato; essa voleva evitare di dovere fare capo ad un passaggio più lungo attraverso il giardino comune. In contrasto con il nostro rifiuto, ha poi proceduto unilateralmente ai lavori.<br />In occasione di un'apposita assemblea straordinaria la maggioranza dei condomini ha deciso di ordinare alla coppia la rimozione del serramento entro 5 mesi, con la comminatoria dell'art. 292 CP per nel caso non ottemperasse agli ordini del Giudice. I due comproprietari sostengono che la nuova porta finestra è molto simile alla finestra originale e si oppongono a quanto deciso dall'assemblea. Come valutare la situazione?</em><br /><br /><strong>Risposta</strong><br /><br /><span>Va dapprima chiarito che se il condominio vuole procedere nei confronti della coppia in oggetto, la causa va promossa dalla comunione dei comproprietari, perché la legittimazione attiva (per promuovere la causa) incombe - trattandosi della salvaguardia di diritti reali inerenti parti comuni - appunto a lei e non ai singoli condomini.</span><br /><br /><span>E' inoltre fondamentale capire che non avendo la coppia impugnato entro 30 giorni dal Giudice la decisione assembleare che rifiutava la modifica della finestra, questa è ormai divenuta definitiva e non può essere rimessa in discussione. Argomenti del tipo "l'estetica dello stabile non ne risente essendo la porta finestra quasi uguale alla precedente finestra", oppure "è assurdo che il giardino assegnato in uso riservato non sia raggiungibile direttamente dall'appartamento..." avrebbero semmai dovuto essere sollevate nella procedura di contestazione della decisione assembleare (che avrebbe comunque avuto possibilità di successo assai limitate); il loro inoltro solo nella procedura volta a ripristinare lo stato antecedente è del tutto tardivo e non se ne può quindi più tenere conto.</span><br /><br /><span>Il nostro Tribunale d'Appello ( che si è occupato di questa fattispecie in ICCA inc. 11.2011.122 del 29.10.2013) ha peraltro stabilito che quand'anche il regolamento o l'atto costitutivo avesse incluso - ma non è il caso - le finestre nel diritto esclusivo, un comproprietario non avrebbe potuto modificarle perché tale modifica avrebbe comunque alterato l'aspetto dello stabile in spregio dell'art. 712a cpv. 2 CC. Quand'anche colore e materiali dei serramenti fossero identici, la sostituzione di una normale finestra con una porta-finestra influirebbe infatti senz'ombra di dubbio sull'aspetto dell'edificio.</span><br /><br /><span>Neppure possono essere accolti gli argomenti dei due comproprietari che sostengono che il divieto del condominio equivalga a sopprimere il loro diritto di godere del giardino in uso riservato e che non sia accettabile che loro non possano avere l'accesso diretto alla loro parte di giardino quando altri comproprietari ce l'hanno per la loro parte.</span><br /><span>Il condominio infatti non ha minimamente ristretto il diritto d'uso riservato sul giardino ma si è limitato a negare una modifica di carattere edilizio. Inoltre coloro che hanno un accesso diretto al giardino ce l'hanno perché dotati di balcone e perché ciò è espressamente previsto dal piano di ripartizione condominiale.</span><br /><br /><span>Per finire è caduta nel vuoto anche la richiesta di una riduzione delle ripetibili (ossia la partecipazione della parte soccombente nella procedura giudiziaria alle spese del rappresentante legale della controparte).</span><br /><br /><br /><span>In conclusione, l'avventura "alla leggera" della coppia è venuta a costare un bel po': le spese inutili della porta-finestra e per la nuova finestra se la vecchia non fosse stata tenuta in deposito, le spese per il montaggio e il ripristino della situazione originale, le ripetibili che ammontano a fr. 3'200 in prima istanza e fr. 2'000 in seconda istanza oltre alle spese giudiziarie, che solo per il Tribunale d'Appello sono state fissate in fr. '1000 (non sono note quelle per la pretura). A queste naturalmente vanno aggiunte le spese per il proprio avvocato...</span><br /><br /><span>Va inoltre tenuto presente che i lavori eseguiti unilateralmente, senza il necessario consenso, non perdono il loro carattere abusivo con il decorrere del tempo, sicché - salvo casi del tutto eccezionali - il ripristino può essere richiesto anche a distanza di anni.</span><br /><br /><span>E' quindi sempre bene ricordarsi che il condominio è una forma di comproprietà con limiti precisi e vincolanti, in particolare per le parti comuni ed è bene informarsi adeguatamente in merito con sufficiente anticipo.</span><br /><br /><em>La Segretaria Cantonale<br />Avv. Renata Galfetti</em></p>
Leggi tutto01 luglio 2017
01 maggio 2017
Il presente articolo espone le principali informazioni che concernono la figura dell’amministratore, con particolare riferimento alla sua nomina e al contratto che lo lega alla comunione dei comproprietari.
Leggi tutto01 gennaio 2017
<p><strong>Il caso</strong><br /><br /><br /><strong>Domanda</strong><br /><br /><span>Vent’anni orsono ho comperato un attico con un tetto terrazzato assegnato in uso esclusivo; una parte - piastrellata - costituisce il balcone, mentre la parte più distante, separata da vasi di fiori è ricoperta solo da ghiaia.</span><br /><span>L’immobile ha 40 anni ed è ormai imminente il risanamento integrale del tetto.</span><br /><span>Vorrei proporre all’assemblea che col risanamento la parte sinora coperta di ghiaia, venga invece piastrellata così che possa effettivamente disporre di tutta la superficie, che altrimenti sarebbe sprecata. Sono pure preoccupato del fatto che sicuramente alcuni condomini con i quali intrattengo cattivi rapporti, si adopereranno per ostacolarmi.</span><br /><br /><span>Come valuta la situazione?</span><br /><br /><br /><strong>Risposta</strong><span>:</span><br /><br /><span>Sembra scontato ma è giusto ricordare che il tetto – anche se assegnato in uso riservato (o esclusivo) – rimane sempre a tutti gli effetti parte comune.</span><br /><span>Il condomino assegnatario non è quindi libero di procedere a lavori sulla parte interessata.</span><br /><span>È invece l’assemblea condominiale che adotta le decisioni necessarie, con la maggioranza richiesta dalla Legge o dal regolamento condominiale, nel caso questo contenesse delle prescrizioni in merito.</span><br /><br /><span>Non essendo il caso, va ricordato che per i lavori di costruzione alle parti comuni sono applicabili gli artt. 647c, 647d, 647e CC, a dipendenza che i lavori siano necessari, utili, o diretti solo all’abbellimento o alla comodità.</span><br /><span>I lavori "necessari" sono quelli necessari a conservare il valore della cosa e a mantenerla idonea all'uso (art. 747c CC).</span><br /><br /><span>Va da sé che la sostituzione della ghiaia con delle piastrelle non può essere considerata necessaria; si pone quindi la domanda se sia utile o solo diretta all’abbellimento e alla comodità.</span><br /><br /><span>In un recente caso, molto analogo, il nostro Tribunale Federale ha deciso che l’aspetto della necessità, utilità o comodità va sempre considerato dal profilo della comunione dei condomini e non di quello di uno o pochi condomini.</span><br /><br /><span>Nel caso specifico la piastrellatura servirebbe esclusivamente al titolare del diritto d'uso esclusivo perché non è necessaria a garantire l’isolazione del tetto. Se il lavoro in questione è - come nella fattispecie - nell’esclusivo interesse di uno o pochi condomini, allora è da qualificare come lavoro di lusso, diretto esclusivamente all’abbellimento e alla comodità (STF 141 III 357 con altri riferimenti).</span><br /><br /><span>Perché sia possibile procedere alla piastrellatura della parte sinora coperta di ghiaia, è quindi necessaria una decisione unanime dei condomini.</span><br /><br /><span>Osservo che conformemente all’art. 647e CC rimarrebbe però ancora aperta una possibilità: l’art. 647e cpv. 2 CC prevede infatti che si possa derogare all’unanimità, limitandosi alla maggioranza qualificata dei comproprietari e quindi anche contro la volontà di un comproprietario a condizione che questi non risulti durevolmente impedito nel suo diritto d’uso e di godimento, e che gli altri comproprietari gli risarciscano il pregiudizio temporaneo e assumano la sua parte di spesa.</span><br /><br /><span>In altre parole, nella misura in cui non dovessero sorgere inconvenienti duraturi per i condomini, i lavori potrebbero quindi anche essere svolti se la decisione venisse approvata solo dalla maggioranza dei condomini presenti all'assemblea che rappresenti almeno 501 millesimi e ai contrari non dovessero sorgere spese supplementari.</span><br /><br /><span>Va da sé che, trattandosi di lavoro nell’esclusivo interesse del condomino con diritto d'uso riservato sul tetto, una decisione dei condomini nel senso da lui auspicato potrebbe essere favorita dall’assunzione della spesa dei lavori proprio da parte di chi beneficerebbe di tali lavori.</span><br /><br /><span>Ricordo infine che in un condominio le inimicizie possono sempre prodursi e costituiscono un rischio insito alla forma della comproprietà.</span><br /><br /><span>Per l’adozione delle decisioni sono comunque determinanti le maggioranze richieste da Legge e regolamento.</span><br /><span>Il condomino che fosse insoddisfatto potrebbe contestare delle decisioni che non condividesse presso il Giudice, che però annulla solo le decisioni che violano norme legali o condominiali ma non le decisioni inopportune o irragionevoli.</span><br /><br /><br /><strong>Qualche elemento supplementare sempre in ambito di condominio</strong><br /><br /><span>In questo contesto è d'interesse anche un'altra decisione del Tribunale Federale (STF 136 III 261). La vertenza era sorta a seguito di una decisione condominiale intesa </span><strong>a risanare e migliorare l’accesso a pianterreno</strong><span> che serviva ai condomini fra i quali diverse imprese commerciali; il condomino proprietario di un ristorante a pianterreno era contrario perché il nuovo accesso avrebbe comportato la riduzione del numero dei suoi tavoli posti in uno spazio assegnatogli in uso esclusivo.</span><br /><br /><span>Lo stesso si è quindi opposto alla decisione appellandosi al </span><strong>diritto di veto</strong><span> di cui all'art. 647d cpv. 2 CC: </span><em><sup>"</sup>Per le modificazioni che rendano notevolmente e durevolmente più difficile o meno economico per un comproprietario l'uso o il godimento cui la cosa era fino allora destinata, occorre il consenso dello stesso.".<span> </span></em><br /><br /><span>Il diritto di veto presuppone però che il condomino possa fare valere un effettivo diritto che verrebbe veramente reso più difficile o meno redditizio dall’esecuzione dei lavori.</span><br /><span>Nel caso concreto il proprietario del ristorante era risultato soccombente: contrariamente a quanto da lui sostenuto, lo spazio in cui si situavano i suoi tavoli che avrebbero dovuto essere definitivamente asportati, non si trovavano all'interno della superficie assegnatagli in diritto d’uso riservato, ma al di fuori; il ristoratore si era di fatto arrogato unilateralmente, senza approvazione alcuna, uno spazio comune per estendere la sua superficie di servizio che in parte era effettivamente situata in una zona che gli era attribuita in uso esclusivo.</span><br /><span>Non potendo vantare alcun diritto sulla superficie sottoposta ai lavori, il condomino non aveva potuto validamente esercitare il diritto di veto.</span><br /><br /><span>E' utile ricordare che il diritto in uso riservato - se non già previsto nell'atto costitutivo o nel regolamento del condominio - può sorgere solo tramite contratto stipulato in base ad una decisione assembleare, intesa ad assegnare uno spazio ben delimitato in uso esclusivo ad un determinato beneficiario; per una decisione circolatoria scritta, è richiesta l'unanimità (STF 5C.264 / 2006, C.3.2.).</span><br /><span>Il fatto di semplicemente tollerare una situazione di per sé irregolare per un periodo prolungato, non fa nascere dei diritti mai espressamente decisi e concordati.</span><br /><br /><span>Nella decisione 130 III 441 il Tribunale Federale ha dovuto definire il tipo di maggioranza necessaria perché un condomino – proprietario dell’albergo in un apparthotel occupato anche da appartamenti in proprietà di altri condomini, potesse </span><strong>trasformare il suo campo da tennis in un centro fitness.</strong><br /><span>Il Tribunale Federale ha dapprima ricordato che le parti di diritto esclusivo possono essere liberamente modificate dal relativo condomino a condizione di non danneggiare o modificare parti comuni. La trasformazione in un wellness avrebbe invece avuto delle conseguenze anche per le parti comuni (ad esempio per le condotte).</span><br /><br /><span>A differenza che nel caso del tetto sopra descritto, il Tribunale Federale ha però qui ritenuto che la sostituzione del campo di tennis con il centro wellness potesse non solo essere utile o addirittura fondamentale per la sopravvivenza dell’albergo, ma anche per gli altri condomini, che oltre a potervi accedere, avrebbero visto la loro proprietà aumentare di valore. Ha quindi deciso che la maggioranza necessaria per l’approvazione dei lavori, fosse quella qualificata di cui all’art. 647d CC.</span><br /><br /><br /><span>Avv. Renata Galfetti</span><br /><br /><br /><br /><a href="https://www.admin.ch/opc/it/classified-compilation/19070042/index.html#a647c"><strong>Art. 647</strong><em>c</em></a><a href="https://www.admin.ch/opc/it/classified-compilation/19070042/index.html#fn-#a647c-1"><sup>1</sup></a><a href="https://www.admin.ch/opc/it/classified-compilation/19070042/index.html#a647c">C. Proprietà collettiva / I. Comproprietà / 5. Lavori di costruzione / a. Necessari</a><br /><span>5. Lavori di costruzione</span><br /><span>a. Necessari</span><br /><span>I lavori di manutenzione, di riparazione e di rinnovazione necessari a conservare il valore della cosa e a mantenerla idonea all'uso sono decisi a maggioranza di tutti i comproprietari, sempreché non siano atti d'ordinaria amministrazione che ognuno di essi può fare.</span><br /><br /><br /><a href="https://www.admin.ch/opc/it/classified-compilation/19070042/index.html#a647d"><strong>Art. 647</strong><em>d</em></a><a href="https://www.admin.ch/opc/it/classified-compilation/19070042/index.html#fn-#a647d-1"><sup>1</sup></a><a href="https://www.admin.ch/opc/it/classified-compilation/19070042/index.html#a647d">C. Proprietà collettiva / I. Comproprietà / 5. Lavori di costruzione / b. Utili</a><br /><span>b. Utili</span><br /><sup>1</sup><span> I lavori di rinnovamento e di trasformazione diretti ad aumentare il valore della cosa oppure a migliorare il rendimento o l'idoneità all'uso sono deliberati a una maggioranza di tutti i comproprietari che rappresenti in pari tempo la maggior parte della cosa.</span><br /><sup>2</sup><span> Per le modificazioni che rendano notevolmente e durevolmente più difficile o meno economico per un comproprietario l'uso o il godimento cui la cosa era fino allora destinata, occorre il consenso dello stesso.</span><br /><sup>3</sup><span> Le modificazioni implicanti una spesa che non si possa ragionevolmente imporre a un comproprietario, segnatamente perché sproporzionata al valore della sua quota, possono essere fatte senza il suo consenso, purché la sua parte di spesa che superi la somma a lui imponibile, sia assunta dagli altri comproprietari.</span><br /><br /><br /><a href="https://www.admin.ch/opc/it/classified-compilation/19070042/index.html#a647e"><strong>Art. 647</strong><em>e</em></a><a href="https://www.admin.ch/opc/it/classified-compilation/19070042/index.html#fn-#a647e-1"><sup>1</sup></a><a href="https://www.admin.ch/opc/it/classified-compilation/19070042/index.html#a647e">C. Proprietà collettiva / I. Comproprietà / 5. Lavori di costruzione / c. Diretti all'abbellimento e alla comodità</a><br /><span>c. Diretti all'abbellimento e alla comodità</span><br /><sup>1</sup><span> I lavori di costruzione diretti esclusivamente ad abbellire la cosa, a migliorarne l'aspetto o a renderne più comodo l'uso, possono essere fatti soltanto con il consenso di tutti i comproprietari.</span><br /><sup>2</sup><span> Questi lavori possono, a una maggioranza di tutti i comproprietari che rappresenti in pari tempo la maggior parte della cosa, essere decisi anche contro la volontà d'un comproprietario che non ne risulti durevolmente impedito nel diritto d'uso e di godimento, qualora gli altri comproprietari gli risarciscano il pregiudizio temporaneo e assumano la sua parte di spesa.</span><br /><span> </span></p>
Leggi tutto01 novembre 2016
<div id="ja-container" class="wrap ja-mf"> <div class="main clearfix"> <div id="ja-mainbody"> <div id="ja-main"> <div class="inner clearfix"> <div id="ja-contentwrap" class="clearfix "> <div id="ja-content" class="column"> <div id="ja-current-content" class="column"> <div id="ja-content-main" class="ja-content-main clearfix"> <div class="item-page"> <p><strong>Domanda</strong><br /><br />Ho contestato una decisione condominiale presentando una richiesta di conciliazione al Pretore tendente ad ottenere il suo annullamento entro un mese dalla seduta assembleare, come prevede l’articolo 75 del Codice civile (CC).<br />Purtroppo il tentativo di conciliazione non ha avuto successo e così mi è stata notificata dalla Pretura l’autorizzazione ad agire. L’azione di merito è stata presentata dal mio legale 2 mesi dopo il rilascio dell’autorizzazione ad agire. Un altro legale mio conoscente mi ha tuttavia fatto presente che la mia azione potrebbe essere tardiva in quanto, sebbene l’articolo 209 cpv. 3 del Codice di procedura civile svizzero (CPC) preveda che l’autorizzazione ad agire permetta di inoltrare la causa al giudice entro tre mesi dalla sua notificazione, il capoverso 4 del medesimo articolo stabilisce che “(…)<span> </span><em>sono fatti salvi altri termini speciali di azione previsti dalle legge</em>”, riserva che potrebbe riferirsi anche all’articolo 75 CC, imponendo quindi di presentare l’azione entro un mese dalla notifica dell’autorizzazione ad agire, e non entro tre mesi.<br />Mi chiedo pertanto quale dei due legali abbia ragione e se la mia istanza sarà considerata tardiva.<br /><br /><strong>Riposta</strong><br /><br />L’articolo 75 del Codice civile (applicabile in materia di proprietà per piani grazie al rinvio dell’art. 712m cpv 2 CC), stabilisce effettivamente che l’azione in contestazione di una delibera assembleare condominiale dev’essere intentata entro un mese dal giorno in cui il condomino ha avuto conoscenza della decisione. In caso di mancata conciliazione, viene rilasciata l’autorizzazione ad agire che, sulla base dell’articolo 209 cpv. 3 del Codice di procedura civile, permette di inoltrare la causa al giudice entro tre mesi dalla sua notifica.<br />Il capoverso 4 del medesimo articolo stabilisce un’eccezione al rispetto del termine di 3 mesi per aprire azione nel merito, riservando altri termini speciali d’azione previsti dalla legge o dal giudice. È dunque corretto chiedersi se il termine di un mese dell’articolo 75 CC rientri in quest’ultima eccezione, comportando di conseguenza una riduzione della durata di validità dell’autorizzazione ad agire.<br /><br />Il Tribunale Federale (nella sentenza DTF 140 III 561 del 10.11.2014) ha recentemente avuto modo di chiarire che<strong><span> </span>non occorre che il termine di un mese dell’articolo 75 CC sia rispettato in due momenti successivi, ossia sia al momento del deposito della richiesta di conciliazione, sia poi nuovamente al momento dell’introduzione dell’azione nel merito. È</strong><span> </span><strong>sufficiente che il termine di un mese sia rispettato al momento della presentazione della richiesta di conciliazione.<span> </span></strong>Non vi è di conseguenza una riduzione del termine di 3 mesi per agire nel merito e il legale rappresentante del socio ha dunque presentato tempestivamente l’azione di merito.<br /><br />Nella sua sentenza il Tribunale federale ha evidenziato che la riserva dell’art. 209 cpv. 4 CPC rinvia a dei termini procedurali e non a termini di diritto materiale, e ricordato che la richiesta in conciliazione crea litispendenza e comporta l’apertura d’azione di diritto materiale. A partire da tale momento solo il diritto di procedura regge i termini necessari alla continuazione dell’istanza.<br /><br /><strong><em>MLaw Romina D’Antoni</em></strong></p> </div> </div> </div> </div> </div> </div> </div> </div> </div> </div>
Leggi tutto01 maggio 2015
01 maggio 2015
<div id="ja-container" class="wrap ja-mf"> <div class="main clearfix"> <div id="ja-mainbody"> <div id="ja-main"> <div class="inner clearfix"> <div id="ja-contentwrap" class="clearfix "> <div id="ja-content" class="column"> <div id="ja-current-content" class="column"> <div id="ja-content-main" class="ja-content-main clearfix"> <div class="item-page"> <p><strong>Entro quando un singolo condomino può chiedere all’amministratore che venga messa all’ordine del giorno una determinata trattanda?</strong><br /><br />Riservata una clausola del regolamento dal contenuto diverso, l’ordine del giorno viene stabilito dall’amministratore e trasmesso ai condomini congiuntamente con la convoca-zione all’assemblea. La stessa deve pervenire ai condomini con un preavviso adeguato, concetto che la legge non definisce, ma che può essere stabilito nel regolamento condominiale o altrimenti dipendere dalle circostanze e dalle caratteristiche del condominio. Con l’aumentare del numero dei condomini, rispettivamente se ve ne sono che abitano fuori cantone o fuori confine, il preavviso deve essere più lungo. Di regola il preavviso non dovrebbe comunque essere inferiore ai 10 giorni.<br /><br />L’ordine del giorno deve imperativamente prevedere le trattande sulle quali verrà presa una decisione, pena l’annullabilità della decisione. Resta riservato il caso di assemblea universale, ossia l’assemblea alla quale sono presenti tutti i condomini. Le diverse trattande devono inoltre essere formulate in modo molto chiaro affinché i condomini possano determinare con facilità su cosa dovranno decidere e abbiano pure il tempo per prepararsi adeguatamente.<br /><br />Sebbene di regola sia l’amministratore che stabilisce l’ordine del giorno, parte della dottrina è del parere che ogni singolo condomino sia in diritto di chiedere che venga messa all’ordine del giorno una determinata questione. Dal profilo della tempistica, la richiesta va formulata con anticipo, affinché in caso di accettazione da parte dell’amministratore, possa ancora essere inserita e inviata ai condomini entro il termine di preavviso minimo per le convocazioni. In caso di assemblea universale, la proposta può essere formulata anche in sede di assemblea. In ogni caso un’apposita clausola regolamentare avrebbe la precedenza su quanto appena indicato.<br /><br />In caso di presentazione corretta e nei termini della proposta di trattanda, la stessa dovrà essere inserita nell’ordine del giorno dall’amministratore. In caso di rifiuto lo stesso violerebbe i suoi doveri e questo potrebbe avere delle conseguenze in caso di una procedura di revoca dell’amministratore.<br /><br />Se invece la proposta fosse formulata tardivamente e l’assemblea non fosse universale, rispettivamente non vi fosse una norma particolare nel regolamento, la questione sottoposta tardivamente potrebbe essere solo oggetto di discussione ma non di decisione.<br /><br /><strong><em>RG</em></strong></p> </div> </div> </div> </div> </div> </div> </div> </div> </div> </div>
Leggi tutto01 marzo 2015
01 novembre 2014
<p><span>Contrariamente a quanto molti pensano, la legge non stabilisce un termine di preavviso preciso per la convocazione all’assemblea. Il preavviso deve però essere ragionevole e adeguato affinché i condomini possano organizzarsi per partecipare all’assemblea e dispongano anche del tempo necessario per adeguatamente prepararsi sulle singole trattande figuranti all’ordine del giorno. Il termine adeguato dipende quindi dalle specificità del caso e in particolare dal numero delle quote (condominio di grandi, medie o piccole dimensioni), dalla provenienza dei condomini (sono tutti domiciliati nello stabile o ci sono invece numerosi appartamenti di vacanza e ancora, i proprietaria sono confederati o persone domiciliate all’estero che quindi necessitano di più tempo per arrivare all’assemblea?) e anche dal contenuto delle trattande all’ordine del giorno. Di media si consiglia comunque di rispettare un termine di almeno 20 giorni. In ogni caso si consiglia di regolare il preavviso e la forma della convocazione all’assemblea nel regolamento condominiale che sarà quindi vincolante ed eliminerà sul nascere ogni discussione.</span><br /><br /><strong><em>Avv. Renata Galfetti</em></strong><br /><span> </span></p>
Leggi tutto01 marzo 2014
<p>No. Il fondo di rinnovamento è patrimonio della comunione dei condomini. Ogni comproprietario partecipa alla sua crescita ma quanto versato è indissolubilmente legato con la proprietà condominiale. In caso di vendita l’importo complessivamente versato per la quota venduta passa teoricamente all’acquirente, ma solo come quota parte al capitale complessivo, e il condomino non potrà quindi disporne direttamente. Potrà solo, come tutti gli altri condomini, decidere come utilizzare il fondo comune.<br /><br /><strong><em>RG</em></strong></p>
Leggi tutto01 novembre 2013
01 settembre 2013
<p><em>Il presente articolo spiega i motivi per i quali è opportuno e vantaggioso che nel contesto di un condominio si faccia capo ad un revisore dei conti.<span> </span></em><br /><br /><strong>Premessa: la contabilità del condominio<span> </span></strong><br /><span>Anche se legalmente la comunione dei comproprietari non è obbligata a tenere una contabilità, quest’ultima è, per esigenze di gestione interna, evidentemente indispensabile. Senza conoscere le entrate e le uscite esatte del condominio risulta infatti impossibile ripartire le spese in maniera precisa e corretta.</span><br /><br /><strong>L’importanza della revisione dei conti</strong><br /><span>Benché la revisione contabile in ambito condominiale non sia imposta dalla legge, è vivamente consigliato prevederla, poiché permette ai condomini di approvare i conti in sede assembleare in cognizione di causa, una volta presa conoscenza del rapporto di revisione. L’articolo 712m capoverso 1 cifra 4 del Codice civile attribuisce infatti all’assemblea dei comproprietari la competenza di approvare ogni anno, alla maggioranza semplice (ovvero delle teste), il preventivo, il consuntivo e la ripartizione delle spese tra i comproprietari. Restano riservate eventuali clausole con contenuti diversi nel Regolamento condominiale.</span><br /><span>Se non ancora prevista, è possibile introdurre in ogni momento la revisione dei conti. La nomina di un revisore esige l’adozione di una decisione assembleare presa alla maggioranza semplice.</span><br /><br /><strong>Il revisore dei conti</strong><br /><span>La revisione contabile può essere affidata all’amministratore, ad un condomino, ad un terzo o ad un comitato. Se, ad esempio, nel condominio vi è un comproprietario che presenta le conoscenze e le qualifiche necessarie, è senz’altro possibile affidargli la revisione. In via alternativa è possibile nominare un revisore esterno (persona fisica o giuridica), che disponga delle competenze necessarie (fiduciari).</span><br /><span>Anche se, a parere della dottrina maggioritaria, le norme relative ai severi requisiti di indipendenza che deve presentare l’ufficio di revisione di una società anonima non sono applicabili in ambito condominiale, la revisione non deve, logicamente, essere affidata a colui che è già incaricato di tenere la contabilità.</span><br /><br /><strong>I rapporti tra revisore e comunione dei condomini</strong><br /><span>Le relazioni tra revisore e comunione dei condomini sono generalmente regolate nel contesto di un contratto scritto che stabilisce quali sono i diritti e i doveri del revisore, specifica che forma deve presentare il rapporto di revisione all’attenzione dell’assemblea condominiale, precisa qual è l’onorario dovuto, ecc. La natura ed il contenuto del contratto determinano la responsabilità del revisore.</span><br /><br /><strong>I compiti del revisore</strong><br /><span>La revisione dei conti è un compito senza dubbio impegnativo, poiché i conteggi devono essere controllati sia dal punto di vista della completezza sia della loro correttezza. A questo scopo il revisore dei conti ha il diritto di accedere e quindi di disporre di tutti i giustificativi che ne stanno alla base (fatture, copia degli estratti conto, copia dei contratti conclusi dalla comunione dei comproprietari, ecc.). Concretamente il revisore deve in particolare esaminare:</span><br /><span>che sia stata effettuata una corretta e chiara ripartizione dei costi;</span><br /><span>che tutte le entrate e le uscite figurino in modo completo e preciso;</span><br /><span>che le spese indicate siano effettivamente comprovate dai giustificativi;</span><br /><span>che le risorse finanziarie siano effettivamente disponibili (controllo estratti conto bancari, distinte di versamento).</span><br /><br /><span>Per contenere i costi della revisione dei conti entro limiti “ragionevoli” il revisore di norma non controlla tutte le poste singolarmente, ma si concentrerà su una parte specifica a scelta, esaminandone i dettagli. Ogni anno il revisore potrà analizzare una diversa parte dei conti, in modo da garantire alla revisione una certa continuità.</span><br /><span>Una volta completata la revisione, il revisore informerà l’amministratore in merito ad eventuali errori rilevati ed esporrà i suoi suggerimenti, le sue correzioni e proporrà all’amministratore la possibilità di presentare delle osservazioni.</span><br /><span>Se il Regolamento condominale prevede la nomina di un revisore, è possibile che lo stesso imponga altresì la sua presenza all’assemblea dei condomini. In tal caso il revisore dovrà dunque ricevere regolare convocazione.</span><br /><br /><strong>Il rapporto di revisione</strong><br /><span>Al termine della revisione si consiglia, in genere, di chiedere al revisore la presentazione di un rapporto scritto all’attenzione della comunione dei condomini o perlomeno di presentare, in occasione dell’assemblea ordinaria, una relazione verbale. Per quanto attiene al contenuto del rapporto, ci si può ispirare alle norme che concernono i rapporti redatti dall’ufficio di revisione all’attenzione dell’assemblea generale di una società anonima e quindi dovrebbe almeno contenere:</span><br /><span>un parere sul risultato della verifica;</span><br /><span>delle indicazioni sul responsabile della revisione e sulle sue qualifiche professionali;</span><br /><span>una raccomandazione circa l’approvazione dei conti o il loro rinvio, a chi di competenza, per la correzione.</span><br /><span>Il revisore comunica personalmente alla comunione dei condomini i risultati finali del suo controllo, le eventuali correzioni e la proposta di approvare (o meno) i conti.</span><br /><br /><strong>Conclusione</strong><br /><span>La revisione contabile comporta indubbiamente molteplici </span><strong>vantaggi</strong><span> per i condomini. I più significativi sono i seguenti:</span><br /><span>l’</span><strong>approvazione dei conti</strong><span> annuali in sede assembleare avviene </span><strong>in</strong><span> </span><strong>cognizione di causa</strong><span>, preso atto del rapporto di revisione;</span><br /><span>maggiore </span><strong>certezza di correttezza e completezza</strong><span> dei conti;</span><br /><span>garanzia di </span><strong>continuità</strong><span> del controllo.</span><br /><br /><strong><em>MLaw Romina D’Antoni</em></strong><br /><br /><em>Opere consultate:<br />Monika Sommer, Stockwerkeigentum, Hauseigentümerverband Schweiz, Winterthur 2009;<br />Amédéo Wermelinger, La propriété par étages, Commentaire des articles 712a à 712t du Code civile suisse, 2ème édition, Rothenburg, 2008;<br />Meier-Hayoz/Rey, Berner Kommentar, Das Stockwerkeigentum, Verlag Stämpfli & Cie AG, Bern 1988.</em><br /><br /></p>
Leggi tutto01 settembre 2013
<p><em>Il presente articolo intende dare degli spunti utili per disciplinare nel Regolamento in modo adeguato la questione della rappresentanza del condomino in sede di assemblea o chi possa esercitare il voto in presenza di diversi potenziali aventi diritto.</em><br /><br /><strong>1. Premessa</strong><br /><span>In considerazione delle numerose richieste di informazioni da parte dei soci in merito alle possibilità e alle modalità di rappresentanza del condomino in sede assembleare, qui di seguito saranno brevemente esposte le seguenti tematiche:</span><br /><span>il diritto alla rappresentanza del condomino ed eventuali restrizioni (infra 2);</span><br /><span>la rappresentanza di un condomino da parte di un terzo (infra 3);</span><br /><span>le modalità di voto in presenza di un condomino e di un usufruttuario o di un titolare di un diritto di abitazione (infra 4);</span><br /><span>la rappresentanza quando una singola quota appartiene a più proprietari (comproprietari o proprietari comuni; infra 5).</span><br /><span>Seguirà un’importante precisazione in merito all’astensione dal voto del rappresentante in presenza di un conflitto di interessi tra il condomino rappresentato e la comunione dei comproprietari (infra 6) e una breve conclusione (infra 7).</span><br /><br /><strong>2. Il diritto alla rappresentanza del condomino ed eventuali restrizioni</strong><br /><span>La legge non contiene norme che regolamentano esplicitamente la rappresentanza di un condomino in sede assembleare.</span><br /><span>La dottrina maggioritaria ritiene che prevedere nel Regolamento il </span><strong>divieto<span> </span></strong><span>assoluto del diritto di farsi rappresentare </span><strong>non sarebbe lecito</strong><span>. Delle restrizioni possono invece essere previste nell’atto costitutivo o nel Regolamento oppure introdotte ulteriormente mediante l’adozione di una decisione assembleare unanime. È difficile precisare in maniera astratta i limiti ammissibili della restrizione del diritto di rappresentanza. A titolo esemplificativo è senz’altro possibile stabilire che soltanto gli altri condomini hanno la possibilità di rappresentare un condominio oppure limitare la rappresentanza di un condomino unicamente ai membri della sua famiglia.</span><br /><span>Anche prevedere un numero limite di mandati di rappresentanza ad una sola persona è plausibile.</span><br /><span>È senz’altro utile tener presente che, se il legame tra i condomini è prevalentemente professionale (per es. nel caso di locali commerciali), o se non è particolarmente stretto (per esempio nel caso di un condominio con 50 appartamenti), delle restrizioni alla rappresentanza si giustificano meno rispetto al caso di un condominio a conduzione familiare.</span><br /><br /><span>In assenza di disposizioni contrarie nel Regolamento è possibile per il condomino farsi rappresentare, non solo </span><strong>da un altro condomino</strong><span>, ma anche </span><strong>dall’amministratore</strong><span>, oppure </span><strong>da un terzo</strong><span> (infra 3). La soluzione di farsi rappresentare dall’amministratore può però causare alcuni problemi pratici, dato che si ritroverebbe a fare da “arbitro” e, contemporaneamente, da parte contrattuale.</span><br /><br /><span>La rappresentanza di un condomino presuppone l’attribuzione di appositi poteri di rappresentanza al rappresentante che il presidente dell’assemblea deve accertare. Salvo disposizione contraria nel Regolamento, non è necessario conferire i poteri di rappresentanza per iscritto, tuttavia si consiglia di prevedere che ciò sia la regola, onde evitare malintesi e l’ulteriore insorgere di contestazioni circa l’esistenza o l’estensione dei poteri di rappresentanza, ad esempio in presenza di procure conferite soltanto verbalmente oppure per iscritto ma mal redatte.</span><br /><span>Si consiglia inoltre di esporre nel Regolamento il contenuto minimo che la procura scritta deve presentare. Idealmente una “buona” procura dovrebbe contenere almeno le seguenti indicazioni:</span><br /><span>la data dell’assemblea;</span><br /><span>il riferimento all’ordine del giorno;</span><br /><span>il principio della libertà di voto;</span><br /><span>se non viene conferita la libertà di voto, le eventuali istruzioni precise al voto;</span><br /><span>la firma del rappresentato;</span><br /><span>la firma del rappresentante.</span><br /><br /><span>Se il comproprietario è una persona giuridica (ad esempio una società anonima, una società a garanzia limita, ecc.), quest’ultima in sede assembleare dev’essere rappresentata da una persona fisica che disponga degli appositi poteri. Per verificare la legittimazione del rappresentante è senz’altro il caso che l’amministratore si faccia consegnare una procura di rappresentanza scritta e che verifichi, prima di ogni assemblea, le iscrizioni a Registro di Commercio. Il rappresentante sarà considerato un vero e proprio condomino.</span><br /><br /><strong>3. La rappresentanza del condomino da parte di un terzo</strong><br /><span>Come sopra esposto (infra 2) un terzo può, salvo disposizione contraria a Regolamento, partecipare all’assemblea condominiale a titolo di rappresentante di un condomino.</span><br /><span>Il terzo potrà esercitare tutti i diritti che derivano dall’essere comproprietario e quindi partecipare alle delibere ed esercitare il diritto di voto. Se il rappresentato, per quanto concerne una determinata trattanda all’ordine del giorno, non potesse esercitare il suo diritto di voto (per esempio in presenza di un conflitto di interessi), il rappresentante sottostarebbe evidentemente alla medesima restrizione e dovrebbe quindi astenersi dal voto (cfr. anche infra 6).</span><br /><span>I terzi designati anticipatamente in quanto rappresentanti di uno o più condomini saranno i destinatari della convocazione all’assemblea nella misura in cui il loro indirizzo è stato comunicato per tempo all’amministratore.</span><br /><br /><strong>4. Le modalità di voto in presenza di un condomino e di un usufruttuario o di un titolare di un diritto d’abitazione</strong><br /><span>L’articolo 712o capoverso 2 CC prevede che il proprietario e l’usufruttuario di un piano o di una parte di piano si devono accordare circa l’esercizio del diritto di voto e che, in caso di mancata intesa tra i due, il voto spetta all’usufruttuario per quanto attiene a tutte le questioni amministrative, salvo per i lavori di costruzione meramente utili oppure diretti ad abbellire o a rendere più comoda la cosa.</span><br /><span>La medesima regola si applica per analogia anche al beneficiario di un diritto di abitazione su un piano o una parte di piano.</span><br /><span>L’usufruttuario, rispettivamente il beneficiario di un diritto d’abitazione, ed il condomino possono senz’altro accordarsi nel senso di nominare un rappresentante unico.</span><br /><br /><strong>5. La rappresentanza quando una singola quota appartiene a più proprietari (comproprietari o proprietari comuni)</strong><br /><span>Una singola quota condominiale può avere contemporaneamente più proprietari, e meglio dei comproprietari o dei proprietari comuni (quest’ultimo caso è tipicamente quello delle comunioni ereditarie). L’articolo 712o capoverso 1 CC prevede esplicitamente che, ove un piano o una porzione di piano appartenga in comune a più persone, esse hanno diritto collettivamente ad un voto in sede assembleare. Di conseguenza, in caso di proprietà collettiva su una quota occorre adottare una posizione comune sulla base delle regole applicabili al tipo di proprietà con cui si è confrontati. I comproprietari o i proprietari comuni possono nominare un rappresentante comune che rappresenti la loro decisione comune.</span><br /><br /><strong>6. L’astensione dal voto del rappresentante in presenza di un conflitto di interessi il condomino rappresentato e la comunione dei comproprietari<span> </span></strong><br /><span>Sono molteplici le situazioni di conflitto di interessi che si possono creare tra un condomino e la comunione dei condomini. Si è, ad esempio, in presenza di un conflitto di interessi nei seguenti casi: </span><br /><span>un condomino è contemporaneamente amministratore e all’assemblea occorre deliberare in merito alla sua revoca;</span><br /><span>è stata approvata l’esecuzione di alcuni lavori di costruzione e occorre decidere in sede assembleare a quale ditta farli eseguire, ritenuto che un condomino ha una ditta attiva nell’ambito dei lavori da eseguire.</span><br /><br /><span>La questione a sapere in quale misura un condomino toccato da un conflitto di interessi può partecipare al voto è controversa in dottrina ed il Tribunale federale non si è pronunciato in merito. Buona parte della dottrina ritiene che, nelle decisioni concernenti un interesse privato o una controversia giuridica fra la comunione dei comproprietari da una parte e un condomino, il suo coniuge o un suo parente in linea diretta dall’altra, il condomino è escluso per legge dal diritto di voto (in applicazione del rinvio dell’articolo 712m capoverso 2 del Codice civile all’articolo 68 CC applicabile nel contesto dell’associazione). Nel caso in cui un condomino toccato da un conflitto di interessi si fa rappresentare, il rappresentante dovrà astenersi dal voto poiché evidentemente sottostà alle medesime restrizioni del condomino che rappresenta.</span><br /><br /><span>Ovviamente un conflitto di interessi dev’essere segnalato il prima possibile; in caso contrario un’eventuale azione in annullamento di una decisione presa potrebbe essere respinta poiché intempestiva.</span><br /><br /><strong>7. Conclusione</strong><br /><span>Onde evitare fraintendimenti o, peggio ancora, l’insorgere di contestazioni circa l’esistenza o l’estensione dei poteri di rappresentanza (ad esempio in presenza di procure conferite soltanto verbalmente oppure per iscritto ma mal redatte) è senza dubbio opportuno regolare preventivamente nel Regolamento la questione della rappresentanza, mediante l’introduzione di una clausola chiara che stabilisca:</span><br /><strong>chi ha il</strong><span> </span><strong>diritto di rappresentare un condomino</strong><span> (altri condomini, l’amministratore o terzi);</span><br /><span>quali sono le </span><strong>restrizioni</strong><span> alla </span><strong>rappresentanza</strong><span> (ad esempio: un condomino non può rappresentare contemporaneamente più di un altro condomino, cfr. infra 2);</span><br /><span>quali sono le </span><strong>condizioni</strong><span> a cui è sottoposta la </span><strong>rappresentanza</strong><span> (esigenza della presentazione di una procura scritta; presentazione della procura scritta all’amministratore prima dell’assemblea condominiale o, al più tardi, all’inizio della stessa, ecc.);</span><br /><span>qual è il </span><strong>contenuto</strong><span> minimo che la </span><strong>procura</strong><span> </span><strong>scritta</strong><span> deve rispettare (cfr. infra 2).</span><br /><br /><strong><em>MLaw Romina D’Antoni</em></strong><br /><br /><em>Opere consultate:</em><br /><em>Amédéo Wermelinger, La propriété par étages, Commentaire des articles 712a à 712t du Code civile suisse, 2ème édition, Rothenburg, 2008;<br />Meier-Hayoz/Rey, Berner Kommentar, Das Stockwerkeigentum, Verlag Stämpfli & Cie AG, Bern 1988.</em><br /><br /></p>
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<p><strong>La procedura di correzione del verbale assembleare condominiale</strong></p> <p><strong><em>La legge non descrive la procedura che i condomini devono seguire per chiedere eventuali correzioni del verbale assembleare condominiale. Il presente contributo intende dare qualche spunto per regolare la questione nel Regolamento condominiale, in modo da sopperire alle lacune legali.</em></strong></p> <p><strong>Il contenuto del verbale assembleare</strong></p> <p>Il capoverso 2 dell’articolo 712n del Codice civile prevede che le decisioni prese in sede di assemblea devono essere messe a verbale, ma non descrive i requisiti che deve presentare.</p> <p>La tematica del contenuto minimo del verbale assembleare è già stata trattata nel contesto dell’articolo pubblicato su Economia Fondiaria numero 4/09, in cui si spiegava che, nella sentenza del 10 marzo 2003, inc. 11.2001.29, la prima Camera civile del Tribunale d’appello ha ritenuto che il verbale assembleare deve contenere, per lo meno, la firma del presidente o del verbalista, oltre alle singole deliberazioni adottate. Altre informazioni, benché inutili – in assenza di una regolamentazione particolare nel singolo condominio – non sono indispensabili.</p> <p>Il verbale deve dunque contenere, in maniera chiara, precisa e completa tutte le decisioni prese in sede di assemblea ed è a nostro avviso auspicabile che sia inoltre indicato altrettanto precisamente il risultato di ogni votazione: quest’ultimo elemento può infatti rivelarsi determinante in caso di contestazioni ulteriori che portano proprio sulla maggioranza necessaria per adottare la decisione.</p> <p>Si precisa che i condomini possono esigere che figurino a verbale anche altri elementi come, ad esempio, parte delle discussioni che hanno preceduto le delibere.</p> <p>Un verbale mal redatto può dar luogo a delle azioni di contestazione giudiziarie o addirittura, nella peggiore delle ipotesi, ad un’azione di risarcimento danni o di revoca dell’amministratore (DTF 126 III 177): è pertanto indispensabile conferire la competenza di redigerlo ad una persona idonea.</p> <p><strong>La richiesta di modifica del verbale: legge silente</strong></p> <p>Anche in assenza di disposizioni a Regolamento ciascun condomino può esigere la modifica del verbale assembleare nel caso in cui sia impreciso, incorretto o incompleto. Il verbale sarà successivamente da ritenere valido nella sua forma corretta.</p> <p>In assenza di disposizioni contrarie a Regolamento, i condomini dispongono fino a un anno di tempo per far valere errori del verbale: la modifica del verbale potrebbe dunque teoricamente essere richiesta fino (e non oltre) al momento dell’assemblea condominiale successiva. Se nel Regolamento non figurano termini per chiedere correzioni, modifiche o aggiunte al verbale, è dunque il caso che il presidente in sede assembleare faccia approvare il verbale della seduta precedente. In mancanza di ciò una contestazione ulteriore del verbale non può essere definitivamente esclusa.</p> <p><strong>La soluzione ideale: introdurre la procedura di modifica nel Regolamento</strong></p> <p>Per sopperire alle lacune legali, secondo la dottrina maggioritaria, è senz’altro il caso di introdurre nel Regolamento una clausola che imponga ai condomini di formulare eventuali richieste di modifica, correzione o aggiunte al verbale entro e non oltre i 14 giorni dalla ricezione dello stesso. Riteniamo che il termine di 14 giorni sia appropriato: se infatti la modifica del verbale conduce alla conclusione che una decisione è stata mal compresa da un comproprietario, questi avrà ancora il tempo di decidere di impugnarla dinnanzi al Pretore entro il termine (perentorio) di un mese dalla ricezione del verbale (cfr. articolo 75 CC). Per maggiori dettagli relativi alla procedura di contestazione di una decisione assembleare, si rinvia all’articolo “<em>La contestazione delle decisioni assembleari nell’ambito della proprietà per piani</em>” pubblicato su Economia Fondiaria 2/2013.</p> <p><strong>La distribuzione immediata del verbale e il vantaggio delle correzioni immediate</strong></p> <p>Generalmente il segretario durante l’assemblea prende appunti e redige il verbale qualche giorno dopo la seduta. Se si procede in questo modo si consiglia di fissare nel Regolamento condominiale una data limite per l’invio del verbale (per es. al più tardi 7 giorni dopo la seduta assembleare).</p> <p>Tuttavia, grazie ai mezzi tecnologici attuali risulta senz’altro fattibile redigere i verbali assembleari in tempo reale durante l’assemblea e distribuirli al termine della stessa. Procedere in questo modo è particolarmente vantaggioso dal punto di vista delle modifiche da eventualmente apportare al verbale, poiché permette ad ogni condomino di rileggerlo immediatamente e di chiedere subito di inserire le modifiche necessarie. Questo modo di procedere permette di evitare fraintendimenti tra i condomini e l’amministratore.</p> <p><strong>L’invio del verbale assembleare in versione esclusivamente elettronica (email)</strong></p> <p>Vista l’assenza di disposizioni legali precise in merito alla forma che il verbale assembleare deve presentare, risulta difficile sostenere che la trasmissione del verbale ai condomini in formato elettronico (email) non sia possibile. Tuttavia, d’accordo con il parere della dottrina maggioritaria, sconsigliamo di procedere in questo modo, che non dà le stesse garanzie di un invio raccomandato o per il tramite del sistema A Plus.</p> <p><strong>Conclusione</strong></p> <p>Introdurre una procedura specifica di modifica del verbale assembleare nel Regolamento condominiale è indubbiamente consigliato, innanzitutto per sopperire alle lacune legali e, in secondo luogo,per evitare una lunga insicurezza giuridica.<br /><br /><br /><em><strong>MLaw Romina D'Antoni</strong></em><br /><br /></p> <p><em>Opere consultate:</em></p> <ul> <li>Amédéo Wermelinger<em>, La propriété par étages, Commentaire des articles<span> </span></em><em>712a à<span> </span></em><em>712t du Code Civile Suisse,<span> </span></em>2<sup>ème</sup><span> </span>édition, Rothenburg, 2008<em>;</em></li> <li>P. H. Steinauer<em>, Les droits réels, Tome premier,<span> </span></em>3ème édition, Berne, 1997<em>;</em></li> <li>M. Piozzini<em>, Il condominio, Guida Pratica,<span> </span></em>Seconda edizione, Ed. SVIT, Sezione Ticino, 2004.</li> </ul>
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01 luglio 2013
01 maggio 2013
<div id="ja-container" class="wrap ja-mf"> <div class="main clearfix"> <div id="ja-mainbody"> <div id="ja-main"> <div class="inner clearfix"> <div id="ja-contentwrap" class="clearfix "> <div id="ja-content" class="column"> <div id="ja-current-content" class="column"> <div id="ja-content-main" class="ja-content-main clearfix"> <div class="item-page"> <p>Tendenzialmente la risposta sarà diversa a dipendenza che si cerchi un mediatore piuttosto che un amministratore immobiliare, e in quest’ultimo caso, che si tratti di un immobile a reddito piuttosto che un condominio.<br /><br />Cominciamo col chiarire che il contratto che lega un amministratore o un mediatore al mandante è un contratto di mandato (art. 394 segg. CO) che in quanto tale si fonda su un rapporto di fiducia.<br />Il mandato può essere a titolo oneroso o gratuito e la sua stipulazione non necessita di una forma scritta. E’ quindi possibile concludere un mandato anche verbalmente o per atti concludenti. E’ utile ricordarlo perché ci sono persone che pensano a torto che in assenza di un accordo o di una dichiarazione scritta non sia sorto alcun contratto.<br /><br />Se il mandatario agisce a titolo professionale, in Ticino deve obbligatoriamente essere iscritto nell’albo dei fiduciari immobiliari (consultabile al sito<span> </span><a href="http://www4.ti.ch/di/dg/fiduciari/albo-online">http://www4.ti.ch/di/dg/fiduciari/albo-online</a><span> </span>)<br />Il mandatario non agisce a titolo professionale solo quando è il titolare o dipendente di un’agenzia. L’aggettivo “professionale” designa infatti un’attività remunerata, svolta in modo continuo e regolare, indipendentemente che l’attività sia a tempo pieno o parziale. Non è il caso ad esempio se si compilano dichiarazioni d’imposta a titolo accessorio e quasi di benevolenza mentre la giurisprudenza ha ammesso che l’attività è esercitata a titolo professionale segnatamente se la persona assume il mandato di amministratore dei conti anche per un solo cliente.<br /><br />Non deve invece essere iscritto all’albo l’amministratore che fosse anche condomino nel condominio da lui amministrato e non fosse un professionista. Se però l’amministratore beneficiasse di un onorario “generoso” e nel contempo amministrasse anche diversi altri condomini alle stesse condizioni, verosimilmente ricadrebbe sotto il cappello di “professionista”.<br /><br />La legge cantonale sull’esercizio delle professioni di fiduciario (n. 11.1.4.1 della raccolta delle leggi cantonali) stabilisce le condizioni alle quali si può ottenere l’autorizzazione alla professione di fiduciario. Distingue inoltre fra il fiduciario commercialista, quello immobiliare e quello finanziario. L’attività immobiliare può essere svolta solo da un fiduciario commercialista o immobiliare.<br />Per nei casi il mandato fosse conferito ad una società, la legge chiarisce anche chi – all’interno di una società - debba essere iscritto all’albo dei fiduciari. Devono così essere ricoperti da un fiduciario i seguenti ruoli:<br /><br />ditta individuale: il titolare;<br />società in nome collettivo: tutti i soci;<br />società in accomandita: i soci illimitatamente responsabili;<br />società anonima: almeno un membro del Consiglio di amministrazione che abbia responsabilità di gestione o un membro della direzione;<br />società a garanzia limitata: almeno un gerente;<br />succursale, agenzia, rappresentanza o simile: il direttore rispettivamente il gerente o il rappresentante.<br /><br />Inoltre il titolare di un'autorizzazione può essere responsabile di una sola persona giuridica, società di persone o ditta individuale attiva nel campo fiduciario salvo eccezioni pronunciate dall'autorità di vigilanza. In caso di diritto di firma collettiva a due, almeno uno dei firmatari deve essere titolare dell'autorizzazione.<br /><br />Accertato che sia ossequiato il requisito minimo per poter esercitare in Ticino la professione, è bene chinarsi un po’ meglio sul contenuto del contratto, che è senz’altro consigliabile formalizzare per scritto. Il contratto dovrà prevedere:<br /><br />la prestazione che il mandatario deve adempiere: evitare frasi generiche del tipo “provvede all’amministrazione dello stabile”; aggiungere invece anche un elenco completo delle prestazioni;<br />definire l’onorario e il modo di conteggiare le spese;<br />prevedere la durata contrattuale e le scadenze di disdetta. Al riguardo va precisato che questo punto del contratto ha una valenza che non è totale: per legge (art. 404 cpv. 2 CO) dato che il mandato si fonda sulla fiducia, può essere revocato in ogni momento. Se fosse revocato in tempo inopportuno, chi lo revoca – indipendentemente quindi che sia l’amministratore o il cliente - potrebbe però essere tenuto ad un risarcimento danni all’altra parte. La disdetta è ritenuta essere intempestiva se è data senza un motivo serio e se la fine del contratto provoca all’altra parte un danno che trova origine dal momento particolare per il quale il contratto è disdetto anticipatamente e in considerazione dei provvedimenti già adottati per l’esecuzione della prestazione pattuita (Tercier/Favre, Les contrats spéciaux, Schulthess 2009, cap. 63, nota 5308)<br />L’entità di un’eventuale indennità si determina in funzione delle perdite che la parte ha subìto confidando nel mantenimento del contratto come pattuito: si tratta delle spese e dei costi originati inutilmente in vista dell’esecuzione di un determinato mandato, che diventano poi privi d’oggetto a seguito della disdetta anticipata. A dipendenza delle dimensioni del condominio l’amministratore potrebbe ad esempio sostenere di avere del personale che in assenza di quel mandato – disdetto anticipatamente - sarebbe sottooccupato e che quindi la disdetta gli avrebbe creato un danno da risarcire.<br />Si consiglia quindi di non stipulare contratti eccessivamente lunghi: la fiducia potrebbe venire a mancare e nessuno vorrebbe vedersi coinvolto in sgradite procedure di risarcimento.<br />Segnaliamo che l’associazione dei fiduciari immobiliari (la SVIT) dispone di contratti appositi sia per la mediazione che per l’amministrazione.<br /><br />Ancora qualche osservazione distinguendo fra mediatore e amministratore e in tal caso, di immobile a reddito o di condominio.<br /><br />Per un contratto di mediazione, ossia - in questo contesto - quello con il quale il mandatario si impegna a procacciare un acquirente per l’immobile da vendere, o invece a trovare un immobile da acquistare o locare che corrisponda ai requisiti indicati dal mandante, si tratta di chiarire anche se il mandato è in esclusiva o meno. Il mandato in esclusiva è quello per cui le parti si accordano nel senso che se un contratto di compravendita (o locazione) corrispondente ai requisiti stabiliti dal contratto di mandato verrà stipulato durante la durata del contratto anche senza che il partner contrattuale (acquirente/venditore ecc.) sia stato trovato grazie all’intervento del mandatario, sarà comunque dovuta la provvigione convenuta.<br /><br />Se quindi il mandante continua ad attivarsi per trovare anche lui ad es. chi gli compera lo stabile, potrebbe avere interesse a non stipulare nel contempo un contratto di mediazione in esclusiva con il mediatore.<br /><br />Per quanto attiene alla persona del mediatore, si osserva che spesso le tariffe praticate da persone che si offrono per questi servizi sono simili a quelle richieste dei colleghi, senza che però i loro livelli conoscitivi sia paragonabili. E’ quindi consigliabile rivolgersi piuttosto a persone con effettiva esperienza e preparazione.<br /><br />E’ poi utile tenere presente che le attività di amministrazione di un condominio e di uno stabile a reddito divergono parecchio. Anche dal profilo giuridico si applicano disposizioni ben diverse. Non necessariamente un buon amministratore condominiale amministra altrettanto bene uno stabile a reddito e viceversa.<br />Prudenza va poi prestata nell’attribuzione di un mandato di gestione condominiale ad un amministratore legato al promotore e costruttore del condominio che poi vende gli appartamenti. Può capitare che detto legame possa rendere meno determinato l’amministratore nel fare valere dei diritti dei condomini in presenza di difetti. Un amministratore vicino ai suoi mandanti e non magari “sospettato” di avere legami troppo stretti con il promotore può favorire l’instaurarsi di un clima di fiducia e armonia fra i condomini.<br />Potrebbe essere utile verificare questo aspetto ancor prima di avere comperato, quanto meno per limitare le sorprese<br /><br />Riassumendo, si consiglia di:<br /><br />stipulare un contratto solo per iscritto;<br />se il mandato è a titolo oneroso, scegliere solo persone iscritte nell’albo dei fiduciari immobiliari (consultabile al sito<span> </span><a href="http://www4.ti.ch/di/dg/fiduciari/albo-online">http://www4.ti.ch/di/dg/fiduciari/albo-online</a><span> </span>);<br />chiarire bene l’onorario, il modo di calcolare le spese e il contenuto della prestazione che il mandatario è tenuto contrattualmente a svolgere;<br />prestare attenzione alla durata del contratto;<br />per il contratto di mediazione chiarire se il contratto è a titolo esclusivo o meno e l’entità della provvigione;<br />rivolgersi di preferenza a persone di provata esperienza e preparazione.</p> <p><br /><strong><em>RG</em></strong></p> </div> </div> </div> </div> </div> </div> </div> </div> </div> </div>
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01 gennaio 2012
<div id="ja-container" class="wrap ja-mf"> <div class="main clearfix"> <div id="ja-mainbody"> <div id="ja-main"> <div class="inner clearfix"> <div id="ja-contentwrap" class="clearfix "> <div id="ja-content" class="column"> <div id="ja-current-content" class="column"> <div id="ja-content-main" class="ja-content-main clearfix"> <div class="item-page"> <p><strong>Risposte in breve</strong></p> <p><strong>Proprietà per piani</strong></p> <p><strong>Come procedere per fare indire un’assemblea straordinaria o chiedere che all’assemblea venga esaminata una determinata questione.</strong></p> <p>Spesso i condomini vorrebbero che all’assemblea venissero discusse determinate questioni che però poi non vengono messe all’ordine del giorno, oppure ritengono che l’assemblea ordinaria avrà luogo solo dopo un lasso di tempo eccessivamente lungo, mentre loro vorrebbero che la discussione avesse luogo prima. Ecco i principi applicabili.</p> <p>Incombe all’amministratore di stabilire la data e l’ordine del giorno dell’assemblea. Restano riservate eventuali regolamentazioni particolari contenute segnatamente nel regolamento o decise dall’assemblea. E’ così ad esempio ipotizzabile che prima d’inviare la convocazione ai condomini, egli debba interpellare il comitato, se esistente.</p> <p>La legge non si esprime espressamente sulla frequenza delle assemblee. Dato però che l’art. 712m CC prevede che i conti e il preventivo debbano essere approvati annualmente, se ne deduce che l’assemblea debba tenersi almeno una volta all’anno. Tale frequenza è nella pratica quella usuale. L’amministratore è libero di indire anche assemblee supplementari, se le ritenesse utili, sia perché vi ha pensato di propria iniziativa, sia invece su segnalazione di uno o più condomini. <br />L’amministratore gode di un’ampia libertà sia in merito alla convocazione dell’assemblea, sia sui contenuti delle questione che verranno discusse e decise. I condomini non hanno invece garanzie di vedere convocata l’assemblea come da loro desiderio.</p> <p>Affinché possa essere richiesto che venga indetta un’assemblea straordinaria è necessario che la domanda venga formulata per iscritto da almeno 1/5 dei condomini. Per regolamento o decisione assembleare tale quota può essere alleggerita (ad es. 1/6, ma non appesantita, ad es. ¼). <br />Se non esiste un amministratore, ogni condomino può indire <span>autonomamente</span>un’assemblea. <br />Se invece l’amministratore esiste ma non dà seguito alla richiesta dei condomini, allora questi non possono indire autonomamente l’assemblea ma devono invece rivolgersi al Giudice; lo stesso può essere adito anche solo da un singolo condomino e non è necessario che venga promossa da tutti coloro che prima avevano formulato la richiesta all’amministratore. Per evitare che i condomini debbano rivolgersi al Giudice il regolamento potrebbe anche prevedere un’altra soluzione: ad esempio che in tal caso l’assemblea possa essere indetta dal comitato, o da uno o più condomini.</p> <p>Si pone poi la domanda a sapere, chi possa intervenire sulle trattande da mettere all’ordine del giorno. E’ indubbio che tale compito incombe in primo luogo all’amministratore, eventualmente dopo consulto col comitato. Ma che ne è delle richieste formulate dai singoli condomini? La dottrina si divide sulla questione; per parte degli autori è necessario che la richiesta di inserimento di una determinata trattanda nell’ordine del giorno sia sottoscritta da almeno 1/5 dei condomini, rispettivamente della stessa quota prevista per chiedere che venga indetta un’assemblea straordinaria; per altri autori il diritto spetterebbe invece ad ogni singolo condomino. Per limitare i rischi noi consigliamo senz’altro la prima variante.</p> <p>E’ poi opportuno che la richiesta venga formulata per iscritto e con un preavviso adeguato. Non è quindi possibile arrivare in assemblea e pretendere che l’ordine del giorno venga modificato per inserire una trattanda che prima non figurava.</p> <p>Le decisioni possono essere validamente adottate, solo se vertono su questioni che figurano all’ordine del giorno. Questo per permettere alle parti di potersi informare e preparare in vista della discussione. <br />Eccezionalmente, i condomini possono decidere sulla questione richiesta da singoli condomini solo al momento dell’assemblea, se preliminarmente gli stessi hanno chiesto la completazione dell’ordine del giorno e tale richiesta è stata accolta all’unanimità dei condomini, che devono quindi essere tutti presenti alla riunione. Una volta che l’unanimità avesse deciso di accettare la modifica dell’ordine del giorno, la decisione sulla questione trattandata richiederebbe poi la maggioranza tipica per quel tipo di oggetto: maggioranza semplice, qualificata o unanimità a dipendenza della questione sulla quale votare (per maggiori informazioni si rimanda a Economia Fondiaria 5/11 pag. 10).</p> <p>In caso di decisioni adottate nell’ambito di un’assemblea convocata in modo sbagliato, a dipendenza dell’errore la decisione può essere annullabile (se non si adisce il Giudice entro 30 giorni il vizio è sanato), o nulla a tutti gli effetti (anche se non si adisce il Giudice). Ecco i casi principali secondo Wermelinger:</p> <p><span>Decisioni annullabili</span>:</p> <ul> <li>se la convocazione all’assemblea è stata inviata tardivamente;</li> <li>se la lista delle trattande è incompleta</li> <li>se la convocazione non menziona il luogo o la data dell’assemblea (ritenuto che nel limite del possibile i condomini dovrebbero informarsi dall’amministratore)</li> </ul> <p><span>Decisioni nulle</span>:</p> <ul> <li>se la convocazione non è stata inviata a dei condomini</li> <li>se un’assemblea che non è stata preceduta da una convocazione, si svolge, senza che tutti i condomini siano presenti,</li> <li>se l’assemblea è convocata da una persona che non ha tale competenza.</li> </ul> <p><em><span>Per maggiori informazioni cfr.:</span></em></p> <ul> <li><em>Monika Sommer, Stockwerkeigentum, Hev-Schweiz Zürich 2002, pag. 121 segg.</em></li> <li><em>Amédéo Wermelinger, Das Stockerkeigentum, Zürcher Kommentar, Schulthess 2010, art. 712n, note 55-88</em></li> <li><em>Meier-Hayoz/Rey, Das Stockwerkeigentum, Berner Kommentar, Verlag Stämpfli & Cie AG Bern 1988, art. 712n note 6-26.</em></li> </ul> </div> </div> </div> </div> </div> </div> </div> </div> </div> </div> <div id="ja-navhelper" class="wrap "></div>
Leggi tutto02 settembre 2011
<p><em>A cura della</em><em><span> </span>Segretaria Cantonale Avv. Renata Galfetti</em></p> <p><strong>Quando si esercita il voto</strong></p> <p>L’assemblea dei condomini è l’organo supremo del condominio che adotta tutte le decisioni importanti, fra le quali quelle previste all’art.712m CC.<br />Sebbene l’assemblea costituisca il modo privilegiato per l’adozione delle decisioni condominiali, sono però anche ammesse le decisioni per via circolatoria: tutti i condomini sono chiamati a esercitare il loro voto per iscritto. In tal caso la decisione sarà però valida solo se adottata all’unanimità dai condomini. Questa condizione rende difficile l’adozione delle decisioni per iscritto, che la legge peraltro non incoraggia, perché non favorisce una discussione completa fra i condomini. La decisione per via circolatoria può però giustificarsi in casi urgenti che richiedono una decisione in tempi molto veloci.<br />Eccezionalmente, ma solo se il regolamento del condominio prevedesse tale possibilità, è ammesso il voto in via circolatoria senza che l’adozione della decisione richieda l’unanimità.</p> <table border="1" cellspacing="0" cellpadding="3"> <tbody> <tr> <td> <p><strong>Art. 712<em>m</em></strong><br /><br />D. Ordinamento</p> <p>I. Assemblea dei comproprietari<br />1. Competenza e stato giuridico</p> <p><a id="1" name="1"></a><span>1</span> Oltre le competenze menzionate in altre disposizioni, spetta all’assemblea dei comproprietari:<br />1. decidere in tutti gli affari amministrativi che non competono all’amministratore;<br />2. nominare l’amministratore e vegliare sulla sua opera;<br />3. nominare un comitato o un delegato con compiti amministrativi, come quelli di consigliare l’amministratore, esaminarne la gestione e fare rapporto e proposte all’assemblea a questo riguardo;<br />4. approvare ogni anno il preventivo, il resoconto e la ripartizione delle spese fra i comproprietari;<br />5. decidere la costituzione di un fondo di rinnovazione per i lavori di manutenzione e di rinnovazione;<br />6. assicurare l’edificio contro il fuoco ed altri pericoli, stipulare le assicurazioni usuali di responsabilità civile e obbligare il comproprietario che abbia fatto delle spese straordinarie per sistemare i suoi locali, a pagare una parte del premio aggiuntivo, se non ha stipulato per suo conto un’assicurazione completiva.<br /><a id="2" name="2"></a><span>2</span> Ove la legge non disponga altrimenti, all’assemblea e al comitato sono applicabili le norme sull’associazione concernenti gli organi e la contestazione delle risoluzioni sociali.</p> </td> </tr> </tbody> </table> <p>L’assemblea debitamente convocata può svolgersi regolarmente solo se è raggiunto il <strong>quorum necessario</strong>. Qualora non fosse raggiunto, sarebbe necessario convocare una seconda assemblea, che potrebbe tenersi al più presto 10 giorni dopo la prima (art. 712p CC).</p> <p>I quorum necessari affinché l’assemblea possa validamente deliberare sono i seguenti:</p> <ul> <li>Di regola (salvo clausola diversa nel regolamento) è necessario l’intervento o la rappresentanza della metà dei condomini ma di almeno due, che rappresentino nel contempo almeno la metà dei millesimi;</li> <li>Se per mancato raggiungimento del quorum si deve procedere ad una seconda assemblea, per la stessa è necessario l’intervento o la rappresentanza di un terzo dei condomini, ma di almeno due (art. 712p CC).</li> </ul> <p><strong>Come si esercita il diritto di voto</strong></p> <p>La legge prevede, a titolo dispositivo, che il diritto di voto si eserciti di regola in funzione delle “teste” dei condomini presenti all’assemblea. Normalmente fa quindi stato la maggioranza dei condomini presenti all’assemblea. In caso di decisioni più importanti, è richiesta una maggioranza qualificata, ossia la maggioranza delle teste che rappresenti nel contempo almeno 501o/oo. In casi eccezionali è richiesta l’unanimità, ossia l’adesione di tutti i condomini (non solo di quelli presenti all’assemblea). Per esempi circa il tipo di maggioranza richiesto si veda il riquadro a pag. 14.<br />Trattandosi di norme di diritto dispositivo, i condomini potrebbero anche prevedere per regolamento altre regole per l’esercizio del diritto di voto; ad esempio che non facciano stato le teste ma i millesimi, o che se un condomino abbia più appartamenti possa esercitare un voto per ogni appartamento o che sia richiesta sempre la maggioranza qualificata anche laddove quella semplice sarebbe sufficiente ecc. <br />Un condomino informato deve quindi consultare il suo regolamento.</p> <p><strong>Chi può esercitare il diritto di voto</strong></p> <p>Normalmente ogni condomino conta come una testa e ha un solo voto, indipendentemente dal numero delle quote di cui è proprietario. Se un privato è proprietario da solo di un appartamento, ne possiede nel contempo un altro in comproprietà con la moglie, la quale a sua volta ne possiede un terzo da sola, di fatto potranno esercitare tre voti: uno solo il marito, uno insieme come coniugi, uno solo la moglie.</p> <p>Cosa succede se una quota appartiene a più persone, quali coniugi, comproprietari, comunioni ereditarie, soci ecc.?</p> <p>Indipendentemente dal fatto che la quota appartenga a una sola persona (fisica o morale), piuttosto che ad una pluralità di persone, formanti una comproprietà o una comunione ereditaria, il o “i” proprietario /i della quota dispongono complessivamente di un solo voto. Internamente alla singola comproprietà, le decisioni andrebbero prese in base agli art. 647a segg. e 648 CC. Internamente ad una comunione ereditaria la decisione andrebbe invece presa conformemente all’art. 653 cpv. 2 CC (unanimità salvo altre disposizioni).</p> <p>In vista dell’assemblea gli eredi, i soci, o i coniugi dovrebbero designare un loro rappresentante. Per limitare il rischio di situazioni sgradevoli derivanti dal fatto che il voto espresso da un solo membro della comunità non sia condiviso e rappresentativo degli altri, si consiglia di chiarire nel regolamento condominiale, l’obbligo di comparire in assemblea condominiale con un’apposita delega della comproprietà/comunione ereditaria.</p> <p>Cosa succede se all’assemblea fossero presenti diversi comproprietari di una quota che non riuscissero a trovare una posizione comune? In tal caso la quota non potrebbe votare e conterebbe come un astenuto. Se invece non ci fosse simile clausola, un eventuale voto espresso senza l’accordo dei colleghi sarebbe inefficace, contando anche in questo caso di fatto come un astenuto.</p> <p>Nella dottrina si precisa giustamente che spesso il voto viene espresso anche a dipendenza dell’andamento della discussione e che quindi se c’è un rapporto interno, questo può essere un po’ oneroso: se non c’è un rappresentante che decide per tutti, formalmente i comproprietari (o gli eredi) dovrebbero decidere al loro interno, ma in tempi brevissimi per non ostacolare l’andamento dell’assemblea generale.</p> <p><span>In caso di usufrutto o di diritto di</span> abitazione il voto è esercitato da colui che il proprietario o il beneficiario del diritto hanno designato. In assenza di accordo sarebbe logico che il voto venisse esercitato dall’uno o dall’altro a dipendenza dell’oggetto in discussione.</p> <p><strong>Deleghe</strong></p> <p>Dato che le prescrizioni sul condominio non obbligano i condomini alla partecipazione personale all’assemblea, gli stessi sono liberi di conferire una delega a un terzo perché li rappresenti all’assemblea. Il terzo potrà essere un parente, un amico o conoscente o anche l’amministratore. <br />Parimenti per facilitare i rapporti in caso di pluralità di persone proprietarie di una quota (come visto sopra), sarebbe utile che le stesse conferiscano una delega ad una persona chiamata ad agire come loro portavoce o rappresentante.</p> <p>La legge non impone alcuna forma per la delega. Si consiglia nondimeno di stabilire nel regolamento che la delega necessiti della forma scritta e il numero massimo di deleghe che possono essere cumulate nelle stesse mani (per evitare che una persona raggruppi su di sé troppe deleghe che di fatto lo renderebbero quasi imbattibile). Sarebbe anche utile indicare il possibile destinatario della delega (solo condomini, parenti, amministratore, o anche esterni?). La delega può inoltre essere data solo per singole o per tutte le trattande all’ordine del giorno. Parimenti potrebbe essere previsto che venga data solo per la imminente assemblea o invece molto più genericamente, per le assemblee future salvo contrordine o comparsa personale. Quest’ultima sarebbe comunque da sconsigliare, salvo una situazione molto particolare (ad esempio: un anziano condomino che abitasse all’estero e che venisse solo molto raramente in svizzera e che volesse invece delegare il figlio, anch’egli condomino....).</p> <p><strong>Astensione dal voto per conflitto d’interessi</strong></p> <p>Spesso ci si interroga sull’obbligo di astenersi dal voto in questioni che concernono direttamente singoli condomini. <br />Il Tribunale Federale ha avuto modo di esprimersi al riguardo in una recente decisione (STF 134 III 481). L’alta corte ha chiarito che occorre distinguere fra atti di amministrazione interna e interessi privati ai sensi dell’art. 68 CC. Costituendo l’amministratore (come anche il comitato) un organo, la sua elezione rientra negli atti di amministrazione interna che autorizzano lo stesso candidato a votare per la propria persona. <br />Nella categoria “interessi personali” che comportano l’esclusione dal voto, rientrano invece segnatamente le prestazioni contrattuali e la nomina ad una funzione subalterna. Un condomino candidato alla carica di amministratore può così validamente votare per la sua elezione ad amministratore ma deve invece astenersi dal voto riguardante il suo mansionario e il suo onorario, perché queste costituiscono delle prestazioni contrattuali. Dovrà pure escludersi dal voto nel caso lui o persona a lui vicina si candidasse al posto di custode. Più in generale il condomino deve astenersi in tutte le questioni contrattuali che lo vedono coinvolto, come ad esempio per la delibera di lavori di risanamento all’immobile per i quali ha inoltrato un’offerta, per lo scarico dei conti presentati in qualità di amministratore, per gli onorari o le indennità previsti per mansioni che lo concernono.</p> <p><strong>Che succede se non si astiene</strong></p> <p>Il suo voto è inefficace. Se però il condominio non fosse a conoscenza del motivo di astensione e il suo voto fosse stato decisivo, allora la decisione sarebbe annullabile.</p> <table border="1" cellspacing="0" cellpadding="3"> <tbody> <tr> <td> <p><strong>Le maggioranze</strong></p> <p>A dipendenza del contenuto della decisione da adottare, sono richieste delle maggioranze diverse, ossia la maggioranza semplice, quella qualificata o l’unanimità. Ecco le definizioni e i casi d’applicazione più frequenti (riservate clausole diverse nel regolamento condominiale):</p> <p>La <strong>maggioranza semplice,</strong> è la maggioranza “normale”; si applica sempre quando non è prevista una maggioranza particolare. E’ richiesta segnatamente per le seguenti decisioni:</p> <ul> <li>la nomina o la revoca dell’amministratore</li> <li>l’approvazione dei conti</li> <li>la stipulazione dei contratti assicurativi</li> <li>la costituzione di un fondo di rinnovamento</li> <li>per l’esecuzione di lavori di manutenzione, di riparazione o di rinnovamento necessari (art. 647c CC)</li> </ul> <p>La <strong>maggioranza qualificata</strong> è prevista dalla legge per decisioni più importanti o con importanti conseguenze finanziarie, in particolare nei seguenti casi:</p> <ul> <li>per l’esecuzione di lavori di rinnovamento e di trasformazione diretti ad aumentare il valore della cosa oppure a migliorarne il rendimento e l’idoneità all’uso (art. 647d CC);</li> <li>per gli atti di amministrazione importanti, in particolare per i cambiamenti di cultura o d’utilizzazione, per la stipulazione o la scioglimento di contratti di locazione, per la partecipazione al miglioramento del suolo e per la nomina di un amministratore con facoltà eccedenti l’ordinaria amministrazione (art. 647b CC);</li> <li>per l’adozione o la modifica del regolamento condominiale.</li> </ul> <p>La <strong>decisione dell’unanimità</strong> è richiesta in particolare per:</p> <ul> <li>lavori di costruzione diretti esclusivamente all’abbellimento e alla comodità della cosa (art. 647e CC);</li> <li>per modificare la competenza a fare atti d’amministrazione e lavori di costruzione (art. 712g cpv. 2)</li> <li>per la modifica delle prescrizioni legali relative all’adozione delle decisioni in via scritta</li> <li>il cambiamento di destinazione da parte comune a diritto esclusivo o viceversa (art. 712b cpv. 3 CC)</li> <li>la modifica di tutte le quote condominiali;</li> <li>l’alienazione dell’immobile, per imporlo di aggravi o per cambiarne la destinazione (art. 648 cpv. 2 CC);</li> <li>per modificare la regolamentazione sull’esclusione di un condomino (che prevede la maggioranza dei condomini ad eccezione di colui che si vuole escludere: art. 649b cpv. 2 CC);</li> <li>lo scioglimento della proprietà per piani.</li> </ul> </td> </tr> </tbody> </table> <p> </p> <p><strong><em>Avv. Renata Galfetti</em></strong></p>
Leggi tutto01 settembre 2011
<p class="sottotitolo"><strong>Risposte veloci a domande ricorrenti</strong></p> <p><strong>A carico di chi sono le spese giudiziarie per le procedure di contestazione delle</strong><strong> decisioni condominiali?</strong></p> <p>Le contestazioni di risoluzioni assembleari presso il giudice così come altre controversie dovute ad esempio a divergenze circa la responsabilità di un determinato intervento di manutenzione (si rompe una canalizzazione e si tratta di determinare se si tratti di parte comune o di diritto esclusivo, a carico quindi della comunione dei condomini o invece del singolo condomino) comportano delle spese di una certa importanza: spese peritali, tasse e spese di giustizio, spese legali.<br />Se la vertenza sfocia in un contenzioso giuridico, la questione dell’addebito delle spese trova una prima risposta nella decisione del giudice che attribuisce alle parti le spese giudiziarie e le ripetibili ossia le indennità per l’avvocato, in funzione della relativa soccombenza.</p> <p>L’esito della procedura può essere integralmente a favore del condominio (ciò che comporterà delle spese ingenti per il condomino che ha perso la vertenza), integralmente a favore del singolo o di alcuni condomini (che vanteranno quindi un credito nei confronti del condominio), o parzialmente a favore del condominio e parzialmente a favore del o di alcuni condomini.</p> <p>Si pone quindi la domanda se nel rapporto interno - di condomino e membro della comunione dei condomini –il singolo che ha vinto la causa che si è visto costretto ad intentare, e che ha quindi un credito nei confronti del condominio, debba partecipare alle spese legali e giudiziarie come tutti gli altri condomini o se sia invece esentato.</p> <p>La risposta è affermativa.</p> <p>L’art. 712h CC prevede che i comproprietari debbano contribuire agli oneri comuni e alle spese dell’amministrazione comune proporzionalmente al valore delle loro quote. L’unica eccezione al principio è prevista al capoverso 3 dello stesso articolo, il quale prescrive che “Se si tratta di parti dell’edificio, di opere o d’impianti che non servono o servono minimamente a taluni comproprietari, ne deve essere tenuto conto nella ripartizione delle spese”. Dottrina e giurisprudenza hanno nel frattempo chiarito la questione escludendo l’applicazione del capoverso 3 alle spese giudiziarie e peritali. Ciò per diversi motivi fra i quali:</p> <ul> <li>Sia le spese peritali che quelle giudiziarie rientrano nelle spese di amministrazione che conformemente ai capoversi 1 e 2 dell’art. 712h CC sono a carico di tutti. Il cpv. 3 si applica invece esclusivamente per parti d’edificio, opere o impianti che non servono a taluni comproprietari;</li> <li>Come argomento pratico, non si giustificherebbe di esonerare solo colui che ha effettivamente adito il giudice, ad esclusione degli altri condomini che hanno votato contro la decisione ma che hanno comunque rinunciato ad adire le vie legali;</li> <li>Il singolo condomino, quand’anche, e a giusta ragione di avviso diverso, rimane comunque membro di una comunità di persone e deve di conseguenza assumesi le spese connesse con l’attività della comunità dei condomini.</li> </ul> <p> </p> <table border="0" cellspacing="0" cellpadding="0" style="width: 253px;"> <tbody> <tr> <td class="testo_non_giust" width="251" style="width: 253px;"> <p style="text-align: left;" align="right"><strong><em>Avv. Renata Galfetti</em></strong></p> </td> </tr> </tbody> </table>
Leggi tutto01 gennaio 2011
<p><strong>DETERMINAZIONE E MODIFICAZIONE DELLE QUOTE DI VALORE NELLA PPP</strong><br />(STF 127 III 142 e 128 III 260)</p> <p><em>Pubblichiamo di seguito l’articolo già apparso sul numero di EF 1/04 che mantiene integralmente la sua validità</em></p> <p>Due “casi ticinesi” hanno fornito al Tribunale federale l’occasione di rendere e pubblicare (nel 2001 e nel 2002) due sentenze importanti in materia di proprietà per piani (PPP).<br />Di seguito verranno riassunti alcuni aspetti significativi di quelle sentenze.</p> <p>L’art. 712e cpv 1 CC prescrive che la determinazione dei piani o delle porzioni di piano e l’indicazione in centesimi o in millesimi del valore dei piani o delle porzioni di piano come quota del valore dell’immobile sono gli elementi essenziali e indispensabili per la costituzione della proprietà per piani.</p> <p>L’art. 33b cpv 1 del Regolamento per il registro fondiario prescrive le modalità di determinazione dei piani o delle porzioni di piano. Precisamente, dispone che l’atto costitutivo deve indicare con chiarezza e precisione la descrizione, la determinazione e la composizione delle unità di piano.<br />Se ciò non avviene o non è possibile, si deve far capo al cosiddetto piano di ripartizione (art. 33b cpv 2. del citato Regolamento). Il piano di ripartizione va sempre allestito e prodotto all’Ufficio dei registri quanto è richiesta l’intavolazione di una proprietà per piani prima della costruzione dell’edificio condominiale (art. 33c cpv 1 del citato Regolamento).<br />L’allestimento del piano di ripartizione è sempre consigliabile.</p> <p>Il legislatore non ha invece emanato disposizioni per disciplinare le modalità di calcolo delle quote di valore.<br />Pertanto, i comproprietari o il proprietario costituenti la PPP sono liberi di determinare la quota di valore di ognuna delle unità che formano il condominio.<br />A seconda dei criteri scelti le quote di valore possono venir determinate in base a fattori oggettivi (ad es. l’estensione delle superfici in uso esclusivo, la destinazione d’uso dell’unità) e/o soggettivi (ad es. la vista, gli accessi, le immissioni, l’esposizione al sole).<br />Libertà di determinazione della quota di valore dell’unità di PPP non significa che “si può fare quello che si vuole”.<br />Nella pratica sono stati elaborati modelli per la determinazione delle quote di valore. Il giurista non può che consigliare di fare capo a specialisti del settore (geometri revisori, architetti, ingegneri) che sapranno consigliare chi intende costituire un condominio e proporre la soluzione adeguata per ogni singolo caso.</p> <p>Una volta determinate, le quote di valore sono definitive, immutabili ?</p> <p>L’art. 712e cpv 2 CC conferisce ad ogni condomino la facoltà di domandare la rettificazione della sua quota, se sia stata determinata erroneamente o sia divenuta inesatta per le mutate condizioni dell’edificio o delle sue adiacenze. Lo stesso principio (così ha deciso il Tribunale Federale) si applica per modificare–una volta ultimati i lavori di costruzione - le quote di valore ai fini dell’accatastamento definitivo della proprietà per piani costituita e iscritta nel registro fondiario prima dell’esecuzione dei lavori edificatori.</p> <p>La modificazione delle quote di valore richiede per la sua validità il consenso di tutti gli interessati diretti. L’accodo deve venir stipulato mediante pubblico istromento. <br />Per interessati diretti, si devono intendere in primo luogo i proprietari di unità di PPP le cui quote sono toccate dalla modificazione, cioè subiscono un aumento o una diminuzione di valore. Si devono intendere anche i detentori di pegni immobiliari che gravano le unità di PPP interessate dalla modificazione delle quote di valore nel senso appena indicato. La modificazione delle quote concordata dagli interessati potrà venir perfezionata con l’iscrizione nel registro fondiario solo se sarà stata approvata dall’assemblea dei comproprietari che dovrà decidere a maggioranza semplice.</p> <p>Alcuni autori sostengono che, mediante regolamento condominiale approvato dall’universalità dei condomini, è possibile togliere preventivamente poteri decisionali in merito all’assemblea condominiale. Così facendo, la modificazione delle quote di valore dipenderà esclusivamente dall’accordo degli interessati diretti.</p> <p>Il Tribunale federale, confermando una sentenza del nostro Tribunale di Appello, ha deciso che interessati alla procedura di modifica delle quote di valore sono anche i creditori pignoratizi delle unità di PPP le cui quote di valore sono destinate ad aumentare e non solo quelli che detengono pegni gravanti unità di PPP le cui quote di valore sono destinate a diminuire.</p> <p>Se le parti interessate non riescono ad accordarsi ed a raccogliere il consenso dell’assemblea, il comproprietario che persiste nella domanda di rettificazione della quota di valore della sua unità condominiale, può agire in giudizio.</p> <p>L’azione presenta difficoltà di non poco conto. Intanto, si arrischia di dover convenire in giudizio molte contro-parti (condomini, banche creditrici ipotecarie). Anche l’onere di prova imposto all’attore è tale da ridurre considerevolmente e già sul nascere le probabilità di esito favorevole della lite.<br />In effetti, l’attore dovrà dimostrare in primo luogo quale fu il criterio di valutazione che a suo tempo venne adottato per determinare la o le quota/e di valore contestata/e. Trattasi di fatti e circostanze che l’attore di regola non conosce e nemmeno può ricostruire a posteriori. Inoltre, dovrà dimostrare che quel criterio venne applicato inavvertitamente in modo inesatto o si fonda su uno sbaglio.</p> <p>Trattandosi di rettificare le quote di valore di unità condominiali intavolate nel registro fondiario prima della costruzione dell’edificio condominale, non sarà sufficiente dimostrare che l’edificio non è stato costruito come indicato graficamente nel piano di ripartizione “provvisorio” depositato presso l’Ufficio dei registri.<br />Anche in questa ipotesi, per postulare con successo la rettifica delle quote di valore, si dovranno dimostrare quali furono i criteri adottati all’origine per determinare le quote di valore contestate. Secondo il Tribunale federale, la conoscenza preventiva di quei criteri è importante sia per decidere se debba aver luogo una modifica delle quote di valore e, in caso affermativo, in quel misura. Accertato che, in corso d’opera, si è costruito in modo difforme rispetto a quanto previsto dal piano di ripartizione, l’attore dovrà anche dimostrare che quelle modifiche, sulla base dei criteri di calcolo originali, impongono una nuova ripartizione delle quote di valore.</p> <p>Con questa giurisprudenza il Tribunale Federale ha limitato considerevolmente la possibilità di chiedere in giudizio la modifica delle quote di valore. Ciò, nell’intento di consolidare il contenuto della posizione giuridica acquisita con l’acquisto dell’unità condominiale</p> <p> </p> <table border="0" cellspacing="0" cellpadding="0" style="width: 253px;"> <tbody> <tr> <td class="testo_non_giust" width="251" style="width: 253px;"> <p style="text-align: left;" align="right"><strong><em>Avv. Flavio Gemetti</em></strong></p> </td> </tr> </tbody> </table>
Leggi tutto02 settembre 2010
<p><strong>La riunione di due appartamenti condominiali</strong></p> <p>Frequentemente viene posta al Segretariato CATEF oppure agli amministratori condominiali la domanda relativa alla possibilità di unire due appartamenti contigui nell’ambito di una proprietà per piani. In un ultimo caso il socio ha indicato la sua intenzione di trasformare due appartamenti originariamente divisi in una sola entità, demolendo un muro portante e divisorio nonché eliminando la porta di entrata del secondo appartamento.<br />Il socio rammenta aggiuntivamente che il suo regolamento condominiale affronta marginalmente il problema, anche se lo stesso vieta opere all’interno degli appartamenti che possano compromettere la stabilità dell’edificio e impone per qualunque trasformazione interna l’obbligo per ogni condomino di informare l’amministrazione condominiale e di munirsi della relativa licenza edilizia. Prima di scendere nei dettagli esposti dal socio, occorre preliminarmente rammentare che una proprietà per piani è costituita con l’iscrizione a Registro fondiario di un atto costitutivo ove sono indicate le proprietà esclusive, le parti comuni dell’edificio e le eventuali superfici assegnate in diritto d’uso esclusivo ai comproprietari (soprattutto per giardini, terrazze, posteggi e cantine).<br />Nell’atto costitutivo si può quindi rilevare le singole comproprietà specificatamente acquistate dai condomini, che sono ripartite in quote della proprietà per piani (computate normalmente in millesimi). Conseguentemente, se l’intenzione di un condomino è di riunire due appartamenti e quindi due quote della proprietà per piani, occorre modificare l’atto costitutivo e il relativo regolamento, sul presupposto però che i diritti dei terzi non vengano modificati dall’unione dei due appartamenti e dalla chiusura della porta di accesso del secondo appartamento.<br />Proceduralmente, occorre chiedere ad un tecnico qualificato di allestire il piano di mutazione riportante la nuova situazione e quindi la nuova tabella millesimale per la suddivisione delle spese condominiali, che andranno preliminarmente approvate dall’assemblea condominiale con la doppia maggioranza dei millesimi e dei comproprietari (salvo che il regolamento condominiale non preveda altrimenti).<br />L’assemblea condominiale dovrà altresì autorizzare il socio ad eseguire i lavori di riunione effettiva dei due appartamenti, che costituiranno dunque una sola quota della proprietà per piani. A questo punto intravvedo però una grossa difficoltà se il socio intende demolire addirittura un muro portante del condominio, in quanto il regolamento non consentirebbe tale operazione e anche perché l’art. 712b del Codice civile svizzero stabilisce che non possano essere oggetto di diritto esclusivo le parti della costruzione che sono rilevanti per l’esistenza, la membratura e la solidità dell’edificio.<br />Pertanto, dubito fortemente che tale demolizione, ancorché tecnicamente possibile, possa essere autorizzata in quanto una parte assolutamente comune dell’edificio verrebbe a ricadere in un diritto esclusivo. Oltretutto, in tale ipotesi sarebbe addirittura necessario reperire una licenza edilizia proprio per l’incidenza di tale intervento nella struttura esistente. Se invece si trattasse di aprire muri semplicemente divisori, dopo l’autorizzazione dell’assemblea condominiale, la modifica potrebbe essere iscritta a Registro fondiario per il tramite di un atto notarile.<br />Se i due appartamenti fossero infine gravati da ipoteche, occorre ottenere pure il consenso della banca creditrice. Pertanto, anche nella migliore delle ipotesi la situazione non appare propriamente facile e a mio giudizio deve appunto contemplare soltanto parti inessenziali dell’edificio, considerato il limite indicato all’art. 712b del Codice civile svizzero. Alternativamente, all’amministrazione e all’assemblea condominiali potrebbe essere semplicemente chiesta l’autorizzazione ad aprire una porta comunicante in una parete soltanto divisoria fra il primo e il secondo appartamento, lasciando dunque intatti i due appartamenti con le relative porte d’accesso e le rispettive quote di proprietà per piani.</p> <p>In questo caso, premessa sempre l’autorizzazione assembleare, la situazione del condominio a Registro fondiario non muterebbe e sarebbe semplicemente necessaria l’autorizzazione ad eseguire tale lavoro. In conclusione, non appare sicuramente facile procedere a modifiche delle proprietà per piani che coinvolgano le relative quote iscritte a Registro fondiario, senza pensare alle ipotesi ove addirittura simili operazioni coinvolgano parti comuni dell’edificio che, se ammesse dal Codice civile svizzero, comportano ulteriori complicazioni.</p> <p> </p> <table border="0" cellspacing="0" cellpadding="0" style="width: 253px;"> <tbody> <tr> <td class="testo_non_giust" width="251" style="width: 253px;"> <p style="text-align: left;" align="right"><strong><em>Avv. Dr. Gianmaria Mosca</em></strong></p> </td> </tr> </tbody> </table> <p> </p>
Leggi tutto01 marzo 2010
<p><strong>Proprietà per piani</strong><br /><strong>Il revisore nell’ambito condominiale</strong></p> <p>Ogni comproprietario di una PPP ha un imminente interesse a che il preventivo, il resoconto e la ripartizione delle spese condominiali siano allestiti correttamente. Sebbene spetti all’assemblea dei comproprietari di controllare ed approvare i relativi conti e di vegliare sulla gestione dell’amministratore (art. 712m cpv. 1 CC), si consiglia - soprattutto in casi di condomini composti da numerosi appartamenti e con una contabilità spesso complicata - di nominare un revisore che verifichi l’operato di contabilità dell’amministratore.</p> <p><strong>È obbligatorio avere un revisore?</strong><br />Nell’ambito condominiale, la legge non stabilisce l’obbligo di nominare un revisore, infatti non fa nemmeno riferimento ad un tale organo. Quando il condominio raggiunge però grandi dimensioni, la contabilità si rivela soventemente complessa. È dunque opportuno nominare un revisore che possa controllare l’attività contabile dell’amministratore e stilare un rapporto affinché i singoli comproprietari dispongano delle basi per approvare i conti e la ripartizione delle spese condominiali.</p> <p><strong>Persona e qualifiche del revisore</strong><br />Il revisore può - ma non deve - appartenere alla comunione dei comproprietari. Una persona esterna potrebbe probabilmente garantire maggiore oggettività e indipendenza. Il mandato può essere affidato ad una persona o a più persone fisiche o giuridiche. Il compito della revisione dei conti può essere affidato anche al comitato o ad un delegato, se ciò è previsto dal regolamento.</p> <p>Naturalmente non è possibile nominare quale revisore la persona che è già amministratore, visto che nessuno può essere la propria autorità di sorveglianza. Nel caso in cui un revisore non sia designato, laddove esista, può fungere da ufficio di revisione anche il comitato. È comunque preferibile nominare un revisore che non faccia parte del comitato, per evitare che quest’ultimo si trovi nella condizione di dover procedere al controllo di spese, investimenti o esborsi da lui proposti.</p> <p>Il revisore dovrebbe disporre delle competenze specifiche necessarie, ossia intendersi sia della contabilità semplice, che di quella a partita doppia. Onde garantire una certa continuità nel controllo dei conti, si può designare un sostituto che accompagna il revisore attuale senza giocare ancora un ruolo attivo nei controlli.</p> <p><strong>Inizio e fine del mandato</strong><br />Per la decisione di incaricare un revisore è sufficiente la maggioranza semplice, salvo disposizioni regolamentari diverse. Se l’assemblea non si accorda sulla nomina di un revisore, il singolo comproprietario non può chiedere al giudice di nominarne uno, come invece è previsto per la nomina dell’amministratore (art. 712q cpv. 1 CC). Il condominio rimarrà semplicemente senza revisore.</p> <p>Una volta designato il revisore, si procede alla stipulazione del contratto di revisione nel quale i compiti, la remunerazione, l’eventuale obbligo alla segretezza, la responsabilità ecc. saranno meglio definiti.</p> <p>Il regolamento può stabilire a chi spetta la competenza di firmare il contratto in nome della comunione. Nel caso il regolamento non lo prevedesse, trattandosi di ordinaria amministrazione, la competenza di firma spetterebbe all’amministratore. Per evitare possibili conflitti di interesse, è comunque preferibile non attribuire questa competenza all’amministratore.</p> <p>Visto che do solito si procede solo una volta all’anno alla revisione dei conti, l’incarico è ben preciso e limitato nel tempo. Perciò, giuridicamente, è possibile affidare il controllo della contabilità di anno in anno a persone diverse o stipulare un contratto pluriennale. Quest’ultima soluzione è comunque preferibile in quanto garantisce una maggiore continuità.</p> <p>Per quanto concerne la fine del mandato di revisione, fanno stato le regole stabilite dal contratto di revisione. Se non si è previsto niente in merito, il mandato può essere revocato o disdetto da entrambe le parti in qualsiasi momento, fatte salve pretese di risarcimento per una revoca o disdetta intempestiva (art. 404 CO).</p> <p><strong>Compiti del revisore</strong><br />I rapporti tra il revisore e la comunione condominiale vengono di solito definiti dal contratto di revisione. Questo può prevedere inoltre se il revisore debba allestire un rapporto scritto e esporre le suo osservazioni personalmente durante l’assemblea dei comproprietari.</p> <p>Il compito del revisore è impegnativo. Egli deve controllare la completezza e correttezza del resoconto annuale come anche del bilancio e del preventivo. Allo scopo, deve poter visionare la documentazione contabile, ossia tutti i giustificativi, estratti conto, dati principali, contratti ecc.</p> <p>In particolare, secondo Monika Sommer (<em>Stockwerkeigentum, p. 164</em>), il revisore deve controllare, se:</p> <p>- eventuali conti accessori sono stati riportati risp. presi in considerazione nel conto principale;<br />- l’iscrizione nei libri contabili è stata effettuata secondo i principi della chiarezza e della veridicità, ossia non sono state effettuate delle iscrizioni lorde/nette;<br />- esiste un piano contabile chiaro;<br />- tutte le entrate e uscite sono state riportate correttamente e completamente e se le spese effettuate erano giustificate;<br />- l’amministratore ha fatto beneficiare ai comproprietari degli sconti e delle riduzioni concessi da fornitori e artigiani;<br />- i giustificativi presentati concernono il condominio in questione;<br />- per tutte le spese esistono i giustificativi;<br />- la delimitazione temporale è stata effettuata correttamente (contabilità transitoria);<br />- l’amministratore ha rispettato le sue competenze finanziarie;<br />- esistono delle decisioni assembleari verbalizzate e adottate con le maggioranze richieste per spese eccedenti la competenza dell’amministratore;<br />- gli ammortamenti sugli immobili e impianti sono stati effettuati correttamente; <br />- i mezzi che figurano sul bilancio esistono realmente (controllo degli estratti conto ecc.);<br />- le entrate e le uscite sono state attribuite correttamente al gruppo di costi in questione; <br />- la chiave di riparto delle spese condominiali tra i comproprietari è stata rispettata;</p> <p>Per garantire un dispendio amministrativo ragionevole, il revisore procede di solito ad un controllo a campione e non visiona tutte le pezze giustificative. In questo senso, il revisore limata in generale il suo controllo annuale alla verifica dei conti principali ed effettua un esame più approfondito di un certo ambito. Quest’ultimo dovrebbe essere cambiato di anno in anno; perciò una revisione continua è quindi di grande importanza.</p> <p>Al termine, il revisore informa l’amministratore su eventuali mancanze scoperte. In caso motiva le sue critiche, propone delle correzioni e lascia all’amministratore l’opportunità di prendere posizione in merito. Se esiste un comitato, è utile coinvolgerlo nel chiarimento.</p> <p>Il revisore informa i comproprietari sui risultati del suo controllo e sulle sue osservazioni - a dipendenza del contratto - sia personalmente durante l’assemblea condominiale, sia allestendo un rapporto di revisione che verrà trasmesso all’indirizzo della comunione dei comproprietari. Nelle sue conclusioni, il revisore dovrebbe proporre ai condomini di approvare o meno il resoconto annuale, il bilancio e il preventivo.</p> <p>Dato che il compito è impegnativo, è fondamentale che il revisore disponga delle necessarie conoscenze. In presenza di un revisore, l’assemblea dei condomini si baserà nella sua decisione di dare o meno lo scarico all’amministratore praticamente sulle conclusioni del revisore.</p> <p>In pratica, oltre alle capacità è pure determinante che il revisore disponga della necessaria indipendenza di giudizio, anche dall’amministratore. In caso contrario non sarebbe più in grado di svolgere adeguatamente il compito assegnato.</p> <p><strong>Costi della revisione</strong><br />I costi della revisione costituiscono delle spese condominiali e sono da dividere tra i comproprietari in base ai millesimi (712h cpv. 1 CC). Una diversa chiave di ripartizione è possibile, ma deve essere prevista dal regolamento o decisa dall’assemblea condominiale con maggioranza semplice.</p> <p><strong>Responsabilità del revisore</strong><br />È consigliabile definirla nel contratto di revisione o nel regolamento. Se la responsabilità non è specificata, si applicano le regole sul mandato (art. 398 CO) che stabiliscono che il mandatario deve eseguire gli affari affidatigli in modo fedele e diligente e che risponde soltanto per il danno che cagiona intenzionalmente o per negligenza alla comunione (art. 398 cpv. 1 CO e art. 321e cpv. 1 CO).</p> <p>Il revisore risponde solo nei confronti della comunione condominiale. Il singolo comproprietario non può avanzare pretese dirette verso il revisore. In caso di lite, solo la comunione condominiale sarebbe legittimata ad avviare una causa, per la quale ci vorrebbe una decisione dell’assemblea presa a maggioranza semplice.</p> <p><strong>Riassunto finale</strong><br />Nell’ambito della proprietà per piani, la legge non stabilisce regole inerenti la revisione dei conti annuali. Perciò, ogni comunione condominiale è libera di prevedere o meno un tale controllo e soprattutto come e da chi dovrebbe essere svolto. Si consiglia nondimeno di provvedere ad un controllo di revisione, soprattutto in condomini di dimensioni medio - grandi.</p> <p>Vista la sua importanza, la revisione va di preferenza affidata solo a persone con conoscenze specifiche nell’ambito della contabilità, perché la decisione assembleare di dare la “décharge” all’amministratore e quindi di rinunciare a qualsiasi pretesa nei suoi confronti, si baserà fondamentalmente sulle conclusioni del revisore.</p> <p><strong><em>lic. iur. Adrian Anderhirsern</em></strong></p> <p><em>Opere consultate:</em><br />o <em>Monika Sommer, Stockwerkeigentum, Hauseigentümerverband Schweiz, </em><em>Winterthur 2002<br /></em>o<em> Marco Piozzini, Il condominio, Ed. </em><em>SVIT, Sezione Ticino, 2. edizione, 2004 </em><br />o<em> Meier-Hayoz/Rey, Berner Kommentar, Das Stockwerkeigentum, Verlag Stämpfli &</em> <em>Cie AG, Bern 1988</em><br />o<em> Amédéo Wermelinger, Das Stockwerkeigentum, SVIT-Kommentare, </em><em>Zürich/Basel/Genf 2004</em></p>
Leggi tutto02 gennaio 2010
<p><strong>Proprietà per piani: Ripartizione delle spese condominiali.</strong></p> <p>Le spese e gli oneri comuni del condominio sono regolati all’art. 712h CC. <br />Ne fanno parte:</p> <p>1. Le spese per la manutenzione ordinaria, le riparazioni e le rinnovazioni delle parti comuni del fondo e dell’edificio, delle opere e impianti comuni;<br />2. le spese d’amministrazione, compresa l’indennità all’amministratore;<br />3. I contributi di diritto pubblico e le imposte dovute collettivamente dai comproprietari;<br />4. gli interessi e gli ammortamenti dovuti ai creditori garantiti da pegno sull’immobile o verso i quali i comproprietari sono solidalmente responsabili.</p> <p>Le spese e gli oneri comuni vanno addebitati ai vari condomini in proporzione alle loro quote (ossia ai millesimi) (art. 712h cpv. 1). Il regolamento condominiale potrebbe però prevedere una chiave di riparto diversa che avrebbe quindi di principio la precedenza sul principio di cui al citato cpv. 1. Sono così ad esempio ipotizzabili delle clausole che prevedono che le spese per il custode o per l’acqua siano addebitate in funzione del numero degli appartamenti o che le spese per il lift si suddividano tenendo anche conto del piano di situazione del singolo appartamento, o ancora, che le spese di pulizia vengano addebitate maggiormente all’attività commerciale svolta in una determinata unità, che ad esempio per l’elevato numero di clienti contribuisce maggiormente al bisogno di pulizia. <br />Le possibilità di chiavi di riparto diverse rispetto al criterio dei millesimi sono molteplici e dovrebbero tenere conto delle particolarità del condominio. Le disposizioni regolamentari non possono però portare ad un risultato inaccettabile, manifestamente ingiusto o abusivo nei confronti di uno o più comproprietari. In tal caso questi potrebbero dapprima chiedere una modifica del regolamento e in caso di decisione negativa, rivolgersi al giudice competente.<br />Va pure precisato che il criterio dei millesimi è nella maggioranza dei casi senz’altro adeguato; in effetti quando il geometra incaricato ha attribuito i millesimi alle varie quote, oltre alla superficie, al piano, alla vista, all’esposizione delle singole quote, ha tenuto conto anche di altri criteri che vanno nella direzione di una ripartizione adeguata dei costi.</p> <p>Il principio di cui al cpv. 1. trova la sua eccezione al cpv 3 dello stesso art. 712h CC che prescrive che se le spese concernono parti dell’edificio, opere o impianti che non servono o servono solo minimamente a taluni comproprietari, ne deve essere tenuto conto nella ripartizione delle spese.</p> <p>Ritenuto che l’art. 712h cpv. 3 è di diritto imperativo, eventuali clausole regolamentari che fossero in contrasto con tale disposizione sarebbero nulle e quindi inapplicabili.<br />Il Tribunale Federale è molto restrittivo nell’applicazione dell’eccezione, limitandosi in pratica ad applicarlo quando un’installazione non serve del tutto ad una quota. Verosimilmente si parte dall’idea che anche nella suddivisione delle spese condominiali non è possibile trovare un addebito assolutamente perfetto che tenga conto di ogni singola particolarità. Se così si volesse si aprirebbe la porta a infinite discussioni e litigi. Ci vuole invece una soluzione chiara e duratura cui sia giustificato derogare, ma solo in casi eccezionali.</p> <p>Nondimeno, l’applicazione del cpv. 3 secondo i criteri del TF è talmente restrittiva, da essere criticata almeno da parte della dottrina che considera ingiustificato fare astrazione dell’ipotesi in cui l’opera o l’impianto servisse solo in minima parte ad una quota.</p> <p>Il cpv. 3 è stato applicato segnatamente nei seguenti casi:</p> <ol> <li>riparazione di un impianto d’aerazione centrale cui una singola quota non era allacciata (STF 112 II 312);</li> <li>un condomino che fosse proprietario esclusivamente di una autorimessa nel condominio non può essere chiamato a contribuire a spese che non abbiano alcun nesso con l’autorimessa (Rep. 1997, pag. 158).</li> </ol> <p>L’art. 712h cpv. 3 viene invece applicato molto più generosamente se le spese concernono delle parti sulle quali esiste un diritto d’uso esclusivo.</p> <p>Talvolta dei soci considerano che la ripartizione dei millesimi sia loro pregiudizievole perché senza vero maggior valore della loro quota, sarebbero comunque chiamati a partecipare maggiormente ai costi comuni, proprio perché la loro quota presenterebbe più millesimi del “dovuto”. E’ utile sapere che la modifica dei millesimi è un’operazione molto complessa e che raramente va a buon fine. Al riguardo pubblichiamo l’articolo già apparso sulla nostra rivista ad opera del compianto avv. Flavio Gemetti.<br />Per risolvere casi del genere è più opportuno trovare una chiave di riparto speciale nel regolamento, o provocare una decisione assembleare che porti all’adozione di una chiave di riparto particolare per una singola spesa. A dipendenza dei casi la decisione necessiterà della maggioranza qualificata – in particolare se l’accordo va messo nel regolamento condominiale – o della maggioranza semplice.</p> <p style="text-align: left;" align="right"><strong><em>Avv. Renata Galfetti</em></strong></p>
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<p><strong>Proprietà per piani</strong><br /><strong>Spese condominiali arretrate in caso di compra-vendita</strong></p> <p>Il seguente articolo si rivolge a chi intende acquistare un appartamento o un’unità in PPP. In seguito si analizza l’argomento delle spese condominiali arretrate, o meglio: se e in che misura l’acquirente di un’unità in PPP può essere reso responsabile per le spese condominiali che il venditore non ha corrisposto.</p> <p><strong>1. Obbligo di contribuire alle spese condominiali</strong></p> <p>L’art. 712h CC sancisce l’obbligo di ogni singolo comproprietario di contribuire agli oneri comuni e alle spese dell’amministrazione comune (spese condominiali), segnatamente:</p> <p>- le spese per la manutenzione ordinaria, le riparazioni e le rinnovazioni delle parti comuni del fondo e dell’edificio, delle opere e impianti comuni;<br />- le spese d’amministrazione, compresa l’indennità all’amministratore;<br />- i contributi di diritto pubblico e le imposte dovuti collettivamente dai comproprietari;<br />- gli interessi e gli ammortamenti dovuti ai creditori garantiti da pegno sull’immobile o verso i quali i comproprietari sono solidalmente responsabili.</p> <p>Fanno inoltre parte delle spese comuni gli accantonamenti al fondo di rinnovamento, se un tale fondo è stato istituito.</p> <p><strong>2. Ripartizione delle spese condominiali fra i diversi comproprietari</strong></p> <p>I comproprietari devono contribuire alle spese condominiali proporzionalmente al valore delle loro quote (art. 712h cpv. 1 CC), a meno che una diversa chiave di riparto non sia prevista nell’atto costitutivo o nel regolamento d’uso e amministrazione o validamente deliberata dall’assemblea dei condomini.</p> <p>Alla fine del periodo di gestione (abitualmente annuale), l’amministratore allestisce il conteggio condominiale che di solito comprende anche una tabella riassuntiva da cui risulta la suddivisione delle spese condominiali a carico di ogni singolo comproprietario (resoconto personale).</p> <p>Dal conteggio condominiale risp. del resoconto personale, sono individuabili i costi a carico del singolo comproprietario, la quota del contributo al fondo di rinnovamento, gli eventuali acconti versati nell’anno in questione e il saldo a favore della comunione condominiale o del singolo comproprietario.</p> <p>Il conteggio condominiale deve essere approvato dall’assemblea dei comproprietari. Con l’approvazione del consuntivo, la ripartizione delle spese condominiali diventa definitiva. </p> <p><strong>3. Scadenza degli acconti e/o contributi</strong></p> <p>Le disposizioni del Codice Civile inerenti la proprietà per piani non determinano il momento della scadenza degli acconti e/o dei contributi alle spese condominiali. Qualora né il regolamento, né una delibera assemblare in merito determinassero le scadenze per il versamento, gli acconti e i contributi diventano esigibili al momento dell’approvazione del conteggio condominiale.</p> <p>Occorre distinguere dagli acconti i contributi che i singoli comproprietari devono prestare nel caso in cui una spesa condominiale non potesse essere saldata dai mezzi liquidi del condominio (contributi di copertura<em>[Deckungsbeiträge]</em>). In questo caso, i contributi di copertura diventano subito esigibili nel momento in cui la spesa condominiale si verifica.</p> <p>L’incasso degli acconti e dei contributi è compito dell’amministratore. Egli dovrà pure richiamare i comproprietari morosi al pagamento dei loro debiti.</p> <p><strong>4. Chi deve pagare al condominio i contributi alle spese condominiali?</strong></p> <p><span>In generale:</span><br />Debitore del contributo alle spese condominiali nei confronti della comunione dei comproprietari è il condomino che è iscritto al Registro fondiario nel momento in cui il conteggio condominiale viene approvato rispettivamente diventa definitivo. La qualità di proprietario si determina unicamente secondo l’iscrizione a Registro Fondiario.</p> <p><span>In caso di alienazione dell’unità in PPP:</span><br />Chi è responsabile rispettivamente debitore per i contributi alle spese condominiali quando l’acquisto dell’unità in PPP e il relativo trapasso di proprietà avviene prima della chiusura del periodo di gestione? La legge non contiene delle disposizioni in merito.</p> <p>La dottrina dominante applica anche in questo caso il principio summenzionato: debitore dei contributi alle spese condominiali è la persona che figura quale proprietario a Registro fondiario nel momento in cui il conteggio condominiale diventa definitivo, ossia quando la suddivisione dei contributi tra i diversi comproprietari diventa assoluta.</p> <p>Non è importante invece il momento in cui i relativi costi si sono effettivamente realizzati o il momento della decisione su una spesa condominiale (p.es. lavori di costruzioni).</p> <p>Se il conteggio condominiale viene allestito e diventa definitivo solo dopo il trapasso della proprietà, l’acquirente si deve assumere nei confronti del condominio pure le spese condominiali causate ancora dal venditore (p.es. spese di riscaldamento).</p> <p><span>Acconti e contributi scaduti in particolare</span><br />Diversa la situazione per gli acconti e i contributi esigibili già prima del trapasso di proprietà a Registro fondiario. In questo caso il venditore continua personalmente ad essere responsabile per questi debiti.</p> <p>La comunione dei comproprietari rispettivamente l’amministratore non si devono curare della ripartizione interna dei costi tra il venditore e l’acquirente. È compito delle parti della compra-vendita di regolare questa situazione.</p> <p><strong>5. Delimitazione temporale delle spese condominiale tra acquirente e venditore</strong></p> <p>Le parti della compra-vendita si possono accordare sulla ripartizione temporale delle spese condominiale diversamente da quanto esposto sopra.</p> <p>Il contratto in forma di atto pubblico può per esempio prevedere che i costi condominiali vengano suddivisi tra le parti <em>pro rata temporis</em>. In questo caso si può stabilire che le spese condominiali sono a carico del venditore fino alla data del trapasso della proprietà a Registro Fondiario e/o al momento in cui l’acquirente si assume gli utili ed i rischi inerenti l’oggetto acquistato. Si può pure fissare come momento decisivo la data della presa in possesso dell’immobile acquistato.</p> <p>Questa clausola vale però solo tra il venditore e l’acquirente. Come già menzionato sopra, l’amministratore non è obbligato a rispettare questo accordo. Spesso non ne viene neanche a conoscenza. Spetta poi all’acquirente di fare regresso sul venditore.</p> <p><strong>6. Il problema: il venditore non ha pagato i contributi condominiali</strong></p> <p><span>Ipoteca legale (art. 712i CC)</span><br />La comunione dei comproprietari può chiedere l’iscrizione di un ipoteca legale sulla quota del comproprietario che non ha pagato i suoi contributi condominiali decorsi negli ultimi tre anni. La comunione può esercitare questo diritto anche per contributi arretrati inerenti il periodo precedente l’acquisto da parte dell’attuale comproprietario, per i quali il nuovo acquirente non è neanche debitore. Esiste allora il pericolo che venga iscritta un’ipoteca sulla quota dell’acquirente per contributi condominiali arretrati dovuti ancora dal vecchio proprietario (venditore).</p> <p>Una volta iscritta l’ipoteca legale sulla quota in PPP dell’acquirente, la comunione dei comproprietari potrebbe chiedere che la quota in questione venga venduta in una procedura esecutiva e che le spese condominiali arretrati siano pagate dal ricavo della quota. Onde evitare la vendita forzata della sua quota, l’acquirente si vedrebbe costretto di pagare i costi condominiali arretrati alla comunione dei comproprietari, sebbene il pagamento delle spese condominiali scoperte non spetti a lui ma al venditore.</p> <p>L’unica situazione in cui l’ipoteca legale per i contributi condominiali arretrati del venditore non può essere chiesta è quando l’acquirente ha comprato la quota in PPP nel ambito di una procedura esecutiva. Se il credito della comunione non viene coperto in occasione della realizzazione forzata della quota in PPP, il diritto di costituire un'ipoteca legale si estingue e, malgrado la sua natura reale, non può più essere fatto valere nei confronti dell’acquirente della quota. Lo stesso vale dove l'ipoteca non sia ancora stata iscritta e non sia perciò stata considerata in occasione della vendita forzata. Quando si procede alla realizzazione forzata di una quota in PPP, la comunione dei comproprietari deve quindi sempre far valere il proprio diritto se non vuole correre il rischio di perderlo (DTF 106 II 183, consid. 2-3c).</p> <p><span>Diritto di ritenzione (art. 712k CC)</span><br />Oltre la possibilità di chiedere l’iscrizione di un’ipoteca legale, la comunione dei comproprietari ha un diritto di ritenzione sulle cose mobili che si trovano nei locali del singolo condomino e servono all’uso o al godimento dei medesimi. Il diritto di ritenzione esiste per i contributi arretrati degli ultimi tre anni (v. ipoteca legale).</p> <p>Come nel caso dell’ipoteca legale, il diritto di ritenzione esiste anche per contributi arretrati concernente il periodo precedente alla compra-vendita. Perciò può essere fatto valere nei confronti dell’acquirente - sebbene non debitore dei contributi in questione - anche per contributi condominiali scoperti del venditore.</p> <p><span>Responsabilità solidale?</span><br />Ci sono regolamenti d’uso e amministrazione che prevedono la responsabilità solidale dell’acquirente per contributi condominiali scoperti del venditore. Una tale disposizione regolamentare è valida, ma può essere opposta nei confronti dell’acquirente soltanto se tale responsabilità solidale è stata espressamente trasmessa dal venditore all’acquirente (DTF 123 III 53, consid. 3b).</p> <p><strong>7. Possibili soluzioni e proposte</strong></p> <p>Onde evitare brutte sorprese e l’ipoteca legale rispettivamente il diritto di ritenzione si consiglia, prima di acquistare un’unità in PPP, di verificare la situazione debitoria del venditore nei confronti della comunione dei comproprietari. È opportuno chiedere all’amministratore un estratto conto personale del venditore inerenti le spese condominiali e farsi confermare che il venditore abbia regolarmente pagato tutti i contributi condominiali da lui dovuti.</p> <p>Inoltre bisogna leggere attentamente il regolamento d’uso e amministrazione e, se possibile i verbali delle ultime assemblee condominiali.</p> <p>Qualora ci fossero delle spese condominiali arretrate è consigliabile cautelarsi e fare in modo che queste vengano saldate prima del trapasso da parte del venditore. Si potrebbe anche accordare che il saldo dei contributi ancora scoperti sia computato sul prezzo della vendita e poi provvedere al pagamento.</p> <p>Un altro modo per assicurare che eventuali contributi condominiali scoperti vengano pagati, è di pattuire nel contratto di compra-vendita la trattenuta di una parte del prezzo d’acquisto. Una volta saldati tutti i contributi condominiali del venditore, il resto della trattenuta verrà liberato a favore della parte venditrice.</p> <p>Infine, è sicuramente vantaggioso rivolgersi ad un professionista (fiduciario immobiliare, notaio, etc.) che possa consigliare e seguire la delicata operazione di vendita.</p> <p><strong><em>lic. iur. Adrian Anderhirsern</em></strong></p> <p><em>Opere consultate:<br />o Monika Sommer, Stockwerkeigentum, Hauseigentümerverband Schweiz,<br />Winterthur 2002<br />o Marco Piozzini, Il condominio, Ed. SVIT, Sezione Ticino, 2. edizione, 2004 <br />o Meier-Hayoz/Rey, Berner Kommentar, Das Stockwerkeigentum, Verlag Stämpfli & Cie AG, Bern 1988<br />o Amédéo Wermelinger, Das Stockwerkeigentum, SVIT-Kommentare,<br />Zürich/Basel/Genf 2004<br />o Heinz Rey, Schweizerisches Stockwerkeigentum, Zürich 1999</em></p>
Leggi tutto02 luglio 2009
<p><strong>Proprietà per piani</strong><span></span></p> <p><strong>Il contenuto minimo del verbale assembleare</strong></p> <p><strong>Nonostante la notevole importanza dei verbali, la legge (art. 712n cpv. 2 CC) e i commentari trattano solo in modo molto succinto l’argomento. Salvo prescrizioni apposite nel regolamento, la dottrina tende a ritenere che il protocollo debba imperativamente elencare le singole decisioni adottate, mentre a dipendenza degli autori è facoltativo o invece imperativo che si menzioni anche il risultato delle singole votazioni, affinché in un domani sia possibile accertare se la decisione ha ottenuto la maggioranza necessaria per la sua validità. Parimenti a dipendenza degli autori è facoltativo o invece obbligatorio elencare i nominativi dei presenti e di chi ha approvato le decisioni. L’indicazione dei singoli argomenti sollevati dai condomini a sostegno o contro una singola trattanda è invece facoltativa.</strong></p> <p><strong>La questione viene pure sollevata solo molto raramente nei tribunali. A livello ticinese il Tribunale dAppello si è espresso in merito nel 2003 con una sentenza che è poi stata portata all’attenzione dei lettori di Economia Fondiaria dalla Giudice Emanuela Epiney-Colombo. Vista l’attualità dell’argomento, ci permettiamo riproporvi l’articolo già pubblicato su Economia Fondiaria nel numero 3/2003.</strong></p> <p>La vita di una proprietà per piani non è esente da conflitti. Comproprietari e amministratori sono dunque confrontati a situazioni in cui le divergenze di opinione si manifestano, in particolare alle assemblee condominiali. Non sempre tutti i comproprietari accettano le decisioni adottate dall'assemblea e in alcuni casi per poterle eseguire occorre attendere che i tribunali esaminino la loro conformità alla legge e al regolamento. Il termine per contestare una risoluzione assembleare è di un mese (art. 75 CC), ma una decisione nulla può essere contestata senza limiti di tempo, anche a distanza di anni. Per il buon funzionamento della proprietà per piani i comproprietari e l'amministrazione devono dunque fare in modo che l'assemblea si svolga in modo corretto e che le decisioni adottate siano conformi alle norme legali.</p> <p>Una deliberazione assembleare è nulla, infatti, se viola norme fondamentali che toccano l'essenza stessa della proprietà per piani o che tutelano il pubblico, in particolare i creditori. Il Tribunale federale ha così dichiarato nulla una deliberazione adottata in forma orale (DTF 127 III 512 considerando 3c).</p> <p>In un caso deciso di recente dalla prima Camera civile del Tribunale di appello (sentenza del 10 marzo 2003, inc. 11.2001.29) un comproprietario per piani sosteneva che la deliberazione assembleare con la quale lo si costringeva a eliminare una porta finestra istallata sulle parti comuni era nulla perché il relativo verbale non indicava i nomi dei comproprietari che avevano partecipato all'assemblea. In effetti il verbale prodotto in causa si limitava a menzionare che l'assemblea era regolarmente costituita (28 presenti su 39 che rappresentavano 699 millesimi) e a indicare che la decisione contestata era stata presa all'unanimità dei presenti, ma non conteneva nomi, se non quelli dei comproprietari che erano intervenuti nella discussione, del presidente e della verbalista. Si trattava quindi di stabilire se la mancanza nel verbale dei nomi di tutti i comproprietari presenti e delle loro quote di comproprietà fosse un vizio formale talmente grave da rendere nulle le deliberazioni adottate. Le norme sulla proprietà per piani non forniscono indicazioni particolareggiate sulla stesura del verbale e se anche il regolamento condominiale non contiene disposizioni al riguardo, occorre riferirsi alle norme sulla società anonima. Trasponendo per analogia le norme sull’assemblea di una società anonima nell’ambito della proprietà per piani, la Camera è giunta alla conclusione che il verbale assembleare deve contenere la firma del presidente o del verbalista e le singole deliberazioni adottate dall’assemblea. La dottrina consiglia invero di indicare a futura memoria anche i nomi dei comproprietari comparsi all’assemblea e di chi ha approvato ogni singola deliberazione, ma queste indicazioni sono solo facoltative, anche se la loro utilità è indiscutibile.</p> <p>Nel caso giudicato il contenuto del verbale assembleare corrispondeva alle norme minime previste dalla legge (art. 712n cpv. 2 CC). La Camera ha inoltre ricordato che una deliberazione non è di per sé nulla solo per il fatto che il verbale è lacunoso o manchevole o finanche erroneo. Il caso deve nondimeno indurre ad alcune riflessioni per quel che concerne la stesura dei verbali.</p> <p>I moderni metodi elettronici consentono di preparare i verbali assembleari pressoché in tempo reale (è sufficiente disporre di un PC portatile) e non ci vuole molto tempo per indicare in un verbale i nomi di tutti i presenti, rispettivamente chi ha approvato l’una o l’altra deliberazione, se non vi è unanimità. Sono indicazioni facoltative, come si è visto, ma il buon senso e la prudenza consigliano di inserirle nel verbale, che è pur sempre un documento essenziale per la vita della comproprietà per piani e che deve essere custodito con cura (art. 712n cpv. 2 CC).</p> <p>Un verbale assembleare preciso e particolareggiato non risolve tutte le difficoltà, ma consente di avere almeno chiarezza su quanto è avvenuto e sulle decisioni che sono state adottate dai presenti.</p> <p> </p> <p> </p> <p><strong>Emanuela Epiney-Colombo,<br />Giudice del Tribunale di Appello</strong></p>
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<p><strong>Condominio</strong><span></span></p> <p><strong>Informazioni utili in vista dell’acquisto di un’unità condominiale in base ai piani</strong></p> <p><strong>Introduzione</strong></p> <p>I tassi ipotecari ancora bassi costituiscono almeno una delle ragioni per le quali il mercato immobiliare non sembra risentire più di quel tanto della crisi attuale.</p> <p>L’acquisto di unità condominiali sta prevalendo pian piano sull’acquisto degli immobili che non presentano vincoli di comproprietà. Ed il fenomeno è in continua espansione per ragioni diverse, legate all’economia, al costo del terreno edificabile, all’evoluzione dei modi di vita, all’obbligo di uso parsimonioso del territorio, ecc.</p> <p>È poi accertato che, di sovente, i contratti aventi per oggetto le unità condominiali vengono sottoscritti allorquando dette unità non sono ancora realizzate ed esistono solo sulla carta, ovvero “<em>sui piani</em>”. Questa prassi è all’origine di talune particolarità di natura tecnica e giuridica che sono stati più volte esposti dalla dottrina e trattati dalla giurisprudenza (cfr. fra gli altri l’interessante articolo di H. Stöckli, Stockwerkeigentum ab Plan, in: Schweizerische Baurechstagung 2009, p. 1 ss, dal quale ho attinto parecchio). Scopo di questo articolo è di esporre in modo succinto e forzatamente lacunoso alcune di queste particolarità.</p> <p>Tenterò anzitutto di definire meglio l’unità condominiale “<em>sui piani</em>” (1), affronterò il tema legato alla qualifica dei contratti di alienazione che hanno per oggetto queste unità “<em>sui piani</em>” (2) e commenterò infine brevemente alcune clausole che rientrano frequentemente nei citati contratti (3).</p> <p><strong>1. L’unità condominiale “<em>sui piani</em>”</strong></p> <p>Quella che usualmente viene chiamata “<em>la PPP</em>” e che viene ritenuta essere un semplice appartamento in uno stabile condominiale, costituisce tecnicamente una <em>quota di comproprietà di x millesimi (rispettivamente centesimi o diecimillesimi), con diritto esclusivo su un’unità determinata, regolarmente descritta a registro fondiario</em>.</p> <p>Ancora di recente il Tribunale federale ha stabilito che il proprietario per piani non è affatto proprietario esclusivo del suo appartamento, bensì comproprietario dell’insieme del fondo base, con le sue parti costitutive ed i suoi accessori. La quota di comproprietà per piani conferisce al suo proprietario, inoltre, il diritto d’uso esclusivo su certi locali residenziali o commerciali che costituiscono un tutt’uno e dispongono di un accesso proprio. Il diritto del proprietario per piani si presenta dunque come un diritto di proprietà <em>sui generis</em>, con due elementi indissolubilmente legati fra loro: da una parte, il diritto di comproprietà, che ha per oggetto l’intero fondo base e, d’altra parte, il diritto esclusivo di godere ed amministrare alcune parti determinate dell’immobile (DTF 132 III 11).</p> <p>Un immobile può essere costituito in proprietà per piani ancor prima di essere edificato. L’interesse pratico ed economico di un simile modo d’agire salta agli occhi, siccome permette al promotore/venditore di disporre giuridicamente di ogni singola unità condominiale già prima dell’ultimazione della costruzione. Il piano di ripartizione, con la tabella dei millesimi, assume allora l’importante ruolo di strumento tecnico, volto a descrivere l’immobile ed a permettere la delimitazione tra le parti comuni e le parti assegnate in uso esclusivo. Per parte sua, il piano delle assegnazioni agevola l’individuazione di quelle parti comuni che sono assegnate all’uno o all’altro dei condomini in uso riservato.</p> <p>I citati piani assumono però un’ulteriore e ben più importante funzione, nel caso in cui vanno a formare parte integrante del contratto di alienazione tra il promotore/venditore e l’acquirente dell’unità condominiale “<em>sui piani</em>”.</p> <p><strong>2. L’acquisto dell’unità condominiale “<em>sui piani</em>”</strong></p> <blockquote> <p><strong>a. Le tre tipologie</strong></p> </blockquote> <p>Nulla impedisce ad un promotore immobiliare di vendere le unità condominiali “<em>sui piani</em>”, ovvero di concludere un contratto nell’ambito del quale egli si obbliga, contro pagamento di un corrispettivo, a compiere la costruzione di cui ai piani iscritti nel registro fondiario e/o a trasferire all’acquirente la titolarità su una determinata quota di comproprietà condominiale.</p> <p>Il contratto che permette all’interessato di diventare proprietario di un immobile “<em>sui piani</em>” non è sempre e soltanto una compravendita immobiliare ai sensi degli art. 216 ss CO. E ciò, quand’anche il notaio e le parti facciano uso, nel rogito, della dicitura “<em>compravendita immobiliare</em>”. In realtà, da tempo il Tribunale federale (nella sentenza pubblicata in DTF 117 II 264; cfr. anche 4C.301/2002) ha spiegato che le <em>tipologie di contratto</em> inerenti l’alienazione di unità condominiali “<em>sui piani</em>” possono essere tre:</p> <blockquote> <p>- anzitutto può trattarsi di <em>due contratti separati</em>: una compravendita e un contratto di appalto. La vendita avrà per oggetto la quota di comproprietà ancora non realizzata, mentre che nell’ambito del contratto di appalto stipulato separatamente, l’acquirente chiederà al venditore di compierla, intervenendo ed esercitando tutti i diritti del committente;</p> <p>- in secondo luogo può trattarsi di una <em>compravendita avente per oggetto una cosa futura</em> (“<em>künftige Sache”</em>). In tale caso le parti integrano l’intero negozio in un contratto di vendita relativo ad una cosa futura, ossia la prospettata opera edificatoria. L’obbligo contrattuale per l’alienante consiste nella consegna e nel trasferimento della titolarità su un oggetto finito, chiavi in mano, ritenuta in principio esclusa la possibilità dell’acquirente di intervenire ulteriormente nella realizzazione dell’opera;</p> <p>- in terzo luogo più trattarsi di un <em>contratto misto</em> che verte nel contempo sull’alienazione dell’immobile e sulla realizzazione dell’opera e nel quale gli obblighi e le prestazioni della compravendita sono intimamente legati a quelli tipici dell’appalto.</p> </blockquote> <blockquote> <p><strong>b. I criteri di distinzione</strong></p> </blockquote> <p>I <em>criteri</em> che permettono di distinguere in quale delle ipotesi le parti hanno in definitiva deciso di collocarsi sono essenzialmente i seguenti:</p> <blockquote> <p>- la stipula di un <em>prezzo unico e globale</em>. Il fatto che nel contratto di compravendita stipulato davanti al notaio le parti abbiano fissato un prezzo unico, costituisce un indizio di compravendita di una cosa futura o di contratto misto;</p> <p>- il <em>momento della consegna ed il trapasso della proprietà</em>. Se nel rogito è stato pattuito che il trapasso di proprietà avviene prima dell’ultimazione dei lavori di costruzione e prima del pagamento del saldo del prezzo, si dovrà ammettere l’esistenza di un contratto misto, con elementi chiari dell’appalto;</p> <p>- il <em>contenuto preciso degli obblighi delle parti</em>. Se è stato pattuito l’obbligo per il promotore/venditore di compiere l’opera, ovvero di realizzare la costruzione, l’esistenza di un elemento di contratto di appalto non potrà essere negata. E ciò, quand’anche la possibilità per l’acquirente di intervenire attivamente nell’iter edificatorio fosse ridotta ai minimi termini.</p> </blockquote> <blockquote> <p><strong>c. Le conseguenze pratiche</strong></p> </blockquote> <p>La <em>distinzione</em> non ha carattere semplicemente accademico. Essa presenta effetti pratici parecchio importanti. Ad esempio:</p> <blockquote> <p>- il contratto di appalto semplice può di regola essere concluso senza rispettare una <em>forma</em> particolare, a patto che sia sufficientemente individualizzato, goda di una certa indipendenza e che non sussistano trasposizioni in punto alla remunerazione stabilita per l’alienazione del fondo; diversamente, la validità di una compravendita immobiliare è subordinata al rispetto della forma autentica, con il coinvolgimento obbligatorio di un notaio (su questi aspetti, cfr. Tercier/Favre/Zen-Ruffinen, Les contrats spéciaux, 4. ed. 2009, n. 1066 e n. 1077). La validità del contratto di appalto è sottoposta al rispetto della forma autentica unicamente nel caso in cui è integrato nella compravendita e forma con essa un’unità economica (Tercier/Favre/B. Carron, op. cit., n. 4359).</p> <p>- Prendendo come criterio il contenuto della <em>prestazione</em>caratteristica, si nota che nell’appalto l’imprenditore si impegna a compiere un’opera, mentre che nella compravendita il venditore non si impegna affatto in tal senso: egli si obbliga semmai esclusivamente a trasferire all’acquirente la proprietà di una cosa. E ancora: nell’appalto il committente fornisce indicazioni, approva e modifica progetti e piani, fissa termini, impone determinate scelte, interviene nell’individuazione degli artigiani e svolge un ruolo attivo sul cantiere, ecc.; nella compravendita l’acquirente ha soltanto il diritto di ricevere la proprietà dell’oggetto acquistato.</p> <p>- Ma la distinzione ha un senso anche per quanto riguarda le disposizioni sulla <em>garanzia per i difetti</em>: a seconda della qualifica giuridica data al rapporto tra le parti, i diritti possono essere parecchio differenti.</p> <p>- Va poi menzionato un aspetto di natura <em>fiscale</em> (cantonale) che riguarda l’ipotesi in cui le parti sottopongono alla forma autentica unicamente il contratto di compravendita (il cui valore non comprenderà l’importo della mercede necessaria alla costruzione), e stipulano separatamente il contratto di appalto, senza intervento del notaio. Qualora dalle circostanze appare verosimile che fra alienante ed acquirente, rispettivamente una terza persona, sia stato pattuito anche un contratto di appalto finalizzato all’edificazione del fondo compravenduto, l’autorità chiamata a determinare la tassa di iscrizione del registro fondiario applica, sin dal 1. gennaio 2007, l’art. 8 LTORF. Ai sensi di detta disposizione, nel caso di un contratto di vendita o di altro negozio giuridico equivalente riferito ad edifici ed a quote di PPP il cui prezzo è pagato con il sistema chiavi in mano, oppure di fondi da edificare mediante un contratto di appalto, la tassa è calcolata sulla somma corrispondente al valore del terreno sommato alla mercede stabilita per l’opera. Recentemente, la giurisprudenza ha avuto modo di enucleare il campo di applicazione di tale norma, precisando come determinante appaia la connessione funzionale tra contratto di appalto e di compravendita mediante un legame di interdipendenza, nel senso che l’uno non sarebbe stato concluso senza l’altro.</p> </blockquote> <p><strong>3. Alcune clausole particolari</strong></p> <blockquote> <p><strong>a. La descrizione dell’oggetto</strong></p> </blockquote> <p>L’oggetto del contratto è solitamente descritto come segue: “<em>PPP no. Xxx, quota di comproprietà per piani di x/1000 del fondo part. No. Yy, con uso esclusivo sull’appartamento no. Zzz composto di: tre locali, cucina, pranzo, atrio, bagno-wc, al PT; due locali, atrio, servizi e terrazza al I. piano, come al piano di ripartizione</em>”. Due osservazioni:</p> <ul> <li>a) Nel contratto si specifica di regola che l’acquirente ha esaminato i piani di ripartizione della PPP, i piani di assegnazione delle parti comuni, il regolamento, ecc., tutti documenti che approva ed accetta. Ma il contratto è spesso completato con piani più dettagliati (in scala 1:50) e con relazioni tecniche anche precise, che ne costituiscono parte integrante e che riguardano l’unità condominiale compravenduta. Infatti, gli acquirenti desiderano sapere come sarà il “<em>loro appartamento</em>”, rispettivamente le parti comuni che vengono loro assegnate in uso riservato; essi vogliono conoscere le dimensioni esatte dei locali, sapere come e con quali materiali verrà posato il pavimento, di quali elettrodomestici sarà dotata la cucina, dove verranno ubicati gli armadi a muro, ecc. Nei contratti vengono altresì spesso inserite clausole inerenti i termini entro i quali l’appartamento in questione dovrà essere ultimato;</li> <li>b) Raramente si trovano viceversa specifiche, relazioni tecniche e/o termini di consegna inerenti le <em>parti comuni</em> dello stabile condominiale. E la circostanza dovrebbe forse preoccupare di più tutti coloro che sono coinvolti nel contratto. Infatti, come detto sopra, l’acquirente di “<em>una PPP</em>” non acquista un appartamento, bensì una quota di comproprietà sull’integralità del fondo base. Detta quota si estende alle parti comuni, per modo che l’acquirente è sicuramente (o dovrebbe essere) interessato a conoscere il modo in cui verrà assicurata l’impermeabilizzazione del tetto piano, alla qualità di coibentazione termica prevista per tutto lo stabile, al tipo di facciata esterna prospettata ed al sistema di di riscaldamento predisposto, ecc. E l’acquirente dovrebbe essere interessato anche a sapere quando le parti comuni (sistemazione esterna compresa) saranno definitivamente ultimate. Per parte sua, il notaio deve far sì che l’atto notarile contenga la chiara formulazione dei patti o delle disposizioni che ne formano l’oggetto (art. 42 cpv. 1 cifra 4 LN) e vegliare affinché nessuna parte venga indotta a stipulare diversamente da quanto realmente voluto (art. 4 cpv. 2 LN). Ma la prassi è giustificata dalle particolarità della situazione: il promotore/venditore deve pur godere di un certo margine di manovra e deve pur essere autorizzato a modificare i piani in corso d’opera. Il tutto, purché non si pregiudichino i diritti dell’acquirente. E’ per questa ragione che, a fronte della descrizione precisa delle parti comuni, si trovano clausole particolari con le quali l’acquirente autorizza esplicitamente il promotore a disporre più o meno liberamente delle parti comuni e gli dà procura in vista dell’iscrizione a registro fondiario della PPP definitiva, rispettivamente delle modifiche, a lavori ultimati.</li> </ul> <blockquote> <p><strong>b. Le clausole per evitare il rischio di ipoteca legale</strong></p> </blockquote> <p>Allo scopo di scongiurare il rischio delle <em>ipoteche legali</em> dei subappaltatori, l’acquirente di una unità condominiale “<em>sui piani</em>” potrà far sì che nel contratto figuri una clausola in virtù della quale il promotore/venditore garantisce che da parte degli artigiani, imprenditori e fornitori attivi nel cantiere non vi sarà richiesta alcuna di iscrizione di ipoteca legale, rispettivamente, quand’anche dovesse essere richiesta, esso si impegna a farla cancellare dal registro fondiario entro breve termine. La clausola può anche prevedere che in caso di difficoltà nei pagamenti del promotore, divergenze tra questi ed il subappaltatore / fornitore oppure in presenza di altri gravi motivi, l’acquirente è autorizzato a pagare direttamente il subappaltatore o il fornitore, con effetto liberatorio nei confronti del promotore/venditore. E’ altresì possibile prevedere che, in caso di iscrizione, provvisoria o definitiva, nel registro fondiario di un’ipoteca legale degli artigiani e imprenditori in favore di un subappaltatore, il promotore sia tenuto a prestare, entro 15 giorni dalla comunicazione dell’avvenuta iscrizione, una garanzia sufficiente ai sensi dell’art. 839 cpv. 3 CC, onde permettere la cancellazione dell’ipoteca legale. L’acquirente può altresì pretendere, che il promotore/venditore abbia a fornire a questo scopo una garanzia bancaria di un importo determinato, commisurato all’entità dell’opera. L’acquirente avrà pure interesse a prevedere una clausola in virtù della quale il promotore/venditore potrà incassare il saldo del corrispettivo (prezzo e/o mercede) soltanto dopo aver presentato l’attestazione (ricevuta a saldo) dell’avvenuto pagamento di tutti i crediti che riguardano l’opera, rispettivamente una garanzia bancaria irrevocabile per il pagamento del saldo dei citati crediti.</p> <blockquote> <p><strong>c. Le clausole esclusive o limitative di responsabilità per i difetti</strong></p> </blockquote> <p>È chiaro che il promotore/venditore di unità condominiali “<em>sui piani</em>” tenderà ad escludere il più possibile futuri coinvolgimenti in caso di difetti. Spesso infatti il promotore non ha la capacità tecnica di rimediare ad eventuali risultati insoddisfacenti e, in ogni caso, una volta incassato il prezzo d’acquisto, non desidera dover metter mano al borsellino per pagare la riparazione di magagne, risarcire danni o, peggio ancora, dover affrontare lunghe ed estenuanti procedure giudiziarie intentate dagli acquirenti. La casistica delle clausole esclusive o limitative di responsabilità è abbastanza ampia, anche nell’ambito di contratti aventi per oggetto unità condominiali “<em>sui piani</em>”. Essa ha suppergiù il contenuto seguente: “<em>Il venditore è liberato da ogni suo obbligo di garanzia per difetti dell’immobile oggetto del presente atto, entro i limiti stabiliti dalla legge. Il notaio ha spiegato alle parti la portata di questa clausola</em>”.</p> <p>I limiti stabiliti dalla legge sono in buona sostanza le regole imperative che rendono inoperante l’esclusione preventiva di responsabilità nei casi in cui questa è fondata sul dolo o sulla colpa grave (art. 100 cpv. 1 CO), rispettivamente che la annullano nell’ipotesi in cui il difetto in questione è stato dissimulato dolosamente dal venditore / imprenditore (art. 199 CO, applicabile anche in regime di appalto).</p> <p>Va poi ricordato che il Tribunale federale ha stabilito che, qualora non fosse possibile determinare la reale e comune volontà delle parti, le clausole esclusive e limitative di responsabilità vanno interpretate secondo il principio dell’affidamento. In tal caso è stato stabilito che non rientrano nel campo di applicazione della clausola esclusiva o limitativa di responsabilità quei difetti sull’esistenza dei quali l’acquirente non poteva ragionevolmente contare (DTF 130 III 689).</p> <p>Da ultimo, va detto che una parte della dottrina si pone in modo vieppiù critico nei confronti di simili clausole, che creano squilibri e/o sproporzioni tra le prestazioni vicendevoli, e si spinge fino a chiedersi se i notai incaricati dagli stessi promotori e imposti di volta in volta ai singoli acquirenti possano adempiere agli obblighi istituzionali e loro assegnati dalla legge sul notariato (cfr. in particolare, H. Stöckli, Stockwerkeigentum ab Plan, in: Schweizerische Baurechstagung 2009, p. 14).</p> <p>Nel caso in cui non vi fosse clausola esclusiva o limitativa alcuna, rispettivamente nel caso in cui detta clausola fosse nulla, il promotore risponderà per i difetti in applicazione delle regole del contratto effettivamente stipulato. Se le parti hanno sottoscritto un contratto misto, con elementi della vendita e dell’appalto, la garanzia per difetti è quella dell’appalto per l’intero immobile: ogni altra soluzione condurrebbe a risultati insostenibili e di difficile applicazione (DTF 4C.301/2002; Gauch, der Werkvertrag, n. 349; Tercier / Favre / B. Carron, op. cit., n. 4244).</p> <blockquote> <p><strong>d. La clausola di cessione dei diritti di garanzia</strong></p> </blockquote> <p>Trattasi di una clausola molto utilizzata, che sembra offrire all’acquirente, mediante cessione, i diritti che il promotore vanta nei confronti dei singoli artigiani e fornitori da lui incaricati. Essa accompagna spesso le clausole esclusive o limitative di responsabilità. Il suo tenore potrebbe essere il seguente: “<em>La parte venditrice cede all’acquirente, a far tempo dal momento dell’entrata in possesso, i diritti che essa vanta nei confronti dell’impresa totale (rispettivamente degli artigiani da essa incaricati), assumendo nel contempo le incombenze legate alla verifica dell’opera ed alla notifica dei difetti</em>”.</p> <p>La clausola in questione riveste ovviamente un interesse notevole per il promotore/venditore: da un lato si libera dalle logiche e legittime pretese degli acquirenti e, d’altra parte, li accontenta (almeno sulla carta), offrendo loro la facoltà di rivolgersi direttamente a coloro che hanno materialmente eseguito l’opera. Sennonché, la situazione offerta all’acquirente è tutt’altro che vantaggiosa. Infatti, stando alla giurisprudenza costante del Tribunale federale, i diritti formatori (“<em>Gestaltungsrechte</em>”) – quali il diritto alla risoluzione del contratto ed il diritto alla riduzione del corrispettivo - non sono cedibili e la clausola che ne prevede la cessione è pertanto nulla. Possono essere ceduti unicamente il diritto alla eliminazione dei difetti e il diritto alla riparazione dei danni consecutivi ai difetti.</p> <p>V’è poi un ulteriore problema: nell’ambito dei contratti presi in esame, il fatto che il promotore/venditore ceda ad un acquirente di un’unità condominiale il diritto all’eliminazione dei difetti riguardanti le parti comuni dell’edificio, rende impossibile la cessione del medesimo diritto ad altri futuri acquirenti. Infatti il diritto all’eliminazione dei difetti è unico e non può essere ceduto a ripetizione ed a più persone. Le cessioni sottoscritte ulteriormente sono prive di oggetto e questa loro particolarità permetterà semmai di ritenere inapplicabili anche le clausole esclusive o limitative di responsabilità che erano con la stessa combinate.</p> <blockquote> <p><strong>c. L’esercizio del diritto all’eliminazione dei difetti</strong></p> </blockquote> <p>Ma poniamo il caso che l’acquirente faccia valere nei confronti del promotore/venditore il suo diritto all’eliminazione dei difetti. E poniamo il caso che le condizioni di base e di esercizio di simile facoltà (esistenza e non accettazione del difetto, sua notifica tempestiva, pretesa non prescritta) siano tutte adempiute.</p> <p>L’acquirente divenuto condomino può far valere l’eliminazione di difetti che riguardano <em>una parte comune</em> dello stabile costituito in PPP? La legittimazione attiva non potrà essergli negata. Tuttavia, siccome ha acquistato soltanto una quota di comproprietà e siccome detto diritto di eliminazione del difetto della parte comune (quale prestazione indivisibile) è attinente a tutti i condomini, il condomino titolare del diritto in questione potrà farlo valere soltanto in proporzione della quota condominiale da lui posseduta (DTF 4C.151/2005). Affinché detta proporzione raggiunga l’intero, è necessario che tutti i condomini si uniscano nel postulare la richiesta e nell’esercizio dei loro diritti.</p> <p>Va poi comunque evidenziato che una certa unità di intenti è necessaria tra i singoli condomini, anche per via del fatto che i loro diritti in relazione alle parti comuni devono essere esercitati in applicazione delle disposizioni sulla comproprietà (per piani), disposizioni contenute nella legge e, nella maggior parte dei casi, nel regolamento d’uso e d’amministrazione della proprietà per piani.</p> <p><strong>Avv. Dr. Franco Pedrazzini<br />Locarno</strong></p>
Leggi tutto01 maggio 2009, Da Economia Fondiaria no. 3/2009
Il piacere degli uni può originare dissapori con gli altri: come prevenirli
Leggi tutto01 marzo 2009
<p><strong>Risposte veloci a domande dei soci</strong><span></span></p> <p><strong>Proprietà per piani</strong></p> <p><strong>Domanda.</strong><br /><em>Nel corso della prossima assemblea condominiale è previsto che si discuta e decida dell’esecuzione di lavori intesi ad un abbellimento della pavimentazione dell’accesso al condominio. Si intende sostituire l’asfalto con dell’acciottolato, impreziosire l’area antistante l’entrata con costruzioni ornamentali e finanziare tutti i lavori con i fondi depositati sul fondo di rinnovamento. Intendo oppormi sia all’esecuzione dei lavori che al modo di pagamento scelto. Che possibilità ho? E’ vero che l’amministratore può prelevare i soldi dal fondo in maniera del tutto indipendente?</em></p> <p><strong>Risposta</strong><br />Anzitutto occorre definirese i lavori di pavimentazione, che sono dei lavori di costruzione, rientrino nella categoria dei lavori necessari, utili o diretti esclusivamente all’abbellimento della cosa di cui agli articoli 647c, 647d e 647e CC</p> <ul> <li>I lavori necessari, che per la loro approvazione necessitano della maggioranza semplice e quindi della maggioranza delle teste, sono quelli che devono essere effettuati per conservare il valore della cosa e mantenerla idonea all’uso;</li> <li>I lavori utili sono quelli diretti ad aumentare il valore della cosa oppure a migliorarne il rendimento o l’idoneità all’uso e necessitano della maggioranza qualificata (maggioranza delle teste + almeno 501 millesimi)</li> <li>i lavori diretti all’abbellimento e alla comodità sono quelli diretti esclusivamente ad abbellire la cosa, a migliorarne l’aspetto o a renderne più comodo l’uso; necessitano dell’unanimità.</li> </ul> <p>Dalla descrizione dei lavori si evince che i lavori non sono né necessari né utili essendo invece nettamente predominante l’aspetto estetico. In quanto tale, la loro approvazione necessita dell’accettazione da parte dell’unanimità dei condomini, ossia sia dei presenti che degli assenti all’assemblea. Questa definizione così rigida di “unanimità” incontra parecchie critiche. Molti ritengono che l’unanimità richieda solo l’accettazione delle persone presenti all’assemblea (secondo il motto “gli assenti non hanno niente da dire”); per evitare problemi i regolamenti condominiali prevedono quindi talvolta la definizione precisa di “unanimità” per il singolo condominio che può quindi ad esempio essere definita come l’approvazione da parte di tutti i presenti all’assemblea. Il singolo condomino dovrà quindi preliminarmente procedere ad una verifica nel suo regolamento condominiale.</p> <p>Parimenti è possibile che anche i concetti di maggioranza semplice e qualificata siano definiti diversamente nel regolamento rispetto a quanto sopra indicato. Le definizioni indicate sopra non sono infatti di diritto imperativo.</p> <p>Si tratta poi di valutare se il fondo di rinnovamentopossa essere utilizzato anche per lavori diretti all’abbellimento.</p> <p>Il fondo di rinnovamento viene costituito dall’assemblea dei condomini a titolo facoltativo. Con la decisione, pressa alla maggioranza semplice dei condomini o stabilita sin dall’inizio nel regolamento condominiale, normalmente si prevedono in particolare gli scopi per i quali è costituito, gli importi da versarsi, nel limite di copertura minima per poter prelevare dei fondi, un limite massimo oltre il quale non si effettuano ulteriori versamenti nel fondo... La modifica delle pattuizioni che precedono possono essere prese alla maggioranza semplice, se erano state adottate in assemblea con questa maggioranza; necessitano invece della maggioranza qualificata se sono previsti nel regolamento condominiale, che può appunto essere accettato e modificato solo con questo tipo di maggioranza.</p> <p>Salvo una disposizione diversa nel regolamento o un accordo apposito al momento in cui la costituzione del fondo è stata decisa, il fondo di rinnovamento non è previsto per lavori di abbellimento ma solo per lavori di manutenzione e rinnovamento importanti; non è neppure costituito per finanziare lavori di manutenzione ordinaria, o per fare fronte a spese della gestione corrente (spese condominiali normali) Per maggiori informazioni sul fondo di rinnovamento si rimanda a Economia Fondiaria 1/2009 pag. 8).</p> <p>Infine va ricordato che i soldi del fondo di rinnovamento vanno depositati su di un apposito conto, indipendente dal conto ordinario del condominio. Per un maggior controllo, e ritenuto che i prelievi da questo conto sono rari, è consigliato vincolare il prelievo dei soldi ad una firma collettiva, di solito a due, in favore dell’amministratore e di un membro del comitato o altro condomino.</p> <p>La decisione di finanziare i lavori (di rinnovo) col fondo di rinnovamento prevede la maggioranza semplice. Se il socio fosse ad esempio d’accordo, come tutti gli altri condomini, di procedere ai lavori di abbellimento, ma fosse invece contrario di finanziarli col fondo di rinnovamento la decisione sui lavori sarebbero valida perché presa all’unanimità; se quella sul finanziamento fosse parimenti valida perché la maggioranza fosse favorevole, potrebbe solo opporsi contestando la decisione assembleare entro 30 giorni dal pretore.</p> <p><strong>Avv. Renata Galfetti</strong></p>
Leggi tutto01 novembre 2008
<p><strong>Proprietà per piani</strong></p> <p><strong><em><span>Domanda</span></em></strong></p> <p><strong><em>Sono condomina di un condominio con 8 appartamenti. Nel corso dell’ultima assemblea la maggioranza dei condomini presenti ha deciso di nominare quale amministratore un condomino, che oltre ad avere votato per sé ha pure potuto votare per altri due condomini che gli avevano conferito procura. Nel corso della stessa assemblea è pure stato deciso di attribuire alla moglie dell’amministratore il compito di custode. Mi chiedo se sia corretto che il condomino in questione abbia votato sia per sé che per gli altri, contribuendo in maniera importante alla presa di decisioni in questioni che lo concernevano direttamente. Non doveva forse astenersi dal voto?</em></strong></p> <p><strong><em><span>Risposta</span></em></strong></p> <p>In linea generale, prima ancora di esaminare la questione del conflitto d’interessi, ricordo che la questione della <span>delega</span> è stata già accennata su Economia Fondiaria 5/06 dove si consigliava di prevede delle direttive e limitazioni nel regolamento o nell’atto costitutivo. Si consigliava segnatamente di stabilire che la delega dovesse essere data per iscritto, che si limitassero le persone che potevano essere delegate (solo condomini e parenti o anche esterni), che si delimitasse il numero di deleghe per rappresentante ( per evitare che un condomino concentri su di sé eccessivo potere), e che si chiarisse se le deleghe dovevano essere limitate ad una sola assemblea o invece senza limiti fino a contr’ordine ecc.</p> <p>Eventuali limitazioni vanno stabilite in modo differenziato a dipendenza delle caratteristiche e in particolare del numero delle unità per condominio (ad es. : limiti di due deleghe per condomino hanno un peso ben diverso in un condominio composto da 5 piuttosto che da 20 unità).</p> <p>La questione <span>dell’obbligo d’astensione dal voto</span> è stata affrontata recentemente dal Tribunale Federale che con la sua decisione ha fortunatamente contribuito a una maggiore chiarezza; in assenza di una chiara giurisprudenza, la dottrina si esprimeva in modo assai differenziato sulla questione.</p> <p>Fonte di discussioni è il rimando contenuto nell’art. 712m cpv. 2 CC alle disposizioni sulle associazioni concernenti gli organi e la contestazione delle risoluzioni sociali (art. 66 e segg. CC).</p> <p>Il TF ha ritenuto che l’art. 68 CC che prevede testualmente “Nelle risoluzioni sociali concernenti un interesse privato od una controversia giuridica fra la società da una parte ed una socio, il suo coniuge od un suo parente in linea retta dall’altra parte, il socio è escluso per legge dal diritto di voto.” Il rimando vale sempre e anche in per condomini di piccole dimensioni.</p> <p>Il TF ha poi deciso che la nomina di un amministratore non costituisce un interesse privato ai sensi del citato art. 68 CC ma bensì un atto amministrativo interno, cosicché un comproprietario può partecipare alla risoluzione che riguarda la sua eventuale nomina quale amministratore. In tal caso non si deve quindi astenere dal voto. Costituiscono invece degli interessi privati ai sensi dell’art. 68 CC le decisioni concernenti la rimunerazione dell’attività di amministratore così come la nomina di un portinaio.</p> <p>Il condomino doveva quindi astenersi per la decisione relativa al suo onorario. Parimenti, in considerazione del legame di parentela, doveva astenersi in merito alla conclusione di un contratto di portineria con la moglie. Infine, il TF ha ricordato che in presenza di un motivo d’esclusione dal voto, il comproprietario non può neppure votare per i rappresentati che lo hanno delegato.</p> <p style="text-align: left;" align="right"><strong>Avv. Renata Galfetti</strong></p>
Leggi tutto01 settembre 2008
<p class="testo_giustBKG"><strong>Condominio</strong></p> <p><strong>Domanda</strong></p> <p><em>L’amministratore del nostro condominio trasmette il verbale assembleare 11 mesi dopo l’assemblea, in pratica unitamente alla convocazione dell’assemblea dell’anno successivo. Dato che la ricezione del verbale fa stato per l’inoltro della contestazione in pretura, ritengo questo lasso di tempo palesemente eccessivo.</em></p> <p><strong>Risposta</strong></p> <p>La legge non prevede un termine massimo entro il quale il verbale assembleare debba essere trasmesso ai condomini. E’ quindi senz’altro consigliabile che la questione venga regolata nel regolamento condominiale.</p> <p>In assenza di una regolamentazione apposita vale senz’altro il consiglio di procedere al più presto alla stesura del verbale: non solo perché risulterà più semplice avendo il verbalista ancora ben presenti i vari interventi, ma anche perché il verbale è effettivamente determinante nell’ambito della contestazione delle decisioni assembleari e un invio posticipato allunga i termini per possibili contestazioni e procedure giudiziarie.</p> <p>II termine per contestare una risoluzione assembleare in pretura è infatti di 30 giorni a partire dal momento in cui colui che adisce il giudice ha appreso del contenuto della decisione che contesta: per i presenti all’assemblea il termine di 30 giorni decorre pertanto dal giorno successivo all’assemblea; per gli assenti fa stato il giorno in cui hanno appreso della decisione, ma al più tardi il momento in cui hanno ricevuto il verbale assembleare.</p> <p>Oltre a favorire la qualità del verbale e a ridurre il lasso di tempo in cui c’è incertezza sulla validità delle decisioni prese, l’invio tempestivo del verbale è utile anche a coloro che erano presenti all’assemblea e che volessero contestare la decisione; sarebbe infatti un documento utile da produrre in pretura con l’inoltro dell’azione di contestazione della decisione assembleare. Nei casi come quello descritto, esso non sarebbe disponibile.</p> <p>Tendenzialmente il verbale andrebbe trasmesso ai condomini entro 3 - 4 settimane.</p> <p>Ricordiamo che sono legittimati a contestare una decisione assembleare solo coloro che all’assemblea hanno votato contro una decisione o si sono astenuti, e coloro che non erano presenti.</p> <p>Segnaliamo che anche se l’invio del verbale dopo numerosi mesi dall’assemblea non costituisce una violazione di una norma espressa della legge, tale modo di procedere può comunque incrinare il rapporto di fiducia determinante per il contratto di mandato che lega il condominio all’amministratore e può quindi indurre il condominio a revocare il mandato all’amministratore.</p> <p>Da ultimo rendiamo attenti al fatto che il Tribunale Federale attribuisce al verbale assembleare effetto costitutivo nel senso che se non rettificato o contestato con successo, il contenuto di quanto verbalizzato farà stato per il futuro; quanto invece deciso ma non verbalizzato non verrà invece considerato (STF 127/2001 III 506 in Amédéo Wermelinger, Das Stockwerkeigentum, Svit Kommentar, Shulthess 2004, Art. 712n, note 132-3). Il verbale va quindi sempre letto con grande attenzione.</p> <p style="text-align: left;" align="right"><strong>Avv. Renata Galfetti</strong></p>
Leggi tutto01 luglio 2008
<p class="sottotitolo"><span>Da Economia Fondiaria no. 4/2008</span></p> <p class="sottotitolo">Esclusione di un condomino</p> <p><span class="testo_giust_bold">In presenza di comportamenti inappropriati di singoli condomini, la convivenza in condominio può diventare problematica. A dipendenza della gravità di tali comportamenti è opportuno richiamare al rispetto del regolamento condominiale e della Legge e se necessario adottare altre misure relativamente “leggere”. Solo in presenza di perturbazioni inaccettabili della convivenza nel condominio o di ripetuta violazione delle prescrizioni applicabili, entra in considerazione la possibilità dell’esclusione dalla comunità di un singolo condomino. Per fare maggiore chiarezza sul tema, pubblichiamo di seguito (tradotto) un contributo apparso su “Hauseigentümer” del 20 luglio 2008.</span></p> <p><span class="testo_giust">I comproprietari di una proprietà per piani partecipano all’immobile e al fondo comune in funzione della loro quota di valore. La comunione dei comproprietari è una sorta di comunione obbligata. Una convivenza pacifica presuppone, da parte dei comproprietari, la disponibilità a rispettarsi reciprocamente e a rispettare il regolamento condominiale. In casi eccezionali il comportamento di un singolo comproprietario può essere di tale disturbo da poter portare alla sua esclusione.</span></p> <p><span class="testo_giust">Poiché l’appartenenza alla comunione dei comproprietari nella proprietà per piani è legata indissolubilmente con la quota di comproprietà, l’esclusione del comproprietario presuppone la vendita della sua quota di valore. L’esclusione di un comproprietario è un intervento molto incisivo nella posizione giuridica della persona interessata ed è quindi giustificata solo in presenza di motivi molto gravi. L’esclusione entra pertanto in considerazione come ultimo provvedimento, allorquando tutte le altre misure meno incisive atte all’eliminazione del comportamento molesto sono rimaste senza esito e il perturbatore è assolutamente ostinato a proseguire con questo atteggiamento. Il suo comportamento deve essere talmente grave che una continuazione della sua partecipazione alla comunione dei comproprietari non può, tenuto conto di tutte le circostanze, essere ragionevolmente imposta agli altri comproprietari. Al comproprietario può venir imputato anche il comportamento irrispettoso di un terzo, che con il suo consenso si trattiene nei suoi locali.</span></p> <p><span class="testo_giust">Qui di seguito vengono elencati alcuni esempi di comportamenti di comproprietari che non possono essere ragionevolmente imposti alla comunione dei comproprietari:</span></p> <ul> <li>Ripetuta grave violazione del regolamento condominiale, violazioni regolari di disposizioni regolamentari o legali</li> <li>Causare continuamente rumori eccessivi (violazione del periodo di riposo)</li> <li>Danneggiamenti importanti e regolari di parti comuni</li> <li>Ingiurie, comportamenti aggressivi e gravemente inappropriati verso gli altri comproprietari</li> <li>Modifica della destinazione dei locali che non può essere imposta agli altri proprietari, ad es. trasformazione di un ristorante in un locale a luci rossi</li> <li>Modifica arbitraria di una parte comune e rifiuto ostinato della richiesta legittima del ripristino dello stato antecedente oppure di risarcimento dei danni</li> <li>Danneggiamento delle parti comuni causata dal non rispetto del suo dovere di tenere la parte oggetto del suo diritto esclusivo in buono stato</li> <li>Rifiuto ostinato di accesso alla sua parte in diritto esclusivo, rendendo impossibile i lavori di rinnovo e manutenzione nelle parti comuni</li> <li>Allestimento errato della contabilità e altri errori effettuati da un comproprietario che agisce anche come amministratore</li> <li>Rifiuto estremo dei bambini manifestato attraverso frequenti reclami inopportuni per rumori inevitabili causati dai bambini, con minacce ai bambini e ai genitori.</li> </ul> <p class="sottotitolo"><span class="testo_giust">Per evitare esclusioni sconsiderate di comproprietari (sgraditi), l’esclusione di un condomino è possibile solo in presenza di una decisione del giudice. Sono autorizzati ad introdurre la richiesta di esclusione del comproprietario perturbatore - singolarmente o in gruppo - solo i comproprietari ai quali la continuazione della comunione non può più essere ragionevolmente imposta; non quindi all’intera comunione dei condomini. Prima di procedere con l’istanza di esclusione, i condomini interessati devono però ottenere un’apposita autorizzazione dall’assemblea condominiale. Tale autorizzazione necessita dell’approvazione della maggioranza dei voti di tutti i condomini.</span></p> <p class="sottotitolo"><span class="testo_giust">Se l’istanza di esclusione viene accolta, il giudice fissa al comproprietario un termine per l’alienazione della sua quota di comproprietà, ritenuto che sarà libero di scegliere il modo di alienazione (donazione, permuta, vendita o asta volontaria). Se l’alienazione non avviene nel termine assegnato, la stessa si effettuerà per asta pubblica.</span></p> <p class="sottotitolo"> </p> <p> </p> <p><span>lic.iur. Monika Sommer </span><br /><em>Fiduciaria immobiliare con attestato federale <br />Vice Direttrice dell’Associazione dei proprietari Svizzera Tedesca</em></p>
Leggi tutto01 luglio 2007
<p class="sottotitolo"><span>Da Economia Fondiaria no. 4/2007</span></p> <p class="sottotitolo">L’adozione delle decisioni nel condominio</p> <p class="sottotitolo"><span class="testo_giust"><strong>Il presente articolo desidera chiarire alcuni aspetti fondamentali nell’adozione delle decisioni assembleari.</strong></span></p> <p class="sottotitolo"><span class="testo_giust"><strong>Competenze dell’assemblea condominiale</strong></span></p> <p class="sottotitolo"><span class="testo_giust">L’art. 712m CC prescrive gli ambiti che devono obbligatoriamente essere decisi dall’assemblea dei condomini. L’articolo rimanda pure ad altre disposizioni nella Legge, fra le quali si trovano gli art. 712e II e 712g II CC. Nel riquadro gli articoli sono ripresi per esteso. Il citato art. 712m prevede che l’assemblea debba <strong>tutti gli anni</strong> approvare il preventivo, il resoconto e la ripartizione delle spese fra i comproprietari. Questa competenza è estremamente importante per il buon funzionamento di ogni condominio; ciò nonostante nelle consulenze parecchi soci lamentano l’assenza di trasparenza nei conti, dovuta fra l’altro all'assenza di qualsiasi assemblea condominiale.</span></p> <p class="sottotitolo"><span class="testo_giust"><strong>Convocazione all’assemblea</strong></span></p> <p class="sottotitolo"><span class="testo_giust">Giusta l’art. 712h CC l’assemblea dei condomini è convocata e presieduta dall’amministratore salvo che essa non disponga altrimenti. Di fatto in applicazione dell’art. 64 CC sulle associazioni che si applica per rimando dell’art. 712m CC, la convocazione dell’assemblea può anche essere richiesta da almeno 1/5 dei condomini. Il regolamento condominiale può decidere di ulteriormente facilitare tale diritto prevedendo che la richiesta possa essere formulata anche solo da 1/6, 1/8 ecc. dei condomini. Non è invece ammissibile aggravare l’esercizio del diritto di fare convocare l’assemblea fissando il limite a 1/4, 1/2 ecc. dei comproprietari. La procedura per convocare un’assemblea condominiale è la medesima sia che la richiesta concerni un’assemblea ordinaria sia <strong>straordinaria</strong>. Per questioni di prova si consiglia che la domanda all’amministratore sia inoltrata per scritto e firmata da tutti i richiedenti. Non è invece possibile che in presenza di un amministratore i condomini convochino autonomamente l’assemblea escludendolo. Qualora l’amministratore non dovesse dare seguito alla richiesta, ogni condomino potrebbe adire il Giudice per chiedere che fissi la data per l’assemblea. Il regolamento condominiale potrebbe però anche prevedere che in caso d’inattività dell’amministratore i condomini possano fare convocare l’assemblea ad esempio dal comitato o da qualsiasi condomino. La convocazione va indirizzata a tutti i condomini, in difetto di che è nulla. La legge non prevede una forma particolare per la convocazione ma è assolutamente consigliata la forma scritta, onde poter dimostrare le trattande all’ordine del giorno e il rispetto del termine di preavviso. La convocazione deve pervenire ai destinatari con un preavviso minimo; se la questione non è regolata, si consiglia comunque un preavviso minimo di 20 giorni. Con la medesima percentuale di almeno 1/5 dei condomini gli stessi possono chiedere che all’assemblea vengano discusse determinate trattande di loro interesse. La richiesta deve essere inoltrata all’amministratore secondo le medesime modalità previste per la richiesta che si tenga un’assemblea condominiale. La richiesta deve essere inoltrata per tempo affinché siano salvaguardati i termini minimi di cui sopra. L’assemblea può decidere solo su questioni che figurano all’ordine del giorno in difetto di che le relative decisioni non sarebbero valide. La trattanda “eventuali” non può quindi essere utilizzata per adottare delle decisioni in questioni che non figurano all’ordine del giorno. L’unico caso in cui ciò sarebbe possibile è realizzato in occasione di un’assemblea universale, in cui sono presenti <strong>tutti</strong> i condomini.</span></p> <p class="sottotitolo"><span class="testo_giust"><strong>Quorum per l’assemblea</strong></span></p> <p class="sottotitolo"><span class="testo_giust">L’assemblea debitamente convocata può svolgersi regolarmente solo se è raggiunto il quorum necessario. Qualora non fosse raggiunto, sarebbe necessario convocare una seconda assemblea, che potrebbe tenersi al più presto 10 giorni dopo la prima (art. 712p CC). I quorum necessari affinché l’assemblea possa validamente deliberare sono i seguenti:</span></p> <ul> <li class="testo_giust">Di regola (salvo clausola diversa nel regolamento) è necessario l’intervento o la rappresentanza della metà dei condomini ma di almeno due, che rappresentino nel contempo almeno la metà dei millesimi;</li> <li class="testo_giust">Se per mancato raggiungimento del quorum si deve procedere ad una seconda assemblea, per la stessa è necessario l’intervento o la rappresentanza di un terzo dei condomini, ma di almeno due (art. 712p CC).</li> </ul> <p><span class="testo_giust"><strong>Chi è abilitato ad esercitare il diritto di voto?</strong></span></p> <ul> <li><span class="testo_giust">In caso di più proprietari di una singola quota, i condomini devono concordare a chi assegnare la facoltà, in quanto hanno comunque un solo voto.</span></li> <li><span class="testo_giust">In presenza di un usufrutto o di un diritto d’abitazione il proprietario e il beneficiario del diritto si accordano. In caso contrario il diritto di voto va esercitato dall’uno o dall’altro a dipendenza dell’oggetto in discussione.</span></li> <li><span class="testo_giust">Il rappresentante di un condomino: ogni condomino può infatti conferire <strong>procura </strong>(si consiglia la forma scritta) ad una persona fisica o morale, condomino o esterno, che lo rappresenti a tutta l’assemblea o solo per singole trattande. Si consiglia di comunque fissare nel regolamento dei limiti al numero delle procure per evitare che una sola persona rappresenti un numero eccessivo di persone mettendola di fatto in una posizione predominante.</span></li> </ul> <p><span class="testo_giust">Esistono dei <strong>motivi di esclusione dal voto</strong>. Si tratta dei casi in cui esiste un conflitto d’interessi fra il singolo condomino e la comunità dei condomini. Il singolo non potrà quindi contemporaneamente tutelare i propri interessi e quelli del condominio, così che per la singola trattanda deve astenersi dal voto.</span></p> <p><span class="testo_giust">Esempi di conflitti d’interessi sono segnatamente dati nei seguenti casi:</span></p> <ul> <li><span class="testo_giust">attribuzione di lavori di risanamento dell’immobile e presenza di un’offerta da parte di un singolo condomino;</span></li> <li><span class="testo_giust">fissazione dell’onorario per l’amministratore o il custode che sono condomini;</span></li> <li><span class="testo_giust">lo scarico dei conti all’amministratore che è nel contempo anche condomino.</span></li> </ul> <p class="sottotitolo"><span class="testo_giust"><strong>Come si stabiliscono i voti?</strong></span></p> <p class="sottotitolo"><span class="testo_giust">La Legge prevede che - salvo una regolamentazione diversa nel regolamento condominiale – il voto si eserciti normalmente in funzione delle persone presenti e rappresentate (anche detta votazione secondo le teste) e non del numero delle quote possedute o dei millesimi. Se quindi un condomino possiede più appartamenti all’interno del condominio, nelle votazioni “secondo le teste”, il singolo condomino ha un solo voto (nonostante possegga più appartamenti). Nei casi dove invece, in funzione del regolamento condominiale, fossero determinanti i millesimi, il condomino potrebbe sommare tutti i millesimi delle sue diverse quote.</span></p> <p class="sottotitolo"><span class="testo_giust">Il regolamento condominiale potrebbe quindi con una decisione adottata all’unanimità, prevedere che il voto non si eserciti primariamente in funzione delle teste ma su basi diverse quali ad esempio: in funzione dei millesimi o delle quote, oppure ignorando i voti degli astenuti, o conteggiando tutti i condomini e non solo i presenti, ecc.</span></p> <p class="sottotitolo"><span class="testo_giust"><strong>Le maggioranze</strong></span></p> <p class="sottotitolo"><span class="testo_giust">Oltre al criterio per il calcolo dei voti va pure tenuto presente che, a dipendenza del contenuto della decisione da prendere e quindi della trattanda in discussione, la decisione può richiedere una maggioranza diversa; le maggioranze richieste si classificano in maggioranza “semplice”, “qualificata” e “unanimità”. <strong>La maggioranza semplice</strong>, ché è la maggioranza “normale”, che si applica sempre quando non è invece prevista una maggioranza particolare, è richiesta segnatamente per le seguenti decisioni:</span></p> <p><span class="testo_giust">la nomina o la revoca dell’amministratore</span></p> <p><span class="testo_giust">l’approvazione dei conti</span><span></span></p> <p><span class="testo_giust">la stipulazione dei contratti assicurativi</span><span></span></p> <p><span class="testo_giust">la costituzione di un fondo di rinnovamento</span><span></span></p> <p><span class="testo_giust">ecc.</span><span></span></p> <p><span class="testo_giust">La <strong>maggioranza semplice</strong> è data se delle teste presenti o rappresentate, che esercitano il voto, almeno la metà più uno si esprimono in favore di una determinata decisione. Gli astenuti, benché astenuti, hanno comunque un’influenza sul voto: non essendo favorevoli, di fatto nel risultato finale contano come contrari. Ad es.: in un condominio ci sono 12 condomini, di cui 9 presenti all’assemblea, 2 astenuti dal voto, 4 favorevoli e 3 contrari; di fatto sebbene i favorevoli sono di più dei contrari; la decisione è comunque negativa perchè la maggioranza necessaria sarebbe 5/9, mentre nel caso concreto si avrebbero solo 4/9, ossia una percentuale insufficiente.</span></p> <p><span class="testo_giust">La regolamentazione delle teste può talvolta comportare delle difficoltà di delimitazione. Che succede ad esempio se in un condominio una signora è proprietaria di una quota a titolo personale mentre un’altra è intestata 1/2 per parte a lei e al marito? Personalmente ritengo che lei possa esercitare un voto per il primo appartamento mentre per il secondo i coniugi possono votare ancora un’altra volta in quanto i coniugi non necessariamente hanno la stessa opinione della signora. La situazione potrebbe complicarsi ulteriormente se nel condominio la signora fosse proprietaria di un appartamento da sola, un altro le appartenesse unitamente al marito e un terzo appartamento appartenesse solo al marito. In tal caso essendoci perfetta identità fra le parti direi che la signora può esercitare un voto, il marito un altro, mentre per l’appartamento in comune non potrebbero esercitare alcun voto perchè la loro opinione sarebbe verosimilmente identica o a quella del marito o a quella della moglie. Per i millesimi invece si terrebbe conto anche di tale appartamento. Se infine un quarto appartamento appartenesse ai genitori e ai tre figli maggiorenni, potrebbero esercitare un voto anche per tale appartamento perché sarebbero da considerare degli altri condomini. Quanto precede è un suggerimento personale in quanto non sono a conoscenza di sentenze o avvisi dottrinali che si siano espressi in merito.</span></p> <p><span class="testo_giust">La <strong>maggioranza qualificata</strong> è prevista dalla legge per decisioni più importanti o con importanti conseguenze finanziarie in particolare nei seguenti casi:</span></p> <ul> <li><span class="testo_giust">per decidere l’esecuzione di lavori di rinnovamento e di trasformazione diretti ad aumentare il valore della cosa oppure a migliorarne il rendimento e l’idoneità all’uso (art. 647d CC);</span></li> <li><span class="testo_giust">per gli atti di amministrazione importanti, in particolare per i cambiamenti di cultura o d’utilizzazione, per la stipulazione o la scioglimento di contratti di locazione, per la partecipazione al miglioramento del suolo e per la nomina di un amministratore con facoltà eccedenti l’ordinaria amministrazione (art. 647b CC);</span></li> <li><span class="testo_giust">per l’adozione o la modifica del regolamento condominiale.</span></li> </ul> <p><span class="testo_giust">La maggioranza qualificata è data se oltre alla maggioranza delle teste presenti, i favorevoli ad una decisione detengono nel contempo almeno anche 501 millesimi. Si devono quindi cumulare la maggioranza delle teste e la maggioranza assoluta dei millesimi (501/1000). Se in un condominio di 12 condomini all’assemblea partecipano in 9 che detengono 800 millesimi, 2 condomini si astengono e 5 - che rappresentano però solo 480 millesimi - sono favorevoli, la decisione è negativa perchè è data la maggioranza delle teste ma non dei millesimi (501/00).</span></p> <p><span class="testo_giust">La <strong>decisione dell’unanimità</strong> è richiesta per le decisioni più importanti e in particolare per:</span></p> <ul> <li><span class="testo_giust">lavori di costruzione diretti esclusivamente all’abbellimento e alla comodità della cosa (art. 647e CC);</span></li> <li><span class="testo_giust">per modificare la competenza a fare atti d’amministrazione e lavori di costruzione (art. 712g cpv. 2)</span></li> <li><span class="testo_giust">per la modifica delle prescrizioni legali relative all’adozione delle decisioni in via scritta</span></li> <li><span class="testo_giust">il cambiamento di destinazione da parte comune a diritto esclusivo o viceversa (art. 712b cpv. 3 CC)</span></li> <li><span class="testo_giust">la modifica di tutte le quote condominiali;</span></li> <li><span class="testo_giust">l’attribuzione nell’atto costitutivo o in una convenzione successiva di un diritto di prelazione ai condomini verso chiunque acquisti una quota, o che la vendita di un piano o di una porzione di piano, la costituzione d’usufrutto o d’un diritto d’abitazione sullo stesso e la sua locazione siano valide solo se entro 14 giorni dalla ricezione della comunicazione gli altri condomini non decidano a maggioranza di opporsi a tale atto (art. 712c CC);</span></li> <li><span class="testo_giust">l’alienazione dell’immobile, per imporlo di aggravi o per cambiarne la destinazione (art. 648 cpv. 2 CC);</span></li> <li><span class="testo_giust">per modificare la regolamentazione sull’esclusione di un condomino (che prevede la maggioranza dei condomini ad eccezione di colui che si vuole escludere: art. 649b cpv. 2 CC);</span></li> <li><span class="testo_giust">lo scioglimento della proprietà per piani.</span></li> </ul> <p><span class="testo_giust">L’unanimità significa l’adesione di tutti i condomini e non solo dei votanti.</span></p> <p><span class="testo_giust">Si ricorda che le disposizioni legali sulle maggioranze sono norme dispositive e pertanto i condomini vi possono derogare nel regolamento condominiale.</span></p> <p><span class="testo_giust">La legge prevede poi (art. 712m cpv. 2 CC combinato con 66 cpv. 2 CC) la possibilità di <strong>votare delle decisioni per iscritto</strong>. Tali decisioni hanno valore solo se prese all’unanimità. Nel regolamento è possibile inserire una clausola che vieti l’adozione delle decisioni per iscritto. Si segnala che il vantaggio dell’adozione delle decisioni all’assemblea è senz’altro quello di una maggiore informazione e cognizione delle singole fattispecie da parte dei condomini che esprimono quindi la loro opinione con maggiore conoscenza di causa.</span></p> <p class="sottotitolo"><span class="testo_giust"><strong>Conduzione dell’assemblea</strong></span></p> <p class="sottotitolo"><span class="testo_giust">L’art. 712n CC attribuisce all’amministratore la competenza di condurre l’assemblea. Il regolamento o l’assemblea stessa con decisione a maggioranza semplice possono però decidere di attribuire tale competenza ad altra persona presente.</span></p> <p class="sottotitolo"><span class="testo_giust">Colui che conduce l’assemblea deve stendere un verbale con tutte le decisioni adottate e tenerne un originale. Una copia del verbale comprensiva della lista dei presenti deve essere trasmessa ad ogni condomino. E’ consigliato fissare nel regolamento un termine per la presentazione del verbale (di solito tre o quattro settimane).</span></p> <p class="sottotitolo"><span class="testo_giust">Si consiglia di conservare copia dei verbali così che sarà sempre possibile risalire a quanto deciso dall’assemblea in precedenza. L’amministratore è tenuto di conservare copia dei verbali affinché le decisioni prese nel passato e vincolanti anche per gli acquirenti e gli eredi possano sempre essere mostrate ai nuovi proprietari.</span></p> <p class="sottotitolo"><span class="testo_giust"><strong>Contestazione delle decisioni assembleari</strong></span></p> <p class="sottotitolo"><span class="testo_giust">Il condomino che non fosse d’accordo con le decisioni adottate può contestarle presso il Pretore entro 30 giorni dalla conoscenza della decisione: se era presente all’assemblea, il termine inizia a decorrere il giorno successivo all’assemblea; per gli assenti decorre dal giorno successivo a quello in cui sono venuti a conoscenza della decisione, e al piû tardi dal giorno successivo alla ricezione del verbale assembleare.</span></p> <p class="sottotitolo"><span class="testo_giust">La possibilità di contestare una decisione è comunque preclusa al condomino che all’assemblea avesse votato a favore della decisione stessa. In caso di decisioni nulle il termine di 30 giorni non è vincolante in quanto la nullità è accertabile in ogni momento (fatto salvo l’abuso di diritto); se la decisione invece è solo annullabile, dopo 30 giorni un eventuale difetto è sanato.</span></p> <p class="sottotitolo"><span class="testo_giust">Una <strong>decisione è annullabile</strong> se viola l’ordinamento giuridico o l’ordinamento del condominio (atto costitutivo, regolamento d’amministrazione o della casa). Sono ad esempio state giudicate decisioni annullabili:</span></p> <ul> <li class="testo_giust">la decisione di procedere a lavori di costruzione lussuosi votati dalla sola maggioranza qualificata invece dell’unanimità;</li> <li class="testo_giust">la nomina di un amministratore in contrasto con una norma del regolamento;</li> <li class="testo_giust">il rifiuto di fornire informazioni che avrebbero permesso una discussione completa prima della decisione;</li> <li class="testo_giust">la suddivisione errata delle spese condominiali.</li> </ul> <p><span class="testo_giust">Una <strong>decisione</strong> è invece <strong>nulla</strong> segnatamente se sono state violate disposizioni di forma particolarmente importanti, se sono state violate delle norme di diritto fondamentali o imperative, se è in contrasto con elementi strutturali del condomino. Sono decisioni nulle in particolari le seguenti:</span><span></span></p> <ul> <li class="testo_non_giust">la decisione adottata a seguito di una convocazione all’assemblea trasmessa da una persona non competente o se la convocazione non è stata trasmessa a tutti i condomini;</li> <li class="testo_non_giust">l’introduzione di un divieto generale a taluni condomini di partecipare al voto;</li> <li class="testo_non_giust">la rinuncia preventiva a contestare le decisioni assembleari;</li> <li class="testo_non_giust">l’attribuzione in diritto esclusivo di una parte che deve imperativamente essere parte comune;</li> <li class="testo_non_giust">l’introduzione di un divieto assoluto di vendita delle quote condominiali.</li> </ul> <p><span class="testo_giust">L’autorità presso cui contestare una decisione assembleare, sia essa nulla o annullabile è il Pretore.</span><span class="testo_giust"></span></p> <p><span class="testo_giust"><em><span>Avv. Renata Galfetti</span></em></span><span class="testo_giust"><span></span></span></p> <p><span class="testo_giust">Opere consultate:</span></p> <ul> <li><span class="testo_giust"><em class="default">Monika Sommer, Stockwerkeigentum, Hauseigentümerverband Schweiz, Winterthur 2002</em>Opere consultate:</span></li> <li><span class="testo_giust"><em>Amédéo Wermelinger, Das Stockwerkeigentum, Kommentar der Artikel 712a bis 712t des schweizerischen Zivilgesetzbuches, Svit Kommentare, Schulthess 2004</em></span></li> <li><span class="testo_giust"><em>Meier-Hayoz/Rey, Berner Kommentar, Das Stockwerkeigentum, Verlag Stämpfli & Cie AG, Bern 1988</em></span></li> </ul> <p><span class="testo_giust"><strong>Art. 712m</strong> <br />D. Ordinamento <br />I. Assemblea dei comproprietari <br />1. Competenza e stato giuridico</span></p> <p><span class="numerino">1</span> <span class="testo_giust">Oltre le competenze menzionate in altre disposizioni, spetta all’assemblea dei comproprietari:</span></p> <p><span class="testo_giust">1. decidere in tutti gli affari amministrativi che non competono all’amministratore;</span></p> <p><span class="testo_giust">2. nominare l’amministratore e vegliare sulla sua opera;</span></p> <p><span class="testo_giust">3. nominare un comitato o un delegato con compiti amministrativi, come quelli di consigliare l’amministratore, esaminarne la gestione e fare rapporto e proposte all’assemblea a questo riguardo;</span></p> <p><span class="testo_giust">4. approvare ogni anno il preventivo, il resoconto e la ripartizione delle spese fra i comproprietari;</span></p> <p><span class="testo_giust">5. decidere la costituzione di un fondo di rinnovazione per i lavori di manutenzione e di rinnovazione;</span></p> <p><span class="testo_giust">6. assicurare l’edificio contro il fuoco ed altri pericoli, stipulare le assicurazioni usuali di responsabilità civile e obbligare il comproprietario che abbia fatto delle spese straordinarie per sistemare i suoi locali, a pagare una parte del premio aggiuntivo, se non ha stipulato per suo conto un’assicurazione completiva.</span></p> <p><span class="numerino">2</span> <span class="testo_giust">Ove la legge non disponga altrimenti, all’assemblea e al comitato sono applicabili le norme sull’associazione concernenti gli organi e la contestazione delle risoluzioni sociali.</span></p> <p><span class="testo_giust"><strong>Art. 712e </strong><br />II. Quote di valore</span></p> <p><span class="numerino">1</span><span class="testo_giust"> L’atto costitutivo deve determinare i piani o le porzioni di piano e indicare in centesimi o in millesimi il valore di ciascuno di essi come quota del valore dell’immobile o del diritto di superficie.</span></p> <p><span class="numerino">2</span><span class="testo_giust"> La modificazione delle quote di valore richiede per la sua validità il consenso di tutti gli interessati diretti e l’approvazione dell’assemblea dei comproprietari; ogni comproprietario può tuttavia domandare la rettificazione della sua quota, se sia stata determinata erroneamente o sia divenuta inesatta per le mutate condizioni dell’edificio o delle sue adiacenze.</span></p> <p><span class="testo_giust"><strong>Art. 712g </strong><br />C. Amministrazione e uso <br />I. Disposizioni applicabili</span></p> <p><span class="numerino">1</span><span class="testo_giust"> Per la competenza a fare atti d’amministrazione e lavori di costruzione si applicano le norme sulla comproprietà.</span></p> <p><span class="numerino">2</span><span class="testo_giust"> A tali norme, qualora non dispongano altrimenti, può essere sostituito un altro ordinamento da stabilirsi nell’atto costitutivo o per decisione unanime di tutti i comproprietari.</span></p> <p><span class="numerino">3</span><span class="testo_giust"> Del rimanente, ogni comproprietario può chiedere che sia stabilito e menzionato nel registro fondiario un regolamento per l’amministrazione e l’uso, il quale dev’essere approvato da una maggioranza dei comproprietari che rappresenti in pari tempo la maggior parte del valore della cosa; con la medesima maggioranza può essere modificato il regolamento, anche se esso sia stabilito nell’atto costitutivo.</span></p> <p> </p> <table border="0" cellspacing="0" cellpadding="0"> <tbody> <tr> <td class="testo_non_giust" width="239">Il Presidente Cantonale<br />Lic.rer.pol. Gianluigi Piazzini</td> <td class="testo_non_giust" width="251"> <p style="text-align: left;" align="right">La Segretaria Cantonale<br />Avv. Renata Galfetti</p> </td> </tr> </tbody> </table>
Leggi tutto01 luglio 2006
<p><span>Da Economia Fondiaria no. 4/2006</span></p> <p class="sottotitolo">Condominio: diritto d’uso riservato o esclusivo <br /><span class="testo_giust_bold">Qualche informazione supplementare su questo diritto, poco regolato ma in verità assai diffuso.</span></p> <p class="sottotitolo"><span class="testo_giust">Dato che il diritto esclusivo di un condomino si estende solo sulle singole quote (quindi di solito sull’appartamento) mentre sulle numerose parti comuni di un condominio (come giardino, posteggi, corridoi, piazzale, autorimessa, lavanderia ecc.) il diritto d’uso è da esercitarsi in comune con gli altri condomini, la prassi ha evidenziato come vi siano numerosi casi in cui sarebbe utile che i condomini disponessero di un diritto d’uso individuale ed esclusivo anche su determinate parti che di per sé sono per legge parti comuni. Si è così istituito il concetto di diritto d’uso “riservato” o “esclusivo” (che dir si voglia) su singole parti comuni: lo stesso conferisce al beneficiario il diritto d’uso esclusivo sulla parte interessata con contemporanea rinuncia della comunione dei condomini all’uso di queste parti comuni. Classici esempi di parti oggetto di un diritto esclusivo sono i posti auto, i tetti-terazza, il giardino, il rifugio ecc.</span></p> <p class="sottotitolo"><span class="testo_giust">Il diritto d’uso esclusivo si costituisce di solito tramite disposizione del regolamento condominiale o nell’atto costitutivo; spesso vi si indica anche il contenuto e i rispettivi diritti e doveri. E’ però possibile anche istituirlo tramite servitù (necessita dell’iscrizione a registro fondiario) o per contratto di locazione o comodato (fra la comunione dei condomini e il beneficiario).</span></p> <p class="sottotitolo"><span class="testo_giust">I beneficiari del diritto esclusivo sono di regola singole quote condominiali, ritenuto che si potrebbe anche convenire come beneficiario un singolo o diversi condomini. Quest’ultimo caso è abbastanza ricorrente quando il condominio è composto da più edifici. L’attribuzione del diritto esclusivo ad una quota invece che ad una persona è indubbiamente da preferire in quanto è duratura nel tempo, in particolare nell’ottica di un trapasso di proprietà relativo alla quota. Diversamente, se il beneficiario è un condomino e non una quota, in caso di vendita è ancora necessaria una cessione del diritto d’uso esclusivo, per far sì che lo stesso passi all’acquirente.</span></p> <p class="sottotitolo"><span class="testo_giust">Qualora l’assegnazione di diritti d’uso esclusivo non fosse già prevista dall’inizio, potrebbe essere effettuata successivamente, mediante modifica del regolamento. La questione a sapere se la decisione necessiti della maggioranza qualificata o dell’unanimità dei condomini è controversa nella dottrina.</span></p> <p class="sottotitolo"><span class="testo_giust">I diritti e doveri connessi col diritto d’uso esclusivo dovrebbero essere previsti nel regolamento, non foss’altro che per evitare controversie future. Tendenzialmente comunque il beneficiario può utilizzare la parte assegnata solo in conformità con il suo scopo e astenendosi dal ridurre ulteriormente i diritti degli altri condomini. Sono in particolare vietati tutti quegli interventi atti a modificare l’essenza e la funzionalità della parte oggetto del diritto esclusivo, così come tutte le misure che portano ad una modifica dell’aspetto esteriore del condominio. Trattandosi di una parte comune, il beneficiario necessita del preventivo consenso dell’assemblea per ogni intervento di tipo strutturale o di sistemazione che ne modifichi l’aspetto. In caso contrario, l’assemblea potrà chiedere in ogni momento la rimozione delle opere e/o il ripristino delle modifiche effettuate abusivamente.</span></p> <p class="testo_giust">Trattandosi di una parte di giardino il beneficiario del diritto d’uso esclusivo potrà così, salvo disposizione contraria nel regolamento, segnatamente installare vasi di fiori, mobili da giardino, ombrellone, grill mobile ecc. Senza un apposito consenso gli sarebbe invece preclusa la possibilità di sostituire il prato verde con l’orto, le aiuole, la sabbia, la ghiaia, così come asportare piante e cespugli esistenti, installare una casetta per attrezzi, una piscina o dei giochi fissi per bambini (altalene ecc.), costruire biotopi ecc.</p> <p class="testo_giust">Sebbene in Ticino vi sia una notevole elasticità per quanto attiene all’uso permesso ai singoli beneficiari del diritto, per prevenire problemi sarebbe comunque consigliabile, come già menzionato, regolare bene diritti e doveri nel regolamento o appunto tramite una successiva decisione assembleare.</p> <p class="testo_giust">In presenza di tetti terrazza invece, il beneficiario del diritto d’uso potrà ad esempio - analogamente al beneficiario del diritto d’uso sul giardino - utilizzare la terrazza quale luogo di riposo e ristoro; potrà pertanto installarvi mobili da giardino, ombrelloni vasi con fiori ecc. Dovrà invece astenersi dagli interventi alla sostanza o che modificano l’aspetto dell’immobile, quale l’installazione di pareti che proteggano dalla vista altrui, di vetrate, di reti, di piante a spalliera ecc.</p> <p class="testo_giust">Per quanto attiene alle spese di manutenzione delle parti assegnate in uso esclusivo occorre distinguere fra gli interventi intesi al mantenimento del valore e al rinnovo delle parti imperativamente comuni (espressamente menzionate all’art. 712b cpv. 2 CC), e gli interventi di manutenzione ordinaria: i primi sono a carico del condominio mentre i secondi sono a carico dell’assegnatario della parte in uso esclusivo quale contropartita del diritto esclusivo.</p> <p class="testo_giust">Il diritto d’uso riservato sul giardino comporterà quindi per il suo beneficiario, fatte salve altre regolamentazioni nel regolamento, la cura e la manutenzione di quelle parti che rientrano nella sfera d’influenza del suo diritto: dovrà quindi segnatamente tagliare l’erba, pulire e provvedere ai piccoli lavori di manutenzione del pavimento del posto per sedere, potare gli arbusti da lui piantati (col permesso del condominio). Il condominio dovrà invece mantenere il giardino nella sua essenza: dovrà quindi ad esempio ripiantare l’erba se questa si fosse rovinata a seguito di un’alluvione, potare gli alberi e la siepe comune, ecc.</p> <p class="testo_giust">Per quanto attiene alla manutenzione del tetto-terrazza, il beneficiario dovrà provvedere alla sua pulizia e alla piccola manutenzione, mentre il condominio dovrà provvedere alla manutenzione ordinaria segnatamente all’eliminazione delle infiltrazioni d’acqua e più in generale al risanamento del tetto. Per quanto attiene al rifacimento delle piastrelle o della copertura della terrazza, si segnala che in svizzera tedesca, salvo prescrizione diversa nel regolamento o nell’atto costitutivo, la questione è tendenzialmente di competenza del beneficiario del diritto d’uso riservato, mentre in Ticino, sulla base di una sentenza del Tribunale d’Appello (Repertorio Giurisprudenza e Patria 1990, pag. 194/5) si reputa che sia invece di competenza dell’assemblea.</p> <p class="testo_giust">Per quanto attiene alla modifica o alla cancellazione dei diritti d’uso esclusivi, si segnala che le stesse salvo prescrizione diversa nel regolamento, necessitano della maggioranza qualificata (maggioranza delle teste e dei millesimi). Data l’importanza che i diritti d’uso esclusivo rivestono però per i beneficiari, sarebbe opportuno che nei regolamenti venisse introdotta una clausola secondo cui non sarebbe possibile modificare o privare un beneficiario del suo diritto d’uso esclusivo a meno che lo stesso dia il suo espresso consenso.</p> <p style="text-align: left;" align="right"><strong>Renata Galfetti</strong></p>
Leggi tutto01 maggio 2003, Da Economia Fondiaria no. 3/2003
01 novembre 1997, Da Economia Fondiaria no. 6/1997
<p>Le spese per la manutenzione ordinaria, le riparazioni e le rinnovazioni di una parte comune sono a carico dei comproprietari per piani proporzionalmente al valore delle loro quote (art. 712h cpv. 1 Codice civile). Le parti comuni di una proprietà per piani sono gli elementi della costruzione importanti per l’esistenza, la struttura e la solidità dell’edificio o dei locali di altri comproprietari oppure che determinano la forma, l'estensione o l’aspetto dell’edificio (art. 712b cpv. 2 CC). I comproprietari non possono derogare a questa norma legale, che è imperativa. Il tetto di un edificio, per definizione, è una parte comune, ma talvolta la ripartizione delle spese di risanamento può provare difficoltà impreviste, come illustra un caso arrivato fino al Tribunale federale. L‘immobile in proprietà per piani era stato costruito a «gradini», in modo che le ampie terrazze antistanti i singoli appartamenti formavano, in parte, il soffitto del soggiorno dell’appartamento sottostante. Dopo qualche anno uno dei comproprietari ha segnalato all’amministratore la comparsa di chiazze di umidità e di infiltrazioni d’acqua nel soggiorno. Per eliminare l’inconveniente è stato necessario risanare il tetto-terrazza. L‘assemblea dei comproprietari ha deciso di mettere i costi deIl‘intervento a carico del comproprietario che usufruiva in esclusività del terrazzo da riparare e di applicare tale regola anche in futuro. Due anni dopo una nuova assemblea dei comproprietari ha revocato la precedente decisione e ha stabilito che i costi di risanamento delle terrazze sarebbero stati ripartiti fra tutti i comproprietari in proporzione alle rispettive quote di comproprietà. Uno dei condomini si è opposto e ha promosso azione giudiziaria di contestazione della decisione assembleare, chiedendo che fosse annullata e che fosse ripristinata la deliberazione precedente. L‘attore ha sostenuto che i tetti-terrazze non sono parti comuni dell’edificio e devono essere trattati alla stregua di balconi, essendo accessibili solo passando dai singoli appartamenti ed essendo a disposizione come area di svago esclusiva dei singoli comproprietari.</p> <p>Il Pretore ha respinto la domanda e il comproprietario ha fatto ricorso al Tribunale d’appello. Con sentenza del 26 aprile 1997 (n. 11.96.14), confermata I’8 agosto 1997 dal Tribunale federale, la prima Camera civile del Tribunale d’appello ha respinto il ricorso e ha precisato che il tetto-terrazza è una parte comune dell’edificio, per cui i costi per il suo risanamento devono essere ripartiti fra tutti i comproprietari, proporzionalmente al valore delle loro quote. I giudici hanno rilevato che nel caso concreto il tetto dell‘edificio era composto di varie terrazze, ognuna delle quali comprendeva una superficie orizzontale adibita a terrazza e una superficie verticale adibita a parete frontale dell’appartamento antistante la terrazza (muro portante dell’edificio, e come tale parte comune). L’attribuzione di ogni tetto-terrazza in uso esclusivo ai singoli comproprietari, previsto dal regolamento della comproprietà per piani iscritto a registro fondiario, non modificava pertanto la qualità di parte comune del tetto-terrazza. L’uso esclusivo non comporta neppure, contrariamente a quanto sosteneva l’attore, che i costi fossero a carico solo dei due comproprietari (quelli dell’appartamento antistante e sottostante) che godevano del tetto-terrazza (art. 712h cpv. 3 CC). Il tetto terrazzato è infatti una parte comune della proprietà per piani e giova a tutti i comproprietari. Nessuno di loro può quindi sottrarsi alle spese di risanamento del tetto, parte essenziale e comune dell'edificio.</p>
Leggi tutto01 novembre 1997, Da Economia Fondiaria no. 6/1997
<p>In una recente sentenza (DTF 123 III 53 segg. = SJ 119 [1997] pag. 409) il Tribunale federale ha precisato la portata del regolamento condominiale per l'amministrazione e l'uso nei confronti del nuovo acquirente di un'unità di proprietà per piani. Nel caso sottoposto al Tribunale federale il regolamento prevedeva la responsabilità solidale dell'acquirente con il precedente comproprietario per il pagamento dei contributi scaduti alle spese e agli oneri comuni. Dopo la vendita ai pubblici incanti di un'unità di proprietà per piani, la comunione dei comproprietari aveva chiesto al nuovo acquirente di pagare i contributi arretrati delle spese condominiali, vista l'insolvenza del precedente comproprietario, prevalendosi di un'apposita clausola del regolamento di amministrazione e uso. II nuovo acquirente ha rifiutato di pagare e la causa creditoria promossa dalla Comunione dei comproprietari è stata respinta dal tribunale di prima istanza, la cui sentenza è stata confermata, su ricorso della Comunione dei comproprietari, dapprima dal Tribunale cantonale e infine dal Tribunale federale. Quest'ultimo ha precisato che le norme del regolamento per l'amministrazione e l'uso della comproprietà (previsto dall'art. 659a CC) vincolano il successore di un comproprietario (nuovo acquirente, erede ecc.) solo nella misura in cui hanno un rapporto diretto con l'amministrazione e l'uso della cosa. II Tribunale federale ha escluso che ciò sia il caso per la norma relativa alla responsabilità solidale dell'acquirente con il venditore per il pagamento dei contributi condominiali scaduti. Nel caso concreto il nuovo comproprietario non ha quindi assunto nessun obbligo verso la comunione in base al regolamento della comproprietà. Nel caso giudicato dal Tribunale federale la comunione dei comproprietari non ha potuto rivalersi sull'acquirente neppure sulla base delle condizioni dell'asta, dal momento che l'elenco oneri non menzionava il credito vantato dalla comunione dei comproprietari.<br />Diversa sarebbe stata la situazione se il credito per i contributi condominiali scaduti fosse stato inserito nell'elenco oneri e menzionato nelle condizioni dell'asta.<br />In caso di insolvenza di un comproprietario, quindi, la comunione dei comproprietari deve premunirsi tempestivamente e far uso degli strumenti giuridici disponibili, in particolare dell'ipoteca legale per i contributi decorsi negli ultimi 3 anni (art. 712i CC), visto che l'eventuale clausola del regolamento condominiale sulla responsabilità solidale di vecchio e nuovo acquirente non è vincolante.<br /><br /></p> <p><em><strong>Emanuela Epiney-Colombo<br />Giudice </strong><strong>al Tribunale d'appello</strong></em></p>
Leggi tutto01 settembre 1996, Da Economia Fondiaria no. 5/1996