Gentile Signore,
Egregi Signori,
Cari Ospiti,

Incomincio con la solita frase banale “è passato un anno”. Di per sé testimonia che il tempo scivola sulla pelle, constatazione un po’ malinconica direte, ma dall’altra, che o bene o male in tale lasso di tempo qualcosa è pur sempre avvenuto. Ed allora vediamo di agganciarci a quel qualche cosa.

Intanto abbiamo provveduto ad aggiornare lo statuto senza però stravolgerlo.
Qualcuno di voi potrebbe magari pensare che era ora!
Potrebbe anche darsi ma vi assicuro che il tempo che non abbiamo investito a tal proposito l’abbiamo sempre dedicato alla vostra associazione.
Intanto confidiamo che venga approvato da questo consesso.

Oggi la CATEF è rispettata e considerata indiscussa referente per l’economia fondiaria.
Offre un’eccellente e gratuita consulenza giuridica, avete ben tre giuristi a tempo pieno, ed è in grado di tutelare politicamente la “proprietà” e di riflesso anche l’economia in senso lato.
Non da ultimo, malgrado qualche battaglia impegnativa, salvaguardando i mezzi finanziari affidati.
Le casse sono ben fornite e chiuse a doppia mandata!
Avete già capito che il baricentro verrà spostato sempre più sulla politica come del resto voluto dai fondatori della CATEF e che trovate ancora affrancato nello statuto aggiornato.
Aggiungo non per diletto ma per responsabilità.

Sebbene la nostra presenza non sia mai venuta meno ora abbiamo deciso di muoverci maggiormente su tre fronti: dove si fanno le leggi e le si applica, dove ci si confronta con l’opinione pubblica e da ultimo con chi addita e gesticola senza fare un tubo! Il classico “nido del cuculo”.
Per quanto riguarda il parlamento, pur coscienti che la sua delega è sfuggita di mano a favore dell’esecutivo a sua volta in balia del “funzionariato” sdraiato sotto l’ombrellone delle ordinanze, possiamo contare sui nostri due vice presidenti e su un membro del Consiglio Direttivo presenti in importanti Commissioni, come pure su un solido gruppo di deputati e deputate da anni soci della CATEF.
Paganti e non assoldati a suon di cotillons!
Non forziamo ovviamente loro la mano nel rispetto del, loro mandato e delle istituzioni, ma possiamo sempre contattarli.
Possibilità che ci permette di valutare andamenti e posizionamenti al di là della siepe dell’ufficialità.
Il “radio scarpa” o il “chi fa che cosa” può sempre servire.
Non da ultimo per avvertire chi guida contromano!

Per quanto riguarda la “proprietà” la stessa è per noi un valore guida per convinzione e non solo perché diritto sancito sia dalla costituzione federale che da quella cantonale.
Che fra l’altro nessuno legge.
Siamo borghesi, fieri di esserlo, e di riflesso colonna portante del ceto medio.
Rispettiamo il risparmio, singolo e collettivo, la voglia di fare e le ambizioni senza le quali ci si ammuffisce e ci si incammina verso il sicuro declino.
E chi dice “proprietà” si riferisce spesso all’economia fondiaria sempre però ritenuta ultima ruota del carro.
Una ruota cigolante che con il suo stridio richiama la speculazione.
È un settore importante? Direi di sì e l’abbiamo del resto sempre sostenuto. Basti ricordare che la sostanza è la cartina tornasole di un paese e che rappresenta una fonte di lavoro incredibile, senza dimenticare l’aspetto fiscale, sicura e costante sorgente al sole delle casse pubbliche e supporto quindi anche della rete sociale.
Abbiamo recentemente sentito che qualora il popolo sovrano dovessero accettare l’abolizione del valore locativo mancherebbero 100 milioni all’erario cantonale e comunale.
Ora se tenessimo conto delle tasse di registrazione, delle imposte sul reddito e sulla sostanza, sul valore aggiunto (ex plusvalore), della massa salariale che l’economia fondiaria trascina, della fiscalizzazione dei materiali di costruzione, possiamo tranquillamente dire che la stessa genera centinaia di milioni.
Certo non possiamo affermare che poggia su un valore aggiunto spettacolare ma di certo è una delle colonne portanti.
Il valore aggiunto “muscoloso” lo lasciamo alla manciata di economisti a disco rotto che presidiano confronti vari confezionati in casa!
Fuori sede partecipano di raro anche se formano la classica compagnia di giro.
La loro parola chiave é “innovare”, termine ormai patrimonio planetario.
La cui interpretazione spetta sempre, per fortuna, all’imprenditore.

Siamo ovviamente per l’economia perché senza di stessa saremmo appiedati.
Anche se il culto del lavoro si è affievolito è chiaro che senza il posto di lavoro la società civile si attorciglierebbe incattivendosi.
Certo tutti noi vorremmo magari guadagnare di più e lavorare di meno ma è ora e tempo di accantonare questo obiettivo almeno fino a quanto avremo capito quanto morderanno la digitalizzazione e l’intelligenza artificiale.
Una pausa di riflessione non poi così dolorosa se pensiamo fino a dove siamo riusciti a arrivare.
Non c’è bisogno di sfogliare gli album delle foto in bianco e nero per fissare la tappa intermedia da cui partire.
Per esaurire il discorso politico non possiamo che ribadire quanto da tempo affermiamo.
La politica è preda di sé stessa, non alza più lo sguardo e non accetta l’evidenza dei fatti confidandola ad elemento di cronaca da consegnare al solito “gruppo di lavoro”.
Prevale la ricerca del consenso, in parte di semplice tenuta, privilegiando il presenzialismo ed il presentismo.
Si evita quindi il fastidioso “vero o falso”, si privilegia il “pressapochismo” e si accampano deleghe ormai scadute.
Meglio sottolineare qualche approfondimento di giornata, attivato molte volte per rafforzare richieste o mitigare proposte avverse, e nel caso di eccessivo clamore come detto attivare il solito gruppo di lavoro.
E così di regola il tema si affonda da solo dopo pochi rimbalzi.
Molti affermano che la democrazia è satura e che il proporzionale favorisca troppe voci ed alleanze di comodo se non di giornata.
Sarà anche vero ma rimandiamo il dibattito sulla eventuale soglia di sbarramento. Di certo oggi non è la sede adatta.

Ed ora veniamo alle nostre preoccupazioni, dopo aver archiviato quella di natura politica.

La prima è rappresentata dalla tenuta del nostro Cantone al quale si attribuisce volentieri la patente di resilienza. In realtà siamo da fondo classifica e siamo costretti a giocare un campionato a sé. Lo testimoniano i vari indicatori regolarmente evidenziati e commentati dalla stampa confederata e da noi in buona parte oscurati. Per fortuna non siamo i soli ma è chiaro che per risalire bisognerà avere le idee chiare e soprattutto la necessaria volontà. Meno chiacchiere e rispolvero delle condizioni quadro. Nel contesto giocano un ruolo importante la propensione all’investimento ed il capitale, la formazione e l’educazione. Questo è un discorso dove le forze economiche, noi compresi, dovrebbero investire maggiormente.
Un sano realismo presuppone la conoscenza dei dati e delle dinamiche.
Ed è chiaro che la sostanza, abitativa e non, è correlata alla forza del paese ed alle sue ambizioni.

La seconda è la NATALITÀ. Cresciamo grazie alla migrazione. La crescita naturale, come del resto in quasi tutte le economie mature e consolidate, non garantisce più il galleggiamento. Inoltre diventiamo vecchi e per taluni ciò rappresenta già un peso. In generale già oggi si consuma di meno, si investe di meno, ci si interroga sul previdenziale e su quali servizi esposti alla digitalizzazione andranno ridimensionati.
Abbiamo però una consolazione. Il benessere abbatte la natalità. Vale anche per molti paesi emergenti se non per qualche continente.
Ciò dovrebbe allontanare lo scenario dell’apocalisse come pure il prender atto che gli asili nido ed i vari congedi sono più che altro palliativi e che la verità risiede semplicemente nel fatto che il gentil sesso desidera giocare legittimamente tutte le sue carte dopo essersi liberato dal ruolo della “casalinga”.
Ha forza, caparbietà e ambizioni ed il mondo del lavoro se n’è reso conto.
E non per nulla la sua presenza è oggi a tutti i livelli.
Ed in modo massiccio pure a quello dirigenziale.

La terza è lo stallo nella pianificazione. Meglio detto della sua implementazione. A suo tempo ci eravamo decisamente opposti alla nuova legge sulla pianificazione del territorio ma siamo stati travolti da coloro che sottolineavano lo scempio, in parte proprio dagli stessi poi sorpresi con i timbri ancora fumanti in mano, e da coloro che hanno preferito delegare ad un’istanza superiore la patata bollente, compresi molti sindaci.
Noi che avevamo vissuto la genesi ci siamo da subito dichiarati preoccupati per la cessione della gestione del territorio da parte dei Comuni e per l’applicazione di concetti concepiti a Berna e confezionati in salsa e posologia unica.
Avevamo pure sottolineato che vi era il rischio di incartarci da soli confinati su un canotto senza remi.
Ma allora ci fu assicurato che eravamo a posto e che al limite si sarebbe dovuto indennizzare qualche marginale limitazione. Un messaggio tranquillizzante, quasi oppiaceo.
Poca cosa!
E ora ci siamo.
Fuori tempo massimo, controllati a vista, esposti a sanzioni ed a congelamenti.
Senza dimenticare ricatti e ricorsi.
Peggio ancora: senza un piano B e confrontati con una crescita della popolazione residente insufficiente per uscire tutti dall’angolo morto della pianificazione.
Oltretutto ingolfati da nuclei originali da conservare, da beni culturali da tutelare (dal muro a secco all’altare), da sobborghi di interesse nazionale da congelare, dalla riduzione delle edificabilità se non dalla rasatura tout court.
Intendiamoci vi sono una costituzione federale ed una legge federale da osservare.
Il corsetto legislativo c’è ed è quindi inutile perder tempo od accampar scuse.
Il colmo è che nelle città dove la domanda è esplosa si accusa proprio la pianificazione di mancanza di flessibilità e di aver fatto perno eccessivo sul centripeto, il costruire di qualità nell’edificato che tutti auspicano ma che nessuno vuole se non direttamente interessato.
Senza dimenticare che la legge edilizia è ancora sul tavolo della commissione cantonale e che la legge d’applicazione della legge sulla pianificazione è finita in qualche cassetto.
Potremmo soffermarci anche sulle infrastrutture strategiche. Qualcuno si è sciolta al sole ed altre sono slittate di una generazione, il tempo di presentarsi, dopo il primo vagito, alla visita per il servizio militare.

La quarta. La strumentalizzazione del tema “alloggio”. Da noi vi è sempre tensione e l’esposizione dell’inquilino all’ingordigia del proprietario è fatalmente sempre presente.
Da noi si sottace che gli affitti esistenti sono abbordabili e che i nuovi affitti non sono aumentati più del tanto.
Lo attestano rilievi e studi ufficiali. Ma come sappiamo per taluni gli stessi non hanno rilevanza. La tensione c’è sempre e la speculazione scruta dietro l’angolo.
Del resto il tema “alloggio” è il più gettonato, assieme alla “migrazione”, per una rapida carriera politica.
Un trampolino senza rischio a pelo d’acqua!
Intendiamoci non temiamo il confronto ma auspichiamo che si svolga in sintonia con la realtà dei fatti e con persone che hanno un buon bagaglio conoscitivo.
Va per altro ancora detto che il risanamento incisivo per una parte importante dei beni immobiliari messi a reddito non si giustifica più economicamente e che la demolizione sarebbe l’unica alternativa.
Lo si ammette ma lo si vorrebbe evitare.
Dove questo processo è stato imbrigliato, penso a Ginevra e Basilea, la produzione ed il rinnovo sono crollati letteralmente.
Persino le cooperative ne sono colpite.

La quinta: le sfide che ci attendono. La prima quella dell’abolizione del valore locativo. Sappiamo che non sarà una battaglia facile ma non possiamo chiamarci fuori. Resta però da calibrare l’intensità del nostro posizionamento tenendo presente anche quello delle associazioni consorelle. Finora ce la siamo quasi sempre cavata da soli e se gli altri finiscono nel fosso non possiamo farci nulla. In sospeso a livello federale abbiamo alcune istanze a favore dei proprietari che però con il clima creatosi con la bocciatura delle due iniziative (disdetta per uso proprio e sublocazione) arrischiano di essere travolte.
Per quanto riguarda le stime siamo d’accordo con un aggiornamento intermedio (10-12%) ed al prolungo decennale della revisione generale delle stesse. Meglio diventare milionari un po’ alla volta ed evitare di mettere sul tavolo disponibilità che verrebbero ingoiate in pochi anni sfregiando l’articolo 24 della nostra costituzione, ossia quello del principio dell’equilibrio finanziario recentemente pubblicato su Economia Fondiaria.

Come vedete non abbiamo scenari tranquilli come di consueto ingrigiti dal solito clima di sospetto.
Ma siamo scafati e confortati dalla vostra forza.
Ci mancano però ancora degli indirizzi mail anche se quanto ci eravamo prefissati l’abbiamo già raggiunto.
Al completo saremo ancora più forti e incisivi.
Potremo uscire meglio dal solido recinto della competenza maturata in casa per confrontarci con chi si agita volutamente senza però porre rimedio.


Da ultimo un sincero ringraziamento alle collaboratrici del segretariato ed ai nostri giuristi.
Non mi costa nessun sforzo ricordare che senza l’impegno della nostra segretaria cantonale, l’avvocato Galfetti, la CATEF non sarebbe giunta a questi traguardi.
Competenza, solide finanze e prontezza a scendere in campo.

Con questi supporti, lasciatemelo dire, è bello fare il Presidente.
Mi aspetta un anno impegnativo.
Ad una certa età sembrerebbe essere la migliore medicina anche se, come diceva mio padre, i primi cento passi diventano con il tempo sempre più impegnativi.

Grazie per la vostra attenzione.